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Di cosa parliamo in questa pagina.

VIENE ILMOMENTO DI CHIEDERE IL CONTO A SALVINI

IN 3 ANNI MENO DI 20MILA RIMPATRI
LA GUERRA DEI NUMERI SUGLI IRREGOLARI ANCORA IN ITALIA
SALVINI: NON SONO 500MILA MA «SOLO» 90MILA
NEL 2019 ALLONTANATE 7.981 PERSONE SUI 23.370 ARRIVI
Stranieri irregolari in Italia, quanti sono davvero? «Il ministero dell'Interno ha i dati aggiornati in tempo reale. Gli altri possono giocare a lotto, ma i numeri dicono questo», ribadisce Matteo Salvini che conferma dunque la nuova stima: 90 mila irregolari, rispetto al numero ben più allarmante di 500 mila che lui stesso aveva annunciato in campagna elettorale e poi fatto inserire nel contratto di governo, come sottolineano adesso nel Movimento 5 Stelle.
Il ministro spiega i nuovi dati in suo possesso proprio nel giorno in cui l'ufficio statistico dell'Unione europea, Eurostat, comunica che l'Italia nel 2018 ha superato la Francia per l'asilo concesso ai migranti (47.885 permessi contro 41.440). Ora è seconda in Europa, dopo la Germania (139.600). (...)

ALGIDO IL CANE DA RIPORTO DEL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA ING.CLAUDIO PIGA
Il cane da riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia ci avvisa mafiosamente nel suo ultimo intervento “in passato (noi avremmo fatto) ha fatto interventi al limite del diffamatorio (o forse anche oltre? ) anche nei riguardi di persone che (lui)conosc(e)o, che mi sono assai dispiaciuti ai tempi”. 
Pensi un po' che noi riteniamo che lei e il suo amico siate la medesima persona! Oppure –che fa lo stesso- che lei-lui e il custode delLa Latrina di Nusquamia scriviate i post a quattro mani col rispettivo auricolare in collegamento.
Quello recentemente sotto altro nickname ha salutato questo blog con una lunga enciclica –ciao a tutti, vado via!-  accompagnata da un fiume di lacrime. Capisco, capiamo: quando gli uomini d'onore vengono smascherati dispiacciono.(...)

IL 23-24-25 APRILE 1945 A CURNO RACCONTATI DAL COMANDANTE PARTIGIANO DELLA PIAZZA DI CURNO
All'alba ritornammo tutti in caserma a Curno. Pioveva ancora ed ero piuttosto stanco come del resto tutti gli altri. Passai in ufficio e ci rimasi pochi minuti con i gomiti ap­poggiati sulla scrivania e la testa fra le mani; mi si chiudevano gli occhi, ma il cuore pulsava più del solito: avevo la netta sensazione che qualcosa non stesse funzionando per il giusto verso.
Non so neppure io perché andai nel grande magazzino dove erano accatastate casse di armi di vario tipo, vestiario e estivo e invernale, munizioni, radio ricetrasmittenti, fusti di ricambi per motori d'aereo, fusti d'olio per motori, cronometri, attrezzature stradali, orologi e congegni che nemmeno conoscevo, cannocchiali in una quantità enorme, gomme d'auto, prosciutti, casse di liquori di marchi primari, vini pregiati, ecc. Appena spalancata la porta, vidi per terra, malamente sparpagliate, molte pistole calibro 9; la cassa dalla quale erano state versate era capovolta; c'erano gomme d'auto e giubbotti di montone abbandonati qua e là e tant'altra roba, tutta versata a qualche modo dagli scaffali. In un primo momento rimasi sbigottito!
Era persino troppo evidente: lì dentro dei traditori disonesti avevano arraffato in gran fretta il più possibile di tutto un po', in fretta e furia, approfittando dell'assenza del co­mandante! Quindi quello scempio era stato fatto tutto Quando ero fuori per un'azione con gli altri uomini! (...)



















































VIENE ILMOMENTO DI CHIEDERE IL CONTO A SALVINI

IN 3 ANNI MENO DI 20MILA RIMPATRI
LA GUERRA DEI NUMERI SUGLI IRREGOLARI ANCORA IN ITALIA
SALVINI: NON SONO 500MILA MA «SOLO» 90MILA
NEL 2019 ALLONTANATE 7.981 PERSONE SUI 23.370 ARRIVI


