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IL GOVERNO NON CADE PERCHE' NESSUNO LO VUOLE FARE
Ci fosse un presidente della repubblica meno imbalsamato dopo queste elezioni  manderebbe il Paese alla elezioni nazionali (semmai volesse e potesse) ma l'Italia andrà avanti con l'attuale caos che è il governo SalviMaio perché nessuno vuole nuove elezioni. Una futura maggioranza di centrodestra dovrebbe imporre una radicale manovra economica spennando 20-40 miliardi agli italiani e mica sono così fessi da prendersi questa responsabilità. Una futura maggioranza PD-5S (da molti piddini  ancora sperata…)  sarebbe nella stessa condizione.
Adesso  il SalviMaio cuocerà a fuoco lento perché ne PD ne centrodestra unito alla Lega intendono togliergli le castagne dal fuoco. Oddio: magari nel PD c'è qualche matto che ci proverebbe.(...)

ALEMANNO BERLUSCONI FORMIGONI UNITI NELLA LOTTA


I destini incrociati di Formigoni e Alemanno, i veri simboli del fallimento della Seconda Repubblica
I due politici simbolo della Seconda Repubblica, considerati gli eredi del centrodestra nell’apice del berlusconismo sono stati condannati entrambi per corruzione nel giro di tre giorni. Ci ricordano perché oltre ai congiuntivi sbagliati e l’impreparazione diffusa il M5S piace ancora a molti. Fuori due. Nel giro di tre giorni due politici simbolo della Seconda Repubblica, considerati gli eredi delle due anime del centrodestra nell’apice del berlusconismo sono stati condannati per corruzione. E ci siamo ricordati perché oltre ai congiuntivi sbagliati, l’impreparazione diffusa e gli errori fatti, il Movimento Cinque Stelle ha vinto le elezioni e (Sardegna a parte) piace ancora a molti italiani. Prima Roberto Formigoni condannato in Cassazione a 5 anni e 10 mesi per corruzione quando era presidente della Lombardia. Ieri è toccato a Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma dal 2009 al 2013 condannato in primo grado a sei anni (un anno in più rispetto alla richiesta della Procura) per corruzione e finanziamento illecito nell’inchiesta Terra di Mezzo, uno dei filoni principali del processo Mafia Capitale. E dire che i due, ora alle stalle, quando erano alle stelle, nel 2011 rappresentavano le due anime del futuro del centrodestra: quella liberale ed ex missina.(...)

REGIONALI SARDE: DEM BATTUTI MA CONTENTI (!)
Non c'è quel testa a testa immaginato dagli exit polls, che ieri sera hanno regalato una notte di speranza ai dirigenti del Pd, come non succedeva ormai da tanto tempo. E comunque i numeri che lentamente affluiscono dall'altra sponda del Tirreno rappresentano la conferma che esiste un embrione di centrosinistra e che su questo progetto si può lavorare per tornare a essere competitivi. Progetto che poi – e forse non è un caso – coincide con quello immaginato da Nicola Zingaretti, quel modello inclusivo, aperto a esperienze civiche, che torna a guardare a sinistra e che punta senza mezzi termini a riconquistare gli elettori delusi dal (si spera) temporaneo innamoramento per i Cinquestelle. Massimo Zedda ne è stato un interprete perfetto e tutti nel Pd gliene danno atto. (...)


