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nonni in camporella ?









(...)Anche la conferenza stampa organizzata sulla pista, con i soldati che portano fuori un tavolo di radica per mettervi sopra i microfoni, è "la mossa" per tirare ancora un applauso, un trucco, un imbonimento da vecchio capocomico che in teatro si chiama "carrettella". E infatti non solo sulla scena della pista, ma pure nel backstage, vale a dire nelle salette dell'aeroporto, tra Salvini e Bonafede è tutto un sorridersi di compiacimento e di soddisfazione per averlo lì, per avere l'orso nel sacco,e poterlo ricoprire di insulti, con una valanga di aggettivi, delinquente, vigliacco... sino appunto a criminale comunista. È una furia di parole che non ha nulla a che fare con la civiltà della giustizia e perciò è sicuramente piaciuta a Battisti, perché di nuovo somiglia al suo atteggiamento di sfida, ghigno contro ghigno, gli dà dignità di pantera invece di trattarlo da gatto castrato, lo conferma protagonista di un codice irreale, definitivamente gli fa credere d' essere nelle mani non dei suoi giudici naturali ma dello Spielberg d' Italia.
Sapete come si è svolta la conferenza stampa? Prima Salvini ha ringraziato Dio e la fortuna e il sole di Roma e tutte le forze dell'ordine e il presidente Bolsonaro, e poi di nuovo Bonafede ha ringraziato Dio e la fortuna e il sole di Roma e tutte le forze dell'ordine e il presidente Bolsonaro. E intanto il mozzo dello staff salviniano, Leonardo Foa, giovane figlio del neopresidente della Rai, filmava tutto con la smania del vecchio paparazzo, molto puntando il viso esotico di Battisti mentre scendeva: brrr, che brivido.
Mancava solo l'ubriaco che srotolasse il vecchio wanted nel "saloon Ciampino".
Poi alle 13, prima di infilarlo in un'auto della polizia e di portarlo via, hanno costretto Battisti a una seconda passerella per i tg dell'ora di pranzo: non c'è successo senza bis. E, infine, tutti ci siamo trasferititi di corsa a Palazzo Chigi dove alle 14 nella saletta della presidenza del Consiglio, questa volta insieme a Giuseppe Conte che aveva diritto alla sua parte, è stato di nuovo celebrato, con una seconda conferenza stampa, il trionfo della civiltà gialloverde sulla barbarie, ancora definita comunista da Salvini.(...)
Di cosa parliamo in questa pagina.

ASSISTENZIALISMO E INCOMPETENZA
BLOCCANO LA CRESCITA
La politica economica del governo è caratterizzata da un misto di miopia, ingenuità e incompetenza.
È chiaro che i problemi economici e le difficoltà del mercato del lavoro in Italia non sono di semplice soluzione.
Quello che sgomenta però è che a differenza del governo che lo ha preceduto, che aveva almeno provato ad avviare un percorso di riforme strutturali, questo ha adottato una politica economica che non solo non favorisce lo sviluppo economico, ma appare destinata a danneggiarlo.
Nelle ultime settimane si sta parlando della possibilità di un rallentamento significativo dell'economia e di una nuova recessione.
È difficile prevedere come si evolverà il ciclo economico nazionale nei prossimi mesi, e ancora più difficile prevedere come si evolverà quello internazionale. È però chiaro che i problemi dell'economia italiana sono non solo ciclici, ma di natura profonda e strutturale. A differenza di Germania o Stati Uniti, dove la disoccupazione sale durante le recessioni ma poi ritorna a livelli fisiologici in anni normali, in Italia rimane a livelli inaccettabili anche quando il Paese non è in recessione.
Anche se fossimo fortunati, e la recessione non dovesse verificarsi quest'anno o l'anno prossimo, non c'è dubbio che i tassi di crescita dell'occupazione e dei livelli salariali nel Paese rimarrebbero strutturalmente troppo bassi, specialmente nelle regioni del Centro e del Sud. (...)

