A-GUARDARE-ALLE-COLLINE  939






Crisi di governo dopo le elezioni europee?
s’arrangi Mattarella a rimettere assieme i cocci . il PD non chieda le elezioni e chi ha creato il danno si prenda la responsabilità

Dunque Conte fa sapere di avere preso contatti con le controparti francesi e dell'UE: ne parlerà quanto prima con il presidente della Commissione Juncker e col presidente francese Macron. Mentre scriveva a Telt, ha avvertito di questa interlocuzione sia Juncker sia Macron trasmettendo la lettera a Telt e chiedendo di incontrarli per avviare un processo decisionale condiviso.  Processo che –continua Conte- sarà complicato, ma che sono fiducioso di portare a buon fine. L'impresa appariva ancor più difficile quando incombeva la procedura d'infrazione Ue, e ce l'abbiamo fatta a sventarla. Perciò sono ottimista anche sul Tav. Macron lo vedrà già al prossimo Consiglio europeo (del 21 e 22 marzo).
Queste le parole in pubblico e già immaginiamo cosa staranno pensando si Macron che Junker. Due probabilmente i pensieri nella testa del francese e del luxemburghese. Primo ragionamento: quegli straccioni di italiani ci verranno a domandare altri soldi, affinchè  il TAV sia pagato tutto dall'Ue così loro possono sforacchiare il deficit per quota cento e il RdC . E  su questo ragionamento la coppia Conte-DiMaio pensa di avere dalla loro parte anche Macron che vede un risparmio di qualche miliardo. Junker è messo peggio perché da solo non può decidere oltre al fatto che se l'UE paga tutta l'opera franco italiana si levano le contestazioni degli altri Paesi e quindi caos. Il terzo ragionamento di Conte sarà quello duro: tanto dopo le elezioni di maggio l'UE avrà un governo del tutto differente dall'attuale e quindi, scusate ma… Un ricatto molto pericoloso perché da qui alle elezioni di maggio i conti  dell'Italia non potranno che peggiorare e quindi cosa vai a contrattare o sottilmente ricattare in UE? Il Documento di economia e finanza (Def) è regolato dalla legge 7 aprile 2011 n. 39 e deve essere presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno. Quarantaquattro giorni dopo la presentazione del DEF che già da solo solleverà un  TIR di polemiche  sulla sua inattendibilità, ci saranno –il 23 maggio- le elezioni europee. Se le faccende nel  Paese vanno avanti come adesso, già a fine aprile saremo sul  meno uno per cento di PiL del 2019, che significa un meno due meno tre a fine anno.
Grosso modo queste sono le prospettive nei prossimi due tre mesi e quindi il che fare da parte di un governo che ha ridotto il Paese in quello stato davanti alla prospettiva  che ci piombi in casa davvero  una troica o un governo tecnico sostenuto non si sa bene da chi sia costretto ad usare la mannaia sui conti pubblici. C'é solo da sperare che le due forze di opposizione –PD e FI- quando saranno chiamate da Mattarella a un qualche senso di responsabilità sappiano rispondergli che il pateracchio che ha messo in piedi col governo SalviMaio se lo risolva da solo. Oppure dia le dimissioni essendo anche lui corresponsabile nella creazione dell'ircocervo Lega-5S. Il PD seppe dire non a un governo coi 5S. Speriamo sappia dire non anche a un governo di emergenza.
Perché il Comune non chiede il permesso per una centralina e poi vende l’autorizzazione?



A Treviolo di centraline elettriche che sfruttano corsi d'acqua ce ne sono almeno un paio tra l'altro anche abbastanza vicine. Una dell'azienda pubblica che sfrutta le acque refluee che corrono verso il fiume Brembo della depurazione del Comune di Bergamo e la seconda sul confine tra Treviolo e Dalmine che sfrutta le acque del fiume Brembo. A Ponte san Pietro ne è in costruzione un'altra di  alterne fortune e contraddizioni e che a breve dovrebbe finalmente entrare in funzione salvo ulteriori casini. Anche a Curno ci potrebbe stare (anzi: ci poteva stare da almeno 15 anni se ci avessero dato retta al momento della costruzione del manufatto esistente) benissimo una centralina nei pressi del confine con Treviolo, sul fiume Brembo, dove c'è l'attraversamento del fiume da parte del sistema fognante pompante di Curno e delle acque potabili che l'acquedotto di Bergamo vende all'Isola. A breve sarà tutto A2A. Mica che il Comune di Curno si metta a produrre elettricità (visto che non riesce nemmeno a tenere sempre accesa l'illuminazione pubblica mentre paga regolarmente gli stipendi a chi di dovere…) ma siccome “chi prima arriva meglio alloggia” se il Comune domanda ed ottiene il permesso, lo può affittare o vendere e cavarne –vedi l'articolo sulla centralina di Treviolo- qualche sostanziosa sostanza.
Crediamo che alla giunta Gamba importi zero della questione –acquisire il diritto a fare la centralina dove indicato- come importi zero agli assessori Conti e Cavagna i quali prima di muoversi debbono fare le opportune verifiche sugli equilibri interni esterni sopra sotto. Se la faccenda sia gradita o sgradita a chi come quando quanto e sicuramente siccome alla giunta gamba, esattamente come a TUTTE le precedenti giunte importa zero della parte ovest del paese, chissenefrega quindi di guadagnare qualche centinaio di migliaia di euro al Comune.
Del resto queste c.d. giunte moderne non hanno nemmeno un'idea di cosa sia un fiume tranne le cazzate che hanno studiato sui libri della scuola obbligatoria e quelle dei vari ambientalisti da carta patinata che ispirano loro e gli insegnanti. Una volta noi ragazzi delle scuole facevamo la “festa degli alberi” ed erano tempi in cui l'urbanizzazione del BelPaese era nemmeno un quinto dell'attuale. Adesso vedi gente che va a togliere rutto dalle sponde dei fiumi e non sa nemmeno che proprio dove stanno pulendo loro si scarica (anche la loro ) merda dalla fogna comunale. Ma siccome i tecnici – probabili allievi di un certo arch. Ponti del Politecnico di Milano-  dicono che no! Le fogne vanno nel depuratore, per loro quella è verità di fede.














































































