VIENE ILMOMENTO DI CHIEDERE IL CONTO A SALVINI
IN 3 ANNI MENO DI 20MILA RIMPATRI
LA GUERRA DEI NUMERI SUGLI IRREGOLARI ANCORA IN ITALIA
SALVINI: NON SONO 500MILA MA «SOLO» 90MILA
NEL 2019 ALLONTANATE 7.981 PERSONE SUI 23.370 ARRIVI
Stranieri irregolari in Italia, quanti sono davvero? «Il ministero
dell'Interno ha i dati aggiornati in tempo reale. Gli altri possono
giocare a lotto, ma i numeri dicono questo», ribadisce Matteo Salvini
che conferma dunque la nuova stima: 90 mila irregolari, rispetto al
numero ben più allarmante di 500 mila che lui stesso aveva annunciato
in campagna elettorale e poi fatto inserire nel contratto di governo,
come sottolineano adesso nel Movimento 5 Stelle.
Il ministro spiega i nuovi dati in suo possesso proprio nel giorno in
cui l'ufficio statistico dell'Unione europea, Eurostat, comunica che
l'Italia nel 2018 ha superato la Francia per l'asilo concesso ai
migranti (47.885 permessi contro 41.440). Ora è seconda in Europa, dopo
la Germania (139.600).
Ma la stima iniziale dei 500 mila irregolari, spiegano al Viminale, era
calibrata sul trend degli sbarchi in Italia negli anni dei «porti
aperti». Con i «porti chiusi» dalla scorsa estate, la situazione è
cambiata completamente. E questo nonostante i rimpatri — pur essendo
aumentati rispetto agli arrivi — si mantengano su una cifra bassissima
rispetto alle promesse di Salvini. E infatti, secondo i dati ufficiali,
nel 2017 sono stati 7.383 a fronte di oltre 119mila immigrati sbarcati;
nel 2018 sono saliti a 7.981 rispetto a 23.370 nuovi arrivi; in questi
primi quattro mesi dell'anno sono arrivati a 2.053 (1.931 forzati e 122
volontari).
Ma l'accento — dicono al Viminale — va posto su un dato: gli sbarchi
sulle nostre coste dal 2015 ad oggi sono stati 478.683, di cui appena
666 nel 2019: appunto, con i porti chiusi. Dunque, secondo il
ministero, i 2.053 rimpatri di questo inizio 2019 rappresentano un dato
leggermente superiore al trend del 2018, perché gli sbarchi all'epoca
erano molti di più e la novità rilevante è che i rimpatri sono più di
tre volte gli arrivi (2.053 rispetto a 666).
Nel contratto di governo, però, si parlava comunque di 500mila
irregolari. Ora Salvini dice che era soltanto una stima. E così spiega
il nuovo numero che parla di 90 mila senza documenti: «Oltre ai
rimpatriati vanno considerati i moltissimi (268.839 solo quelli
accertati secondo il Viminale, ndr) che hanno raggiunto altri Paesi
dell'Ue eppoi tutti i migranti in situazione d'accoglienza (circa
119mila)». Restano poi gli «invisibili» e sono circa la metà: quelli
che pur raggiunti da un provvedimento di espulsione, rimangono in
Italia facendo perdere le proprie tracce.
I nodi critici
Il problema principale resta quello di trovare un accordo con i Paesi
di provenienza. E i costi delle scorte di polizia sono ingenti.
Ieri la portavoce della Commissione Ue, Natasha Bertaud, soffermandosi
sui 268 mila irregolari trasferitisi dall'Italia in altri Paesi Ue ha
usato parole dure: «Abbiamo chiesto diverse volte agli Stati membri di
prendere misure per prevenire i movimenti secondari e aumentare il
numero di rimpatri nei Paesi di origine quando le persone non hanno
diritto di restare nell'Ue. In passato abbiamo inviato delle
raccomandazioni specifiche all'Italia».
Aumentare i rimpatri, però, continua ad essere un miraggio. Il problema
resta quello degli accordi con i Paesi di provenienza. A oggi esistono
delle intese di massima dell'Italia con Tunisia, Marocco, Nigeria ed
Egitto, ma mancano quelli con gli Stati da cui provengono oltre la metà
degli irregolari arrivati nel 2019: Algeria, Bangladesh, Senegal e
Iraq. Inoltre, i tempi sono lunghissimi: bisogna prima accertare
l'identità dello straniero, poi ottenere il via libera dal consolato,
senza contare i costi ingenti per le scorte di polizia.
