UN OCCHIOALLA CINA MEGLIO SE MOLTO ATTENTO
Perché l'Italia guadagna con la Nuova via della seta della Cina
L'espansione di Pechino verso l'Europa ha già spostato il traffico dal
Pacifico al Mediterraneo. Partecipare al progetto conviene. E infatti
dietro le quinte sono attive Regno unito e Germania.
In Europa e Oltreoceano ha innescato una levata di scudi la notizia,
riportata dal britannico Financial Times, dell'Italia pronta a entrare
da questa primavera nellaNuova via della seta della Cina come prima
potenza del G7. L'occasione per firmare il memorandum d'intesa sul maxi
piano commerciale e di infrastrutture del gigante asiatico sarebbe la
visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia, il 22 e il 23 marzo.
O, un mese dopo, al Forum sulla Belt and road initiative («Una cintura,
una strada» è il nome in mandarino del programma), tra il 25 e il 27
aprile. L'allarme tra i big occidentali è scattato con l'altolà degli
Stati Uniti a un passo che può «danneggiare in modo significativo
l'immagine internazionale del Paese». E proprio il 21 marzo, mentre
Jinping sarà a Roma, a Bruxelles si riuniranno i capi di Stato e di
governo dell'Unione europea (Ue) per discutere di una linea comune
sugli investimenti con la Cina.
Renzi e Gentiloni,
prima di Di Maio
Che la trovino è dubbio, considerate le divisioni dei leader europei
pressoché su tutto. Mentre è certo che nel processo all'Italia ci sia
una grande ipocrisia. Innanzitutto la notizia del Ft non è
un'indiscrezione, né una rivelazione: già durante la sua visita in Cina
del settembre scorso il vicepremier Luigi Di Maio (M5s) espresse la
volontà di «concludere un memorandum of understanding con Pechino entro
il 2018 sulla Nuova via della seta». La data è addirittura slittata, ma
c'è di più: quanto presentato, a questo punto dall'Ue, come una mossa
azzardata, non allineata del governo populista di M5S e Lega Nord, è in
realtà un percorso perseguito e avviato dai governi Renzi e Gentiloni:
nel 2017 l'ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni volò a Pechino
per partecipare al primo Forum della Belt and road initiative, come
primo leader del G7. Di Maio ha accelerato il processo, in un contesto
internazionale – questo è il punto – nel frattempo cambiato.
Un maxi piano «della Cina
per la Cina»
La novità è la guerra di Donald Trump alla Cina, che coinvolge anche
gli alleati europei,non l'adesione degli stranieri all'ambizioso
progetto di Jinping della ricostruzione in grande stile delle rotte
commerciali tra Oriente e Occidente. Grecia e Portogallo sono entrati
nella Belt and road initiative prima dell'Italia, ed è comprensibile
che il Paese di Marco Polo miri a un ruolo di punta nella Nuova via
della seta: i porti di Venezia e Trieste, con una storia millenaria di
commerci con l'Oriente, sono in prima linea per il rilancio concepito
dall'ultimo presidente Jinping; le antiche rotte tra Asia, Africa ed
Europa collegavano il Celeste impero con Roma. Sono certo legittime le
condanne dell'Ue alla competizione sleale e al furto di copyright della
Cina, e sensati i sospetti che per la Nuova via della seta non tratterà
di «mutui investimenti», come sostiene Pechino, ma piuttosto di un
progetto «della Cina per la Cina», come ammonisce Trump.
Tutta l'UE alla tavola
del fondo monetario cinese BRI
«A senso unico», dice anche il presidente francese Emmanuel Macron che,
come i leader del Regno Unito e della Germania, preferisce non firmare
memorandum con la Repubblica popolare. Nel 2013, tuttavia, presentato
il progetto cinese dei miliardi di investimenti in infrastrutture
attraverso l'Asia centrale, il Medio Oriente e l'Africa tutte le grandi
e medie economie globali si precipitarono ad aderire all'Asian
infrastructure investment bank (Aiib), fondata a Pechino nel 2014 e
operativa dal 2016. Dell'alternativa asiatica al Fondo monetario
internazionale (Fmi) e alla Banca mondiale orientati dagli Usa,
l'Italia figura tra i numerosi fondatori, ma solo come quarto azionista
europeo, dopo nell'ordine Germania, Regno Unito e Francia. E, nella
fase precedente all'allargamento europeo, in Medio Oriente la Belt and
road initiative ha arruolato alleati di ferro degli Usa – e di Trump –
come l'Arabia Saudita e Israele.
