ILMOVIMENTO CINQUE STELLE VERSO IL DISFACIMENTO
Tutti i totem sono caduti: ormai il Movimento 5 Stelle non esiste più
Con il no all’autorizzazione a procedere per Salvini, il M5S ha perso
definitivamente la sua verginità politica. Dallo streaming agli F35
sono caduti tutti i totem politici che hanno reso il Movimento diverso
dagli altri partiti. E il reddito di cittadinanza rischia di partire
tardi e male
Il Movimento 5 stelle è appeso al Tav per evitare il suicidio politico.
Il no all’alta velocità Torino Lione e il vincolo del doppio mandato (a
rischio) sono gli ultimi due totem politici ancora intatti del
Movimento. Su questi due temi Luigi Di Maio si giocherà il suo futuro.
Perché il reddito di cittadinanza su cui i pentastellati hanno puntato
tutte le loro fiches politiche rischia di partire tardi e male. E senza
verginità politica, il Movimento è un partito come tutti gli altri.
Dopo nove mesi di governo, il vero cambiamento sembra solo quello dei
principi. Perché finora il M5S ha derogato a tutte le regole che si era
autoimposto. Dalla diretta streaming per rendere trasparenti le
decisioni politiche al divieto di alleanze con gli altri partiti, dalla
restituzione di una parte dello stipendio dei parlamentari a «Fuori i
partiti dalla Rai». Così come l’esame di diritto costituzionale per
tutte le cariche elettive, il no all’acquisto degli F35 o la rotazione
dei capigruppo in Parlamento. Il M5S si è rimangiato tutto. Queste e
altre deroghe le ha riassunte bene il sindaco di Parma, Federico
Pizzarotti, in un lungo post su Facebook. Solo un ex attivista e amante
ferito avrebbe potuto redigere una lista così accurata.
Con il caso Diciotti è caduto l’ultimo birillo: l’immunità per i
parlamentari. Quello è il punto di non ritorno. Usare l’arma della
“Casta” tanto disprezzata per salvare l’alleato di governo, utilizzando
come scudo gli attivisti della piattaforma Rousseau è un autogoal che
nemmeno il peggior detrattore avrebbe potuto immaginare. E hanno fatto
tutto da soli. Perché il Movimento 5 stelle era stato finora il
migliore a comunicare in modo diretto con slogan efficaci e senza
compromessi logici. Negli ultimi giorni i pentastellati si sono
applicati con un certo imbarazzo nell’arte sofisticata di spiegare
all’opinione pubblica dei cavilli giuridici, chiarendo che il Senato
non voterà l’autorizzazione a procedere contro Salvini ma deciderà se
il governo ha compiuto una scelta legittima nell’interesse nazionale.
Può essere l'articolo 96 della Costituzione e non la classica immunita
del art, 68. Va bene ma è una sottigliezza che la comunità dei 1500
lettori informati può capire e i 52mila che hanno votato nel Blog delle
Stelle giustificare. Ma oltre 10 milioni di italiani hanno votato il
Movimento 5 stelle anche per come semplificava e banalizzava certi
temi. E a loro arriva solo l’eco dell’eco dell’eco di ciò di cui si
dibatte ogni giorno sui giornali e nei talk show. E questo è il
messaggio passato finora: dopo aver gridato per anni “onestà” i
grillini hanno salvato Matteo Salvini dal processo per mantenere la
poltrona.
Basta con 'sti cazzo di scontri, ora c'è da far ela politica vera ha
detto Beppe Grillo. Ma come? Il Movimento che ha fatto della sua
verginità politica un manifesto culturale, dopo sei anni nel Parlamento
da aprire come una scatola di tonno e nove mesi del governo che doveva
cambiare l’Italia ha scoperto che la politica è sangue e merda? Non è
mai troppo tardi. Ma senza streaming, rendicontazioni, uno vale uno,
cosa rende il M5Sdiverso dagli altri?
Si vede il disagio del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e di
Luigi Di Maio nello spiegare in tv perché non sono più duri e puri. Si
percepisce l'imbarazzo di alcuni irriducibili grillini come Mario
Giarrusso che ha mimato ai colleghi del Partito democratico il gesto
delle manette dopo il voto della Giunta per le immunità del Senato. Un
gesto da giustizialista della prima ora fatto però dopo un voto che più
garantista non si può. Quanto potrà andare avanti questa contraddizione?