PELIZZOLI E PIGA UNITI NELLA LOTTA (PER IL PD)
1-“A Nusquamia c'è gente che non ha avuto paura di mettersi contro il Pedretti, quand'era potentissimo, prima che fosse abbandonato da tutti, figuriamoci se abbiamo paura adesso del randello asseverativo del gatto” Ricordiamo al custode delLa Latrina di Nusquamia come il suo opporsi al Pedretti, non sia stato ne coraggio politico ne culturale ma solo incazzatura per una convenienza economica perduta. Il custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio Piga, immaginava che il suo amico sindaco, assegnandoli la fattura del notiziario comunale, gli garantisse un sostanzioso mensile per un quinquennio. La tetta s'è occlusa quando, davanti a una mozione di sfiducia della minoranza  che sarebbe stata votata anche da parecchi della maggioranza, Lega e FI provinciali dissero  in faccia al sindaco Gandolfi: o butti  fuori il Piga oppure sbattono fuori te e il Piga ma noi non vogliamo perdere il comune. Piga venne licenziato. Le spiace l’aggettivo? Messo alla porta.  Gandolfi, per salvare il proprio mensile scelse di farlo perdere all'amico. Gran bel coraggio. Un coraggio bottegaio.
2 . Però — non mi stancherò di dirlo — fra due mali, o anche fra più mali, occorre scegliere il male minore. Perciò votai per il Pd, ultimamente. (…) Così, fermo restando nella mia propensione per il socialismo scientifico, nonostante il disgusto per l'aziendalismo e le strafottute slàid (…), ho ritenuto opportuno votare per il Pd, contro i mali peggiori rappresentati dall'esoterismo di Caseleggio, dall'improvvisazione di Toninelli, dall'avventurismo di Salvini, dalle balle spaziali di Claudio «Aquilini» Borghi. Ricordo ancora, tornando alle primarie, la viva soddisfazione con cui votai contro Prodi, altro bell'esempio di fariseo, che fa il paio con quel suo concittadino, Enzo Biagi. Votai allora, se ben ricordo, per Bertinotti, il quale nel frattempo — ahinoi — mi pare che abbia fatto una brutta fine, nelle braccia di CI (…). (…) Ma trovo improvvide e poco signorili certe frecciatine di Zingaretti a Renzi, adesso che Renzi è un'anatra zoppa. (…) Però l'indicazione marxiana di votare per il male minore è pur sempre valida.
Quindi Domenica  tre marzo vedremo il custode delLa Latrina di Nusquamia votare per Zingarettti assieme al mitico Sighesù curnese, quello che secondo il custode delLa Latrina ha gettato la bandiera del socialismo nel fosso. Il vento ha fatto il suo giro.


















migranti scavalcano il muro a Melilla verso la Spagna


























IL GOVERNO NON CADE PERCHE' NESSUNO LO VUOLE FARE

Ci fosse un presidente della repubblica meno imbalsamato dopo queste elezioni  manderebbe il Paese alla elezioni nazionali (semmai volesse e potesse) ma l'Italia andrà avanti con l'attuale caos che è il governo SalviMaio perché nessuno vuole nuove elezioni. Una futura maggioranza di centrodestra dovrebbe imporre una radicale manovra economica spennando 20-40 miliardi agli italiani e mica sono così fessi da prendersi questa responsabilità. Una futura maggioranza PD-5S (da molti piddini  ancora sperata…)  sarebbe nella stessa condizione.
Adesso  il SalviMaio cuocerà a fuoco lento perché ne PD ne centrodestra unito alla Lega intendono togliergli le castagne dal fuoco. Oddio: magari nel PD c'è qualche matto che ci proverebbe.
Gli italiani, che quando vanno a votare hanno sempre ragione (lo dicono i giornaloni e i veri giornalisti), pagheranno di tasca propria quei 200-300 miliardi che è costato questo governo ed allegramente si prepareranno alla prossima sbandata. Importante avere sempre ragione.
Questo governo è cotto. Come abbiamo scritto se la maggioranza attuale regge la situazione è li da vedere.  Se tutto va bene primi mensili del RdC-PdC forse saranno pagati il primo settembre di quest'anno e fino allora il discreto numero di “italiani poveri” dovrà accontentarsi del REI (chi ce l'ha) di renziana-gentiloniana memoria.  Quindi otto mesi di REI e forse quattro mesi di RdC. Salteranno completamente i numeri  dati da Salvini (su quota cento) dove forse i 500 mila percettori  potenziali all'origine  saranno  realmente 100 mila a fine anno 2019.  Saltano anche i numeri dati da DiMaio (1,4 milioni di nuclei familiari e 5 milioni di individui) perché bene che vada dal 1,159 milioni di percipienti il REI (fine 2018) con una media di 289 euro sarà quasi impossibile arrivare al milione e mezzo di percipienti  mentre sicuro che la media di euro percepiti –dati per 498 euro pro capite- potrebbe essere anche minore dell'attuale. Per adesso c'è la certezza che anche a gennaio-febbraio il PiL sarà negativo e che a fine anno  se tutto andrà bene sarà dello zero o meno due.
Quindi tutto rimandato. Nel 2019 dovranno essere rinnovati i parlamentini di Emilia Romagna, Calabria, Abruzzo, Sardegna, Basilicata e Piemonte. Per le prime due regioni le urne dovrebbero aprirsi non prima dell'autunno; a febbraio, rispettivamente il 24 e il 10, saranno chiamati a dare il loro responso gli elettori di Sardegna e Abruzzi. I votanti di Basilicata e Piemonte dovrebbero compilare la scheda regionale con quella per le Europee il prossimo 26 maggio.
Non le sole regionali. I bagni di democrazia cominceranno con le elezioni comunali che si terranno tra il 15 aprile e il 15 giugno. Per quel che è dato sapere, ad andare al voto saranno 3.837 comuni, ma l'elenco è da considerare provvisorio: potrebbero aggiungersi i comuni i cui consigli verranno sciolti con DPR entro il prossimo 24 febbraio. La tornata riguarderà 26 capoluoghi di provincia (con più di 100 mila abitanti): Bari, Bergamo, Ferrara, Firenze, Foggia, Forlì, Livorno, Modena, Perugia, Pescara, Prato, Reggio Emilia e Sassari); 5 sono capoluogo di regione (Bari, Campobasso, Firenze, Perugia, Potenza). Il DPR però non è ancora uscito e quindi presumibilmente saranno tutti accorpati alle europee ed è probabile che il governo sotto la spinta del fallimento pentastellato  scelga di unificare quanto più possibile le date. In fondo questo è conveniente anche per il ministro dell'interno leghista.
Ci saranno anche la ristrutturazione del movimento 5S che in mano a un DIMaio riuscirà perfettamente al contrario dell'atteso e l'elezione del segretario del PD, partito che per adesso non si vede proprio rinascere soprattutto perché le facce in gioco sono sempre quelle. Magari se a qualcuno li dentro (nelPD) venisse l'ideuzza di  impegnarsi a ridurre a fisiologica l'evasione fiscale in cinque anni e ristrutturare il REI fino a coprire del tutto la povertà assieme ad un programma di investimenti pubblici di almeno 50 miliardi l'anno forse ci sarebbe qualche speranza. Ma c'è poco da sperare.
Insomma aspettare
ALEMANNO BERLUSCONI FORMIGONI UNITI NELLA LOTTA


