Di cosa parliamo in questa pagina.
Una lunga riflessione sui problemi che si stanno addossando i nostri governanti.
Settimana nera per il nostro ministro dell'interno e il suo collega
dell'economia e lavoro. Al primo dev'essere costato un sacco di
lavanderie visto quante divise s'è cambiato. Non saprei da che parte
iniziare a raccontare i dolenti e drammatici casini in cui versano i
nostri due vicepresidenti del consiglio e quella figura col nasino
all'insù che fa il PdC.
Il politicamente corretto prevede sui giornaloni che (1) l'elettore
abbia sempre ragione e (2) che gli italiani non sono ne fascisti ne
razzisti. Temiamo che i giornalisti siano in conflitto di interessi a
parlare chiaro perché se il governo fascio-razzista SalviMaio ha il 60%
dei consensi quel che sta accadendo nello Ionio (adesso) o al Cara di
Castelnuovo di Porto ed in altri centri simili c'è una bella dose di
razzismo e di fascismo.
Proprio nella settimana del 27 gennaio.
Così ci si può giovare dei pochi cittadini che decidono di ospitare gli
immigrati cacciatI fuori dai lager amministrativi, così alimentano la
leggenda degli italiani brava gente, nipoti dei fascisti di Sant'Anna
di Stazzema, dei delatori della concorrenza sleale nel ghetto di Roma,
dei togati del Manifesto della razza, dei troppi che sapevano e
tacevano, che sapevano e se ne approfittavano, che sapevano e non
sapevano fare altro che subire, che sapevano come sanno oggi quelli
pensano che sono troppi, che ritengono che se scappano da dove non c'è
la guerra là possono tornare, che suppongono che tra i molti disperati
siano troppi quelli che arrivano per delinquere, che si convincono che
la soluzione sia qui e consista nell'elemosina e non là con la
restituzione del maltolto, con il ripudio dei tiranni nutriti, corrotti
e blanditi, e non in alto contro chi ha mosso e muove guerre armate e
economiche di sfruttamento.
I giornalisti debbono accettare che esistono molti italiani che
seguono o compiono scelte fasciste e razziste. Anche un baciamano è
fascista benché il fascio all'origine lo abolì per decreto.(...)
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SETTIMANA NERA PER SALVINIE DIMAIO
MAGLI ITALIANI NON SONO RAZZISTI
Settimana nera per il nostro ministro dell'interno e il suo collega
dell'economia e lavoro. Al primo dev'essere costato un sacco di
lavanderie visto quante divise s'è cambiato. Non saprei da che parte
iniziare a raccontare i dolenti e drammatici casini in cui versano i
nostri due vicepresidenti del consiglio e quella figura col nasino
all'insù che fa il PdC.
Il politicamente corretto prevede sui giornaloni che (1) l'elettore
abbia sempre ragione e (2) che gli italiani non sono ne fascisti ne
razzisti. Temiamo che i giornalisti siano in conflitto di interessi a
parlare chiaro perché se il governo fascio-razzista SalviMaio ha il 60%
dei consensi quel che sta accadendo nello Ionio (adesso) o al Cara di
Castelnuovo di Porto ed in altri centri simili c'è una bella dose di
razzismo e di fascismo.
Proprio nella settimana del 27 gennaio.
Così ci si può giovare dei pochi cittadini che decidono di ospitare gli
immigrati cacciatI fuori dai lager amministrativi, così alimentano la
leggenda degli italiani brava gente, nipoti dei fascisti di Sant'Anna
di Stazzema, dei delatori della concorrenza sleale nel ghetto di Roma,
dei togati del Manifesto della razza, dei troppi che sapevano e
tacevano, che sapevano e se ne approfittavano, che sapevano e non
sapevano fare altro che subire, che sapevano come sanno oggi
quelli pensano che sono troppi, che ritengono che se scappano da dove
non c'è la guerra là possono tornare, che suppongono che tra i molti
disperati siano troppi quelli che arrivano per delinquere, che si
convincono che la soluzione sia qui e consista nell'elemosina e non là
con la restituzione del maltolto, con il ripudio dei tiranni nutriti,
corrotti e blanditi, e non in alto contro chi ha mosso e muove guerre
armate e economiche di sfruttamento.
I giornalisti debbono accettare che esistono molti italiani che
seguono o compiono scelte fasciste e razziste. Anche un baciamano è
fascista benché il fascio all'origine lo abolì per decreto.
Tre giornI or sono arriva da Catania la richiesta di processarlo.
Matteo Salvini ha «abusato dei suoi poteri» tenendo per 5 giorni 177
migranti a bordo della nave Diciotti «in condizioni psicofisiche
critiche» per motivi «meramente politici» e per questo va processato.
Il tribunale dei ministri di Catania chiede al Senato l'autorizzazione
a procedere nei confronti del titolare del Viminale, sconfessando il
procuratore Carmelo Zuccaro che invece aveva chiesto l'archiviazione.