Stranieri irregolari in Italia, quanti sono davvero? «Il ministero dell'Interno ha i dati aggiornati in tempo reale. Gli altri possono giocare a lotto, ma i numeri dicono questo», ribadisce Matteo Salvini che conferma dunque la nuova stima: 90 mila irregolari, rispetto al numero ben più allarmante di 500 mila che lui stesso aveva annunciato in campagna elettorale e poi fatto inserire nel contratto di governo, come sottolineano adesso nel Movimento 5 Stelle.
Il ministro spiega i nuovi dati in suo possesso proprio nel giorno in cui l'ufficio statistico dell'Unione europea, Eurostat, comunica che l'Italia nel 2018 ha superato la Francia per l'asilo concesso ai migranti (47.885 permessi contro 41.440). Ora è seconda in Europa, dopo la Germania (139.600).
Ma la stima iniziale dei 500 mila irregolari, spiegano al Viminale, era calibrata sul trend degli sbarchi in Italia negli anni dei «porti aperti». Con i «porti chiusi» dalla scorsa estate, la situazione è cambiata completamente. E questo nonostante i rimpatri — pur essendo aumentati rispetto agli arrivi — si mantengano su una cifra bassissima rispetto alle promesse di Salvini. E infatti, secondo i dati ufficiali, nel 2017 sono stati 7.383 a fronte di oltre 119mila immigrati sbarcati; nel 2018 sono saliti a 7.981 rispetto a 23.370 nuovi arrivi; in questi primi quattro mesi dell'anno sono arrivati a 2.053 (1.931 forzati e 122 volontari).
Ma l'accento — dicono al Viminale — va posto su un dato: gli sbarchi sulle nostre coste dal 2015 ad oggi sono stati 478.683, di cui appena 666 nel 2019: appunto, con i porti chiusi. Dunque, secondo il ministero, i 2.053 rimpatri di questo inizio 2019 rappresentano un dato leggermente superiore al trend del 2018, perché gli sbarchi all'epoca erano molti di più e la novità rilevante è che i rimpatri sono più di tre volte gli arrivi (2.053 rispetto a 666).
Nel contratto di governo, però, si parlava comunque di 500mila irregolari. Ora Salvini dice che era soltanto una stima. E così spiega il nuovo numero che parla di 90 mila senza documenti: «Oltre ai rimpatriati vanno considerati i moltissimi (268.839 solo quelli accertati secondo il Viminale, ndr) che hanno raggiunto altri Paesi dell'Ue eppoi tutti i migranti in situazione d'accoglienza (circa 119mila)». Restano poi gli «invisibili» e sono circa la metà: quelli che pur raggiunti da un provvedimento di espulsione, rimangono in Italia facendo perdere le proprie tracce.
I nodi critici
Il problema principale resta quello di trovare un accordo con i Paesi di provenienza. E i costi delle scorte di polizia sono ingenti.
Ieri la portavoce della Commissione Ue, Natasha Bertaud, soffermandosi sui 268 mila irregolari trasferitisi dall'Italia in altri Paesi Ue ha usato parole dure: «Abbiamo chiesto diverse volte agli Stati membri di prendere misure per prevenire i movimenti secondari e aumentare il numero di rimpatri nei Paesi di origine quando le persone non hanno diritto di restare nell'Ue. In passato abbiamo inviato delle raccomandazioni specifiche all'Italia».
Aumentare i rimpatri, però, continua ad essere un miraggio. Il problema resta quello degli accordi con i Paesi di provenienza. A oggi esistono delle intese di massima dell'Italia con Tunisia, Marocco, Nigeria ed Egitto, ma mancano quelli con gli Stati da cui provengono oltre la metà degli irregolari arrivati nel 2019: Algeria, Bangladesh, Senegal e Iraq. Inoltre, i tempi sono lunghissimi: bisogna prima accertare l'identità dello straniero, poi ottenere il via libera dal consolato, senza contare i costi ingenti per le scorte di polizia.
L'accordo più efficace finora è quello con la Tunisia: due charter alla settimana da 40 persone. Una goccia nel mare. E Salvini infatti sta provando a potenziarlo. L'unico accordo bilaterale stipulato finora dal ministro è quello siglato a novembre scorso con il Ghana. Ma in Italia solo lo 0,47% dei migranti è ghanese.
E non è finita. Secondo l'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale, il decreto sicurezza di Salvini farà aumentare di 140 mila gli irregolari in Italia: tutti quelli, cioè, usciti dai Cara senza più la protezione umanitaria. E ancora, secondo l'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, la guerra civile in Libia potrebbe causare la partenza verso l'Italia di altre 200 mila persone. Si torna, così, alla stima di un anno fa: più di 500 mila irregolari.