I destini incrociati di Formigoni e Alemanno, i veri simboli del fallimento della Seconda Repubblica

I due politici simbolo della Seconda Repubblica, considerati gli eredi del centrodestra nell’apice del berlusconismo sono stati condannati entrambi per corruzione nel giro di tre giorni. Ci ricordano perché oltre ai congiuntivi sbagliati e l’impreparazione diffusa il M5S piace ancora a molti

Fuori due. Nel giro di tre giorni due politici simbolo della Seconda Repubblica, considerati gli eredi delle due anime del centrodestra nell’apice del berlusconismo sono stati condannati per corruzione. E ci siamo ricordati perché oltre ai congiuntivi sbagliati, l’impreparazione diffusa e gli errori fatti, il Movimento Cinque Stelle ha vinto le elezioni e (Sardegna a parte) piace ancora a molti italiani. Prima Roberto Formigoni condannato in Cassazione a 5 anni e 10 mesi per corruzione quando era presidente della Lombardia. Ieri è toccato a Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma dal 2009 al 2013 condannato in primo grado a sei anni (un anno in più rispetto alla richiesta della Procura) per corruzione e finanziamento illecito nell’inchiesta Terra di Mezzo, uno dei filoni principali del processo Mafia Capitale. E dire che i due, ora alle stalle, quando erano alle stelle, nel 2011 rappresentavano le due anime del futuro del centrodestra: quella liberale ed ex missina.