L'accordo più efficace finora è quello con la Tunisia: due charter alla
settimana da 40 persone. Una goccia nel mare. E Salvini infatti sta
provando a potenziarlo. L'unico accordo bilaterale stipulato finora dal
ministro è quello siglato a novembre scorso con il Ghana. Ma in Italia
solo lo 0,47% dei migranti è ghanese.
E non è finita. Secondo l'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica
internazionale, il decreto sicurezza di Salvini farà aumentare di 140
mila gli irregolari in Italia: tutti quelli, cioè, usciti dai Cara
senza più la protezione umanitaria. E ancora, secondo l'Oim,
l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, la guerra civile in
Libia potrebbe causare la partenza verso l'Italia di altre 200 mila
persone. Si torna, così, alla stima di un anno fa: più di 500 mila
irregolari.
Fabrizio Caccia
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ALGIDO IL CANE DA RIPORTO DEL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA ING.CLAUDIO PIGA
Il cane da riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia ci avvisa
mafiosamente nel suo ultimo intervento “in passato (noi avremmo fatto)
ha fatto interventi al limite del diffamatorio (o forse anche oltre? )
anche nei riguardi di persone che (lui)conosc(e)o, che mi sono assai
dispiaciuti ai tempi”.
Pensi un po' che noi riteniamo che lei e il suo amico siate la medesima
persona! Oppure –che fa lo stesso- che lei-lui e il custode delLa
Latrina di Nusquamia scriviate i post a quattro mani col rispettivo
auricolare in collegamento.
Quello recentemente sotto altro nickname ha salutato questo blog con
una lunga enciclica –ciao a tutti, vado via!- accompagnata da un
fiume di lacrime. Capisco, capiamo: quando gli uomini d'onore vengono
smascherati dispiacciono.
Il cane da riporto fa finta che siamo tutti fessi e non si sappia come
la società A possa essere padrona della B, che è padrona della C e
quindi andata e ritorno alla fine la Z è padrona della A ma é
opportunamente mascherata. Come fa finta che i cittadini non vedano e
capiscano come addosso ai comuni i partiti azionino lobby e lobbine per
creare IL problema salvo poi scodellare la proposta di soluzione. Basta
p.e. leggere molte determine o delibere dei comuni per leggervi quel
processo. Poi è ovvio che chi fa lobby scambi il favore tra lobbisti
bianchi rossi verdi e neri per mascherarsi meglio specie se in
provincia p.e. hai una giunta destra+sinistra. Cioé il classico
rebelotto catto comunista italico.
Significativo che (quello che noi riteniamo ) quando il cane da riporto
del custode delLa Latrina di Nusquamia se ne sia andato da Curno, se ne
sia andata anche quella società che “non gli apparteneva”. Coincidenze?
Come quelle di Arata padre e figlio e di Siri ? .
Il secondo post di Algido come quello di Piga sull'aspide sono una
bullata tipica di chi sta nascosto dietro un nikname. Del resto come
già detto siamo in tema: i posti su un blog sono come le foto su
fessbuc. Scritto i primi, immagini i secondi. Siete due bulli e vi
spalleggiate l'un l'altro.
Altra significativa coincidenza è che p.e. l'amico del cane da riporto
del custode delLa Latrina di Nusquamia abitasse in un bella villa lungo
il fiume e a sud della medesima quando suo cugino, ammanigliato con la
Dc ma eletto nelle liste del PCI assessore vero (quando in maggioranza)
o assessore ombra (quando in minoranza) all'urbanistica di quel comune,
abbia inserito il lotto prima come parcheggio e poi parte come
parcheggio e parte come giardino. Tanto per garantire al cane da
riporto del custode delLa Latrina di Nusquamia un maggior valore
a casa sua ed una lunga e duratura bellavista. Addirittura da qualche
lustro è in atto una bega cartacea tra la proprietà di quel fondo -che
chiede al comune: decidetevi a fare quel che avete indicato visto che
tenete bloccata la situazione da 30 anni senza decidere!- ed i vicini
che ogni tanto raccolgono firme per imporre al padrone di… pulire
il fondo della monnezza che altri cittadini vi gettano
irresponsabilmente. Perché il problema è che quel lotto DEVE
restare INEDIFICA BILE per non fare ombra alla villa del cane da
riporto del custode delL
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IL 23-24-25 APRILE 1945 A CURNO RACCONTATI DAL COMANDANTE PARTIGIANO DELLA PIAZZA DI CURNO
All'alba ritornammo tutti in caserma a Curno. Pioveva ancora ed ero
piuttosto stanco come del resto tutti gli altri. Passai in ufficio e ci
rimasi pochi minuti con i gomiti appoggiati sulla scrivania e la testa
fra le mani; mi si chiudevano gli occhi, ma il cuore pulsava più del
solito: avevo la netta sensazione che qualcosa non stesse funzionando
per il giusto verso.