CRISI DI GOVERNO? MACCHÉ, LEGA E CINQUE STELLE STANNO FACENDO FINTA DI LITIGARE


A nessuno conviene il ritorno alle urne. Non a Mattarella che vuole stabilità,. Non a Di Maio in caduta libera. Non a Salvini che non rivuole Berlusconi. Ecco perché si farà scena fino a domenica. E lunedì tornerà tutto a posto.
Da due giorni nel Transatlantico di Montecitorio è tornato ad aleggiare lo spettro del voto.Non è dato sapere come, perché e quando si potrebbe anticipamente sciogliere la legislatura dei barbari e degli «scappati di casa» (copyright Silvio Berlusconi). I bookmakers del palazzo ostentano una certa sicumera e scommettono fiches pesanti sul ritorno anticipato delle urne. Eppure dietro questo chiacchiericcio fatto di retroscena, indiscrezioni e pissi pissi, che induce democrat e forzisti a tratteggiare scenari apocalittici dopo le europee: da un nuovo Nazareno 2.0 a un esecutivo di centrodestra di vecchio conio. Ecco dietro questi spifferi si nasconde un esecutivo gialloverde, o gialloblu, che nonostante si discuta sul Tav Sì, No, Nì, proseguirà il suo cammino come se nulla fosse.
Fuori verbale i dirigenti di rango del Carroccio confidano che «non ci sarà nessuna crisi e noi governeremo cinque anni». Gli fanno eco i quadri di un M5S in estrema difficoltà: «Fantapolitica l'ipotesi del ritorno delle urne». E allora viene da pensare che i due contraenti staranno forse bluffando. I leghisti fermi, immobili, nella loro posizione del sì Tav, del partito dei cantieri spinto dal vento Nord. Mentre le truppe di Di Maio a sbraitare e a opporsi all'alta velocità Torino-Lione che rappresenta una battaglia simbolica per chi fino a ieri l'altro manifestava a Chiomonte a colpi di Vaffa. Le parti resteranno divise fino all'ultimo secondo utile per l'apertura dei bandi sull'alta velocità. Fino a quell'istante sarà una simulazione di una battaglia. Non è un caso infatti che il sottosegretario Buffagni si sia spinto in avanti utilizzando parole di questo tenore: «La crisi è già aperta». Insomma, si tratta di wrestling, non di pugilato. Pura finzione. Anche perché a più livelli nessuno intende rimboccarsi le maniche e attrezzarsi per una campagna elettorale dall'esito sconosciuto.
Il primo che non desidera il ritorno alle urne risiede a via del Quirinale e si chiama Sergio Mattarella. Sfogliando il dizionario del Colle alla voce "e" non è presente la parola elezione. Il Capo dello Stato è uno dei massimi sostenitori della stabilità del Paese. Mattarella sa bene che in una fase delicata come quella attuale non è ipotizzabile un ritorno anticipato alle urne in estate, né tantomeno in autunno. È uno scenario da scongiurare. Si dovrà scavallare la prossima finanziaria che partirà con un meno 23 miliardi di clausola di salvaguardia da sterilizzare più una serie di previsione errate che ingrosseranno il valore del deficit. La tesi del Colle è che toccherà a questo governo, che ha combinato il pasticcio, venirne fuori. Corollario: il mite Sergio non ha alcuna intenzione di consegnare l'elezione del suo successore a un parlamento con la Lega al 35%. E lotterà con le unghie e coi denti affinché la legislatura faccia il suo corso fino al 2021, almeno.