Voglio lasciare tutto il mio partito Roberto Formigoni, che mi ricorda me. È stato condannato? Eh vede che mi ricorda me ha scherzato Maurizio Crozza nei panni di Silvio Berlusconi qualche giorno fa. E in effetti il “Celeste” a capo della Regione Lombardia dal 1995 si stava costruendo a fatica la figura di delfino di Berlusconi, sperando che l’età o le inchieste giudiziarie che debilitavano il Cavaliere avrebbero creato lo spazio per una sua leadership nazionale. Si sbagliava. Formigoni rappresentava l’alternativa perfetta: incensurato, cattolico (e casto, per scelta), alla guida per due decenni della regione più produttiva d’Italia, simbolo dell’eccezionalità lombarda che puntava in alto e non solo per il Pirellone, il grattacielo fatto costruire per ospitare la Giunta regionale. Ma soprattutto a renderlo credibile per una successione (tramata ma irrealizzabile) era il modello politico e gestionale basato sulla galassia delle cooperative legato a Comunione e Liberazione che aveva come fiore all’occhiello la Sanità. Al tempo a far alzare qualche sopracciglio erano solo le sue camicie hawaiane e qualche video discutibile di promozione della sua leadership. Poi arrivò il processo e l’accusa di aver dirottato illecitamente fondi pubblici per finanziare l’ospedale Maugeri di Pavia per 70 milioni in cambio di vacanze gratis e l’uso personale di uno yacht. Travolto dallo scandalo e costretto a lasciare la Regione Lombardia pochi si ricordano dei suoi anni da senatore del Nuovo Centrodestra. Scelse il cavallo sbagliato, Angelino Alfano, e i sogni di arrivare a essere il capo del centrodestra sono per sempre svaniti.

Che scontino la pena in carcere o vincano in appello nulla cambia. Formigoni e Alemanno sono già stati condannati dall’opinione pubblica. Negli occhi degli italiani rimarrà sempre l’immagine del Celeste che si tuffa dallo yacht turandosi il naso o quella dell'ex sindaco che abbraccia imbarazzato Buzzi.
C'è una foto che meglio di qualunque altra immagine offre la sensazione plastica di quel micidiale cortocircuito. È stata scattata nel 2010 a una cena alla quale l'allora sindaco Alemanno partecipava con Salvatore Buzzi, l'ex capogruppo del Pd in consiglio comunale Umberto Marroni e suo padre Angiolo ( allora garante dei detenuti), il capo dell'Ama e segretario della fondazione di Alemanno, Franco Panzironi, il futuro ministro Giuliano Poletti e il futuro assessore della giunta Marino, Daniele Ozzimo.
Seduto a un altro tavolo si poteva scorgere la sagoma robusta di Luciano Casamonica, nipote di quel Vittorio sepolto con musica del Padrino e lancio di petali dall'elicottero. E a fine pasto, ecco l'istantanea che ritrae Casamonica “ Lucky Luciano” ( così « ama farsi chiamare » , ha spiegato Arianna Giunti sull'Espresso) con Alemanno alla sua sinistra e Buzzi alla sua destra. Di quelle foto, in realtà, ce ne sono molte altre: una di queste ritrae sorridenti l'ex sindaco e “Lucky Luciano” che mostra all'obbiettivo un cartello con la scritta: “Non è politica, è Casamonica”.

Tra le amicizie politiche del Celeste c’era anche Gianni Alemanno, da sempre vicino alla galassia della compagnia delle Opere di Formigoni. Nel 2011 l’allora sindaco di Roma era anche l’amico e delfino di Gianfranco Fini con cui aveva condiviso il passaggio da Movimento Sociale Italiano ad Alleanza Nazionale. A differenza di Fini (che ci aveva provato nel 1993) era diventato sindaco della Capitale sconfiggendo lo stesso avversario, in epoche diverse: Francesco Rutelli. Ma dopo alcune gaffe mediatiche, la gestione non eccezionale dell’emergenza neve a Roma la sua carriera si è interrotta con l’inchiesta di Mafia Capitale. La condanna di Alemanno è la massima pena prevista per il reato di corruzione: 5 anni e mezzo più sei mesi per finanziamento illecito. Secondo i giudici l’ex sindaco di Roma avrebbe ricevuto illegalmente tra il 2012 e il 2014 tangenti daL "rosso" Salvatore Buzzi, dominus delle cooperative rosse e il "nero" Massimo Carminati, ex combattente dei Nar (nuclei armati rivoluzionari): 228 mila euro attraverso la sua fondazione Nuova Italia e 70 mila euro in contanti.

