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sfidando la siccità ci siamo anche noi. ancora









Di cosa parliamo in questa pagina.
Ina serie di fotonews e di articoli interessanti sulla notizia del giorno di cui ci hanno giò sfracellato le varie tivù.
Alcune immagini sono piuttosto "pesanti" ma i lettori avranno la debita pazienza.

Il governo garantisce  entro tre anni almeno 1.700.000 occupati in più. Dove non lo sa.
Altro che un banale Habemus Papam!. Questi hanno fatto di meglio. Assai meglio. Il governo SalviMaio ha annunciato –per chi non l'avesse ancora capito- che da qui a  tre anni avremo almeno un milione di prepensionamenti, un milione settecentomila poveri e disoccupati senza lavoro che finalmente smetteranno di lazzaronare sul divano e cominceranno a produrre Pil per merito dei cinque milioni di assegni di cittadinanza. Il costo è in tutto 8,58 miliardi di cui 3,9 miliardi per quota 100 e 4,68 per il reddito di cittadinanza (che arrivano a 6,68 con i 2 miliardi già disponibili per il reddito di inclusione). Questa manovra (“del popolo") bisognava comunque portarla a casa. A qualunque costo. Compreso quello di dimezzare le poste in bilancio: solo 3,9 miliardi per la prima (all'inizio erano ben 9), appena 5,8 miliardi per il secondo (in campagna elettorale erano addirittura 17,5). E compreso quello di ridurre la platea dei beneficiari: solo 315 mila "pensionandi" per la prima (dovevano essere 1,6 milioni), appena 5 milioni di "sussidiati" per il secondo (in campagna elettorale erano addirittura 10). Ma il problema che difetta in questo decretone ( che completa la manovra imposta a forza al Parlamento a fine 2018), non è la quantità ma la qualità. Non la dimensione ma la visione.
Applicando la media del pollo di Trilussa alla fine dell'operazione, prima che la RgS ( ragioneria generale dello stato) nel suo monitoraggio non fermi tutto per esaurimento delle risorse, col RdC verranno corrisposti pro-capite 190 euro (al mese) che sono meno del mensile ReI pari a 315 euro  (reddito di inclusione) di renzian-gentilionana memoria distribuito  nei primi nove mesi del 2018 agli aventi diritto.
Altro che 780 euro. (...)

Salvini: «Battisti non deve uscire vivo di galera». Ma sa che Mambro e Fioravanti sono liberi?
La «sparata», la solita: «Il mio impegno è che questo maledetto delinquente sconti la sua pena. Ovviamente dovrà marcire in galera fino all'ultimo dei suoi giorni. Non deve uscire vivo dalla galera»: così il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini intervenendo alla scuola politica della Lega, a Milano, riferendosi all'arresto di Cesare Battisti. …
Così, risolto quello che per il vicepremier si direbbe un problema, si può passare ad altro.
Se la legge è uguale per tutti (stia tranquillo, i suoi amici di governo, chissà perché, hanno rinunciato a pretendere la restituzione dei 49 milioni della Lega spesi chissà come) il ministro può dire come mai, terroristi conclamati e giudicati, pluriergastolani, possono tranquillamente andare a spasso senza restrizioni?
Chi scrive, quel 4 gennaio 1979, era, come ogni giorno, in viale Castrense a Roma, sede del Corriere della sera. La molotov in faccia al portiere segnò l'inizio della storia dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari che annoveravano al loro interno Giusva Fioravanti e Francesca Mambro (e Massimo Carminati): all'esordio fecero seguito 33 omicidi tra poliziotti, altri camerati, il giudice Amato, avversari politici, fino alla strage di Bologna. A carico della donna nove ergastoli. (...)







il muro di Berlino

una balena spiaggiata a Niteroi in Brasile

daini in cattività a Ranzanico







































Il governo garantisce  entro tre anni almeno 1.700.000 occupati in più. Dove non lo sa.