Fabrizio Caccia
ALGIDO IL CANE DA RIPORTO DEL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA ING.CLAUDIO PIGA

Il cane da riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia ci avvisa mafiosamente nel suo ultimo intervento “in passato (noi avremmo fatto) ha fatto interventi al limite del diffamatorio (o forse anche oltre? ) anche nei riguardi di persone che (lui)conosc(e)o, che mi sono assai dispiaciuti ai tempi”. 
Pensi un po' che noi riteniamo che lei e il suo amico siate la medesima persona! Oppure –che fa lo stesso- che lei-lui e il custode delLa Latrina di Nusquamia scriviate i post a quattro mani col rispettivo auricolare in collegamento.
Quello recentemente sotto altro nickname ha salutato questo blog con una lunga enciclica –ciao a tutti, vado via!-  accompagnata da un fiume di lacrime. Capisco, capiamo: quando gli uomini d'onore vengono smascherati dispiacciono.
Il cane da riporto fa finta che siamo tutti fessi e non si sappia come la società A possa essere padrona della B, che è padrona della C e quindi andata e ritorno alla fine la Z è padrona della A ma é opportunamente mascherata. Come fa finta che i cittadini non vedano e capiscano come addosso ai comuni i partiti azionino lobby e lobbine per creare IL problema salvo poi scodellare la proposta di soluzione. Basta p.e. leggere molte determine o delibere dei comuni per leggervi quel processo. Poi è ovvio che chi fa lobby scambi il favore tra lobbisti bianchi rossi verdi e neri per mascherarsi meglio specie se in provincia p.e. hai una giunta destra+sinistra. Cioé il classico rebelotto catto comunista italico.
Significativo che (quello che noi riteniamo ) quando il cane da riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia se ne sia andato da Curno, se ne sia andata anche quella società che “non gli apparteneva”. Coincidenze? Come quelle di Arata padre e figlio e di Siri ? .
Il secondo post di Algido come quello di Piga sull'aspide sono una bullata tipica di chi sta nascosto dietro un nikname. Del resto come già detto siamo in tema: i posti su un blog sono come le foto su fessbuc. Scritto i primi, immagini i secondi. Siete due bulli e vi spalleggiate l'un l'altro.
Altra significativa coincidenza è che p.e. l'amico del cane da riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia abitasse in un bella villa lungo il fiume e a sud della medesima quando suo cugino, ammanigliato con la Dc ma eletto nelle liste del PCI assessore vero (quando in maggioranza) o assessore ombra (quando in minoranza) all'urbanistica di quel comune, abbia inserito il lotto prima come parcheggio e poi  parte come parcheggio e parte come giardino. Tanto per garantire al cane da riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia  un maggior valore a casa sua ed una lunga e duratura bellavista. Addirittura da qualche lustro è in atto una bega cartacea tra la proprietà di quel fondo -che chiede al comune: decidetevi a fare quel che avete indicato visto che tenete bloccata la situazione da 30 anni senza decidere!- ed i vicini che ogni tanto raccolgono firme  per imporre al padrone di… pulire il fondo della monnezza che altri cittadini vi gettano irresponsabilmente. Perché il problema è che quel  lotto DEVE restare INEDIFICA BILE per non fare ombra alla villa del cane da riporto del custode delL



