UNA VOLTA C'ERANO I SABATI FASCISTI
POI VENNERO QUELLI DEMOCRISTIANI
ADESSO QUELLI POLITICAMENTE CORRETTI
Una volta c'erano i sabati fascisti: per liberare faccetta nera.
Poi vennero quelli democristiani: per costruirsi la casetta due piani con garage e cantina.
Adesso ci sono quelli politicamente corretti per mettersi in pace l'anima e il corpo.
Domani chissà.
I bergamaschi comunque non si smentiscono: laurà! laurà! laurà!.
Traduz: lavorare!. Il neo-sovranismo in salsa politically correct
delle madamine che governano in paese prevede per due sabati
consecutivi, salvo bizze metereologiche che noi invece auspichiamo
disperatamente zeppi di pioggia onde evitare incendi devastanti. Quindi
sabato due marzo ci sarà la pitturazione della panchina e sabato nove
marzo pulizia della sponda del Brembo in vista dell'approdo.
Che non si sa ancora cosa consista visto che non hanno ancora trovato
l'idea giusta sull'inserto patinato del sabato del quotidiano. Per
adesso si sa di sicuro che in cambio dell'approdo i padroni della terra
sono stati premiati con la possibilità di edificare senza piano
di lottizzazione quattro ville messe in vendita partendo da un prezzo
base di mezzo milione di euro cadauna salvo miglioramenti personali.
Alla faccia che quel lotto, nel primo PRG, fosse conservato a
verde come “cannocchiale dalla via Lungobrembo sul Parco del Brembo”.
Ci sarà sicuramente un'invasione di nigher a comprare le economiche
ville.
Bergamaschi, pardon: curnesi, grandi lavoratori quindi nei prossimi due
sabati. Lavori socialmente utili per un percorso condiviso per cui pure
sporcarsi di vernice è condivisione. Pure raccattare la monnezza della
Valle Brembana affissa sugli alberi delle sponde del fiume è
socialmente utile per un percorso di condivisione.
Basta limitarsi egoisticamente a coltivare l'orto piantando
insalate, rugare l'aglio e le cipolle ela roaia (si piantano
d'autunno…), togliere l'erbaccia.
Lavori socialmente utili perdio! Pitturare la panchina di rosso e pulire le sponde del Brembo.
Facciamo finta di nulla se proprio in fondo a Via Brembo –quindi nel
Brembo- c'è lo scarico della coda della Roggia Curna (che
diventa uno scarico fognario quando piove troppo) e di fronte- di la
del fiume in territorio di Presezzo- c'è lo scarico di troppo pieno
(nel Brembo: e dove sennò?) delle fogne del Palazzo di Ponte san Pietro
e il SE del territorio di Presezzo. Quisqulie! diranno le madamine
comunali. Infatti: si ripromettono di pulire il mare pulendo le sponde
del fiume dimenticando le fogne (anche curnesi) nel fiume.
Le madamine non hanno letto sulla rivista patinata che ci sono gli
scarichi delle fogne e quindi di sicuro non ci sono: importante il
giubbino yellow catari frangente e scarpe antiscivolo.
Il lettore disattento si domanderà che legame ci sia tra il pitturare
una panchina di rosso per ricordare l'uxoricidio di una signora (e
quindi la violenza “regolare” dei maschi sulle femmine) e il
pulire le sponde delle troppe bottiglie e imballaggi di plastica
appiccicati agli alberi del fiume facendo finta o non vedendo che
PROPRIO li due comuni delle due sponde ci scaricano le proprie fogne
quando vanno in sovrappieno.
La relazione è più semplice ed evidente che mai. Oggi non si usa più
chiamare le cose col nome proprio. Si usano metafore, si parla d'altro:
appunto per essere politicamente corretti.
Non frega nulla alle madamine ( e nemmeno ai maschietti politically
correct che ne seguono l'esempio) ricostruire la storia che ha generato
un uxoricidio e più in generale della violenza maschile verso le donne.
Non frega nulla interrogarsi come mai nel fiume ci siano ancora degli
“scarichi legali” delle fogne comunali. Non frega nulla domandarsi come
mai in Valle Brembana la raccolta differenziata sia la metà della
nostra non per demerito dei residenti ma per quello dei turisti (quindi
di noi…).
