DA BERLINGUER A BAGLIONI L'EUTANASIA DELLA SINISTRA
Che fine ha fatto la sinistra in mezzo alla gente, orgogliosa del suo
essere popolare e popolana, guidata da una classe dirigente colta
(spesso, non sempre) ma comunque radicata e rispettata? Il commento di
Roberto Arditti
C'era una volta la sinistra in mezzo alla gente, orgogliosa del suo
essere popolare e popolana, guidata da una classe dirigente colta
(spesso, non sempre) ma comunque radicata e rispettata. Una sinistra di
cooperative e sindacato, di lavoro e università, di fabbriche e uffici,
di circoli culturali e sezioni. Era il '900, con i suoi sogni e le sue
contraddizioni.
Un secolo di cui la sinistra è stata protagonista, aiutando la
democrazia a crescere in tutto il mondo ma anche commettendo errori
mostruosi, come quello di spaventare la piccola borghesia europea tra
le due guerre finendo per consegnarla alla tragedia nazi-fascista. È la
sinistra di Enrico Berlinguer, figlio purissimo del '900 e di quella
concezione nobile della politica.
Il suo Pci aveva un'idea concreta della lotta di classe: poche
chiacchiere (da qui la grande diffidenza verso il movimento “fighetto”
del '68) e ricerca spasmodica di risultati tangibili: sui salari, le
pensioni, i diritti dei lavoratori. A un certo punto però il '900
finisce, portandosi via anche il comunismo (e personalmente non ne
sento la mancanza).
Ecco allora la sinistra annaspare per rinnovarsi, dovendo ammettere (in
Italia soprattutto) che avevano ragione gli odiati socialisti: compreso
il “Cinghialone” Bettino. Mentre detesta ferocemente Berlusconi (non a
caso amico di Craxi) la sinistra italiana cerca una sua strada, che
trova sposando la grande illusione di fine secolo, quella (Clinton,
Blair, D'Alema) del nuovo che avanza inarrestabile e globale,
dell'Europa senza se e senza ma (i comunisti invece non hanno mai amato
Bruxelles), della rivoluzione digitale come futuro dell'umanità con
poche o nulle conseguenze tossiche, del libero commercio planetario
senza freni (la Cina entra nel Wto l'11 dicembre 2001), della totale
assenza di controllo dei flussi migratori in nome del sacro principio
dell'accoglienza.
Sembra così trovare un suo nuovo momento di gloria questa sinistra,
anche perché da sempre si dimostra a suo agio nella dimensione
internazionale, mentre a destra questo riesce piuttosto male (e spesso
malissimo, se ne accorgerà anche Salvini).
Però nel frattempo la storia cammina e la realtà prende il posto dei
sogni. La globalizzazione porta tanti vantaggi sul piano della vita
sociale, ma mette a dura prova la tenuta del pianeta lavoro, facendo
strage di imprese ed insediamenti produttivi. L'integrazione europea
(con annessa moneta unica) vincola drammaticamente i governi,
rendendoli sempre meno capaci di attuare politiche a difesa dei più
deboli nei momenti difficili.
Inoltre alle porte della nazione (e dell'intero continente) si
affacciano milioni di persone in cerca di una vita migliore, che
vengono sostanzialmente incoraggiate a muoversi “tanto poi una
soluzione si troverà”. Così nel giro di un decennio (complice anche la
devastante crisi finanziaria del 2008-2009) le classi medie d'Europa
precipitano in una profonda crisi d'identità, diventando così
un'immensa platea di nuovi “proletari” con più paure che speranze, più
rancori che sogni, più odio che amore.
Di fronte a tutto questo la sinistra risponde attonita, spaesata, quasi
offesa per il fatto di non essere più ritenuta credibile. Si ritira nei
quartieri più ricchi, cominciando ad osservare infastidita questo nuovo
“popolo” che non comprende e che la tiene a distanza.
È la sinistra che sceglie Hillary Clinton, spingendo così uno come
Trump (God bless America) alla Casa Bianca. È la sinistra che porta il
candidato socialista alle presidenziali francesi del 2017 ad arrivare
quinto con il 6 % dei voti.
È la sinistra classica, quella socialdemocratica, che prende mazzate
elettorali in tutta Europa, dalla Germania all'Ungheria, dalla Polonia
alla Grecia (dove Tsipras per vincere deve fare a pezzi lo storico
partito socialista, il Pasok, che alle ultime elezioni si ferma al 6%).
In Italia è una sinistra in cerca di nuovi eroi, ancora incredula di
fronte ai milioni di voti presi da Salvini e Di Maio, imbronciata per
il fatto che la gente vota Raggi contro Giachetti o Appendino contro
Fassino, annichilita nella sua incapacità di comprendere che il tema
dell'immigrazione non può essere trattato come se tutti vivessero ai
Parioli o a Brera, perché l'Italia è innanzitutto Tor Bella Monaca e
Giambellino.
È la sinistra che abbraccia disperata le condivisibili banalità di
Claudio Baglioni, che sembra però capace di dare un spiraglio di luce,
come nella canzone: “vedrai strada facendo vedrai, che non sei più da
solo, strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo” (Strada
Facendo, Claudio Baglioni, 1981). Così però si imbocca la strada di una
dolcissima, elegantissima, modernissima eutanasia.