La nuova linea politica l’ha riassunta ieri il garante del Movimento,
Beppe Grillo, al teatro Brancaccio di Roma, dove va in scena il suo
spettacolo: “Insomnia”: «Basta con 'sti cazzo di scontrini, ora c'è da
fare la politica vera». Ma come? Il Movimento che ha fatto della sua
verginità politica un manifesto culturale, dopo sei anni nel Parlamento
da aprire come una scatola di tonno e nove mesi nel governo che doveva
cambiare l’Italia ha scoperto che la politica è sangue e merda? Non è
mai troppo tardi. Ma senza streaming, rendicontazioni, uno vale uno,
cosa rende il Movimento 5 stelle diverso dagli altri? «La post
ideologia poteva funzionare fin quando il M5S prometteva di rispettare
valori “prepolitici”: l'onestà, la trasparenza, il ricambio della
classe dirigente» spiega l’esperto di comunicazione politica Dino
Amenduni. «Ma questi valori sono venuti meno e il Movimento si sta
appiattendo su posizioni di destra. Diventa difficile per un elettore
di sinistra votare ancora per loro. Credo ci sia un lento ritorno al
bipolarismo destra sinistra. Le Regionali in Abruzzo e forse quelle in
Sardegna saranno la spia di questo cambiamento».
Il dubbio è che il M5S sia ormai in mezzo al guado. Brutta copia della
Lega se vanno a destra e sputtanati se tornano a sinistra. Il ritorno
del figliol prodigo Alessandro Di Battista, l’anima del Movimento, che
avrebbe dovuto recuperare i voti della base ha peggiorato i sondaggi,
già in discesa.
E dire che i 5 stelle hanno passato mesi a caricare il loro bazooka
politico: il reddito di cittadinanza, e ora rischiano di sparare a
salve. Perché alcuni governatori hanno annunciato il ricorso contro le
assunzioni dei navigator e rischiano di rallentare l’efficacia del
provvedimento. «È l’unica variabile imprevedibile che potrebbe salvare
o condannare il Movimento. Bisognerà capire se sarà attuato entro
maggio, quanta gente effettivamente ne beneficerà e se gli esclusi si
faranno sentire più degli inclusi», spiega Amenduni. «Facciamo
attenzione a dare i 5 stelle morti politicamente. Soprattutto nel
Centro Sud la classe dirigente locale grillina è ancora percepita come
“nuova” e ha come rendita politica il forte sentimento di malessere
dell’elettorato verso chi li ha amministrati in questi anni. Lì c’è
ancora un capitale di verginità politica da poter usare, soprattutto
dei politici locali meno esposti» spiega Amenduni.
Cosa può fare ora il Movimento? In politica nulla è certo e il colpo di
coda del M5S potrebbe essere fare la guerra alle regioni che non
lasceranno attuare il Rdc, polarizzando il dibattito e chiedendo voti
alle europee per poterlo realizzare. La carta del «non ci hanno
lasciato lavorare» funziona bene quando non c’è alternativa. Ma con la
Lega in ascesa rischia di essere un appello vuoto, un contenuto buono
solo per riempire le pagine di un libro sulle analisi della sconfitta.
«Se tornerà il bipolarismo, dopo le europee la via di fuga potrebbe
essere coprire quel buco a sinistra con una proposta più radicale.
Passare da Di Maio culturalmente di destra, a Fico non si fa in una
giornata. Più o meno è come passare da Cameron a Corbyn, non si fa in
una giornata», commenta Amenduni.
Il dubbio è che il M5S sia ormai in mezzo al guado. Brutta copia della
Lega se vanno a destra e sputtanati se tornano a sinistra. Il ritorno
del figliol prodigo Alessandro Di Battista, l’anima del Movimento che
avrebbe dovuto recuperare i voti degli elettori meno filoleghisti ha
peggiorato i sondaggi, già in discesa. Senza contare che Di Battista,
il 29 gennaio aveva detto che il M5S avrebbe dovuto votare sì
all’autorizzazione a procedere per Salvini, ma dal 13 febbraio non
pubblica più post su Facebook. L'imbarazzo è palese e l'ultimo
disperato tentativo potrebbe essere quello di evitare in tutti i modi
di aprire il cantiere della Tav, l'ultimo simbolo della purezza degli
ideali grillini. L'ironia della sorte è che la Tav rappresenta il tema
forte del partito più in ascesa di tutti: la Lega. E il suo leader
Matteo Salvini non ha processi che potranno fermarlo, grazie al M5S.