Altro che un banale Habemus Papam!. Questi hanno fatto di meglio. Assai meglio. Il governo SalviMaio ha annunciato –per chi non l'avesse ancora capito- che da qui a  tre anni avremo almeno un milione di prepensionamenti, un milione settecentomila poveri e disoccupati senza lavoro che finalmente smetteranno di lazzaronare sul divano e cominceranno a produrre Pil per merito dei cinque milioni di assegni di cittadinanza. Il costo è in tutto 8,58 miliardi di cui 3,9 miliardi per quota 100 e 4,68 per il reddito di cittadinanza (che arrivano a 6,68 con i 2 miliardi già disponibili per il reddito di inclusione). Questa manovra (“del popolo") bisognava comunque portarla a casa. A qualunque costo. Compreso quello di dimezzare le poste in bilancio: solo 3,9 miliardi per la prima (all'inizio erano ben 9), appena 5,8 miliardi per il secondo (in campagna elettorale erano addirittura 17,5). E compreso quello di ridurre la platea dei beneficiari: solo 315 mila "pensionandi" per la prima (dovevano essere 1,6 milioni), appena 5 milioni di "sussidiati" per il secondo (in campagna elettorale erano addirittura 10). Ma il problema che difetta in questo decretone ( che completa la manovra imposta a forza al Parlamento a fine 2018), non è la quantità ma la qualità. Non la dimensione ma la visione.
Applicando la media del pollo di Trilussa alla fine dell'operazione, prima che la RgS ( ragioneria generale dello stato) nel suo monitoraggio non fermi tutto per esaurimento delle risorse, col RdC verranno corrisposti pro-capite 190 euro (al mese) che sono meno del mensile ReI pari a 315 euro  (reddito di inclusione) di renzian-gentilionana memoria distribuito  nei primi nove mesi del 2018 agli aventi diritto.
Altro che 780 euro.
In queste condizioni uno sforamento nei budget di due misure che coinvolgono aspettative e decisioni di milioni di cittadini potrebbe essere letale per le finanze dello Stato e l'occhiuta Ue. Era necessario dotare il provvedimento di un robusto catenaccio: e per questo si è spesa la Ragioneria fino agli ultimi minuti, battendo sul punto del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione (quello relativo alle coperture), cruciale quando il Quirinale deve dare il via libera ad un provvedimento di spesa.
Così le due misure bandiera avranno due cani da guardia. Il primo, già presente nei testi di una decina di giorni fa, riguarda il reddito di cittadinanza: monitoraggio, accantonamento preventivo delle spese anno per anno e, in caso di esaurimento dei fondi per eccesso di domande, sospensione immediata dell'erogazio ne ed entro un mese «rimodulazione dell'ammon tare del beneficio».
Ora la norma anti-sforamento è arrivata anche per le pensioni, sulle quali da giorni la Rgs esprime preoccupazione. Il 2019 sarà sotto stretto controllo con un monitoraggio bimestrale da parte del Tesoro del numero delle domande di prepensionamento che arriveranno all'Inps. Dall'anno successivo il monitoraggio sarà trimestrale, ma ugualmente attento. In base al testo entrato in Consiglio dei ministri in presenza di «scostamento, anche prospettico» dalle previsioni di spesa, scatterebbe la tagliola: in prima battuta succhiando i fondi al reddito di cittadinanza, in seconda obbligando ad altri tagli al bilancio dello Stato.
Ma adesso  cominciano davvero i problemi. Non solo quelli (tutt'altro che banali in Italia…) di assumere i 4mila raccomandati che faranno da “navigator” e quindi formarli e nel qualmentre mettere in rete i vari centri pubblici e privati che dovranno prestarsi all'operazione RdC e Quota 100.
Ci sono altri due problemi. Primo problema: il lavoro si trova se c'è, e il guaio dell'Italia è solo in minima parte il mancato incontro tra domanda e offerta. Il nodo vero è proprio il lavoro che non c'è. Se la produzione ristagna e le imprese non assumono, puoi mettere in campo anche 10 milioni di prodigiosi "navigator" (qualunque cosa significhi il termine) e non cambierà nulla: il lavoro non ci sarà. E la manovra approvata a fine 2018, su questo, fa solo danni: aumenta la pressione fiscale al 42,3%, taglia gli investimenti di 1,4 miliardi. Un totale controsenso, per un Paese che voglia sostenere produzione e occupazione. Secondo problema: nonostante i lodevoli sforzi compiuti dai "tecnici" pentastellati sui requisiti (i tetti Isee, la proprietà di case e automobili, la titolarità di conti bancari) e sui vincoli (le "norme anti-divano", l'obbligo di accettare tre proposte di lavoro, la durata limitata del beneficio) il pericolo che la prospettiva del sussidio produca distorsioni nei comportamenti di chi lo riceve resta altissimo. Truffe e sommerso sono purtroppo dietro l'angolo. E il "faro" che Di Maio ha annunciato, cioè i controlli incrociati sui furbetti, nonché le maxi pene come il carcere fino a sei anni, sono tuttora un'arma spuntata. L'anno scorso, sulle violazioni Isee ai fini degli aiuti sugli asili nido, i controlli di Inps e Finanza sono stati poco più di 18 mila. Qui la platea é di 5 milioni. Auguri ai controllori. Del resto, se i controlli funzionassero, l'Italia non avrebbe un'evasione fiscale di 160 miliardi, e un'economia in nero di 210. Ma anche qui, ulteriore controsenso: ai 9 condoni tributari della manovra, ora insieme a Quota 100 se ne aggiunge un decimo, previdenziale, che Salvini per non sfigurare chiama "pace contributiva". Avanti così, nel Regno del colpo di spugna.
Ma ormai il dado è tratto. Con questo decretone il Salvi- Maio supera con successo l'ostacolo più impegnativo. Restano sullo sfondo la recessione, il giudizio sospeso della Commissione Ue, la mostruosa tagliola delle clausole di salvaguardia da 53 miliardi per il biennio 2020-2021. Per l'italiano medio sono guai, per loro dettagli. Qui ed ora, contano le prossime sfide elettorali. Le regionali in Sardegna, poi in Abruzzo, poi le europee, poi si vedrà. Il clima, per i populisti, è sempre più propizio. Possono contare su alleati inconsapevoli, come Juncker che oggi si pente per la "troppa austerità". Per il resto, vale la vecchia legge di Groucho Marx: " Perché dovrei fare qualcosa per i posteri? Cos'hanno fat
Salvini: «Battisti non deve uscire vivo di galera». Ma sa che Mambro e Fioravanti sono liberi?