Roberto Arditti
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IL RADDOPPIO DELLE FFSSS DA PONTE A MONTELLO: LA BUFALA SIS GONFIA
Chissà se la sindaca Gamba si è accorta (e si è domandata la ragione e
si è datata una risposta) del perché il parcheggio della chiesa, dove
si faceva il mercato, adesso è quasi sempre tutto occupato notte e
giorno tanto da rendere obbligatorio la sosta regolamentata per una sua
parte. Ed assieme alla sindaca chissà se quella domanda e la risposta
se la sono posta e data anche il resto della giunta e il maggiore
azionista elettorale di Vivere Curno, quel PD segretariato da un
ex barista ciclista gelataio nonché comunista che ha ceduto il
locale ai cinesi. L'aggettivazione è un omaggio alla sua creatività.
Negli ultimi cinque anni quel parcheggio che era decisamente vuoto lungo la giornata e la notte adesso è quasi sempre pieno.
La sindaca Gamba invece ci fa sapere via Corriere che in ordine alla
ferrovia nel centro del paese: “Si entrerà poi a Curno, che ha
strappato a Mozzo l'unica nuova fermata in zona: sarà in via Fermi,
dietro l'Esselunga, «in modo da essere da servizio anche a chi fa la
spesa — spiega il sindaco Luisa Gamba —. Qualcuno la voleva dietro il
municipio, ma ci siamo opposti». La fermata sarà vicina al
sottopassaggio che sostituirà il passaggio a livello della periferia,
mentre quello di via Roma sarà l'unico del progetto a non essere
toccato: «Un sottopassaggio in quel punto stravolgerebbe il centro del
paese».
Conoscendo l'assessore Conti dal lontano 1990 – Conti e Benedetti, sono
imparentati tra di loro, sono i due consiglieri/assessori più
longevi transitati dalla prima alla seconda alla terza repubblica-
sappiamo bene come in politica applichi la regola del “pelà la poia
sensa fala cridà” vale a dire estrema attenzione agli interessi delle
imprese e artigiani e bottegai indigeni senza che non ci siano mai
pronunce pubbliche.
Il problema è che le giunte filo-bottegaie che dal 1970 governano il
paese hanno sempre immaginato di sfruttare il commerciale di via
Bergamo e Fermi per pagare e mantenere i vari vizietti e i pochi
diritti degli elettori di destra centro e sinistra mediando in questo
modo il consenso. L'idea, la prospettiva, il solco venne chiaramente
indicato a suo tempo dal mitico ass. Arnoldi: il grande commerciale a
Curno sarebbe stata la gallina delle uova d'oro che avrebbe consentito
ai curnesi di godersi “aggratis” due CVI, le case popolari, un
sostanzioso piano del diritto allo studio. Insomma: un futuro
lastricato d'oro. Su un punto fermo queste giunte però non mollano di
un millimetro: l'asse delle vie Roma Piazza della Chiesa e Largo
Vittoria: questo territorio è “cosa loro”. Non c'è lista che non
prometta la rinascita del centro storico.
Questo principio contempla la decisione che in centro al paese
NON ci sia una fermata del treno e perché questo avvenga… è stato tutto
edificato anche se di “fermata del treno” se ne parla da quando hanno
tolto il tram Ponte-Bergamo. 1960.
Ecco quindi la trovata che la fermata del treno avvenga alla Esselunga,
mica perché alla Slunga interessi farsi arrivare clienti a far la spesa
col treno (andare a far la spesa al supermercato in treno o autobus è
un ossimoro) ma perché se si fa una fermata in centro al paese, bar e
botteghe nostrane non possono più uccellare i clienti del centro
vecchio: che sono in massima parte dei pensionati, quindi tutt'altro
che ricchi crapuloni spendaccioni.
L'idea della fermata del treno dalle parti della Slunga fa il paio con
l'altra enorme cazzata della fermata all'ospedale, utilizzata nemmeno
da quattro gatti ma da meno di due (gatti).
Parlare ancora di ferrovie nel 2019 su una linea dove dovrebbero
correre delle metropolitane (mai fatto un viaggio in treno sulla Bg-LC?
Potreste incontrare gli indiani non più a cavallo ma sui quad…) e
vedere sia lo stato della linea che quello dei treni nonché la velocità
di movimento degli stessi si comprende come questo servizio prima che
essere utile all'utenza serve a mantenere in piedi il baraccone
ferroviar- nazionale- regionale e poi, semmai ci sia anche del
servizio ai viaggiatori, tutto grasso che cola.
Non è detto nemmeno l'ultima parola e sarà un'altra gabola grande come
il Mut dei Moss. Come risolveranno il fatto di fare transitare un treno
ogni sei minuti (10 treni all'ora) sul binario unico dei ponti sulla
Quisa e sul Brembo? Basta controllare coll'orologio in mano quanto
impiegano adesso i treni per quel tratto e capire che un intervallo di
sei minuti tra un convoglio e l'altro…ne occorrono perlomeno il
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