A OGNI EUROPA IL SUO INSULTO
Leghisti e grillini sono indignati perché il presidente dei liberali
europei, Guy Verhofstadt, ha definito il premier Conte «un burattino
mosso da Di Maio e Salvini». E si capisce che quelle parole li abbiano
feriti, considerando la loro rigorosa moderazione lessicale e il loro
assoluto rispetto delle istituzioni, italiane o straniere poco importa.
Certo mai uno di loro si sarebbe permesso di definire burattino ("
persona priva di carattere e di personalità, inaffidabile o manovrato
da altri", spiega il dizionario) un premier di un altro Paese. Uno
italiano magari sì, e infatti quando era ancora europarlamentare Matteo
Salvini twittò che il presidente del Consiglio Matteo Renzi era " un
burattino nella mani di Merkel", e poi che il suo successore Gentiloni
era "un burattino di Soros".
Ma è naturale che parlando di avversari e concorrenti di casa nostra i
politici italiani usino un linguaggio diverso, cambiando repertorio, da
quello che riservano ai governanti stranieri. Guardandosi bene
dall'usare qualsiasi aggettivo irrispettoso, per esempio, il nostro
sottosegretario agli Esteri — il grillino Manlio Di Stefano — ha detto
qualche giorno fa che Emmanuel Macron « ha la sindrome da pene piccolo
» , e le sue misurate parole rivelano che i cinquestelle stanno
studiando da tempo, e con interesse, la personalità del presidente
francese. Il primo è stato proprio Beppe Grillo, che garbatamente
riferendosi alla differenza di età tra lui e la moglie Brigitte ha
commentato su Facebook le voci di un esaurimento nervoso di monsieur le
president: "Il vibratore della collezione più vecchia della maestra ha
le pile scariche".
Cercate in queste parole un aggettivo insultante: non lo troverete.
Perché come tutti sanno lui odia la volgarità, gli insulti e le offese
personali. E infatti, dopo aver scelto come motto fondativo del suo
movimento "Vaffanculo", da intendersi — attenzione — come un
rivoluzionario slogan dalla potenza liberatoria e non come il più
diffuso e volgare improperio, Grillo ha sempre usato il massimo
rispetto verso chi ricopriva una carica istituzionale. Lui, per dire,
si rivolgeva con deferenza al presidente Napolitano ( « la salma » ) e
con signorilità al premier Renzi («figlio di troika»), elogiava il
Parlamento come « una schiera di servi » , anzi « una tomba
maleodorante», e ossequiosamente definiva la Corte Costituzionale «il
gerontocomio».
Alla stessa regola — rispetto e moderazione — si è del resto attenuto
anche Salvini, anche e soprattutto da quando è vicepremier e ministro
dell'Interno. Se deve dichiarare, per esempio, che lui non ha in
programma un colloquio con il presidente della Commissione europea,
Jean-Claude Juncker, lui dice «parlo solo con le persone sobrie » . E
se qualcuno gli chiede cosa intenda, risponde con riguardosa
precisione: « Cercate su Google " Juncker barcollante" e troverete
immagini impressionanti» (indimenticabile fu l'omaggio che gli rivolse
alla fine di un discorso a Strasburgo: « Buon grappino, presidente
Juncker!»).
Per coltivare — come i grillini — i buoni rapporti con la Francia,
Salvini ha annunciato la sua solidarietà «al popolo francese che ha un
pessimo governo e un pessimo presidente della Repubblica » , e ha
parlato di Macron come di « un signorino educato che eccede in
champagne » , « un ipocrita chiacchierone » . È chiaro che né a lui né
ai suoi alleati, sempre così attenti all'etichetta, poteva risultare
accettabile il discorso di Verhofstadt.
Ed è ancora più comprensibile l'ira di Conte, sentendosi ripetere
all'estero — e in perfetto italiano, a lui che parla un inglese comico
— quello che qui pensiamo tutti, e cioè che lui sia il vice dei suoi
vice, un quasi- premier che non ha il potere di decidere nulla. Un
burattino, col dovuto rispetto.
Sebastiano Messina
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DA CHE RAZZA DI PROFESSORI VANNO A SCUOLA I FUTURI DIRIGENTI DEL PAESE?
Come leggete in testata, oggi due quotidiani nazionali (ma forse
anche qualcun altro che non abbiamo cercato) pubblicano una
specie di intervista «teleguidata» al presidente del consiglio Conte
dopo la figuraccia ramazzata dallo stesso per il suo intervento al
Parlamento Europeo. Non bastava la figuraccia di Conte adesso c’è
quella di Massimo Franco sul Corriere e di Claudio Tito su
Repubblica. Non sono esattamente interviste in ginocchio, ma sono due
pessimi scritti.
L’avvocato del popolo nativo da un segretario comunale di Volturara
Appula conseguita nel 2000 l'idoneità a professore associato di diritto
privato e nel 2002 a professore ordinario, ha insegnato presso la
Libera Università Maria Santissima Assunta, l'Università Roma Tre e
l'Università di Sassari. È professore ordinario di diritto privato
presso l'Università di Firenze e presso l'Università LUISS Guido Carli
di Roma. Adesso è presidente del consiglio (non eletto) su indicazione
dei pentastellati e ministro ad interim per gli affari europei.