Sei corridoi nel Mediterraneo
entro il 2022
Uffici di rappresentanza e sedi finanziarie della Nuova via della seta
sono spuntati anche nei porti del Libano, pronti a espandersi in Siria
una volta concluso il conflitto e riportato il territorio sotto il
controllo del regime di Bashar al Assad, oltre che negli Emirati e
negli altri Paesi del Golfo. Circa 70 miliardi di dollari sono stati
investiti in 1400 progetti soprattutto in Asia, tra il 2014 e il 2017.
Ma sarà il Mediterraneo il bacino privilegiato dei sei corridoi
commerciali (via terra, via mare e uno anche aereo) che la Cina vuole
sviluppare entro il 2022 attraverso reti ferroviarie, autostrade, rotte
navali e facilitazioni doganali: la crescita del Dragone ha provocato,
nel Terzo millennio, un riequilibrio nel mercato globale del traffico
commerciale nel Mare nostrum (al 42% dal 27% degli Anni '90), dal
canale di Suez, a scapito della tratta transpacifica (calata al 44%).
Nell'ultimo quinquennio, il numero delle navi portacontainer nel
Mediterraneo sarebbe aumentato del 20% dalle stime di Pechino.
Inglesi e tedeschi
attivi dietro le quinte
Attraverso il Bosforo, la Turchia non ha mai smesso di beneficiare dei
commerci con l'Oriente, la Nuova via della seta mina gli interessi del
Centro e del Nord Europa, oltre che degli Usa. Il potenziale
dell'Italia sta nei suoi porti sul Mediterraneo, più che nel commercio
delle merci cinesi e nelle partnership industriali per le
infrastrutture. Una torta di investimenti, benché pilotati dal soft e
hard power di Pechino, considerevole: tant'è che un'ex potenza
coloniale come il Regno Unito non ci mette la faccia ma, secondo le
cronache cinesi, intende da dietro le quinte sostenere la Belt and road
initiative con investimenti finanziari, sostegno tecnologico e
personale specializzato. In un'ottica post-Brexit, la premier Theresa
May sarebbe pronta a «rafforzare gli accordi bilaterali con la Cina».
Così ha fatto anche la Germania, prima nell'Ue per export verso
Pechino, anche per sopperire al calo di ordini della crisi dal 2008. Ma
della Nuova via della seta non si deve parlare.
• Barbara Ciolli
|
CON QUESTO PIANO GORI POTREBBE PERDERE LA RIELEZIONE
Se il sindaco Gori perderà la rielezione, potrà ringraziare senza
dubbio qualche suo assessore, tra questi l'arch. Zenoni,
che ha avuto il coraggio di affidare la redazione del
piano che mira a trasformare lo scenario infrastrutturale di Bergamo da
qui al 2030 alla consulenza della Trt Trasporti, fondata
dall'economista Marco Ponti, coordinatore della commissione
sull'analisi costi-benefici della Tav. In aggiunta a questa scelta il
piano prevede trecentosettantasei milioni di investimenti, di cui solo
una settantina a carico del Comune di Bergamo diluiti in dieci anni.
Vale a dire 2-3 amministrazioni. 376 milioni sono quelli previsti nel
nuovo Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile di Bergamo .
Ma trecento milioni sono quelli del collegamento ferroviario con
l'aeroporto di Orio (già finanziati) e della linea T2 del tram per la
Val Brembana (da reperire a livello nazionale). Per Palafrizzoni,
dunque, fanno 70 milioni da spalmare in dieci anni. Un obiettivo che
l'amministrazione reputa fattibile.
La proposta, illustrata dall'assessore Stefano Zenoni, tra le altre
cose prevede il raddoppio dei posti auto nelle zone di interscambio, e
nuove aree sosta alla Grumellina, al rondò per Orio e a sud di
Colognola. Oltre a una nuova linea di autobus per Città Alta, che
collega il nuovo ospedale a viale Giulio Cesare. “Depositiamo il Piano
perché lo richiede l'iter di richiesta di finanziamento della T2, che
sta partecipando a un bando ministeriale per ottenere i fondi necessari
alla realizzazione – ha spiegato l'assessore alla mobilità -. Il tema
dell'accesso alla città dall'area vasta è il tema a cui il Pums vuol
dare risposta in relazione ai cittadini e ai residenti di Bergamo: i
precedenti piani di mobilità hanno guardato soprattutto all'accesso al
centro città, questo Piano è invece per Campagnola, Malpensata,
Colognola, Boccaleone, Celadina, Grumello, Valtesse, Monterosso e per
tutti quei quartieri che sono invasi dal traffico in ingresso in città.
