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ILMOVIMENTO CINQUE STELLE VERSO IL DISFACIMENTO
Tutti i totem sono caduti: ormai il Movimento 5 Stelle non esiste più
Con il no all’autorizzazione a procedere per Salvini, il M5S ha perso definitivamente la sua verginità politica. Dallo streaming agli F35 sono caduti tutti i totem politici che hanno reso il Movimento diverso dagli altri partiti. E il reddito di cittadinanza rischia di partire tardi e male
Il Movimento 5 stelle è appeso al Tav per evitare il suicidio politico. Il no all’alta velocità Torino Lione e il vincolo del doppio mandato (a rischio) sono gli ultimi due totem politici ancora intatti del Movimento. Su questi due temi Luigi Di Maio si giocherà il suo futuro. Perché il reddito di cittadinanza su cui i pentastellati hanno puntato tutte le loro fiches politiche rischia di partire tardi e male. E senza verginità politica, il Movimento è un partito come tutti gli altri. Dopo nove mesi di governo, il vero cambiamento sembra solo quello dei principi. Perché finora il M5S ha derogato a tutte le regole che si era autoimposto. (...)

COLLE APERTO: UN BEL VEDERE DE CHE?
Certo è che agli assessori della giunta Gori non manca la fantasia perché definire Colle Aperto come il-un “belvedere” sulla Valverde, ce ne vuole di coraggio oltre che scarsa conoscenza della geografia e del buonsenso. E' una presa in giro dei pochi abitanti di città alta e della massiccia dose di turismo mordi e fuggi che mettono città alta come passatempo tra un volo ed un altro via Caravaggio. Cosa ci sia da “bel vedere”  affacciandosi sulla Valverde da Colle Aperto –sul fondo c'è la merda del seminario che scorre a mezz'aria- resta un mistero per le persone normali. Il recente rifacimento (inutile) del muro di sostegno a valle, peraltro eseguito abbastanza così così, ha dato occasione alla giunta Gori di levare del tutto le panchine per consentire appunto ai turisti mordi e fuggi di affacciarsi al … belvedere.(...)

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E' NATO PRIMA L'OLIVO O I ROMANI?
Conclude il Cornia (e condivide il custode delLa Latrina di Nusquamia) rivolgendosi ad una sua amica:  Se non li senti (i profumi degli olivi di tutto il Mediterraneo: lo precisiamo noi) è perché sei diventata una sovranista olearia (sarebbe la sua ospite). Che volevo un po' ferirla questa mia amica, che è anche tutta di si­nistra. E infatti gliel'ho ridetto che era una sovranista olearia e che se i greci e i romani fossero stati sovranisti oleari come lei non sarebbero andati in giro per tutto il Mediterraneo a piantare olivi e riti. E l'impero Romano non ci sarebbe mai stato. E dopo niente pesche, cioè persiche, cioè della Persia. Però le cotolette e il gnocco fritto mi piacciono di più (fritti nello strutto: perciò mi fa anche piacere che dopo siano arrivati i longobardi con tutti i loro maiali).
Una serie di cazzate a raffica. Sono nati prima i Romani e questi hanno disseminato l'olivo per il Mediterraneo oppure l'olivo c'era già e qualcuno traeva l'olio dalle olive prima che Romolo e Remo ciucciassero le tette della lupa? ecc. ecc. E quando i Romani cominciarono a far crescere la loro infame stirpe, c'erano già i porci e quindi il grasso di porcello e quindi cuocevano la farina impastata –lievitata di lievito diventato nel frattempo “madre” per mancanza di igiene nel recipiente- in cotanta ricchezza?  Gli olivi e i porcelli  erano presenti (anche) nell'areale del Mediterraneo prima di Romolo e Remo ed  avevano sicuramente carni migliori delle porche longobarde cibate di erba e ossa. Addirittura siamo convinti che l'erba ci fosse prima dell'uomo. Guarda te.
Uno dei “problemi” che i geografi si sono posti per molti secoli fu quello di stabilire i confine dell'areale mediterraneo ed alla fine, qualche decennio or sono stabilirono che il confine arrivasse fin dove si coltiva l'olivo. Il quale olivo nell'areale mediterraneo  dava si origine all'olio ma  poi si poneva anche il problema della sua conservazione (pare che la zona fosse assai calduccia) visto che irrancidiva abbastanza velocemente e quindi… diventava immangiabile. (...)





























