Non so neppure io perché andai nel grande magazzino dove erano
accatastate casse di armi di vario tipo, vestiario e estivo e
invernale, munizioni, radio ricetrasmittenti, fusti di ricambi per
motori d'aereo, fusti d'olio per motori, cronometri, attrezzature
stradali, orologi e congegni che nemmeno conoscevo, cannocchiali in una
quantità enorme, gomme d'auto, prosciutti, casse di liquori di marchi
primari, vini pregiati, ecc. Appena spalancata la porta, vidi per
terra, malamente sparpagliate, molte pistole calibro 9; la cassa dalla
quale erano state versate era capovolta; c'erano gomme d'auto e
giubbotti di montone abbandonati qua e là e tant'altra roba, tutta
versata a qualche modo dagli scaffali. In un primo momento rimasi
sbigottito!
Era persino troppo evidente: lì dentro dei traditori disonesti avevano
arraffato in gran fretta il più possibile di tutto un po', in fretta e
furia, approfittando dell'assenza del comandante! Quindi quello
scempio era stato fatto tutto Quando ero fuori per un'azione con gli
altri uomini!
Noi a rischiare la pelle per tutti e loro (quei farabutti!) a rubare
vergognosamente per le loro tasche! Schifosi patrioti dell'ultima ora!
Questa riflessione mi fece letteralmente "andare in bestia"! Radunai
all'istante tutte le otto guardie, quelle del magazzino e dell'unica
porta d'uscita che dava nel cortile prospiciente la strada; ad uno ad
uno intimai loro di buttare le armi a terra. Poi con il mitra spianato
le cacciai tutte contro il muro che stava dall'altra parte della strada.
Avevano rubato o, come minimo, favorito i ladri e dovevano pagare:
essere immediatamente giustiziati tutti, perché i responsabili del
furto erano senza dubbio loro dal momento che io e egli altri venti
eravamo assenti.
Oltre a quegli otto in caserma era rimasto un militare graduato da
sergente che chissà perché non aveva voluto andarsene con il suo
capitano e i suoi commilitoni di notte quando io da solo avevo occupato
la caserma. Mi pare fosse un radiotelegrafista e nel momento in cui era
sparita tutta quella roba capii perché aveva insistito tanto (troppo
per rimanere in caserma ad aiutare i partigiani.
Era una del paese e penso che in paese viva tuttora perché lì lo vidi
negli anni '70. Quel giorno entrai nel suo negozio ben fornito senza
sapere che si trattasse proprio il suo per offrire le mie coperte
elettriche; la moglie mi disse che suo marito non c'era. La moglie nel
parlare mi nominò il loro cognome: corrispondeva a quello del soldato
radiotelegrafista dei giorni della Liberazione. La signora aggiunse:
"Guardi, mio marito arriva adesso!”.
Lo guardai bene in faccia e lui, diventato pallido, finse di non
riconoscermi; la moglie era presente non capì perché io scuotessi la
testa ed uscissi dal negozio senza parlare con lui del mio prodotto,
cosa che invece avevo fatto con lei. Chissà che cosa inventò lui nei
confronti della moglie.
Comunque quella notte rubò tanto? Rubò poco? non rubò niente? Non lo potrei stabilire.
Fatto sta che quando ero arrivato all'alba con i venti uomini lui in
caserma non c'era (la volpe scaltra e disonesta si era accorta prima
degli altri sei del mio arrivo e se l'era filata per tempo!).
Uno degli otto si chiamava Aldo (questo lo ricordo bene): faccia da
delinquente incallito, alto, robusto, fare rozzo; ed era ne! gruppo
dei cosiddetti bravi patrioti che mi erano stati portati con tutte le
garanzie dal curato del paese.
Se non mi fossi fidato di un prete giovane, almeno in quei momenti di
chi potevo fidarmi per avere attorno a me giovani validi e onesti?
Invece quel curato si era sbagliato in pieno; fra i buoni,
cristianamente agendo, senz'altro in buona fede aveva messo anche
alcuni farabutti e ladri vogliosi solo di gonfiarsi la pancia il
portafoglio alle spalle e con grande rischio della vita dei pochi altri
che si mantenevano puri o almeno si sforzavano di esserlo per arrivare
alla giustizia collettiva per una società radicalmente rinnovata.