IL 23-24-25 APRILE 1945 A CURNO RACCONTATI DAL COMANDANTE PARTIGIANO DELLA PIAZZA DI CURNO


All'alba ritornammo tutti in caserma a Curno. Pioveva ancora ed ero piuttosto stanco come del resto tutti gli altri. Passai in ufficio e ci rimasi pochi minuti con i gomiti ap­poggiati sulla scrivania e la testa fra le mani; mi si chiudevano gli occhi, ma il cuore pulsava più del solito: avevo la netta sensazione che qualcosa non stesse funzionando per il giusto verso.
Non so neppure io perché andai nel grande magazzino dove erano accatastate casse di armi di vario tipo, vestiario e estivo e invernale, munizioni, radio ricetrasmittenti, fusti di ricambi per motori d'aereo, fusti d'olio per motori, cronometri, attrezzature stradali, orologi e congegni che nemmeno conoscevo, cannocchiali in una quantità enorme, gomme d'auto, prosciutti, casse di liquori di marchi primari, vini pregiati, ecc. Appena spalancata la porta, vidi per terra, malamente sparpagliate, molte pistole calibro 9; la cassa dalla quale erano state versate era capovolta; c'erano gomme d'auto e giubbotti di montone abbandonati qua e là e tant'altra roba, tutta versata a qualche modo dagli scaffali. In un primo momento rimasi sbigottito!
Era persino troppo evidente: lì dentro dei traditori disonesti avevano arraffato in gran fretta il più possibile di tutto un po', in fretta e furia, approfittando dell'assenza del co­mandante! Quindi quello scempio era stato fatto tutto Quando ero fuori per un'azione con gli altri uomini!
Noi a rischiare la pelle per tutti e loro (quei farabutti!) a rubare vergognosamente per le loro tasche! Schifosi patrioti dell'ultima ora!
Questa riflessione mi fece letteralmente "andare in bestia"! Radunai all'istante tutte le otto guardie, quelle del magazzino e dell'unica porta d'uscita che dava nel cortile pro­spiciente la strada; ad uno ad uno intimai loro di buttare le armi a terra. Poi con il mitra spianato le cacciai tutte contro il muro che stava dall'altra parte della strada.
Avevano rubato o, come minimo, favorito i ladri e dovevano pagare: essere immediatamente giustiziati tutti, perché i responsabili del furto erano senza dubbio loro dal momento che io e egli altri venti eravamo assenti.   
Oltre a quegli otto in caserma era rimasto un militare graduato da sergente che chissà perché non aveva voluto andarsene con il suo capitano e i suoi commilitoni di notte quando io da solo avevo occupato la caserma. Mi pare fosse un radiotelegrafista e nel momento in cui era sparita tutta quella roba capii perché aveva insistito tanto (troppo per rimanere in caserma ad aiutare i partigiani.
Era una del paese e penso che in paese viva tuttora perché lì lo vidi negli anni '70. Quel giorno entrai nel suo negozio ben fornito senza sapere che si trattasse proprio il suo per offrire le mie coperte elettriche; la moglie mi disse che suo marito non c'era. La moglie nel parlare mi nominò il loro cognome: corrispondeva a quello del soldato radiotelegrafista dei giorni della Liberazione. La signora aggiunse: "Guardi, mio marito arriva adesso!”.
Lo guardai bene in faccia e lui, diventato pallido, finse di non riconoscermi; la moglie era presente non capì perché io scuotessi la testa ed uscissi dal negozio senza parlare con lui del mio prodotto, cosa che invece avevo fatto con lei. Chissà che cosa inventò lui nei confronti della moglie.
Comunque quella notte rubò tanto? Rubò poco? non rubò niente? Non lo potrei stabilire.
Fatto sta che quando ero arrivato all'alba con i venti uomini lui in caserma non c'era (la volpe scaltra e disonesta si era accorta prima degli altri sei del mio arrivo e se l'era filata per tempo!).
Uno degli otto si chiamava Aldo (questo lo ricordo bene): faccia da delinquente incal­lito, alto, robusto, fare rozzo; ed era ne! gruppo dei cosiddetti bravi patrioti che mi era­no stati portati con tutte le garanzie dal curato del paese.
Se non mi fossi fidato di un prete giovane, almeno in quei momenti di chi potevo fidar­mi per avere attorno a me giovani validi e onesti?