La «sparata», la solita: «Il mio impegno è che questo maledetto delinquente sconti la sua pena. Ovviamente dovrà marcire in galera fino all'ultimo dei suoi giorni. Non deve uscire vivo dalla galera»: così il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini intervenendo alla scuola politica della Lega, a Milano, riferendosi all'arresto di Cesare Battisti. …
Così, risolto quello che per il vicepremier si direbbe un problema, si può passare ad altro.
Se la legge è uguale per tutti (stia tranquillo, i suoi amici di governo, chissà perché, hanno rinunciato a pretendere la restituzione dei 49 milioni della Lega spesi chissà come) il ministro può dire come mai, terroristi conclamati e giudicati, pluriergastolani, possono tranquillamente andare a spasso senza restrizioni?
Chi scrive, quel 4 gennaio 1979, era, come ogni giorno, in viale Castrense a Roma, sede del Corriere della sera. La molotov in faccia al portiere segnò l'inizio della storia dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari che annoveravano al loro interno Giusva Fioravanti e Francesca Mambro (e Massimo Carminati): all'esordio fecero seguito 33 omicidi tra poliziotti, altri camerati, il giudice Amato, avversari politici, fino alla strage di Bologna. A carico della donna nove ergastoli.
Non perché si chiede l'equivalente trattamento che lui intende assegnare al membro del gruppo Proletari armati per il comunismo (se deve uscire o «marcire in galera» lo stabilirà un tribunale non certamente la Lega), ma per rendersi conto se in Italia l'applicazione di una legge deve sottostare alle mene del governo. Di un governo qualsiasi. Perché così si direbbe Salvini intenda «la legge è uguale per tutti».
Che si traduce nella formazione di «graduatorie»: quella dei fascioleghisti come appunto Matteo Salvini, e quella degli altri. I primi vengono esentati dal pagamento dei loro atti criminali, per gli altri c'è l'aggravante diciamo «ideologica», fine pena mai. Una versione del «doppiopesismo».
Senza neppure un ministro che scriva «Il mio impegno è che questi maledetti delinquenti scontino la pena»: e dire che sono meno di 140 battute, entrano in un tweet.
Gli ergastoli di Francesca Mambro
Ergastolo per l'omicidio di Franco Evangelista (28 maggio 1980)
Ergastolo per essere mandante dell'omicidio di Mario Amato (23 giugno 1980)
Ergastolo per la strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980)
Ergastolo per l'omicidio di Francesco Mangiameli (9 settembre 1980)
Ergastolo per l'omicidio di Enea Codotto e Luigi Maronese (5 febbraio 1981)
Ergastolo per l'omicidio di Giuseppe De Luca (31 luglio 1981)
Ergastolo per l'omicidio di Marco Pizzari (30 settembre 1981)
Ergastolo per l'omicidio di Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma (21 ottobre 1981)
Ergastolo per l'omicidio di Alessandro Caravillani (5 marzo 1982)