LA GUERRA IN LIBIA E I RISCHI PER L'ITALIA
Due giorni di guerra in Libia hanno fatto impennare le quotazioni del
petrolio. Il trend al rialzo accentua la tendenza positiva del 2019
(dai 53 dollari al barile del Brent di dicembre 2018 siamo a 71 dollari
ad aprile) e non può che andare a vantaggio di Stati per esempio come
l'Arabia Saudita, che vivono di esportazioni dell'oro nero e che più,
assieme all'Iran e alla stessa Libia, avevano sofferto del crollo del
prezzo a causa dell'alto surplus. Non è un caso se proprio l'erede al
trono di Riad Mohammad Bin Salman, subito dopo aver ricevuto a fine
marzo il generale libico suo alleato Khalifa Haftar e mentre lo stesso
Haftar avanzava poi verso Tripoli, lanciava sul mercato le prime
obbligazioni di Aramco, la compagnia nazionale del petrolio saudita,
cioè la più grande al mondo. I bond immessi dal 6 aprile, per un valore
di circa 12 miliardi di dollari, sono lo step preliminare per la
quotazione di Aramco in Borsa: se ne parlava da qualche anno, ma MbS
(come è chiamato a Riad) aveva dovuto ritardare, vuoi per il prezzo
troppo basso del petrolio, vuoi per problemi di trasparenza.
IL RIALZO DEL PETROLIO SPINGE LA QUOTAZIONE DELLA COMPAGNIA SAUDITA
Con la Libia bloccata – come con l'embargo del petrolio all'Iran –, i
tempi potrebbero essere maturi. Il costo di petrolio e gas più
difficilmente estraibili nel Nord Africa aumenterà, Aramco farà più
utili nel Golfo, guadagnerà valore e sul 5% del suo capitalepotrà
essere lanciata l'«ipo del secolo» a Wall Street che i grandi
investitori attendono. Mentre in Libia sono ancora gli italiani gli
stranieri con più interessi, e principalmente negli idrocarburi: circa
il 20% della produzione di Eni è nell'ex colonia che si credeva uno
scatolone di sabbia, e circa il 70% degli interessi economici e sul gas
e il petrolio libico dell'Italia si concentrano tra la Tripolitania e
il Fezzan, cioè tra la capitale e il Sud-Ovest della Libia dove Haftar
ha in corso l'offensiva. Dal complesso di raffineria Mellitah Oil &
Gas tra Tripoli e Sabratha, cogestito da Eni assieme alla Compagnia del
petrolio libica (Noc), partono i 500 km di Greenstream attraverso il
Mediterraneo che portano il gas alle famiglie italiane e anche ad
alcuni Paesi europeo che lo riacquistano.
LE TURBOLENZE RALLENTANO LA PRODUZIONE ENI
Ufficialmente per Eni la «situazione nei campi petroliferi è sotto
controllo». Ma un nuovo calo della produzione, o quantomeno rincari del
gas e del greggio per i maggiori costi di estrazione e degli impianti,
sono da mettere in conto per l'Italia, per quanto in queste occasioni
si concentrino e si accrescano le attività nei campi offshore. Tutto il
personale italiano a terra della compagnia, da anni estremamente
limitato a causa del deteriorarsi della sicurezza, è stato evacuato in
via precauzionale dalla Libia. Con il livello di instabilità raggiunto
è molto complicato tenere la produzione sopra i 300 mila barili al
giorno: già prima dell'offensiva su Tripoli, tra il 2018 e il 2019
l'Eni era scesa ai circa 270/280 mila barili, dal picco del 384 mila
nel 2017. E potrebbe ancora scendere, anche a causa del personale
ridotto: quanto sia centrale lo stabilimento di Mellitah per far
arrivare il gas in Europa lo dimostra il rapimento, nel 2015, di
quattro operai italiani durante una trasferta. Almeno due di loro (non
di Eni, ma della società appaltatrice Bonatti) erano diretti lì per far
fronte a un'emergenza e non interrompere le forniture.