Abbiamo smesso dieci anni or di comprare cento nidrì (piccoli di
germano reale) ogni anno e immetterli nel fiume a primavera pur sapendo
che sarebbero scesi tutti a valle. La natura vuole così. Abbiamo smesso
dieci anni or sono di pulire l'erba sul sentiero sulla sponda destra
del fiume e le brave famiglie pensavano bene di usare le panchine e i
tavolini per farne legna dei braceri per cuocere le costine. Curno è
l'unico comune delle sponde del fiume da Ponte alla foci nell'Adda a
non avere un percorso pedociclabile: credo siamo due dozzine i comuni
che si sono messi a posto anche quindici anni or sono. Da noi invece
prima crescono o sono (già) cresciute le mega-ville ma non s'è visto
nessun sentiero e nessun “approdo”. Comunque tutto politicamente
corretto. Per chi intende a vuol fare a
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LAVORO:AUMENTANO I POSTI MA CROLLA LA QUALITA'
AUMENTANO LE FUGHE ALL'ESTERO
Una ripresa a bassa intensità, con un tasso di occupazione che rimane
tra i più bassi dell'Unione europea. Il numero di occupati in Italia
alla fine del 2018 ha superato di 125.000 unità quello del 2008, un
dato che potrebbe far pensare che la grande crisi sia finalmente alle
spalle, ma non è così: all'appello mancano 1,8 milioni di ore. Il
rapporto “ Il Mercato del lavoro 2018. Verso una lettura integrata”,
che mette a confronto i dati Istat, Inail, Inps, Anpal e del ministero
del Lavoro, dà un quadro poco entusiasmante della situazione e delle
prospettive dell'occupazione.
«La quantità di lavoro utilizzato è ancora inferiore ai livelli
precrisi e rispecchia la tendenza del Pil » , spiega il responsabile
delle statistiche Istat Roberto Monducci. E quindi, visto che segue
l'andamento del Pil, e il Paese è in recessione, c'è poco da sperare
per il momento, osserva Andrea Montanino, direttore del Centro Studi
della Confindustria: « Tutti i dati che abbiamo a disposizione mostrano
un forte rallentamento dell'economia, la fiducia è in calo,
investimenti pubblici non se ne vedono, il decreto dignità si è
rivelato il provvedimento sbagliato al momento sbagliato: servono
invece politiche economiche che stimolino la crescita».
La crescita degli occupati appare asfittica, nonostante, per i nostri
standard, il tasso di occupazione abbia raggiunto il livello record del
58,5% nella media del 2018. Intanto siamo ancora lontanissimi dalla
media europea ( che sfiora il 68%) e poi c'è un esercito di lavoratori
insoddisfatti, sottoccupati dal punto di vista qualitativo e
quantitativo. Un milione di occupati lavora meno di quanto sarebbe
disposto a lavorare: in media un sottoccupato sarebbe disponibile a
lavorare circa 19 ore di più a settimana (e ne beneficerebbe il tasso
di produttività). Inoltre gli occupati sovraistruiti, che cioè hanno un
titolo di studio superiore a quello che sarebbe necessario a svolgere
le loro mansioni lavorative, sono 5 milioni 569 mila, il 25% del totale
e il 35% degli occupati diplomati e laureati. La domanda di lavoro,
spiega il rapporto, « non è adeguata al generale innalzamento del
livello di istruzione».
È un problema che riguarda soprattutto i giovani, rileva Monducci, che
rimangono « i più penalizzati dalla crisi: in presenza di ampie sacche
di sottoutilizzazione e non utilizzazione del lavoro, i giovani
sovraistruiti si contrappongono agli adulti sottoistruiti, le cui
competenze non sono spesso adeguate all'evoluzione delle tecnologie e
delle competenze » . Un qualche risultato positivo si è avuto con gli
incentivi alle assunzioni: il rapporto promuove tutto sommato le norme
che hanno favorito la decontribuzione tra il 2015 e il 2017, e calcola
che, a fronte di una riduzione media annua dei contributi medi totali,
il 54,9% dei giovani entrati per la prima volta nell'occupazione in
quel triennio a un anno di distanza era ancora occupato, con una
forbice tra il 60,5% del Nord- Ovest e il 48,7% del Mezzogiorno. A
fronte di un mercato del lavoro che offre poco, si moltiplicano le
fughe, soprattutto delle figure maggiormente qualificate: se nel 2008
sono andati all'estero 40 mila lavoratori, dieci anni dopo erano quasi
115 mila. E i dottori di ricerca che scelgono di andar via sono passati
al 18,8%, contro il 14,7% del 2010.