Cucina curnese
IL NONNO NORMODATATO
Ufficio Complicazione Problemi Semplici. La trovata è geniale: provate a leggere. Deve averla scritta una seguace dei DiMaio. Allora: a Curno c’è una associazione anziani, una associazione per il trasporto dei necessitanti (c.d. trasporto amico) ed anche l’ufficio dei servizi sociali. Davanti al problema di dotare alcuni pensionati della Marigolda di un abbonamento ATB, il cittadino normo dotato pensa: (1) il nonno normo dotato va alla sala civica di via Abruzzi col portafoglio al seguito per le prossime cinque mattine. Nel portafoglio il nonno normo dotato DEVE avere la carta di identità, il C.F. e la Tessera Sanitaria ed alcuni soldini (facciamo venti euro). Poi (2) nella sala trova  un impiegato dei servizi sociali (no, quelli no, perchè hanno già troppo da fare...!) oppure un volontario del GAP (gruppo anziani e pensionati) che dotati di personal computer (comunale o del GAP) e stampatrice fotocopiatrice (3) preparano tutta la documentazione da presentare (4) all’ATB. Qualche giorno dopo (5) il pensionato  ripassa alla sala civica per ritirare l’abbonamento. Possono osare anche di più!: il rinnovo lo fanno presso il bar del CVI2.
In pratica il nonno normo dotato va due volte alla sala civica e si trova in mano l’abbonamento. Siete ammattiti a voler ridurre le cose semplici? (...)

























































ASSISTENZIALISMO E INCOMPETENZA
BLOCCANO LA CRESCITA
La politica economica del governo è caratterizzata da un misto di miopia, ingenuità e incompetenza.
È chiaro che i problemi economici e le difficoltà del mercato del lavoro in Italia non sono di semplice soluzione.
Quello che sgomenta però è che a differenza del governo che lo ha preceduto, che aveva almeno provato ad avviare un percorso di riforme strutturali, questo ha adottato una politica economica che non solo non favorisce lo sviluppo economico, ma appare destinata a danneggiarlo.
Nelle ultime settimane si sta parlando della possibilità di un rallentamento significativo dell'economia e di una nuova recessione.
È difficile prevedere come si evolverà il ciclo economico nazionale nei prossimi mesi, e ancora più difficile prevedere come si evolverà quello internazionale. È però chiaro che i problemi dell'economia italiana sono non solo ciclici, ma di natura profonda e strutturale. A differenza di Germania o Stati Uniti, dove la disoccupazione sale durante le recessioni ma poi ritorna a livelli fisiologici in anni normali, in Italia rimane a livelli inaccettabili anche quando il Paese non è in recessione.
Anche se fossimo fortunati, e la recessione non dovesse verificarsi quest'anno o l'anno prossimo, non c'è dubbio che i tassi di crescita dell'occupazione e dei livelli salariali nel Paese rimarrebbero strutturalmente troppo bassi, specialmente nelle regioni del Centro e del Sud.
È davvero preoccupante constatare che non c'è traccia nella politica economica di provvedimenti che abbiano a che vedere con i problemi concreti delle aziende o dei lavoratori italiani. La crescita occupazionale e salariale anemica che caratterizza l'Italia ormai da anni è causata da una domanda di lavoro da parte delle imprese troppo debole. A monte, la debolezza della domanda di lavoro riflette in larga misura un panorama industriale vecchio e la scarsità di investimenti in innovazione, sia pubblici sia privati.
Il sistema globale della produzione sta cambiando profondamente, ma l'economia italiana non si sta adeguando. Ormai da trent'anni, il progresso tecnologico e la globalizzazione stanno riconfigurando la tipologia dei beni che vengono prodotti, le modalità di produzione nei Paesi industrializzati, e soprattutto il tipo di lavoro. Alcuni settori e certe occupazioni stanno scomparendo, altri si vanno espandendo e altri ancora, venuti alla luce di recente, stanno per esplodere.
L'impatto della globalizzazione e delle nuove tecnologie non è uniforme. In Paesi come Germania, Irlanda o Stati Uniti, globalizzazione e nuove tecnologie vogliono dire più domanda per i beni e i servizi prodotti e quindi più occupazione e salari più alti. In Italia, invece, globalizzazione e nuove tecnologie hanno volute dire, almeno fino ad oggi, meno domanda per i beni e servizi prodotti da imprese italiane e quindi bassa crescita occupazionale.
Questa differenza riflette il fatto che le imprese italiane investono in media molto meno in ricerca e sviluppo e quindi producono beni e servizi meno innovativi. Il governo sembra ignorare completamente la situazione reale dell'industria italiana. Ha deciso che il problema più urgente non è il rinnovo e il rilancio del panorama industriale, e la creazione di posti di lavoro decenti per i giovani, ma il reddito di cittadinanza, ovvero un'espansione dell'assistenzialismo che non avrà effetti sulla capacità delle imprese italiane di creare più posti di lavoro.
Il ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, Luigi Di Maio, ha affermato che «un nuovo boom economico potrebbe rinascere: negli anni ' 60 abbiamo avuto le autostrade, ora dobbiamo lavorare alla creazione delle autostrade digitali». I dati dell'Ocse spiegano perché le parole del ministro, come il resto della politica economica del governo, siano completamente sconnesse dal mondo reale delle imprese e del lavoro. Negli ultimi 7 anni la produttività del lavoro in Italia è aumentata solo dello 0,14% all'anno, il dato peggiore tra tutti i Paesi europei dopo la Grecia. Nello stesso periodo, la produttività in Germania è cresciuta 9 volte di più, in Irlanda 40 volte di più. La crescita della produttività è una misura fondamentale per la salute di un sistema produttivo e per la sua capacità di generare posti di lavoro ben remunerati. La crescita della produttività riflette la capacità delle imprese di un Paese di produrre di più, combinando meglio i vari fattori della produzione attraverso nuove idee e innovazioni tecnologiche. Riflette anche la crescita del valore dei beni e servizi prodotti in un Paese.
La produttività in Italia non cresce non perché i lavoratori siano più pigri o meno intelligenti di quelli di altri Paesi. Non cresce perché l'Italia investe pochissimo in ricerca e sviluppo e in proprietà intellettuale e quindi non produce nuovi beni e servizi ad alto valore aggiunto, o idee per nuove tecnologie. Con alcune eccezioni, le imprese italiane continuano ad usare tecnologie tradizionali per produrre beni e servizi tradizionali, quindi esposti alla concorrenza di Paesi a basso reddito come la Cina o Europa dell'Est. I dati Ocse ci dicono anche che quando l'Italia investe in ricerca, investe proporzionalmente molto meno di altri Paesi in nuova proprietà intellettuale. Per esempio, l'Irlanda dedica il 39% della sua ricerca alla creazione di nuova proprietà intellettuale, l'Italia meno del 7 per cento.
Sono differenze enormi. A farne le spese sono innanzitutto i giovani che non trovano lavoro o che trovano lavori senza futuro, ma anche le stesse imprese, che si trovano a competere con Paesi a bassi costi di produzione con prodotti e tecnologie non innovative. La competizione globale tra Paesi è sempre più incentrata sulla capacità di attrarre capitale umano e imprese innovative. Il numero e la forza dei distretti dell'innovazione di un Paese ne decretano la fortuna o il declino.
Una politica economica intelligente deve necessariamente partire da questi dati di fatto e porsi come obbiettivo principale quello di ringiovanire la struttura industriale favorendo investimenti in nuovi prodotti e nuove tecnologie, e aumentando drasticamente la quota di Pil dedicata alla ricerca e lo sviluppo, sia per la ricerca di base, finanziata direttamente da fondi pubblici, ma soprattutto per la ricerca applicata, finanziata principalmente dalle imprese ed incentivata da sgravi fiscali.
In un mondo senza vincoli di bilancio, l'Italia potrebbe sia aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, sia spendere miliardi per il reddito di cittadinanza e persino per pensioni a quota 100. Nel mondo reale, l'Italia deve scegliere. Può decidere di investire nel futuro della sua economia, riducendo il gap tecnologico con gli altri Paesi avanzati e rinvigorendo la domanda di lavoro, oppure può dedicare tutte le risorse pubbliche disponibili ad un'espansione onerosa dell'assistenzialismo improduttivo. Purtroppo, questo governo ha scelto la seconda strada.