Di questi tempi c’è un altro professore universitario che lo stanno
arrostendo sulla graticola. E’ Marco Ponti professore ordinario di
Economia applicata al Politecnico di Milano
Classe del ’41, ha una laurea in architettura al Politecnico di Milano,
ha studiato un pò negli Stati Uniti, ha fatto molti mestieri nel campo
ed attualmente è un insegnante pensionato del Research Centre on
Transport Policy del Politecnico milanese. C’é un Dossier del Partito
Democratico che svela i legami fra i 5 Esperti dell’Analisi Costi
Benefici sul TAV Torino-Lione nominati da Toni-Nelli : “Sono tutti
Notav e pro trasporto su TIR legati fra loro e alla società TRT di
Marco Ponti e in leggero odore di conflitto di interessi”.Gli altri 4
esperti Paolo Beria, Riccardo Parolin, Alfredo Drufuca, Francesco
Ramella Pezza, nominati per occuparsi delle Analisi Costi Benefici,
provengono dallo stretto entourage accademico/professionale di Marco
Ponti, cui tutti sono legati da più che decennale stretta relazione.
Tutti i 4 esperti "milanesi" sono connessi attraverso rapporti
consolidati di lavoro e collaborazione ad una società privata milanese,
la TRT - Trasporti e Territorio srl, fondata e presieduta dallo stesso
Marco Ponti e dal socio pari quota (al 18,43%) e cofondatore Roberto
Parolin. Esiste quindi un "Arcipelago Ponti", costruito intorno ad una
società privata (TRT) che ha avuto, con la complicità di Toni-Nelli il
controllo pressoché totale (5 membri su 6) della Struttura Tecnica di
Missione del MIT per il TAV, la sede dove saranno istruite e valutate
le politiche infrastrutturali nazionali.
Un gruppo di persone, collegato ad una società privata, risulterebbe
così in grado di condizionare la politica nazionale dei trasporti.
Un "conflitto di interesse"che deve essere certamente denunciato ed indagato a fondo.
Fatto questo quadro di due docenti universitari che in questo momento
hanno in mano parecchio delle sorti dell’Italia, il cittadino normale
si domanda: i miei figli da chi imparano una professione? da gente del
genere?.
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PICCOLI SOVRANISTI CRESCONO
Il sovranismo nazionale «tuitta e fessbucca» a raffica scavalcando la
feccia della stampa asservita alla kasta ed ai vecchi padroni del
vapore. Per risolvere al meglio il problema, occupano la RAI coi loro
lacchè che si sommano alle banderuole –assunti proprio in quanto tali-
che cambiano orientamento ad ogni cambio di maggioranza di
governo. I cattivi esempi in ambito nazionale vengono presto
copiati in ambito regionale provinciale e comunale. E poi (o
prima) giù giù fino alle latrine con 25 lettori.
Ci sono gli attori principali -i DiMaio i Dibba i Salvini- e ci
sono quelli della cucina nostrana. Anche d’importazione dal milanese al
bergamasco. Il custode delLa Latrina di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga,
abduano di origini sardAgnole, uno che ha fatto il classico dai preti
dove già ci stette l'Antonio Gramsci, uno che non disdegna di insegnare
a dir messa al Papa oppure alla Crusca a fare il proprio
mestiere, ha pitturato delle virgole di merda sulle pareti della
sua latrina, dandoci dentro di buona lena per menarci. E' scattata
immediatamente la reazione della sua spalla, tale Algido ma conclude il
custode delLa Latrina: in effetti, non è (noi:ndr) propriamente un
simpaticone. (...)
Quelle del custode delLa Latrina di Nusquamia sono allo stesso tempo
una intimidazione ed una sfida. Sfida perché il custode delLa Latrina
di Nusquamia spera che lo denunci per triturami come ha fatto con
Pedretti. Si metta via la voglia. E' un'intimidazione perché non
da alcuna indicazione di quel che denuncia. Qui Pedretti c’entra un
fico secco: è il custode delLa Latrina di Nusquamia assieme ad Algido
che hanno scritto puttanate. Ricorda la storia del lupo e dell'agnello.
Il paese é piccolo e la gente racconta: non c’è bisogno di correre per
verificare se quel che senti dai cittadini siano palle. basta aspettare
pazienti con occhi e orecchie aperte che presto viene la conferma del
vero e del falso.
La questione è -così come la sindaca e le sue madamine hanno
deciso di scendere in piazza del mercato per catechizzare direttamente
i pensionati senza intermediari (perfino i bollettini comunali paiono
encicliche dei padroni del comune) , anche il custode delLa Latrina di
Nusquamia adotta lo stesso metodo, solo che non fidandosi troppo
nell’andare in mezzo alla gggente (ti possono anche scazzottare....)
lui scrive sul blog.
Così come alla sindaca non puoi permetterti di fare domande scomode,
pure il custode delLa Latrina di Nusquamia le rifiuta. L’imprinting
autoritario di silenziare chi racconta le cose scomode è lo stesso.
Esattamente come Salvini, come DiMaio e via via giù per le ripe fino al
custode delLa Latrina di Nusquamia è gente che pretendono di
avere ragione senza mai spiegare il perché. Loro pretendono di dire e
non permettono a terzi di interloquire. Quello del custode delLa
Latrina di Nusquamia è –si parva licet (copia&incolla)- una
imitazione campanilistica dei “grandi”: presuntuosi ed arroganti.
Intimidatori professionali.
Preso atto che non può dimostrare ai lettori le puttanate che ha
scritto, sperimenta la sua fuga dal campo col pallone. Conclude:
l'astuzia contadina! Ma Bertoldo, il villano «accorto e sagace» della
storia di Giulio Cesare della Croce (qui ha avuto in piccolo orgasmo da
citazione. ndr...), lui sì, era astuto, ed era anche simpatico.
L'astuzia del gatto padano è greve e nemmeno tanto astuta; quanto a
simpatia, beh, sfido chiunque a trovare un tratto di piacevolezza in
questa vecchia malalingua.
Le brucia la coda?
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