PER L'UNIONE EUROPEA LA LIBIA NON ESISTE
Sta per venire la rivoluzione e non ho niente da mettermi» con Livia
Cerini e Umberto Simonetta. E' un monologo teatrale portato in scena
(1973) da Livia Cerini per la regia di Fabrizio Caleffi. La Cerini
interpreta Paola Sangalli, una giovane trapiantata a Milano che prova
una seduta psicoanalitica che forse non affronterà. Attraverso l'uso di
un linguaggio che mischia dialetto milanese e slang giovanile, gli
autori mettono alla berlina vizi e manie della gioventù "fricchettona",
un po' impegnata e un po' snob.
Qualcosa del genere e in maniera drammatica sta accadendo nel
Mediterraneo (e in parte anche nel resto del mondo) . Gli Stati Uniti
ritirano il loro minuscolo contingente militare, già evacuato via mare
domenica mattina. Per l'Italia, per l'Europa, per il Nordafrica e il
Medio Oriente, il messaggio è chiaro: benvenuti in un mondo
post-americano. La presenza in Libia di soldati Usa e di esperti anti-
terrorismo, pur molto ridotta, era l'ultimo residuo di una scelta che
fece Barack Obama e di cui lui stesso si era pentito. (...)
(...) Nei giorni scorsi si sono celebrati i 70 anni della NATO. Il compleanno
pareva somigliare a un funerale. Rimpiangemmo gli anni in cui
l'Alleanza atlantica era contestata nelle piazze, segno che era davvero
importante? L'Alleanza atlantica nacque insieme al Piano Marshall. Due
"figli" della guerra fredda. Nel patto di mutuo soccorso militare, e
nel finanziamento americano della ricostruzione post-bellica, c'erano
punti in comune.
Trump ha rinfacciato fin dall'inizio del suo mandato alla NATO e
soprattutto a certi paesi come la Germania di essere troppo sparagnini
nel concorrere alle spese di mantenimento della NATO sul suolo europeo
e la sua politica isolazionista è in parte determinata anche da questo.
Il fatto è che la NATO dopo il 9 novembre 1989 -caduta del muro di
Berlino- ha avviato una politica assai aggressiva contro la Russia
sostenendo tutta una serie di movimenti nei paesi già satelliti
dell'Unione Sovietica e adesso se guardiamo una carta d'Europa vediamo
una Russia attanagliata da stati – staterelli sia economici che come
dimensione che fungono sopratutto da “Oriente produttivo per le imprese
tedesche - che chiudono in una morsa la Russia sul Baltico, nel centro
Europa e sul Mar Nero fino al Caucaso. Da schiavi in tutti i sensi
dell'Unione Sovietica sono diventati schiavi economici di una parte
dell'UE e con poca libertà tranne di essere affamati.
Non per nulla Putin ha messo basi aeronavali in Turchia e in Siria, e
ne sta cercando un paio anche in Egitto e in Libia benché non mostri
eccessiva fretta. Intanto è riuscito a vendere alla Turchi i missili
S400 facendo incavolare Trump per via dell'F35 che ne sarebbe letto e
intercettato come un (mezzo) pollo. In questo quadro l'Europa si
trastulla sul debito degli stati (che sarà pure importante) senza
avvedersi che proprio l'isolazionismo di Trump è l'occasione d'oro
perché un insieme di stati di mezzo miliardo di popolazione (UE a 28:
500 milioni di abitanti) dovrebbe costituire lo sguardo lungo sul
mondo. Purtroppo è arrivata la rivoluzione e l'Europa è ancora in
mutande. è ancora in mutande.
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PER L'UNIONE EUROPEA LA LIBIA NON ESISTE
Sta per venire la rivoluzione e non ho niente da mettermi» con Livia
Cerini e Umberto Simonetta. E' un monologo teatrale portato in scena
(1973) da Livia Cerini per la regia di Fabrizio Caleffi. La Cerini
interpreta Paola Sangalli, una giovane trapiantata a Milano che prova
una seduta psicoanalitica che forse non affronterà. Attraverso l'uso di
un linguaggio che mischia dialetto milanese e slang giovanile, gli
autori mettono alla berlina vizi e manie della gioventù "fricchettona",
un po' impegnata e un po' snob.