Enrico Moretti

Enrico Moretti è professore di Economia alla University of California, Berkeley. Studia l'economia del lavoro e urbana.Tra i suoi libri, "La nuova geografia del lavoro" (Mondadori)


IL NONNO NORMODATATO
Ufficio Complicazione Problemi Semplici. La trovata è geniale: provate a leggere. Deve averla scritta una seguace dei DiMaio. Allora: a Curno c’è una associazione anziani, una associazione per il trasporto dei necessitanti (c.d. trasporto amico) ed anche l’ufficio dei servizi sociali. Davanti al problema di dotare alcuni pensionati della Marigolda di un abbonamento ATB, il cittadino normo dotato pensa: (1) il nonno normo dotato va alla sala civica di via Abruzzi col portafoglio al seguito per le prossime cinque mattine. Nel portafoglio il nonno normo dotato DEVE avere la carta di identità, il C.F. e la Tessera Sanitaria ed alcuni soldini (facciamo venti euro). Poi (2) nella sala trova  un impiegato dei servizi sociali (no, quelli no, perchè hanno già troppo da fare...!) oppure un volontario del GAP (gruppo anziani e pensionati) che dotati di personal computer (comunale o del GAP) e stampatrice fotocopiatrice (3) preparano tutta la documentazione da presentare (4) all’ATB. Qualche giorno dopo (5) il pensionato  ripassa alla sala civica per ritirare l’abbonamento. Possono osare anche di più!: il rinnovo lo fanno presso il bar del CVI2.
In pratica il nonno normo dotato va due volte alla sala civica e si trova in mano l’abbonamento. Siete ammattiti a voler ridurre le cose semplici?