«Ci riprovano ma io non cambio posizione, la politica dell'immigrazione
non la fanno i tribunali, i giudici se ne facciano una ragione» replica
il ministro in diretta Facebook incassando la solidarietà della leader
dell'estrema destra francese Marine Le Pen. «Vergogna quei giudici
politicizzati che lo perseguono e vogliono impedirgli di mettere fine
all'invasione migratoria».
Nella costituzione materiale salviniana il rispetto delle leggi si
valuta sulla base del consenso. Ma se l'azione politica è quella
altrui, come nel caso dei parlamentari che hanno scelto di salire a
bordo della nave Sea Watch per visitare i migranti ostaggio del governo
italiano, allora no, non c'è più immunità. Al contrario, in questo caso
è lo stesso ministro dell'Interno che, incurante della contraddizione
con il suo status di indagato e con una sgrammaticatura inquietante in
uno Stato di diritto, contesta a quei parlamentari l'esistenza di un
reato (e quale poi? Reato di solidarietà? Forse tradimento della
Patria).
In questa visione totalizzante del suo ruolo, Salvini è potere
politico, giudiziario e legislativo. E naturalmente anche braccio della
legge, capace di intervenire senza alcun senso del ruolo e della
misura, come quando davanti a un fermo di polizia concluso con la morte
di un cittadino tunisino ha sentito il dovere di intervenire con una
dichiarazione per chiudere a modo suo le indagini: «Cosa dovevano
offrirgli i poliziotti, cappuccino e cornetto?». Se ne ricordi il
magistrato che dovrà far luce su questa vicenda accaduta di recente a
Prato perché, nel caso la sua ricostruzione dovesse divergere dalla
fulminea inchiesta salviniana, sarà presto invitato a candidarsi a sua
volta.
Lo sgombero del CARA di Castelnuovo di Porto? Salvini non si è chiesto
a otto mesi dal suo insediamento –visto che il controllo è compito suo-
come mai ci fosse ancora in funzione una struttura “ sovradimensionata»
che costa un milione di euro di contratto di affitto e i 5 milioni
della gestione annua». Il centro di Castelnuovo di Porto, serenamente
all'insaputa di tutti e di quello che succedeva là prima della
infausta e feroce liquidazione, in quel blocco di cemento di 12
mila metri quadri, 172 stanze, un campo da calcio, una zona lavanderia
e un atrio interno a poche centinaia di metri dal Tevere in una
zona classificata dall'Autorità di bacino del fiume come
area a massimo rischio esondazione, che accoglieva ben più delle
650 persone “autorizzate” richiedenti la protezione
internazionale dopo l'identificazione, messe là in un posto dimenticato
per far dimenticare quella funzione integrativa per la quale sono stati
istituiti i Cara. Dove si dormiva, i più fortunati, su un lettuccio,
gli altri sul pavimento tra le povere cose rimaste, affidati alla
gestione della cooperativa Auxilium dei fratelli Chiorazzo, vincitrice
dell'appalto per la gestione dell'immobile e dell'accoglienza che ha
incassato dal 2008 al 2017 ben 12.260.735,2 euro, spese emergenziali
escluse, dando in cambio a 21,9 euro al dì per ogni ospite (si erano
aggiudicati l'appalto per aver fatto l'offerta più bassa i fratelli
molto temuti e ammirati da Buzzi e Carminati per la loro intraprendenza
e le loro protezioni), vitto indecente, sporcizia, abbandono, cimici un
unico lenzuolo per letto fin dalla “fondazione”, caldo soffocante
d'estate senza aerazione e freddo invernale senza riscaldamento.
In pieno inverno se n'è accorto e sono cominciate le traduzioni –
«deportazione» non si può usare perché il politicamente corretto lo
vieta…- e le fughe. Rivendica: andranno a stare meglio di adesso. Finge
di non sapere che in maggioranza resteranno in strada perché il sistema
di accoglienza ordinario gestito dai comuni italiani, sarà limitato
solo a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori
stranieri non accompagnati.
Intanto in giro per il Mediterraneo ci sono anche quei 47 a bordo della
Seawatch. Salvini ha le idee chiare. Il 22 gennaio: "C'è l'ennesima
nave di Ong, la Sea Watch, che vorrebbe arrivare in un porto italiano.
Buono sì, ma fesso no. Dico 'no', 'niet', 'nisba' agli scafisti e agli
amici degli scafisti" dice il ministro dell'Interno e vicepremier
Matteo Salvini, in diretta Facebook, ribadendo la posizione sulla
chiusura dei porti italiani.
Poi contrattacca e sul caso della Sea Watch3 ribalta la storia: il
Viminale, spiegano fonti del Ministero degli Interni, sta "raccogliendo
gli elementi per valutare una denuncia per tutti i membri
dell'equipaggio per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina". E
sulla destinazione finale dell'imbarcazione, lo stesso Salvini è
esplicito: "Bandiera olandese, Ong tedesca. Aprano i porti di Rotterdam
o di Amburgo, in Italia posto non ce n'è".