ILMOVIMENTO CINQUE STELLE VERSO IL DISFACIMENTO


Tutti i totem sono caduti: ormai il Movimento 5 Stelle non esiste più
Con il no all’autorizzazione a procedere per Salvini, il M5S ha perso definitivamente la sua verginità politica. Dallo streaming agli F35 sono caduti tutti i totem politici che hanno reso il Movimento diverso dagli altri partiti. E il reddito di cittadinanza rischia di partire tardi e male
Il Movimento 5 stelle è appeso al Tav per evitare il suicidio politico. Il no all’alta velocità Torino Lione e il vincolo del doppio mandato (a rischio) sono gli ultimi due totem politici ancora intatti del Movimento. Su questi due temi Luigi Di Maio si giocherà il suo futuro. Perché il reddito di cittadinanza su cui i pentastellati hanno puntato tutte le loro fiches politiche rischia di partire tardi e male. E senza verginità politica, il Movimento è un partito come tutti gli altri. Dopo nove mesi di governo, il vero cambiamento sembra solo quello dei principi. Perché finora il M5S ha derogato a tutte le regole che si era autoimposto. Dalla diretta streaming per rendere trasparenti le decisioni politiche al divieto di alleanze con gli altri partiti, dalla restituzione di una parte dello stipendio dei parlamentari a «Fuori i partiti dalla Rai». Così come l’esame di diritto costituzionale per tutte le cariche elettive, il no all’acquisto degli F35 o la rotazione dei capigruppo in Parlamento. Il M5S si è rimangiato tutto. Queste e altre deroghe le ha riassunte bene il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, in un lungo post su Facebook. Solo un ex attivista e amante ferito avrebbe potuto redigere una lista così accurata.
Con il caso Diciotti è caduto l’ultimo birillo: l’immunità per i parlamentari. Quello è il punto di non ritorno. Usare l’arma della “Casta” tanto disprezzata per salvare l’alleato di governo, utilizzando come scudo gli attivisti della piattaforma Rousseau è un autogoal che nemmeno il peggior detrattore avrebbe potuto immaginare. E hanno fatto tutto da soli. Perché il Movimento 5 stelle era stato finora il migliore a comunicare in modo diretto con slogan efficaci e senza compromessi logici. Negli ultimi giorni i pentastellati si sono applicati con un certo imbarazzo nell’arte sofisticata di spiegare all’opinione pubblica dei cavilli giuridici, chiarendo che il Senato non voterà l’autorizzazione a procedere contro Salvini ma deciderà se il governo ha compiuto una scelta legittima nell’interesse nazionale. Può essere l'articolo 96 della Costituzione e non la classica immunita del art, 68. Va bene ma è una sottigliezza che la comunità dei 1500 lettori informati può capire e i 52mila che hanno votato nel Blog delle Stelle giustificare. Ma oltre 10 milioni di italiani hanno votato il Movimento 5 stelle anche per come semplificava e banalizzava certi temi. E a loro arriva solo l’eco dell’eco dell’eco di ciò di cui si dibatte ogni giorno sui giornali e nei talk show. E questo è il messaggio passato finora: dopo aver gridato per anni “onestà” i grillini hanno salvato Matteo Salvini dal processo per mantenere la poltrona.

Basta con 'sti cazzo di scontri, ora c'è da far ela politica vera ha detto Beppe Grillo. Ma come? Il Movimento che ha fatto della sua verginità politica un manifesto culturale, dopo sei anni nel Parlamento da aprire come una scatola di tonno e nove mesi del governo che doveva cambiare l’Italia ha scoperto che la politica è sangue e merda? Non è mai troppo tardi. Ma senza streaming, rendicontazioni, uno vale uno, cosa rende il M5Sdiverso dagli altri?
Si vede il disagio del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e di Luigi Di Maio nello spiegare in tv perché non sono più duri e puri. Si percepisce l'imbarazzo di alcuni irriducibili grillini come Mario Giarrusso che ha mimato ai colleghi del Partito democratico il gesto delle manette dopo il voto della Giunta per le immunità del Senato. Un gesto da giustizialista della prima ora fatto però dopo un voto che più garantista non si può. Quanto potrà andare avanti questa contraddizione?