I GIACIMENTI ITALIANI NELL'OFFENSIVA DI HAFTAR
Come anticipato qualche mese fa da Lettera43.it, tutti i giacimenti
onshore di Eni in Libia sono stati attraversati dalle campagne del
generale Haftar, spinte in Europa soprattutto dalle mire dei francesi:
prima in Cirenaica, dove la storica e prima concessione del grande
campo petrolifero di Abu Attifel ha subito uno stop nelle attività,
negli anni dei combattimenti tra Haftar e gli islamisti nell'Est, ed è
poi ripresa; dopo nel Fezzan, il Sud-Ovest della Libia dove Eni ha il
campo di Al Wafa, per l'estrazione di petrolio, al confine con
l'Algeria, e non lontano il giacimento di gas di El Feel. Proprio El
Feel, dopo al Sharara, è stato conquistato ufficialmente da Haftar
prima di sferrare l'offensiva su Tripoli: senza grosse ripercussioni
per l'Eni, a riprova che l'Italia, pur nell'alleanza con il governo di
Tripoli di Fayez al Sarraj nell'area di Mellitah, per ragioni
strategiche ha mantenuto sempre aperti dei canali con Haftar e i
distretti da lui controllati, già per le attività nell'Est di Abu
Attifel e le raffinerie costiere. D'altra parte al Feel è cogestito con
la Noc che veicola anche gli idrocarburi delle aree di Haftar.
GLI IMMIGRATI DETENUTI COSTRETTI AD ARRUOLARSI
Alcune milizie di guardia del Fezzan stavano già con Haftar, altre sono
passate con l'uomo forte della Cirenaica senza spargimenti di sangue,
comprate perché da tempo in crisi con il governo di Tripoli: il
passaggio di consegne certo non caccerà Eni dai campi, ma nella
transizione le attività si rallenteranno nella Libia che, per la
compagnia, è seconda solo all'Egitto per produzione. L'altra
ripercussione di peso per gli italiani – mentre il governo litiga con
la Germania per i naufraghi salvati nel Mediterraneo – è lo stop di
fatto dell'accordo con il governo di Tripoli a trattenere migliaia di
migranti dall'Africa in strutture-lager, più che mai lontane dal venire
controllare e dal diventare vivibili centri di raccolta dei profughi. I
milioni di euro pagati anche alle milizie, prima dal precedente
ministro dell'Interno Marco Minniti poi sotto altre forme dal
successore e vicepremier Matteo Salvini e dall'Ue, sono stati gettati:
al Sarraj ha altre priorità che addestrare e potenziare la cosiddetta
guardia costiera libica. L'Unhcr ha appena denunciato la chiamata alle
armi del governo di Tripoli degli immigrati africani rinchiusi nelle
prigioni, di rinforzo alle milizie.
DEPRIVATI E ARMATI PRIMA DI ARRIVARE IN EUROPA
I migranti eritrei e del Sudan, che hanno trascorso anni nel servizio
militare, sono ideali. Le milizie del governo di al Serraj starebbero
loro promettendo la libertà, in cambio del reclutamento per
l'emergenza. In particolare il centro di detenzione per Qaser Ben
Gashir, nell'hinterland meridionale di Tripoli dove sono radunate le
milizie della capitale e gli alleati di Misurata e di altri centri,
sarebbe stato trasformato in una caserma. Almeno in altri tre carceri
per migranti, sempre secondo l'agenzia dell'Onu per i rifugiati,
sarebbe in atto il reclutamento. Solo a Qaser Ben Gashir si stimano
circa 6 mila profughi, 600 dei quali bambini, in condizioni già
durissime di deprivazione, che senza elettricità e con i viveri sempre
più razionati si sono aggravate. L'Irish Time ha riportato dei messaggi
WhatsApp di uomini caricati a forza sulle camionette, costretti a
«imbracciare armi senza neanche conoscerle». A lungo termine, il
pericolo più grosso per l'Italia: l'arrivo, come già dai dai Balcani
dopo le guerre, di stranieri abituati a uccidere in contesti molto
degradati e violenti, vivaio per il terrorismo di ogni genere.