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COLLE APERTO: UN BEL VEDERE DE CHE?
Certo è che agli assessori della giunta Gori non manca la fantasia
perché definire Colle Aperto come il-un “belvedere” sulla Valverde, ce
ne vuole di coraggio oltre che scarsa conoscenza della geografia e del
buonsenso. E' una presa in giro dei pochi abitanti di città alta e
della massiccia dose di turismo mordi e fuggi che mettono città alta
come passatempo tra un volo ed un altro via Caravaggio. Cosa ci sia da
“bel vedere” affacciandosi sulla Valverde da Colle Aperto –sul
fondo c'è la merda del seminario che scorre a mezz'aria- resta un
mistero per le persone normali. Il recente rifacimento (inutile) del
muro di sostegno a valle, peraltro eseguito abbastanza così così, ha
dato occasione alla giunta Gori di levare del tutto le panchine per
consentire appunto ai turisti mordi e fuggi di affacciarsi al …
belvedere. Alla giunta Gori –per Città Alta dove comanda il capogruppo
della sua lista nonchè re dei ristoratori Amaddeo- di sicuro stanno sul
gozzo le panchine perché i turisti DEBBONO sedersi ai tavolini e farsi
saccheggiare dai loro gestori. Basta con tutto questo popolo affamato
che si sfama di pizzette on the road: siamo una Città con le Mura
Patrimonio dell'Unesco perdio!.
Dal “belvedere” di Colle Aperto i turisti possono osservare due asini,
la merda del seminario (comunque benedetta) ed un paesaggio che dove
pare sia passata una guerra. C'è anche Palazzo Roncalli e casa Parenzan
ma chissà chi si ricorda di questo “sgradito cardiologo” per i
democristiani bergamaschi.
Proprio per accentuare e favorire la monocoltura spoliatrice
dell'industria turistica mordi e fuggi, anche le recenti ridestinazioni
del Chiostro del Carmine e delle ex Carceri seguono quella filosofia.
Il chiostro sarà sede di un teatro e naturalmente teatro significa
afflusso di spettatori quindi di turisti che prima dello spettacolo si
faranno un aperitivo e dopo una cena. Più o meno lo stesso discorso per
le Carceri, affidate a quella cooperativa nota urbi et orbi come
ristorante di basso costo maturato e guadagnato fin dal lontano
sessantotto. Il tutto -Chiostro e Carceri- con qualche annesso
“sociale” per quei pochissimi abitanti di città alta che se
ricchi se ne fregano di città alta e se poveri non hanno i soldi (per
pagarsi un taxi) nemmeno per andare a fare la spesa strettamente
necessaria se non sopravvivenziale.
Un buongoverno della città avrebbe previsto non un ampliamento a
dismisura di servizi turistici –perché il teatro e l'ampliamento del
circolino sono appunto del genere- ma un forte incremento della
popolazione residente e – negli spazi pubblici abbandonati come il
chiostro e le ex carceri – un pensionato per studenti e degli alloggi
in affitto concordato per gli ex residenti costretti ad andarsene per i
prezzi esosi chiesti.
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DOVE TOCCA, INSOZZA
Presto a tardi doveva accadere che il custode delLa Latrina di
Nusquamia (stavolta vi risparmio il resto del ritornello…) puciasse il
suo dito sporco di cacca anche sul mangiare e dove se non …
nell'olio d'oliva? Naturalmente lo fa dando chiamando in mezzo qualcun
altro –un certo Ugo Cornia, scrittore su un foglio clandestino-
per rafforzare le sue cazzate:”Invito il lettore a leggere l'articolo,
apparso sul Foglio ieri 19 febbraio il quale — penso — costituisca
un'illustrazione efficace del punto di vista di Nusquamia, da sempre
mordace nei confronti del politicamente corretto e da sempre contro il
business dell'impos tura enogastronomica (con annesse marchette
giornalistiche)”.
Conclude il Cornia (e condivide il custode delLa Latrina di Nusquamia)
rivolgendosi ad una sua amica: Se non li senti (i profumi degli
olivi di tutto il Mediterraneo: lo precisiamo noi) è perché sei
diventata una sovranista olearia (sarebbe la sua ospite). Che volevo un
po' ferirla questa mia amica, che è anche tutta di sinistra. E infatti
gliel'ho ridetto che era una sovranista olearia e che se i greci e i
romani fossero stati sovranisti oleari come lei non sarebbero andati in
giro per tutto il Mediterraneo a piantare olivi e riti. E l'impero
Romano non ci sarebbe mai stato. E dopo niente pesche, cioè persiche,
cioè della Persia. Però le cotolette e il gnocco fritto mi piacciono di
più (fritti nello strutto: perciò mi fa anche piacere che dopo siano
arrivati i longobardi con tutti i loro maiali).