GORI E GANDI HANNO DECISO DOVE
Che Città Alta sia ormai in mano alla «cultura spoliatrice dell’industria turistica capitanata dai ristoratori» (mica per nulla il capogruppo della lista del sindaco è un grande ristoratore), dai bedandbreafisti e dai pizzettari al taglio pare assodato: del resto questo è il modello Gori-Unesco e quindi non si scappa. Pure la sinistra engagee del Circolino ha sposato questo affare e quindi che male c’è? In fondo Renzi non era-è un alieno  rispetto al PD goriano (e zingaret- tiano).  Quello che Gori e Gandi e  la giunta non hanno capito   (oltre il giochino di fare multe stradali a raffica per fare cassa) che perlomeno in via Colleoni, Gombito, Piazza Vecchia NON debbano transitare veicoli di qualsiasi natura (tranne VVFF). Non vi debbono transitare nemmeno le auto delle pattuglie (CC, PS, VVUU, CRI) visto che ladri e rapinatori semmai si inseguono a piedi. E duecento metri di corsa su una barella la possono sopportare anche i moribondi. Gori e Gandi non si rendono conto che non è possibile che in quelle vie piene zeppe di persone ci sia qualche imbecille che si permette di transitare: «perché io abito li, perché io vado all’hotel 18 stalle, perché io sono bulgaro russo o svizzero, perché cio  c’ho i soldi».
E se a bordo ci fosse un cretino che investe le decine di persone che camminano? Oppure l’hanno stabilito Gori&Gandi che i terroristi possono fare gli assalti SOLO dove loro hanno posato quei bei cubotti come sul Sentierone. Sveglia!

PONTE DI CALUSCO-PADERNO: RFI HA PRESO TUTTI PER I FONDELLI
L'ad penta stellato di Rfi, Maurizio Gentile si era preso l'impegno di tornare sul luogo del delitto a dare qualche novità, così ha esordito l'amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana e commissario straordinario per i cantieri al San Michele, di fronte all'affollata aula consiliare caluschese. Ed ha confessato di avere preso per il c*** cittadini ed amministratori. Infatti se due mesi or sono il ponte stava per crollare e quindi dalla sera alla mattina ha messo in piedi un caos della madonna, ecco che adesso –viene la primavera?- più che probabile che per il prossimo natale (speriamo ve lo scordiate…) potrebbero riaprirlo al traffico leggero. Non solo: addirittura se per il passaggio dei treni si dovrà aspettare la chiusura del cantiere, fissata nel 2020, tamponata da 2,4 milioni stanziati da Regione Lombardia per il potenziamento dei bus, per i pedoni c'è la conferma di riapertura entro la primavera. «Forse anche prima» si è sbilanciato il commissario, ipotizzando l'accesso solo alla parte centrale, lasciando chiuse quelle laterali per permettere il montaggio dei parapetti. Salti di gioia degli amministratori che cominciavano a subodorare la presa per il c***. I quali parapetti sarebbero al centro di una disputa tecnico storica con la Soprintendenza perché quella li vorrebbe coerenti col disegno architettonico del manufatto mentre RFI vorrebbe non si sa bene come e cosa. Segue un'altra confessione: il ponte va dimenticato e mantenuto come bellezza nella valle. L'ad penta stellato di RFI confessa una grande banalità: «I fatti di Genova ci hanno insegnato che le opere non sono eterne — è stata la parentesi aperta da Gentile, per il quale la chiusura del San Michele in concomitanza alle vicende del ponte Morandi non è che una coincidenza —. Il ponte non è adeguato agli standard attuali, parliamo di sistemazioni parziali su un'opera di ghisa centenaria, è un futuro prossimo, ma non varrà fra 50 anni, dobbiamo pensare ad un nuovo ponte che sia anche collegamento ferroviario degno di questo nome». E qui  cominciano in molti a fregarsi le manine. Ponte nuovo, soldini che girano: che volete di più?. Speriamo che dopo il governo salvimaio non ne arrivi uno che si faccia fare uno studio sulla convenienza costo-utilità altrimenti