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DIMENTICATE LE URNE: ECCO PERCHE' NON SI ANDRA' A VOTARE ANCHE SE CADE ILGOVERNO
Dimenticate le urne: ecco perché non si andrà a votare (anche se cade il governo)
Non le vogliono i partiti, Lega a parte, che perderebbero un mare di voti. Non le vogliono i parlamentari, che tornerebbero a casa. Non le vuole il Colle, preoccupato della successione al Quirinale. E non le vuole nemmeno Salvini, in fondo. Vale l'antica regola: governi brevi, legislature lunghe. (...)

CHE BELLO AVERE UN AMICO COME TRUMP!
Massima pressione sull'Iran, d'accordo coi nostri alleati, perché smetta le sue attività destabilizzanti che minacciano la sicurezza del Medio Oriente » . Così la Casa Bianca ieri ha motivato un nuovo passo nell'escalation delle sanzioni: l'obiettivo è ridurre a zero l'export iraniano di petrolio, che è la prima fonte di valuta pregiata per il regime degli ayatollah. L'embargo petrolifero era scattato nel novembre scorso, ma con eccezioni per otto paesi tra cui l'Italia. Ora cadono anche le eccezioni e Washington fa sapere che non verranno prorogate: nessuno deve più comprare una goccia di petrolio da Teheran, se non vuole finire a sua volta sotto un regime di sanzioni americane.
Il gesto non ha effetti sostanziali su Italia, Grecia e Taiwan: inclusi nella lista degli esonerati l'anno scorso, secondo fonti americane, questi tre paesi hanno già azzerato comunque i loro acquisti di greggio iraniano. Ad essere colpiti da questo mancato rinnovo delle esenzioni sono soprattutto Cina, India e Turchia.(...)

DOVE VAI SE UNA GO-PRO NON CE L'HAI?
Da una parte il calendario (specie quello scolastico) che c'ha messo lo zampino, dall'altra parte la crisi economica ragione per cui restano vicini a casa per via delle poche palanche disponibili. Fatto sta che ieri i boschi del monte Linzone erano pieni di gente fin dal mattino presto. Le piogg e di questi giorni cominciano  a dargli un aspetto “umano”.Perlomeno non si corre più il rischio di restare abbrustoliti in un incendio. I sentieri sull'Adda e sul Brembo altrettanto fino a sera tarda. Il bugiardino e degli amici ci dicono che città alta era inavvicinabile da una folla mai vista. Certo é che fa specie incontrare gente di Gandino su per i boschi di Burligo. Oppure  incontrare una compagnia di Casirate (pais di rane e del petrolio) a fare il picnic in vetta al Linzone ancora privo di narcisi non ancora rimarginato dall'”unico” piccolo incendio subito quest'inverno. Del resto basta dare un'occhiata ai vari gruppi sportivi e non che percorrono le nostre montagne per capire che se ieri  i bergamaschi erano dati come un popolo alpino, oggi lo siamo –numericamente e come penetrazione- almeno il doppio. Fossero in vita le guide alpine che ci hanno insegnato ad arrampicare e vedessero  i filmati e le foto dei siti fessbuc trasalirebbero. Se vai in montagna senza una go-pro non sei nessuno: i tuoi amici al bar mentre si ciuccano l'aperitivo ricevono il filmato della tua impresa in tempo reale.(...)












se la foto è vera...




















































DIMENTICATE LE URNE: ECCOPERCHE' NON SI ANDRA' A VOTARE ANCHE SE CADE ILGOVERNO



Dimenticate le urne: ecco perché non si andrà a votare (anche se cade il governo)

Non le vogliono i partiti, Lega a parte, che perderebbero un mare di voti. Non le vogliono i parlamentari, che tornerebbero a casa. Non le vuole il Colle, preoccupato della successione al Quirinale. E non le vuole nemmeno Salvini, in fondo. Vale l'antica regola: governi brevi, legislature lunghe