Chiariamo una cosa: Formigoni e Alemanno hanno molte cose in comune ma Formigoni è entrato nel carcere di Bollate per scontare la pena stabilita dalla Cassazione mentre Alemanno ha dichiarato di voler ricorrere in appello ed è ancora presunto innocente (anche perché è stato prosciolto dall’accusa di associazione mafiosa). Ma una cosa li accomuna: che scontino la pena in carcere o vincano in appello nulla cambia. Formigoni e Alemanno sono già stati condannati dall’opinione pubblica. Negli occhi degli italiani rimarrà sempre l’immagine del Celeste i che si tuffa dallo yacht turandosi il naso o la foto dell'ex sindaco di Roma che abbraccia imbarazzato Buzzi a una cena. E nell’Italia gialloverde che si autoproclama "Terza Repubblica" sono il simbolo della Casta. Ogni notizia su di loro fa ricordare perché il M5S è riuscito a intercettare una fetta del Paese che da Tangentopoli in poi rivendica il carcere per i politici corrotti e gode nel veder privata la libertà. Non a caso l’effetto più mediatico della vicenda Formigoni è l’entrata al carcere di Bollate dovuto proprio allo spazzacorrotti. La norma approvata pochi mesi fa dal governo Conte esclude gli arresti domiciliari per i condannati di reati contro la pubblica amministrazione. Compreso il 71enne Formigoni.

La verità è che i 5 stelle non potevano chiedere di meglio. Dopo il flop delle elezioni regionali in Sardegna e il voto discusso nella piattaforma Rousseau sul caso Diciotti serviva un po' di ossigeno mediatico. Le condanne di Formigoni e Alemanno sono arrivate al momento giusto non solo perché i due ricordano una stagione politica che sembra già era geologica, ma sono il simbolo di quella mala gestione dei politici preparati, con esperienza ma disonesti (secondo i giudici) su cui Luigi Di Maio ha costruito una retorica vincente.

Tiziana Fabi
PELIZZOLI E PIGA UNITI NELLA LOTTA (PER ILPD)


“A Nusquamia c'è gente che non ha avuto paura di mettersi contro il Pedretti, quand'era potentissimo, prima che fosse abbandonato da tutti, figuriamoci se abbiamo paura adesso del randello asseverativo del gatto” Ricordiamo al custode delLa Latrina di Nusquamia come il suo opporsi al Pedretti, non sia stato ne coraggio politico ne culturale ma solo incazzatura per una convenienza economica perduta. Il custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio Piga, immaginava che il suo amico sindaco, assegnandoli la fattura del notiziario comunale, gli garantisse un sostanzioso mensile per un quinquennio. La tetta s'è occlusa quando, davanti a una mozione di sfiducia della minoranza  che sarebbe stata votata anche da parecchi della maggioranza, Lega e FI provinciali dissero  in faccia al sindaco Gandolfi: o butti  fuori il Piga oppure sbattono fuori te e il Piga ma noi non vogliamo perdere il comune. Piga venne licenziato. Le spiace l’aggettivo? Messo alla porta.  Gandolfi, per salvare il proprio mensile scelse di farlo perdere all'amico. Gran bel coraggio. Un coraggio bottegaio.
2 . Però — non mi stancherò di dirlo — fra due mali, o anche fra più mali, occorre scegliere il male minore. Perciò votai per il Pd, ultimamente. (…) Così, fermo restando nella mia propensione per il socialismo scientifico, nonostante il disgusto per l'aziendalismo e le strafottute slàid (…), ho ritenuto opportuno votare per il Pd, contro i mali peggiori rappresentati dall'esoterismo di Caseleggio, dall'improvvisazione di Toninelli, dall'avventurismo di Salvini, dalle balle spaziali di Claudio «Aquilini» Borghi. Ricordo ancora, tornando alle primarie, la viva soddisfazione con cui votai contro Prodi, altro bell'esempio di fariseo, che fa il paio con quel suo concittadino, Enzo Biagi. Votai allora, se ben ricordo, per Bertinotti, il quale nel frattempo — ahinoi — mi pare che abbia fatto una brutta fine, nelle braccia di CI (…). (…) Ma trovo improvvide e poco signorili certe frecciatine di Zingaretti a Renzi, adesso che Renzi è un'anatra zoppa. (…) Però l'indicazione marxiana di votare per il male minore è pur sempre valida.
Quindi Domenica  tre marzo vedremo il custode delLa Latrina di Nusquamia votare per Zingarettti assieme al mitico Sighesù curnese, quello che secondo il custode delLa Latrina ha gettato la bandiera del socialismo nel fosso. Il vento ha fatto il suo giro.
REGIONALI SARDE: DEM BATTUTI MA CONTENTI (!)