Barbara Ciolli
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CHE BEL CASINO IN VIA BREMBO!
Il sito web del Comune pubblica una lettera del Comandante dei Vigili
di Curno protocollata ma senza indirizzo particolare (al sindaco, a un
determinato assessore) con la quale informa genericamente non si
sa bene chi che durante il sopralluogo con la sindaca Gamba e l'ing.
Abricci di Uniacque sono state rilevate alcune finiture da aggiustare
relative al cantiere Uniacque e “durante il sopralluogo si è
evidenziata la necessità, a salvaguardia e totale garanzia della
sicurezza dei veicoli e delle persone circolanti sulla strada, di
mettere in sicurezza le sponde di contenimento poste a destra e
sinistra della carreggiata e oggetto dei lavori di predisposizione e
allargamento della SP470 DIR, in quanto, come desumibile dagli allegati
fotografici, si evidenziano perdite e cadute di terreno e sassi sulla
strada sottostante, non sufficientemente contenute dai manufatti
predisposti dalla direzione lavori.
Inoltre, prima della riapertura al traffico veicolare e pedonale del
sottopasso di Via Brembo, viene richiesto alla D.L. che rimangano
chiuse e preservate all'accesso abusivo di non addetti ai lavori, i
varchi laterali realizzati per le operazioni di cantiere del ponte,
attualmente preservate da transenne edilizie”.
La descrizione non fa una grinza, peccato che quando su un Comune si
“avventa” un cantiere di quella grandezza, ci dovrebbe essere una
interazione “fin dalla prima presa in mano della matita, piuttosto che
del pic&pala” dell'ufficio tecnico del comune con quello della
provincia e dell'impresa (l'impresa che ha vinto fece anche il progetto
ma poi il tutto è passato all'impresa attuale). L'abbiamo scritto
decine di volte che complessivamente il progetto di ampliamento della
SS470 DIR fa letteralmente piangere tranne il fatto che ci sia stata
una “eccezionale” attenzione per alcuni privati situati tra via
Marigolda e via Brembo sul lato ovest della 470. Proprio li si vede
un'intensa azione di lobby dei privati volti a farsi servire a spese
degli Italiani di tutte le comodità possibili ed anche parecchio di più.
Invece non abbiamo MAI sentito ne l'ass. Conti ne l'ass. Cavagna ne le
due sindache Serra e Gamba a levare la voce per tutelare in qualche
modo gli interessi della popolazione curnese abitante a ovest della 470
dir. Non ci stupisce la faccenda: non disturbare il presidente piddino
della provincia Rossi, di cui Serra fu anche assessore nel primo
mandato.
Una amministrazione minimamente attenta avrebbe creato un
commissione per verificare come collegare la 470 con via Brembo (semmai
necessario) e come risolverla viabilità delle aziende a est ed ovest
della 470. Niente di tutto questo è stato fatto e la ragione c'è: non
aprimao bocca che magari ci chiedono qualche soldo.
Infatti – basta vedere i progetti- per i privati ad ovest della via
tra via Marigolda e via Brembo di soldi ne sono stati trovati
tutti quelli necessari pure per una… pista ciclabile che comincia da
una rotonda.
Minimo il Comune poteva e doveva chiedere che scendendo dalla valle
fosse possibile scendere su via Brembo diretti alla Marigolda e il
centro del paese. Solo ai privati ad ovest tra via Marigolda e
via Brembo è concesso salire verso il centro del paese.
Minimo minimo dalla via Brembo si doveva prevedere una bretellina
in salita sulla 470 per chi vuole andare verso sud: autostrada e asse
interurbano in modo da elidere l'attraversamento obbligatorio del
centro del paese. Niente da fare altrimenti la giunta pro-bottegai
sarebbe stata mazzolata dai bottegai blu verdi rossi e neri.
Ma in comune appena appena attento avrebbe anche combinato i modi
dell'ampliamento di quel maledetto sottopasso che invece… lo vedrete
man mano va avanti che casino combineranno.
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