C'è una regola non scritta, nella politica italiana: i governi hanno vita breve, le legislature hanno vita lunga. Tradotto: siamo il Paese in cui se cade un governo non si torna mai alle urne, perché una maggioranza alternativa si trova. È successo nel 1995 con la rottura Berlusconi-Bossi che portò al governo Dini. Nel 1997 con Rifondazione che toglie il sostegno a Prodi e apre la strada al Governo D'Alema (entrano in maggioranza Mastella e Cossiga). Nel 2011, con Berlusconi sostituito da Mario Monti. L'unica volta che non è successo, nel 2008 con la caduta di Prodi e le elezioni stravinte da Berlusconi, è stato un massacro tale che ancora viene rinfacciato all'allora neo segretario del neonato Pd Walter Veltroni. Le elezioni si chiedono, certo. Per fare quelli che non hanno paura e che non fanno giochini di Palazzo, ma non arrivano mai.
Lo diciamo per quelli che già scaldano i motori in vista del voto a settembre o a ottobre, dopo le europee e prima della legge di bilancio. Difficile, difficilissimo che accada, nonostante la rottura prolungata e ormai quasi insanabile tra Lega e Cinque Stelle. Tanto più perché le condizioni di scenario vanno tutte nella direzione opposta, autorizzandoci a pensare che Mattarella non dovrà nemmeno mettersi di traverso, rispetto all'opzione di un ritorno al voto. Faranno tutto i partiti.

Primo punto. Non conviene al Movimento Cinque Stelle, che passerebbe dal 32% al 20% scarso che gli viene accreditato dai sondaggi attuali. Non conviene al Pd, che non ha recuperato quasi nulla rispetto al 19% del 4 marzo 2018. Non conviene a Forza Italia, che oggi è accreditata attorno al 10%. A ben vedere conviene solo a Lega e Fratelli D'Italia, gli unici due partiti in crescita, che tuttavia hanno in mano poco più del 25% dei voti dei parlamentari.

Secondo punto. Anche se i partiti, magicamente, dovessero mettersi d'accordo per le urne, difficilmente i parlamentari starebbero a guardare. Prendiamo il Pd: col cambio di segreteria, tutta l'area renziana che occupa buona parte degli scranni dem alla Camera e al Senato sarebbe certa o quasi di non essere ricandidata. E che dire dei paria alla prima legislatura col Movimento Cinque Stelle, metà dei quali perderebbe il biglietto della lotteria vinto il 4 marzo scorso? Per Forza Italia è lo stesso, peraltro: Berlusconi, a marzo, negoziò alla pari con Salvini le candidature. Oggi non ci sarebbe negoziazione, nei fatti: Salvini potrebbe imporre a Berlusconi tutti i suoi candidati e vincere tranquillamente in tutti i collegi. Qualcuno, certo, potrebbe provare a riciclarsi sotto l'ombrello del nuovo Carroccio. Qualcuno, non tutti.
Da oggi al 26 maggio i tessitori di Palazzo si metteranno in moto alla ricerca di nuove maggioranze, ammesso non abbiano già cominciato a farlo da un bel po'

Terzo punto. Mattarella, a dispetto delle voci che lo danno possibilista, non vuole sciogliere le camere. Molto banalmente, il suo disegno per questi tempi incerti è quello di farsi succedere, nel 2022, da un presidente della repubblica autorevole ed europeista, in grado di dare stabilità al Paese, qualunque cosa accada. Se vi è venuto in mente il nome di Mario Draghi, non siete i soli ad averlo pensato. Ecco: con questo parlamento Draghi riuscirebbe probabilmente a salire al Colle, grazie a una maggioranza trasversale che comprenda Pd, Forza Italia e Cinque Stelle. In un Parlamento con Lega e Fratelli d'Italia maggioranza assoluta sarebbe praticamente impossibile ciò avvenisse. Al contrario, potrebbe accadere che un Parlamento simile decida di portare al Quirinale una figura uguale e contraria a quella di Draghi. Se vi è venuto in mente il nome di Paolo Savona, già al centro di uno scontro istituzionale al vetriolo tra i gialloverdi e il Colle, non siete i soli ad averlo pensato, nemmeno in questo caso.

Quarto punto. Neanche a Salvini conviene ad andare a votare. O meglio, non conviene trovarsi da premier, in solitaria, a dover affrontare una legge di bilancio come quella del prossimo novembre, costruita chirurgicamente per levare agibilità politica a chiunque vi abbia a che fare. Come farebbe, Salvini, a poche settimane di distanza dalla campagna elettorale, a far digerire aumenti dell'Iva o tagli alla spesa a elettori cui con ogni probabilità avrà promesso flat tax e pensioni a sessant'anni per tutti? Sa bene, il Capitano leghista, che affrontare le forche caudine di novembre con l'alibi dell'alleato scomodo sulla cui prudenza scaricare ogni colpa è un ottimo antidoto all'emorragia di consensi.