Una serie di cazzate a raffica. Sono nati prima i Romani e questi hanno
disseminato l'olivo per il Mediterraneo oppure l'olivo c'era già e
qualcuno traeva l'olio dalle olive prima che Romolo e Remo ciucciassero
le tette della lupa? ecc. ecc. E quando i Romani cominciarono a far
crescere la loro infame stirpe, c'erano già i porci e quindi il grasso
di porcello e quindi cuocevano la farina impastata –lievitata di
lievito diventato nel frattempo “madre” per mancanza di igiene nel
recipiente- in cotanta ricchezza? Gli olivi e i porcelli
erano presenti (anche) nell'areale del Mediterraneo prima di Romolo e
Remo ed avevano sicuramente carni migliori delle porche
longobarde cibate di erba e ossa. Addirittura siamo convinti che l'erba
ci fosse prima dell'uomo. Guarda te.
Uno dei “problemi” che i geografi si sono posti per molti secoli fu
quello di stabilire i confine dell'areale mediterraneo ed alla fine,
qualche decennio or sono stabilirono che il confine arrivasse fin dove
si coltiva l'olivo. Il quale olivo nell'areale mediterraneo dava
si origine all'olio ma poi si poneva anche il problema della sua
conservazione (pare che la zona fosse assai calduccia) visto che
irrancidiva abbastanza velocemente e quindi… diventava immangiabile.
Ecco quindi i primi tre comandamenti by custode delLa Latrina di
Nusquamia: (1) l'uomo laico e razionale ha come punto d'onore il non
farsi far fesso dagl'impostori . Non è vero: in materia alimentare
tocca allo Stato garantire il consumatore. (2) Se un olio d'oliva è
buono o no, te lo dirà un'analisi di laboratorio affidabile. Come
una troia vergine. (3) in mancanza del laboratorio, il tuo
gusto (non dimentichiamo che l'organo del gusto è una macchina
analitica quasi perfetta, soprattutto se addestrata o comunque educata.
Non era mica “contro” i mongomanager?
Purtroppo accade che p.e. l'olio della tradizionale oliva Cellina di
Nardò contiene in media 350 mg/kg di polifenoli, mentre l'olio delle
olive dell' Arbequina che varia dai 123 ai 187 mg/kg. Ragion per cui
l'olio della prima dovrebbe valere quasi tre volte più delle seconde da
cultivar industriali. E si potrebbe usare con maggiore parsimonia
rispetto alle seconde. Vai a trovare una bottiglia di olio da Cellina!.
Del tutto casualmente si può aggiungere che l'Arbequina è una
varietà di olive creata e brevettata dalla multinazionale
spagnola Agromillora oggi di proprietà del fondo speculativo
INVESTCORP del Bahrain. Poi si può anche dire che mentre la cellina
cresce su piante irrigate dalla sole precipitazioni naturali (quindi
non ha bisogno di irrigazione) e campa finchè vuole il buondio,
l'arbequina produce molto olio di più, ma è un albero che va comprato,
che va cambiato ogni tre lustri (altrimenti cresce troppo), che va
irrigato e per raccoglierne le olive occorre una vendemmiatrice
meccanica. Si comprende come l'infestazione di xilella sia vista
dagli oliviticultori italiani come una “manina dannata” che li
costringe a sostituire gli oliveti tradizionali d'oggi con piantagioni
industriali e riportare anche questo settore nelle mani delle
multinazionali che controllano l'intera filiera dal seme al consumatore.
Poi al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di
assicurare la corretta informazione dei consumatori- dicunt che-
in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati
con la dicitura «Italia» o «italiano», o che comunque evocano
un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria
dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi
grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg.
Ecco come e perché comprare un litro d'olio italiano (magari da olive
cellina) piuttosto che un olio spagnolo da 4 euro al litro –prezzo
giustificato dal sistema di produzione impostato in Spagna, Turchia,
Stati Uniti, Cile, Brasile, Argentina, Marocco, Tunisia e in
Australia- non è la stessa cosa e nemmeno una figata sovranista o
politicamente corretto.
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