Invece quel curato si era sbagliato in pieno; fra i buoni, cristianamente agendo, senz'al­tro in buona fede aveva messo anche alcuni farabutti e ladri vogliosi solo di gonfiarsi la pancia il portafoglio alle spalle e con grande rischio della vita dei pochi altri che si mantenevano puri o almeno si sforzavano di esserlo per arrivare alla giustizia collettiva per una società radicalmente rinnovata.
In conclusione: erano tutti al muro e tremavano perché in quei primi giorni non mi ave­vano mai visto fuori dai gangheri a quel punto, tanto furibondo e deciso a sterminarli per dare immediato esempio a tutti gli altri!
L'Aldo, sapendo che cosa l'aspettava, fece per togliersi dalla fila gridando che non po­tevo ammazzare tutti senza processo.
Per farlo rientrare nel gruppo dei condannati a morte, scaricai una decina di colpi a poco più di un metro dalla sua testa a mo' di aureola. Lui impallidì e, rientrato nei ranghi, quasi si accasciò. Tutto quel fracasso richiamò l'attenzione di alcune donne che passa­vano nei dintorni ed intuirono la gravità della situazione per cui si misero a correre ter­rorizzate verso la sacrestia della vicinissima chiesa parrocchiale.
Trafelato arrivò subito quel curato e molto coraggiosamente si mise a braccia aperte fra me e quegli otto uomini dicendo: "Avrai le tue ragioni, tutte le ragioni, ma con loro devi ammazzare anche me!".
Con rabbia gli intimai di spostarsi, ma non si mosse di un passo; affrontava il martirio (quello per lui era un vero martirio!) per tentare di salvare quel gruppo di disgraziati, più o meno colpevoli, ma sicuramente colpevoli! ( questi i veri preti, rappresen­tanti di Dio! Ce ne vorrebbero tanti, così!).
Guardando lui, con quelle sue braccia aperte a croce, mi ricordai di Dio e del suo quin­to comandamento "Non uccidere!" e anche quella volta, come in altre occasioni, non potei uccidere!
Oggi sono contento di non aver fatto quel massacro, perché dopo tutto quei disgraziati avevano rubato un po' ma quanti pezzi grossi (anch'e ex ufficiali e ex gerarchi fascisti, camuffati da patrioti e persino da partigiani) in quel periodo di baraonda politica e an­che dopo, hanno rubato molto molto di più?
Imposi a quegli otto di togliersi i fazzoletti rossi e le giacche dopo di che li scacciai ur­lando: "Andatevene e non fatevi più vedere qui attorno!".
Diciassette giorni dopo l'occupazione della caserma, nauseato per il comportamen­to ambiguo e disonesto di alcuni che mi stavano attorno, lasciai spontaneamente il comando a un certo Nino Padovan, veneto, mandato li a Curno, dal comando di Bergamo.
Quel tipo non mi piaceva: si dava troppe arie; aveva le unghie troppo curate e la di­visa troppo pulita! Capii subito che non era sincero e, oltretutto, pretendeva di es­sermi superiore, perché aveva (o diceva di avere) il grado di tenente dell'esercito re­golare.
Ma lui, sino a quel giorno, aveva poi rischiato la pelle, come me e molti altri? O anche lui, come troppi altri, era stato imboscato e aveva mangiato beatamente la pagnotta mi­litare magari anche applaudendo Mussolini?!
Per carattere non volli scendere a compromessi con lui (politicante più che combat­tente)!.
Quel giorno, dal momento che piovigginava, mi misi sulle spalle una mantellina grigio verde e attaccai allo zaino un pellicciotto di montone (uno di quelli della povera disa­strata armata di Russia dove tantissime vite umane erano andate sprecate per idiozia, sadismo e ipocrisia dei comandi superiori).
Mentre uscivo dal portone della caserma, pensai: "Che cosa avverrà anche in questa seconda caserma, presa da uno solo con tanto rischio?".
Al volante della 1.100 che mi aspettava c'era un patriota al quale dissi: "Accompagna­mi a casa mia, in via IV novembre!".
Giunto a destinazione, vi restai per qualche ora in modo da tranquillizzare i miei fami­liari; poi con il trenino ritornai in Valle Brembana e mi diressi verso Mezzoldo dalla mia cara e fedele Piera.
Avevo avuto per le mani un' enorme fortuna, accatastata nel vasto magazzino, un ca­mion a rimorchio O.M. nuovo di zecca, con le chiavi nel cruscotto! Sarebbe bastato portare via quello, non per rubarlo, ma solo per associarmi ad altri ed imbastire, per esempio, una cooperativa di trasporti.
Tuttavia per principio (principio stupido, diranno molti) io non ne approfittai.

GIANNI ARTIFONI, COMANDANTE PARTIGIANO DELLA PIAZZA DI CURNO