Questo significa che non si andrà a votare? No, attenzione. In politica può anche succedere che per orgoglio o eccesso di tattica si finisca per cadere nel burrone che ognuno dei giocatori vorrebbe evitare, soprattutto se i giocatori sono inesperti. Significa altro: che da oggi al 26 maggio i tessitori di Palazzo si metteranno in moto alla ricerca di nuove maggioranze, ammesso non abbiano già cominciato a farlo da un bel po'. Certe cose, con buona pace del governo del cam
CHE BELLO AVERE UN AMICO COME TRUMP!




Massima pressione sull'Iran, d'accordo coi nostri alleati, perché smetta le sue attività destabilizzanti che minacciano la sicurezza del Medio Oriente » . Così la Casa Bianca ieri ha motivato un nuovo passo nell'escalation delle sanzioni: l'obiettivo è ridurre a zero l'export iraniano di petrolio, che è la prima fonte di valuta pregiata per il regime degli ayatollah. L'embargo petrolifero era scattato nel novembre scorso, ma con eccezioni per otto paesi tra cui l'Italia. Ora cadono anche le eccezioni e Washington fa sapere che non verranno prorogate: nessuno deve più comprare una goccia di petrolio da Teheran, se non vuole finire a sua volta sotto un regime di sanzioni americane.
Il gesto non ha effetti sostanziali su Italia, Grecia e Taiwan: inclusi nella lista degli esonerati l'anno scorso, secondo fonti americane, questi tre paesi hanno già azzerato comunque i loro acquisti di greggio iraniano. Ad essere colpiti da questo mancato rinnovo delle esenzioni sono soprattutto Cina, India e Turchia.
Sia il governo di Pechino che quello di Ankara hanno criticato la legittimità della mossa americana, oltre a sottolineare l'impatto negativo sul mercato petrolifero. Poiché l'embargo sull'Iran aggiunge i suoi effetti a quello sul Venezuela e al caos in Libia, il prezzo del petrolio è in rialzo da tempo. Ieri il greggio di qualità Brent è salito del 3% a 74 dollari il barile.
L'ultimo gesto contro il regime di Teheran, rientra nella nuova fase della politica estera americana aperta da Donald Trump. Questo presidente fu contrario dall'inizio all'accordo che Barack Obama aveva siglato nel 2015 con l'Iran e altre cinque nazioni (Russia Cina Germania Francia Regno Unito). Un anno fa Trump decise di denunciare quell'accordo. A novembre scattarono le prime sanzioni Usa dirette contro quattro settori dell'economia iraniana: energia, finanza, cantieristica, trasporto navale. L'effetto è stato pesante. L'economia iraniana era già in crisi prima, con alta inflazione e svalutazione della moneta, ma da novembre i problemi si sono aggravati per il calo ulteriore di entrare petrolifere. Si stima che da allora Teheran abbia già perduto 10 miliardi di dollari di entrate. L'obiettivo dichiarato dell'Amministrazione Trump è costringere l'Iran ad un nuovo accordo. Sul nucleare la Casa Bianca vorrebbe condizioni più severe di quelle negoziate da Obama, inclusa una maggiore durata del congelamento ( nel 2015 l'Iran accettò di fermare per dieci anni i suoi lavori sul nucleare). Ma Trump vuole allargare l'accordo ad altri temi, costringendo l'Iran a sospendere anche il suo programma missilistico e le sue attività militari all'estero: dalla presenza in Siria all'appoggio agli Hezbollah, una milizia che gli Stati Uniti considerano come un'organizzazione terroristica.
Ieri il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha ribadito la linea Trump: « Siamo pronti a dialogare con Teheran, se accetta quelle precondizioni».
L'opposizione democratica a Washington condanna questo atteggiamento sottolineandone le contraddizioni: il patto nucleare fu firmato da sette paesi, non può essere stracciato da uno solo; inoltre la stessa Amministrazione Trump ha una linea diversa con la Corea del Nord, avendo accettato ben due summit col leader Kim Jong Un senza porre condizioni. Peraltro chi critica l'embargo di Trump all'interno degli Stati Uniti osserva che le sanzioni non hanno modificato la politica estera degli ayatollah, in particolare sull'appoggio a Hezbollah e Assad. A queste contestazioni interne si aggiungono quelle dei paesi colpiti dalle sanzioni. L'Iran le ha definite «illegali». In Cina il ministero degli Esteri ha dichiarato che la cooperazione con l'Iran «è trasparente e legale, come tale va rispettata » . Il ministro degli Esteri turco ha dichiarato che l'ultimo giro di vite all'embargo « danneggia il popolo iraniano senza fare avanzare la pace e la stabilità in Medio Oriente».
Per il resto del mondo – inclusa l'Italia che ormai non usa più l'esenzione per importare petrolio iraniano – i timori più immediati si spostano sull'impatto energetico. Con una crescita globale che rallenta, un mini- shock energetico da aumento dei prezzi è un ulteriore vento contrario per l'economia. Pompeo ha voluto rassicurare gli alleati su questo punto. «Stiamo lavorando – ha detto il segretario di Stato – coi maggiori produttori di petrolio per minimizzare l'impatto sui prezzi. L'Arabia saudita e gli Emirati Arabi Uniti ci hanno assicurato che garantiranno un'offerta adeguata sui mercati. Gli Stati Uniti fanno la loro parte con un aumento di produzione di 1,5 milioni di barili al giorno nel 2019 che si aggiunge a quello del 2018». Il ministro dell'Energia saudita, Khalid al-Falih, ha confermato che il suo paese si sta coordinando con gli altri produttori « per prevenire squilibri sul mercato petrolifero mondiale ».