La nuova linea politica l’ha riassunta ieri il garante del Movimento, Beppe Grillo, al teatro Brancaccio di Roma, dove va in scena il suo spettacolo: “Insomnia”: «Basta con 'sti cazzo di scontrini, ora c'è da fare la politica vera». Ma come? Il Movimento che ha fatto della sua verginità politica un manifesto culturale, dopo sei anni nel Parlamento da aprire come una scatola di tonno e nove mesi nel governo che doveva cambiare l’Italia ha scoperto che la politica è sangue e merda? Non è mai troppo tardi. Ma senza streaming, rendicontazioni, uno vale uno, cosa rende il Movimento 5 stelle diverso dagli altri? «La post ideologia poteva funzionare fin quando il M5S prometteva di rispettare valori “prepolitici”: l'onestà, la trasparenza, il ricambio della classe dirigente» spiega l’esperto di comunicazione politica Dino Amenduni. «Ma questi valori sono venuti meno e il Movimento si sta appiattendo su posizioni di destra. Diventa difficile per un elettore di sinistra votare ancora per loro. Credo ci sia un lento ritorno al bipolarismo destra sinistra. Le Regionali in Abruzzo e forse quelle in Sardegna saranno la spia di questo cambiamento».
Il dubbio è che il M5S sia ormai in mezzo al guado. Brutta copia della Lega se vanno a destra e sputtanati se tornano a sinistra. Il ritorno del figliol prodigo Alessandro Di Battista, l’anima del Movimento, che avrebbe dovuto recuperare i voti della base ha peggiorato i sondaggi, già in discesa.
E dire che i 5 stelle hanno passato mesi a caricare il loro bazooka politico: il reddito di cittadinanza, e ora rischiano di sparare a salve. Perché alcuni governatori hanno annunciato il ricorso contro le assunzioni dei navigator e rischiano di rallentare l’efficacia del provvedimento. «È l’unica variabile imprevedibile che potrebbe salvare o condannare il Movimento. Bisognerà capire se sarà attuato entro maggio, quanta gente effettivamente ne beneficerà e se gli esclusi si faranno sentire più degli inclusi», spiega Amenduni. «Facciamo attenzione a dare i 5 stelle morti politicamente. Soprattutto nel Centro Sud la classe dirigente locale grillina è ancora percepita come “nuova” e ha come rendita politica il forte sentimento di malessere dell’elettorato verso chi li ha amministrati in questi anni. Lì c’è ancora un capitale di verginità politica da poter usare, soprattutto dei politici locali meno esposti» spiega Amenduni.
Cosa può fare ora il Movimento? In politica nulla è certo e il colpo di coda del M5S potrebbe essere fare la guerra alle regioni che non lasceranno attuare il Rdc, polarizzando il dibattito e chiedendo voti alle europee per poterlo realizzare. La carta del «non ci hanno lasciato lavorare» funziona bene quando non c’è alternativa. Ma con la Lega in ascesa rischia di essere un appello vuoto, un contenuto buono solo per riempire le pagine di un libro sulle analisi della sconfitta. «Se tornerà il bipolarismo, dopo le europee la via di fuga potrebbe essere coprire quel buco a sinistra con una proposta più radicale. Passare da Di Maio culturalmente di destra, a Fico non si fa in una giornata. Più o meno è come passare da Cameron a Corbyn, non si fa in una giornata», commenta Amenduni.
Il dubbio è che il M5S sia ormai in mezzo al guado. Brutta copia della Lega se vanno a destra e sputtanati se tornano a sinistra. Il ritorno del figliol prodigo Alessandro Di Battista, l’anima del Movimento che avrebbe dovuto recuperare i voti degli elettori meno filoleghisti ha peggiorato i sondaggi, già in discesa. Senza contare che Di Battista, il 29 gennaio aveva detto che il M5S avrebbe dovuto votare sì all’autorizzazione a procedere per Salvini, ma dal 13 febbraio non pubblica più post su Facebook. L'imbarazzo è palese e l'ultimo disperato tentativo potrebbe essere quello di evitare in tutti i modi di aprire il cantiere della Tav, l'ultimo simbolo della purezza degli ideali grillini. L'ironia della sorte è che la Tav rappresenta il tema forte del partito più in ascesa di tutti: la Lega. E il suo leader Matteo Salvini non ha processi che potranno fermarlo, grazie al M5S.