Qualcosa del genere e in maniera drammatica sta accadendo nel
Mediterraneo (e in parte anche nel resto del mondo) . Gli Stati Uniti
ritirano il loro minuscolo contingente militare, già evacuato via mare
domenica mattina. Per l'Italia, per l'Europa, per il Nordafrica e il
Medio Oriente, il messaggio è chiaro: benvenuti in un mondo
post-americano. La presenza in Libia di soldati Usa e di esperti anti-
terrorismo, pur molto ridotta, era l'ultimo residuo di una scelta che
fece Barack Obama e di cui lui stesso si era pentito.
La Libia oggi è un territorio di 1,7 milioni di km2 ed ha una
popolazione stimata tra i 6 e i 7 milioni di abitanti e presenti
variamente illegalmente. La Libia mira ad aumentare la sua produzione
di petrolio a 2,1 milioni di barili al giorno entro il 2021 dai 953
mila barili giornalieri attuali. Per il gas passerebbe dagli attuali 8
miliardi di mc all'anno a dieci-dodici nel 2021. L'Italia dipende dalla
Libia per circa il 8% del proprio fabbisogno petrolifero e di poco meno
per il gas (6.7%).
L'Italia è presente ufficialmente con la missione Miasit di assistenza
e supporto al Governo di accordo nazionale di Fayez Serraj. Prevede un
impiego massimo di 400 militari, 130 mezzi terrestri e mezzi navali e
aerei (questi ultimi nell'ambito delle unità del dispositivo aeronavale
nazionale Mare Sicuro). Miasit sostituisce e rafforza la vecchia
missione Ippocrate (300 uomini e 103 mezzi) che ha permesso la
realizzazione di un ospedale militare da campo a Misurata che offre 30
posti letto. I militari italiani sono impegnati anche
nell'addestramento delle forze locali.
Una presenza discussa è quella delle forze speciali francesi. "Un
segreto di Pulcinella", lo hanno più volte definito i giornali
parigini. L'ammissione da parte del governo della presenza di suoi
militari sul suolo libico è arrivato nel luglio 2016, in seguito
all'abbattimento di un elicottero (dell'esercito del generale Khalifa
Haftar), a bordo del quale si trovavano tre membri dei corpi speciali
francesi. "Le forze speciali ci sono per contribuire a garantire che la
Francia sia presente ovunque nella lotta contro i terroristi", aveva
dovuto confermare l'allora portavoce del governo (premier Manuel Valls
e presidente Francois Hollande), Stephane Le Foll.
Parigi non fornisce cifre ufficiali sulla presenza militare in Libia,
ma sono 3.500 i soldati francesi sparsi tra Mauritania, Mali, Niger,
Ciad e Burkina Faso. Ed era circolato anche un rapporto che indicava la
presenza di almeno 40 membri dei corpi speciali francesi nella zona di
Benina, nella periferia di Bengasi: una presenza che è stata confermata
alla France-Presse anche dal colonnello Saqr Jarochi, secondo cui
"almeno 20 militari si trovano in una base a Benina" e altri sono
sparsi tra "Tobruq e Misurata".
L'aviazione americana è invece presente con i raid aerei che vengono
compiuti contro obiettivi dell'Isis in Libia, nell'ambito
dell'operazione Africom. Secondo un rapporto pubblicato dal Watson
Institute della Brown University, i corpi speciali americani hanno
persino una base e un centro di addestramento nel sud della Libia; e
diverse operazioni Usa sarebbero partite da una base a Sirte.
Il Pentagono non fornisce numeri esatti sulla presenza militare Usa in
Libia, ma il segretario della Difesa, James Mattis, aveva dichiarato
che nella regione erano impiegate mille persone, facendo riferimento
anche a Niger, Mali e Nigeria.
La presenza britannica, mai ufficiale, è stata confermata da alcune
operazioni antiterrorismo compiute nel nord del Paese, in
collaborazione anche con l'intelligence americana. E ancora più
misteriosa è la presenza dei russi, mercenari o truppe speciali, che si
muoverebbero sul terreno per consolidare interessi strategici.