Solo a Salvini, forse, converrebbe staccare la spina e incassare un punteggio storico per il Carroccio. Ma con l'attuale sistema di voto, un proporzionale puro, dovrebbe in ogni caso sedersi al tavolo con Silvio Berlusconi, e il Capitano non ha alcuna voglia di riabbracciare il vecchio alleato di Arcore
Ma non finisce qui. Anche i cinquestelle derubricano a fantapolica la parolina "elezioni". Le truppe di Di Maio sono in caduta libera da quando è nato l'esecutivo. E ancora ieri venivano attestati attorno al 21 per cento, circa dodici punti in meno del risultato ottenuto alle politiche del marzo del 2018. Ciò spinge i vertici del Movimento, in particolare Di Maio, ad allontanare lo scenario delle urne anche perché, avrebbe confidato ai suoi, «se cado io, finisce per tutti».Simul stabunt, simul cadent. Un movimento al 21 per cento tornerebbe confinato all'opposizione, manderebbe all'aria il reddito di cittadinanza - il decretone che ha al suo interno il Rdc non è stato ancora approvato - e le riforme gradite a Grillo e company, e rieleggerebbe un numero di parlamentari notevolmente inferiore all'attuale. Tutte spie che allungano la vita all'esecutivo più pazzo della storia della repubblica.
Solo a Salvini, forse, converrebbe staccare la spina e incassare un punteggio storico per il Carroccio. Ma con l'attuale sistema di voto, un proporzionale puro, dovrebbe in ogni caso sedersi al tavolo con Silvio Berlusconi, e il Capitano non ha alcuna voglia di riabbracciare il vecchio alleato di Arcore che nel frattempo è finito imbrigliato in una nuova indagine, questa volta per corruzione in atti giudiziari, reo di aver pilotato una sentenza del Consiglio di Stato. «Noi con Berlusconi abbiamo chiuso», assicurava fino a ieri sera un senatore assai ascoltato da Salvini. E allora, per dirla con Agatha Christie, «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». La prova è che Lega e Cinquestelle non si separeranno. Né oggi. Né tantomeno domani.
COSA HA FATTOILGOVERNO PERLA TAV? UN'AMMUINA.


«Giovanotto... carta, calamaio e penna, su avanti, scriviamo». «Un momento!» «Signorina, veniamo, veniamo noi con questa mia addirvi...».
Scegliete a libero piacimento se far interpretare Totò oppure Peppino, i due fratelli Caponi originali, a Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, o viceversa. Ma l'effetto rimane uguale. Nella loro lettera, indirizzata a Telt, la società incaricata di realizzare la Tav, ma in pratica rivolta alle malefemmine Francia ed Europa, i due epigoni moderni si esibiscono in un testo da azzeccargarbugli che non cambia nulla, non decide nulla su questa benedetta Tav. Una colossale presa in giro, con la complicità un po' ipocrita della Lega, che certo non ne esce bene e dovrà spiegare ai suoi elettori il senso di questa stucchevole recita. «Noio vulevàm savuar». Nel mondo, se non conosci le lingue sei fregato. E Di Maio-Conte, modestamente, le conoscono. Nella lettera che la presidenza del Consiglio invia a Telt, siccome la parola «bandi di gara» è diventata un'altra ossessione dei 5 Stelle, ecco la gran trovata. I bandi di gara, appalti da 2,3 miliardi per la costruzione dei 45 chilometri della tratta francese del tunnel di base, non si chiamano più così. Palazzo Chigi diffida Telt dall'invio alle imprese dei capitolati, che in realtà rappresentano la fase successiva a quella iniziale del lancio della gara. Telt risponde che sarà così. Ma per salvare i finanziamenti europei legati ai bandi, il consiglio di amministrazione procederà a pubblicare gli «avis de marchés» per i lotti francesi del tunnel. E come si chiama in francese la prima fase dei bandi di gara? Avis de marchés , ovvero inviti a presentare la candidatura. Tra sei mesi, secondo il diritto d'Oltralpe, si deciderà quali imprese hanno diritto a partecipare, e solo allora verrà il momento di mandare i capitolati con la spiegazione in dettaglio dei lavori richiesti. A quel punto, Telt chiederà ai governi italiano e francese che intendono fare. Ma anche questa non è una conquista, e neppure una novità. L'azienda aveva già fatto sapere a dicembre della propria disponibilità a procedere in questo modo.
Che farsa. I 5 Stelle fingono di esultare per aver fermato i bandi di gara italiani, in realtà previsti per il 2020. I veri militanti No Tav vedono invece compiersi quel passo iniziale mascherato però da un fumoso giro di parole, e questa volta sarebbero i più autorizzati a sentirsi presi per i fondelli. Chi sostiene l'opera rimane come prima, tra coloro che son sospesi. Ma il governo nella sua interezza può trionfalmente scavallare le elezioni europee, tanto poi si vedrà, non importa se esponendo il nostro Paese all'ennesima figuraccia. Firmato, i fratelli Caponi, che siamo noi.

Marco Imarisio