Le scelte dei prossimi anni in tema di mobilità mettono tutta la città
al centro: il centro si allarga ai quartieri, i quartieri diventano
centro delle azioni dell'Amministrazione. Se allentiamo la pressione
delle auto in ingresso, tutta la città ne ricaverà benefici”, sostiene
Zenoni.
Già l'idea che nel piano ci siano 300 milioni per il treno tra il
Caravaggio e la stazione esistente a fronte di 70 milioni per quello
Città- Alme ed una 80tina per sola la città fa capire che proprio non
ci siamo.
La prima domanda che ci si dovrebbe porre in tema di mobilità è: quanta
e quale fibra ottica avremo disponibile in provincia da qui a cinque o
dieci anni: le prospettive attuali indicano che le funzioni oggi in
città non serviranno più alla provincia. Tranne gli ospedali.
La seconda domanda è se i mezzi di trasporto pubblici disponibili,
quelli preventivati e le linee sono all'altezza del compito. Una
domanda semplice: un cittadino della ValsanMartino che voglia recarsi
al Papa Giovanni deve usare almeno due-tre mezzi tra cui la sua auto.
Col trasporto pubblico impiega non meno di un'ora per percorrere 10-12
km. Ha senso questo?
La terza domanda è: la città è bloccata ai piedi del colle dalla
ferrovia e dall'A4. Non è il caso di spostare la ferrovia sull'attuale
A4 a partire da Stezzano fino all'Oglio e di spostare l'A4 sulla
circonvallazione sud da Dalmine fino a Seriate-Cascinone lasciando il
tratto a circolazione libera?
La quinta domanda è: non è il caso di pensare a una metropolitana che
dal Caravaggio entri in città parte sopra la Morla e poi sotto il Viale
Papa Giovanni, sotto il colle di Città Alta con 3-4 ascensori per la
risalita e l'uscita nella piana di Petosino-Almè per proseguire fino a
Piazza Brembana?
La quinta domanda è: davvero occorre un TRENO per i trasporti locali e non basta una METROPOLITANA?
I soldi. Immagino che i lettori diranno: belle idee ma dove si trovano
i soldi? I bergamaschi hanno in banca la bellezza di 23 miliardi in
massima parte titoli di debito pubblico. Basterebbe che una legge
nazionale consentisse di ripagare il prestito mezzo punto in più del
reddito medio dei titoli di debito pubblico per fare affluirei
solcc dove servono a creare lavorare vivere bene.
|
UNA STORIA PER L'OTTO MARZO
G.L. arrivò a Curno nel'49 da un paesino della media Valle Brembana.
Reduce dalla Russia, a Curno comperò una cascinetta con un cinquantina
di pertiche di terra di una famiglia indebitata perché il capofamiglia
a sua volta era uno dei molti dispersi in Russia. La moglie,
rimasta sola a casa coi figli durante la guerra, non era riuscita ad
andare avanti. Mai saputo se i due si fossero conosciuti in
Albania e in Russia. G.L. si rivelò subito un gran lavoratore e nel
contempo cercò moglie che trovò alle Ghiaie di Bonate. Mentre G.L. era
un ometto bruttissimo piccolino magrissimo piegato dalla campagna di
Russia “u rut de hom” come veniva chiamato dalla sua parentela sposò
una bella ragazzotta operaia al Linificio Canapificio che gli avrebbe
dato in sequenza una dozzina di figli, tra le quali due gemelle, mie
compagne di scuola nella pluriclasse della scuola rurale
aperta in Lungobrembo. Osservando le due gemelle, erano talmente
differenti e resteranno tali anche da donne fatte, che definirle
gemelle nessuno ci avrebbe scommesso una lira (di allora). G.L. e
la bella moglie si rivelarono due abili contadini;: furono i primi ad
aprire una frasca a Curno, che resterà in funzione per quasi
trent'anni. Fu la fortuna della famiglia. G.L. però
non godeva di una buona nomea ed incuriosiva il fatto che un
giovane fosse arrivato in paese coi soldi per comperare la cascinetta.
Il primo figlio maschio di G.L. non fa il soldato perché ha i piedi
piatti e di mestiere faceva il pacherista e il camionista quando le
imprese depredavano impuni il Brembo dalle parti di Treviolo e Dalmine.
Si chiamava G.E. e un bel giorno mia sorella -16 anni il sottoscritto e
18 anni la sorella- mi confida mentre eravamo in giro con le
nostre cavalle per le sponde del Brembo e transitavamo nei pressi della
cava dove c'era il pacherista G.E. che G.E. “ieri mi ha fatto
vedere l'uccello”. Le chiedo se l'ha detto a nostro padre e lei
risponde che lo dirà in giornata. Il giorno successivo a pranzo nostro
padre esce con un perentorio: la nostra famiglia non si mescolerà mai
con quella di G.L. perché G.L ha ammazzato suo padre con una fucilata”.