Attorno alla SeaWaich3 s'è mosso il mare della politica. Il DiBattista
ancora abbronzato dalle ferie in sud America va dalla Barbara D'Urso e
“per me dovrebbero sbarcare, tanto prima o poi sbarcheranno”. Su Canale
5 nel salotto di “Domenica Live”, ha dato la sua soluzione alla
questione dei 47 migranti: se fino a questo momento il governo ha
negato la possibilità di attraccare in Sicilia, meglio farli
scendere subito e poi mandarli in Olanda (la nave infatti batte
bandiera olandese). “Dovrebbero essere accuditi, e fatti partire con un
aereo di linea verso Amsterdam“. “Fino a che non ci sarà un incidente
diplomatico l'Ue, che se ne frega dell'Italia, non si assumerà le
proprie responsabilità”.
Gentile in fondo: non evoca il Binario 21 e nemmeno i vagoni piombati.
Del resto siamo prossimi alla giornata del ricordo e quindi meglio
stare leggeri.
Il problema è che poche ore prima all' Alessandro Di Battista gli
avevano fatto scoppiare un petardino tra le palle. Così è stato
costretto a confessare in una diretta Facebook di sabato 26 gennaio:
"Sì, mio padre ha avuto lavoratori in nero". Nei giorni scorsi Le Iene
hanno intercettato suo padre, Vittorio, per chiedergli se ci fossero
irregolarità nella sua azienda: "Quando l'ho saputo - dice Di Battista
- mi sono molto arrabbiato con mio padre, che non mi aveva detto
niente. Ora lo aiuterò a mettere in regola la situazione". Un caso,
quello di Dibba, che ricorda da vicino quello dell'alter-ego Luigi Di
Maio, le cui magagne del padre e dei lavoratori in nero erano state
fatte emergere proprio da Le Iene di Italia 1. Eloquenti anche le poche
righe con cui il grillino presenta il suo video sui social: "Ho
qualcosa da dirvi. Spero che tutto sia chiaro. È una cosa
personale". Già...
Come vedete abbiamo citato DiMaio solo adesso. Di Maio però
su Fb è stato categorico: siamo disposti alla massima collaborazione,
ma la nostra linea sulle Ong non cambia. "La nave Ong Sea Watch 3 avrà
dal governo italiano supporto medico e sanitario qualora ne avesse
necessità, ma la invito ancora a puntare la prua verso Marsiglia.
Questa nave batte bandiera olandese e si trova ora a pochi chilometri
dalle coste italiane. Per questo ritengo opportuno convocare
immediatamente l'ambasciatore olandese e chiedergli che intenzioni
abbia il suo governo. Chiederanno, assieme a noi, alla Sea Watch 3 di
andare a Marsiglia o li faranno sbarcare a Rotterdam?".
Nel frattempo c'è una buona parte di Italiani che scendono in campo
perché i 47 siano accolti in Italia: dai semplici cittadini ai sindaci
ed anche la CEI. Stamattina un gommone con alla guida nientepocodimeno
che la deputata forzista Prestigiacomo (che ha la patente nautica e
quindi ha potuto condurre l'imbarcazione fino alla SEAWatch3 senza che
un autista “laico” corresse il rischio dell'arresto) nonostante il
divieto delle autorità che ieri ha impedito che potessero esercitare le
loro prerogative costituzionali». Sono arrivati a bordo della
SEW3 una dozzina di persone (parlamentari medici avvocati psicologi ) e
sono tornati nel primo pomeriggio. La visita a bordo è stata ideata da
Mediterranea Saving Humans, la piattaforma delle associazioni italiane
che con Nave Mare Jonio si alterna con Open Arms e Sea Watch nel
Mediterraneo. Alessandra Sciurba di Mediterranea ha sottolineato:
"Continueremo a garantire in mare e a terra tutto il suo supporto alla
delegazione con l'obiettivo di ripristinare quanto prima il rigoroso
rispetto del diritto marittimo, internazionale e italiano, verso una
positiva conclusione del caso".
Il vicepremier, che ieri ha chiesto l'apertura di un'indagine per
favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, torna ad accusare la
Ong. "Abbiamo elementi concreti per affermare che, mettendo a rischio
la vita delle persone a bordo, il comandante e l'equipaggio della Ong
Sea Watch 3 abbiano disubbidito a precise indicazioni che giorni fa li
invitavano a sbarcare nel porto più vicino (non in Italia), prove che
verranno messe a disposizione dell'autorità giudiziaria. Se così fosse
saremmo di fronte ad un crimine e a una precisa volontà di usare questi
immigrati per una battaglia politica, un fatto gravissimo".
Da lontano gli ha risposto Emmanuel Macron: «Il popolo italiano è
nostro amico e merita dei leader all'altezza della sua storia». Di Maio
per finire: la SeaWatch3 va sequestrata e l'equipaggio incarcerato.
Macron sfrutta l'Africa col CFA ed è causa della fuga di quelle
popolazioni in Italia.
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