Rosaria Amato
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CI VORREBBE UN CONTE BIS
MA NON SONO IN GRADO DI FARLO
La vecchia democrazia cristiana avrebbe risolto la botta
elettorale subita con un rimpast(in)o oppure un Conte bis come
suggerisce oggi Roberto Arditti. Ma era la vecchia DC e non sono i 5S e
neppure la Lega. Il governo attuale poggia su un contratto tra due
forze, una delle quali non conosce neppure l'ABC della Costituzione e
delle Istituzioni repubblicane (non sbagliano solo i 370 gradi della
circonferenza o la collocazione geografica di qualche stato sud
americano) e l'altra –la Lega di Salvini- è il partito più vecchio
d'Italia con alle spalle anni di governo disastrosi assieme al
cavaliere. Salvini ha comprato il partito Lega (nord: da Bossi)
pagandolo coi 49 milioni spariti dai bilanci e contestati dai
giudici genovesi e restituibili a rate in quattro o cinque decenni ed
ha messo in piedi un partito personale, come fosse un Regno destinato a
perpetuarsi in eterno. E nessuno gli ha detto nulla. Fisicamente ed
intellettualmente impossibile per i 5S risolvere la crisi con una Conte
Bis nello spazio di una settimana non fosse altro che anche sostituendo
alcuni ministri e sottosegretari, se hai solo della palcia, mica hai
spazio di scelta (migliore).
Vien da ridere sentire un DiMaio ormai spolpato del 30-40% del suo
elettorato quando annuncia che lui durerà altri quattro anni perché ne
ha consumato solo uno e poi che –bontà sua- i consiglieri comunali
potranno concorrere anche per più di due mandati. La
vicepresidenza del consiglio -dio gliel'ha data, guai che gliela
tocca!- pare sia un'assicurazione garantita per cinque anni. Da ridere
o piangere a dirotto.
La questione è che siamo un Paese che gioca ad ogni elezione a
sopravvivere, a gettare in avanti la palla, senza mai deciderci a
tirarla in porta e fare davvero goal. Gli italiani votano sempre per
quelli che gli fanno schivare la botta. Educati cattolicamente che puoi
anche ammazzare tuo fratello e se non ti beccano i carabinieri con una
dozzina di pater ave gloria te la cavi con la tua coscienza,
figurarsi se temono di corrompere o evadere. Per gli italiani “il
problema è (sempre) un altro”. Importante che non si incida mai
nella riduzione dell'evasione fiscale e della corruzione. Caramelline:
200 miliardi l'anno. Quasi il 10% del debito pubblico.
Mica sono scemi gli italiani. Chi asserisce che gli italiani entrando
nell'euro si sarebbero danneggiati non dice il vero. Con gli italiani
bisogna sempre ragionare al contrario: gli italiani sono entrati
nell'euro perché la parte buona di loro avrebbe marciato e la parte
cattiva avrebbe venduto il proprio debito facendo leva sul lavoro dei
buoni. Infatti i governi vanno in Ue e nel mondo a vantare il
surplus italiano, terzo in Ue. Vanno nel mondo ad esibire i 4300
miliardi di risparmio privato: fatto in buona parte con l'evasione
e vendendo il proprio debito agli altri a tassi altissimi. Che
volete di più? Ma quel surplus non lo creano ne gli evasori fiscali ne
la corruzione e neppure i baby-pensionati.
Cacciari e D'Alema uniti nella lotta suggeriscono che il PD cerchi
un'alleanza con la parte buona dei penta stellati per redimerne la
politica e fare del bene agli italiani. Facciamo invece così: quelli
che hanno abbandonato il PD verso Lega e 5S ritenendo che il
Renzi fosse da buttare vedano di tornare (se vogliono) a votare il PD
altrimenti restino con Salvini che getta ai pesci i negri.
Su questi aspetti bisogna essere chiari: o stai di qui o stai dall'altra parte. Basta ammuine.
E sulla povertà, vediamo se non sia meglio e attuabile un ampliamento
dei REI in parallelo alla riduzione nei prossimi cinque anni di
evasione ed elusione fiscale e contributiva.
Vediamo che fare con l'altra metà dell'evasione recuperata in ordine
alla manutenzione del territorio e delle infrastrutture a basso impatto
ambientale.
Ve l'immaginate un'Italia dove la televisione annuncia che nei prossimi
cinque anni il governo intende ridurre l'evasione fiscale ai limiti
fisiologici dell'UE e intende investire il ricavato nell'ampliamento
dei REI, la riduzione del cuneo fiscale in Italia è al 47,6 % fino alla
media europea che si attesta al 35,3% e il resto tra manutenzione del
territorio e infrastrutture a basso impatto. Sarebbero fuoco e fiamme
nei cento talk show nazionali verso la “s
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