Immaginate il silenzio. Mia madre si alza e spegne la radio che dava il
gazzettino padano. Tutti abbiamo smesso di mangiare. Mio padre si
alza, prende dalla credenza una cartelletta di prespan dove raccoglieva
delle carte ed estrae un ritaglio di L'Eco e me lo mette in mano. Leggo
di un processo in cui G.L, accusato di avere ammazzato suo padre con
una fucilata alla schiena, s'era difeso asserendo che la fucilata gli
era partita accidentalmente e lui non era stato condannato per
insufficienza di prove. Terminato che ebbi la lettura ad alta voce
dell'articolo, mio padre aggiunse. “So zio l'é anche öna esta migra.
Mei che noter 'an sa mescia mia insema”. Traduzione: lo zio di G.L è un
prete ed è meglio che noi X non ci mescoliamo con loro. G.E. non si
perde d'animo davanti al rifuto di mia sorella di diventare sua morosa
e poi forse anche moglie. Si sposerà la figlia di un contadino che
aveva la cascinetta nella zona dove l'impresa scavava il letto del
Brembo. All'altare la sposa appare già benissimo gravida ed era noto
fosse afflitta dal “ma bröt” vale a dire epilessia. In sovrappiù la
coppia viene gratificata da un generoso “co la scusa del mal brö i sa
le facia töcc i camionisti”.
G.E. dopo qualche anno di matrimonio in casa d'affitto da una
cattivissima costruiscono una bella villetta davanti casa nostra
e verifichiamo davvero che la donna ha molto spesso delle crisi di
epilessia. Nel frattempo mettono al mondo tre figli. Quella famiglia
sta in piedi un po' con le scarsole e la suocera provvede spesso a dare
da mangiare sia ai nipotini che al figlio perché la nuora Non è in
grado di provvedervi. Il primo dei tre figli era nato coi capelli rossi
e le pamole (lentiggini) e mentre i suoi due fratelli erano mingherlini
come il nonno, questo cresceva con un fusto. Un bel giorno il bambino
non si trova più non si trova più non si trova più e… lo troveranno
annegato in un fosso di irrigazione poco distante dalla casa dei nonni.
Che non erano in casa –erano al mercato di Ponte- mentre a casa c'era
solo la madre epilettica. Finisce come “doveva” finire: “l'é stacia öna
disgrazia” e il rosso con le pamole ha finito la sua vita.
La mamma non viene nemmeno indagata dal momento che era già nota al
“dottore” per le sue crisi epilettiche. Qualche anno più tardi la donna
verrà trovata cadavere in casa soffocata da un gnocco di fazzoletti che
pare si fosse inserita tra i denti per impedirsi di mordersi la lingua
durante le sue crisi. Con la testa riversa dentro la vasca da bagno
sott'acqua.
G.E. è un vedovo con due bambini da mantenere e da far diventare grandi
e comincia a fare i mercati vendendo frutta. Nella categoria gli capita
di conoscere una signora attempata originaria da Palazzago che fa anche
lei, coi fratelli, i mercati. La signora s'è appena divisa in
attesa del divorzio. Si mettono assieme e parcheggiano il camion sulla
provinciale a vendere frutta e angurie. Siccome abitavano nella
villetta davanti a casa nostra, cominciamo a notare che qualche volta
G.E. compare tutto smazzoccato sulle mani, braccia, viso, testa e
quando lo guardi interrogativo ti risponde che ha sbattuto contro una
sponda del camion, che gli è caduto addosso un imballaggio, che è
scivolato dal cassone. Si storce il naso increduli. Finchè una mattina
mia madre sente un colpo di fucile che sventra una finestra della
villetta e poco dopo il G.E che sgomma via di corsa in auto da casa.
Nostra madre –lei è la testimone del casino- viene nei campi ed
avverte nostro padre della fucilata e dello sgommare del G.E.
Allora c'erano ancora i telefoni e nostro padre chiama casa G.E. da
casa nostra: a 100 metri di distanza per cercare G.E.. Risponde
tranquilla la moglie fruttivendola ed alla richiesta di passargli G.E.
risponde tranquilla che è uscito di corsa perchè l'ha chiamato sua
madre a casa. Mio padre le manifesta la preoccupazione per la
schioppettata sentita poco prima e lei: chel scemo de E. al ga tirat a
u gat!.E invece di beccare il gatto ha divelto la finestra?. Due anni
dopo la villetta va all'asta per liquidare quella che doveva essere “ol
gat”.
|