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COLLE APERTO: UN BEL VEDERE DE CHE?


Certo è che agli assessori della giunta Gori non manca la fantasia perché definire Colle Aperto come il-un “belvedere” sulla Valverde, ce ne vuole di coraggio oltre che scarsa conoscenza della geografia e del buonsenso. E' una presa in giro dei pochi abitanti di città alta e della massiccia dose di turismo mordi e fuggi che mettono città alta come passatempo tra un volo ed un altro via Caravaggio. Cosa ci sia da “bel vedere”  affacciandosi sulla Valverde da Colle Aperto –sul fondo c'è la merda del seminario che scorre a mezz'aria- resta un mistero per le persone normali. Il recente rifacimento (inutile) del muro di sostegno a valle, peraltro eseguito abbastanza così così, ha dato occasione alla giunta Gori di levare del tutto le panchine per consentire appunto ai turisti mordi e fuggi di affacciarsi al … belvedere. Alla giunta Gori –per Città Alta dove comanda il capogruppo della sua lista nonchè re dei ristoratori Amaddeo- di sicuro stanno sul gozzo le panchine perché i turisti DEBBONO sedersi ai tavolini e farsi saccheggiare dai loro gestori. Basta con tutto questo popolo affamato che si sfama di pizzette on the road: siamo una Città con le Mura Patrimonio dell'Unesco perdio!.
Dal “belvedere” di Colle Aperto i turisti possono osservare due asini, la merda del seminario (comunque benedetta) ed un paesaggio che dove pare sia passata una guerra. C'è anche Palazzo Roncalli e casa Parenzan ma chissà chi si ricorda di questo “sgradito cardiologo” per i democristiani bergamaschi.
Proprio per accentuare e favorire la monocoltura spoliatrice dell'industria turistica mordi e fuggi, anche le recenti ridestinazioni del Chiostro del Carmine e delle ex Carceri seguono quella filosofia. Il chiostro sarà sede di un teatro e naturalmente teatro significa afflusso di spettatori quindi di turisti che prima dello spettacolo si faranno un aperitivo e dopo una cena. Più o meno lo stesso discorso per le Carceri, affidate a quella cooperativa nota urbi et orbi  come ristorante di basso costo maturato e guadagnato fin dal lontano sessantotto. Il tutto -Chiostro e Carceri- con qualche annesso “sociale” per  quei pochissimi abitanti di città alta che se ricchi se ne fregano di città alta e se poveri non hanno i soldi (per pagarsi un taxi) nemmeno per andare a fare la spesa strettamente necessaria se non sopravvivenziale.
Un buongoverno della città avrebbe previsto non un ampliamento a dismisura di servizi turistici –perché il teatro e l'ampliamento del circolino sono appunto del genere- ma un forte incremento della popolazione residente e – negli spazi pubblici abbandonati come il chiostro e le ex carceri – un pensionato per studenti e degli alloggi in affitto concordato per gli ex residenti costretti ad andarsene per i prezzi esosi chiesti.
DOVE TOCCA, INSOZZA


Presto a tardi doveva accadere che il custode delLa Latrina di Nusquamia (stavolta vi risparmio il resto del ritornello…) puciasse il suo dito sporco di cacca anche sul mangiare e dove  se non … nell'olio d'oliva? Naturalmente lo fa dando chiamando in mezzo qualcun altro –un certo Ugo Cornia, scrittore su un foglio clandestino-  per rafforzare le sue cazzate:”Invito il lettore a leggere l'articolo, apparso sul Foglio ieri 19 febbraio il quale — penso — costituisca un'illustrazione efficace del punto di vista di Nusquamia, da sempre mordace nei confronti del politicamente corretto e da sempre contro il business dell'impos tura enogastronomica (con annesse marchette giornalistiche)”.
Conclude il Cornia (e condivide il custode delLa Latrina di Nusquamia) rivolgendosi ad una sua amica:  Se non li senti (i profumi degli olivi di tutto il Mediterraneo: lo precisiamo noi) è perché sei diventata una sovranista olearia (sarebbe la sua ospite). Che volevo un po' ferirla questa mia amica, che è anche tutta di si­nistra. E infatti gliel'ho ridetto che era una sovranista olearia e che se i greci e i romani fossero stati sovranisti oleari come lei non sarebbero andati in giro per tutto il Mediterraneo a piantare olivi e riti. E l'impero Romano non ci sarebbe mai stato. E dopo niente pesche, cioè persiche, cioè della Persia. Però le cotolette e il gnocco fritto mi piacciono di più (fritti nello strutto: perciò mi fa anche piacere che dopo siano arrivati i longobardi con tutti i loro maiali).