Dopo oltre due anni di presidenza, Trump ha aggiunto un principio
ulteriore: non fare nulla in politica estera se non sia strettamente
necessario alla difesa di un interesse strategico prettamente americano
che sia minacciato. Siamo in una fase di crescente isolazionismo. Che
viene giustificato anche da una rivoluzione negli assetti energetici
mondiali. L'America è ormai quasi autosufficiente per il suo fabbisogno
di petrolio e gas. La " motivazione energetica" nella politica estera –
che fu una delle costanti in Medio Oriente dalla Seconda guerra
mondiale in poi – si è praticamente dissolta. Resta dell'eredità
neoimperiale solo un fattore- interdizione: gli Stati Uniti rimangono
ben presenti militarmente nelle aree petrolifere come il Golfo Persico,
perché da quelle forniture è dipendente la Cina, il che la rende
vulnerabile.
Trump si era già affrettato a chiudere quel poco di coinvolgimento
americano in Siria, che aveva ereditato da Obama. La nuova realpolitik
isolazionista di Washington prende atto che la Siria è sempre stata un
vassallo di Mosca, e non vede cosa l'America possa ricavare da una
presenza militare. Ora lo stesso disimpegno si sta realizzando in
Libia. Delle ricadute nel Mediterraneo, in particolare sulla tragedia
dei profughi, questa Amministrazione Usa si disinteressa.
In questa situazione che fa l'Europa? Le succede come non ha niente da indossare .
Non hanno uno straccio di idea comune da suggerire o mettere in campo.
Non hanno uno straccio di diplomazia di mettere in campo.
Per la semplice ragione che la questione energetica dell'Ue con la
Libia si riduce a un problema di Francia e Italia e qualche altro
“paesello” di contorno. E qui “pesa” il ruolo della Francia come
membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU come
nazione nucleare versus un'Italia che si, ci vogliono tutti bene, ma
non disdegnano di fregarci tutte le volte che c'è l'occasione.
Del resto noi italiani adesso esporteremo le arance e il vino in Cina e quindi, che problema energetico ci sarebbe?
Nei giorni scorsi si sono celebrati i 70 anni della NATO. Il compleanno
pareva somigliare a un funerale. Rimpiangemmo gli anni in cui
l'Alleanza atlantica era contestata nelle piazze, segno che era davvero
importante? L'Alleanza atlantica nacque insieme al Piano Marshall. Due
"figli" della guerra fredda. Nel patto di mutuo soccorso militare, e
nel finanziamento americano della ricostruzione post-bellica, c'erano
punti in comune.
Trump ha rinfacciato fin dall'inizio del suo mandato alla NATO e
soprattutto a certi paesi come la Germania di essere troppo sparagnini
nel concorrere alle spese di mantenimento della NATO sul suolo europeo
e la sua politica isolazionista è in parte determinata anche da questo.
Il fatto è che la NATO dopo il 9 novembre 1989 -caduta del muro di
Berlino- ha avviato una politica assai aggressiva contro la Russia
sostenendo tutta una serie di movimenti nei paesi già
satelliti dell'Unione Sovietica e adesso se guardiamo una carta
d'Europa vediamo una Russia attanagliata da stati – staterelli sia
economici che come dimensione che fungono sopratutto da “Oriente
produttivo per le imprese tedesche - che chiudono in una morsa la
Russia sul Baltico, nel centro Europa e sul Mar Nero fino al
Caucaso. Da schiavi in tutti i sensi dell'Unione Sovietica sono
diventati schiavi economici di una parte dell'UE e con poca libertà
tranne di essere affamati.
Non per nulla Putin ha messo basi aeronavali in Turchia e in
Siria, e ne sta cercando un paio anche in Egitto e in Libia benché non
mostri eccessiva fretta. Intanto è riuscito a vendere alla
Turchi i missili S400 facendo incavolare Trump per via dell'F35 che ne
sarebbe letto e intercettato come un (mezzo) pollo. In questo quadro
l'Europa si trastulla sul debito degli stati (che sarà pure importante)
senza avvedersi che proprio l'isolazionismo di Trump è
l'occasione d'oro perché un insieme di stati di mezzo miliardo di
popolazione (UE a 28: 500 milioni di abitanti) dovrebbe costituire lo
sguardo lungo sul mondo. Purtroppo è arrivata la rivoluzione e l'Europa
è ancora in mutande. è ancora in mutande.
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