Non c'è quel testa a testa immaginato dagli exit polls, che ieri sera hanno regalato una notte di speranza ai dirigenti del Pd, come non succedeva ormai da tanto tempo. E comunque i numeri che lentamente affluiscono dall'altra sponda del Tirreno rappresentano la conferma che esiste un embrione di centrosinistra e che su questo progetto si può lavorare per tornare a essere competitivi. Progetto che poi – e forse non è un caso – coincide con quello immaginato da Nicola Zingaretti, quel modello inclusivo, aperto a esperienze civiche, che torna a guardare a sinistra e che punta senza mezzi termini a riconquistare gli elettori delusi dal (si spera) temporaneo innamoramento per i Cinquestelle. Massimo Zedda ne è stato un interprete perfetto e tutti nel Pd gliene danno atto.

Rispetto a quanto successo in Abruzzo, poi, c'è una novità non di poco conto. In Sardegna, il Partito democratico nei parziali risulta essere il primo partito, per il contemporaneo tonfo del M5S e la redistribuzione di voti nel centrodestra, che ha fatto scendere Fi a vantaggio della Lega di Salvini, che comunque non fa il botto tanto atteso. Se il centrosinistra, allargato a Leu, guadagna circa 10 punti rispetto alle politiche dello scorso anno, il Pd resta sugli stessi numeri, senza considerare le liste civiche alleate, infarcite di candidati dem a tutti gli effetti. Insomma, non è detto che una coalizione allargata finisca necessariamente con il penalizzare il risultato di lista del partito "aggregatore", anzi può funzionare da moltiplicatore. Soprattutto, se a trainare c'è un candidato forte e innovativo, rispetto alla stagione precedente. È la tesi che Zingaretti sostiene con più forza, che affonda le radici nelle regionali da lui vinte nel Lazio lo scorso anno, in controtendenza rispetto alla contemporanea catastrofe del suo partito alle politiche.

Non stupisce quindi che dalle parti del candidato favorito per le primarie di domenica prossima trapeli un certo ottimismo per il futuro. E si ritiene già una vittoria il fatto stesso di aver "convertito" alla necessità di alleanze larghe una buona parte degli ex sostenitori della vocazione maggioritaria a tutti i costi. Se non il turborenziano Giachetti, quanto meno Martina (che di Renzi fu il vicesegretario) ormai ne parla apertamente.

Poco importa che il candidato alla presidenza in Sardegna non fosse del Pd, che quello abruzzese abbia fatto di tutto per mostrarsi autonomo e che in Basilicata si sia dovuto pescare un professionista sconosciuto alla politica, per ricompattare la coalizione in vista delle regionali del 24 marzo. Così come lasciano il tempo che trovano le polemiche sui big tenuti lontani in campagna elettorale. "Ancora non c'è un segretario in carica – ripete Zingaretti ai suoi – quando ci sarà, potremo lavorare meglio ai confini, le caratteristiche e i candidati della coalizione". Per il momento, i segnali importanti sono il ritorno di fatto a un bipolarismo destra-sinistra e la ricostituzione di un blocco di forze, che segna la fine definitiva di quello che il Governatore del Lazio chiama il "partito borioso" della stagione renziana. "Sinistra e destra esistono ancora", ha twittato Andrea Orlando, tra i principali sostenitori di Zingaretti: "Dobbiamo saper far vivere la sinistra in questo tempo nuovo, l'indignazione per le ingiustizie e la speranza per cambiare". E gli fa eco il cinguettio del leader di Mdp, Roberto Speranza: "C'è ancora tanto terreno da recuperare e tanta fiducia da riconquistare. Ma anche dalla Sardegna arriva un segnale incoraggiante di ripartenza. È sempre più urgente offrire un'alternativa credibile agli italiani".

Chi conosce meglio il territorio sardo fa notare come il centrosinistra abbia subito una pesante frenata in una roccaforte storica come Sassari. Mentre a Cagliari, città di cui è ancora sindaco, Zedda stacca solo di poco l'avversario Solinas. Ma sono dati che, visti in controluce, dimostrano come le preferenze per la coalizione siano state raccolte anche nei piccoli centri, che erano stati facile terreno di conquista per i Cinquestelle alle ultime politiche. È un ulteriore segnale della fluidità dell'elettorato e di come il centrosinistra possa tornare a essere in breve tempo un'alternativa credibile.

Certo, le elezioni europee sono dietro l'angolo, il vento di destra soffia ancora impetuoso ed è troppo presto per dare per spacciati i Cinquestelle. Ma adesso, almeno, c'è una strada da percorrere.

Rudy Francesco Calvo