Una serie di cazzate a raffica. Sono nati prima i Romani e questi hanno disseminato l'olivo per il Mediterraneo oppure l'olivo c'era già e qualcuno traeva l'olio dalle olive prima che Romolo e Remo ciucciassero le tette della lupa? ecc. ecc. E quando i Romani cominciarono a far crescere la loro infame stirpe, c'erano già i porci e quindi il grasso di porcello e quindi cuocevano la farina impastata –lievitata di lievito diventato nel frattempo “madre” per mancanza di igiene nel recipiente- in cotanta ricchezza?  Gli olivi e i porcelli  erano presenti (anche) nell'areale del Mediterraneo prima di Romolo e Remo ed  avevano sicuramente carni migliori delle porche longobarde cibate di erba e ossa. Addirittura siamo convinti che l'erba ci fosse prima dell'uomo. Guarda te.
Uno dei “problemi” che i geografi si sono posti per molti secoli fu quello di stabilire i confine dell'areale mediterraneo ed alla fine, qualche decennio or sono stabilirono che il confine arrivasse fin dove si coltiva l'olivo. Il quale olivo nell'areale mediterraneo  dava si origine all'olio ma  poi si poneva anche il problema della sua conservazione (pare che la zona fosse assai calduccia) visto che irrancidiva abbastanza velocemente e quindi… diventava immangiabile.

Ecco quindi i primi tre comandamenti by custode delLa Latrina di Nusquamia: (1) l'uomo laico e razionale ha come punto d'onore il non farsi far fesso dagl'impostori . Non è vero: in materia alimentare tocca allo Stato garantire il consumatore. (2) Se un olio d'oliva è buono o no, te lo dirà un'analisi di laboratorio affidabile. Come  una troia vergine.  (3)  in mancanza del laboratorio, il tuo gusto (non dimentichiamo che l'organo del gusto è una macchina analitica quasi perfetta, soprattutto se addestrata o comunque educata. Non era mica “contro” i mongomanager?
Purtroppo accade che p.e. l'olio della tradizionale oliva Cellina di Nardò contiene in media 350 mg/kg di polifenoli, mentre l'olio delle olive dell' Arbequina che varia dai 123 ai 187 mg/kg. Ragion per cui l'olio della prima dovrebbe valere quasi tre volte più delle seconde da cultivar industriali.  E si potrebbe usare con maggiore parsimonia rispetto alle seconde. Vai a trovare una bottiglia di olio da Cellina!. Del tutto casualmente si può aggiungere che l'Arbequina  è una varietà di olive creata e brevettata dalla multinazionale spagnola  Agromillora oggi di proprietà del fondo speculativo INVESTCORP del Bahrain. Poi si può anche dire che mentre la cellina cresce su piante irrigate dalla sole precipitazioni naturali (quindi non ha bisogno di irrigazione) e campa finchè vuole il buondio, l'arbequina produce molto olio di più, ma è un albero che va comprato, che va cambiato ogni tre lustri (altrimenti cresce troppo), che va irrigato e per raccoglierne le olive occorre una vendemmiatrice meccanica. Si comprende come  l'infestazione di xilella sia vista dagli oliviticultori italiani come una “manina dannata” che li costringe a sostituire gli oliveti tradizionali d'oggi con piantagioni industriali e riportare anche questo settore nelle mani delle multinazionali che controllano l'intera filiera dal seme al consumatore.
Poi al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di assicurare la corretta informazione dei consumatori- dicunt che-  in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura «Italia» o «italiano», o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg.
Ecco come e perché comprare un litro d'olio italiano (magari da olive cellina) piuttosto che un olio spagnolo da 4 euro al litro –prezzo giustificato dal sistema di produzione impostato in Spagna, Turchia, Stati Uniti, Cile, Brasile, Argentina,  Marocco, Tunisia e in Australia- non è la stessa cosa e nemmeno una figata sovranista o politicamente corretto.