In conclusione: erano tutti al muro e tremavano perché in quei primi
giorni non mi avevano mai visto fuori dai gangheri a quel punto, tanto
furibondo e deciso a sterminarli per dare immediato esempio a tutti gli
altri!
L'Aldo, sapendo che cosa l'aspettava, fece per togliersi dalla fila gridando che non potevo ammazzare tutti senza processo.
Per farlo rientrare nel gruppo dei condannati a morte, scaricai una
decina di colpi a poco più di un metro dalla sua testa a mo' di
aureola. Lui impallidì e, rientrato nei ranghi, quasi si accasciò.
Tutto quel fracasso richiamò l'attenzione di alcune donne che
passavano nei dintorni ed intuirono la gravità della situazione per
cui si misero a correre terrorizzate verso la sacrestia della
vicinissima chiesa parrocchiale.
Trafelato arrivò subito quel curato e molto coraggiosamente si mise a
braccia aperte fra me e quegli otto uomini dicendo: "Avrai le tue
ragioni, tutte le ragioni, ma con loro devi ammazzare anche me!".
Con rabbia gli intimai di spostarsi, ma non si mosse di un passo;
affrontava il martirio (quello per lui era un vero martirio!) per
tentare di salvare quel gruppo di disgraziati, più o meno colpevoli, ma
sicuramente colpevoli! ( questi i veri preti, rappresentanti di Dio!
Ce ne vorrebbero tanti, così!).
Guardando lui, con quelle sue braccia aperte a croce, mi ricordai di
Dio e del suo quinto comandamento "Non uccidere!" e anche quella
volta, come in altre occasioni, non potei uccidere!
Oggi sono contento di non aver fatto quel massacro, perché dopo tutto
quei disgraziati avevano rubato un po' ma quanti pezzi grossi (anch'e
ex ufficiali e ex gerarchi fascisti, camuffati da patrioti e persino da
partigiani) in quel periodo di baraonda politica e anche dopo, hanno
rubato molto molto di più?
Imposi a quegli otto di togliersi i fazzoletti rossi e le giacche dopo
di che li scacciai urlando: "Andatevene e non fatevi più vedere qui
attorno!".
Diciassette giorni dopo l'occupazione della caserma, nauseato per il
comportamento ambiguo e disonesto di alcuni che mi stavano attorno,
lasciai spontaneamente il comando a un certo Nino Padovan, veneto,
mandato li a Curno, dal comando di Bergamo.
Quel tipo non mi piaceva: si dava troppe arie; aveva le unghie troppo
curate e la divisa troppo pulita! Capii subito che non era sincero e,
oltretutto, pretendeva di essermi superiore, perché aveva (o diceva di
avere) il grado di tenente dell'esercito regolare.
Ma lui, sino a quel giorno, aveva poi rischiato la pelle, come me e
molti altri? O anche lui, come troppi altri, era stato imboscato e
aveva mangiato beatamente la pagnotta militare magari anche
applaudendo Mussolini?!
Per carattere non volli scendere a compromessi con lui (politicante più che combattente)!.
Quel giorno, dal momento che piovigginava, mi misi sulle spalle una
mantellina grigio verde e attaccai allo zaino un pellicciotto di
montone (uno di quelli della povera disastrata armata di Russia dove
tantissime vite umane erano andate sprecate per idiozia, sadismo e
ipocrisia dei comandi superiori).
Mentre uscivo dal portone della caserma, pensai: "Che cosa avverrà
anche in questa seconda caserma, presa da uno solo con tanto rischio?".
Al volante della 1.100 che mi aspettava c'era un patriota al quale dissi: "Accompagnami a casa mia, in via IV novembre!".
Giunto a destinazione, vi restai per qualche ora in modo da
tranquillizzare i miei familiari; poi con il trenino ritornai in Valle
Brembana e mi diressi verso Mezzoldo dalla mia cara e fedele Piera.
Avevo avuto per le mani un' enorme fortuna, accatastata nel vasto
magazzino, un camion a rimorchio O.M. nuovo di zecca, con le chiavi
nel cruscotto! Sarebbe bastato portare via quello, non per rubarlo, ma
solo per associarmi ad altri ed imbastire, per esempio, una cooperativa
di trasporti.
Tuttavia per principio (principio stupido, diranno molti) io non ne approfittai.
GIANNI ARTIFONI, COMANDANTE PARTIGIANO DELLA PIAZZA DI CURNO
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