Federico Rampini
DOVE VAI SE UNA GO-PRO NON CE L'HAI?




Da una parte il calendario (specie quello scolastico) che c'ha messo lo zampino, dall'altra parte la crisi economica ragione per cui restano vicini a casa per via delle poche palanche disponibili. Fatto sta che ieri i boschi del monte Linzone erano pieni di gente fin dal mattino presto. Le piogg e di questi giorni cominciano  a dargli un aspetto “umano”.Perlomeno non si corre più il rischio di restare abbrustoliti in un incendio. I sentieri sull'Adda e sul Brembo altrettanto fino a sera tarda. Il bugiardino e degli amici ci dicono che città alta era inavvicinabile da una folla mai vista. Certo é che fa specie incontrare gente di Gandino su per i boschi di Burligo. Oppure  incontrare una compagnia di Casirate (pais di rane e del petrolio) a fare il picnic in vetta al Linzone ancora privo di narcisi non ancora rimarginato dall'”unico” piccolo incendio subito quest'inverno. Del resto basta dare un'occhiata ai vari gruppi sportivi e non che percorrono le nostre montagne per capire che se ieri  i bergamaschi erano dati come un popolo alpino, oggi lo siamo –numericamente e come penetrazione- almeno il doppio. Fossero in vita le guide alpine che ci hanno insegnato ad arrampicare e vedessero  i filmati e le foto dei siti fessbuc trasalirebbero. Se vai in montagna senza una go-pro non sei nessuno: i tuoi amici al bar mentre si ciuccano l'aperitivo ricevono il filmato della tua impresa in tempo reale. Vero che ogni anno contiamo una decina di bare e di invalidi gravissimi come esito di bullerie alpinistiche ma forse meglio (?) morire cadendo in montagna che d’infarto sulla porta dell’ufficio o del bar. La moda di quest’anno  sono le borracce d’acciaio inox, esito della battaglia mediatica contro le plastiche nel mare ma soprattutto molto «economiche» visto i prezzi che spuntano quelle termiche.
Tornando in città (alta: in quella bassa c’é la Fiera dei Librai, non dei libri...) leggiamo sulle gazzette che il primo maggio il portico del Palazzo della Ragione verà occupato da un concerto di più gruppi. Del resto con la fiera in Piazza Vittorio Veneto  di spazi al di la del Lazzaretto dove non ci sarebbe andato nessuno (pioggia esclusa) non c’erano alternative.
Intanto che si apre lentamente la campagna elettorale per le amministrative in città in un clima che pare dia per scontata la riconferma di Gori assieme a un vasto ritorno di anziani candidati  sindaci maschi (lo scrive il Corriere, quindi...) un po’ dappertutto dopo l’abbandono della mezza età che aveva fatto furore cinque anni or sono resta poco da sperare. Le costosissime paciugate un po’ dappertutto del trio Gori-Brambilla-Alesini, il verde rimasto cesso com’era per mano della Leyla Ciaga; i bus elettrici potenziati da quelli a metano e le multe a raffica del Gandi:bisogna accontentarsi di quello che passa il convento. Per il momento non c’è di meglio. Sperando che col concerto non caschi qualche pietra del Palazzo.