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piaceri d'inverno
PS: la data 30.12 é palesemente errata. Succede!










Intanto Buon 2019 a tutti!
Di cosa parliamo in questa pagina.

LA SCUOLA ITALIANA? ORAMAI È SOSTANZIALMENTE PRIVATIZZATA DALLE CORPORAZIONI E DALLE ONLUS.
STATO E COMUNI SONO SOLO UFFICIALI PAGATORI
Gli alunni della scuola elementare passano dai 2,534 milioni dell'anno scolastico 2001-2002 ai 2,498 milioni del 2018-2019. Il MIUR attesta che gli alunni disabili nella primaria erano 57.250 nell'anno scolastico 2001-2002 e diventano 89.029 quest'anno scolastico. In percentuale si passa dal 2,25% al 3,56%.
Gli alunni non italiani passano dal 2,39% al 12,16% dal 2001-2002 al 2018-2019.
Nell'anno scolastico corrente  nella scuola elementare gli italiani disabili sono il 2,8% contro il 3,9% sul totale degli alunni (italiani e stranieri) presenti in aula.
Predicava Di Maio un anno or sono: "Per questo, la prima cosa che faremo sarà aumentare le risorse per l'istruzione: nel medio termine vogliamo arrivare al 10,2% del Pil, in linea con la media europea. I nostri programmi di spesa sociale, istruzione compresa, saranno finanziati da un lato con i tagli agli sprechi e alle spese inutili che si annidano nel bilancio pubblico e dall'altro con il maggiore gettito fiscale che il nostro piano di investimenti produttivi produrrà anno dopo anno", dichiarò Luigi Di Maio il 17 gennaio scorso al sito online Tecnica della Scuola.  (...)

MANOVRA: IL 2019 NON PROMETTE NULLA DI BUONO PER IL GOVERNO. SALVINI L'HA CAPITO, DIMAIO NO
Nell’interminabile travaglio, doloroso e grottesco, che ha accompagnato il parto della legge finanziaria 2019, tra tutti i contendenti il solo punto a favore è quello che può marcarsi il governo giallo-verde per aver tenuta botta – unico caso a memoria d’uomo – a fronte della Commissione europea: il merito del rifiuto di assumere la postura del tappetino; tutelando almeno formalmente la propria dignità di partner dell’Unione indisponibile a scendere al livello di uno Tsipras qualunque, che sbraita e fa il fenomeno a casa propria e poi – in trasferta – si trasforma in uno yes-man sottomesso a ogni prepotenza. (...)

DAL GOVERNO UN'IDEONA PER GORI&GANDI:
UNA APP DA 10 EURO PER ENTRARE IN BUS IN CITA'ALTA
Mica paglia  sedere nello stesso ristorante milanese dove stava pasteggiando tale  Philippe Daverio in compagnia di altri tre fortunati e tra le tante battute ascoltate abusivamente dal nostro ricordiamo questa: “fare la guida dei musei e delle città é come mettere un laureato in scienze alimentari a fare il cameriere che raccoglie gli ordini alla mensa di san Francesco”. Il collegamento della battuta è con Città Alta. Chissà quale orgasmo avranno provato il sindaco Gori assieme all'assessore Gandi quando hanno saputo che nella legge di bilancio 2019 del governo penta leghista c'è la disposizione di pagare il biglietto per entrare a Venezia. (...)








































LA SCUOLA ITALIANA? ORAMAI È SOSTANZIALMENTE PRIVATIZZATA DALLE CORPORAZIONI E DALLE ONLUS.
STATO E COMUNI SONO SOLO UFFICIALI PAGATORI

Gli alunni della scuola elementare passano dai 2,534 milioni dell'anno scolastico 2001-2002 ai 2,498 milioni del 2018-2019. Il MIUR attesta che gli alunni disabili nella primaria erano 57.250 nell'anno scolastico 2001-2002 e diventano 89.029 quest'anno scolastico. In percentuale si passa dal 2,25% al 3,56%.
Gli alunni non italiani passano dal 2,39% al 12,16% dal 2001-2002 al 2018-2019.
Nell'anno scolastico corrente  nella scuola elementare gli italiani disabili sono il 2,8% contro il 3,9% sul totale degli alunni (italiani e stranieri) presenti in aula.
Predicava Di Maio un anno or sono: "Per questo, la prima cosa che faremo sarà aumentare le risorse per l'istruzione: nel medio termine vogliamo arrivare al 10,2% del Pil, in linea con la media europea. I nostri programmi di spesa sociale, istruzione compresa, saranno finanziati da un lato con i tagli agli sprechi e alle spese inutili che si annidano nel bilancio pubblico e dall'altro con il maggiore gettito fiscale che il nostro piano di investimenti produttivi produrrà anno dopo anno", dichiarò Luigi Di Maio il 17 gennaio scorso al sito online Tecnica della Scuola.

A quasi 12 mesi dall'annuncio di Di Maio e 7 mesi dall'inizio dell'esperienza di governo di Lega e Movimento 5 Stelle, le promesse sono state mantenute?
Stando a quanto si evince dalla legge di bilancio al vaglio della Camera per l'approvazione definitiva, la risposta è no: nel triennio 2019-2021 le risorse per la scuola si ridurranno del 10%, per un ammontare totale pari a 3,9 miliardi di euro di tagli. Si dirà: "Ma Di Maio ha parlato di medio termine", il che è verissimo, ma stando ai prospetti allegati alla legge di bilancio l'esecutivo Lega-M5S la tendenza appare inversa rispetto a quanto dichiarato in campagna elettorale.
Come spiegato dal Corriere della Sera, "si passa da 48,3 a 44,4 miliardi nel giro di tre anni, con una riduzione delle risorse sia per l'istruzione primaria (da 29,4 a 27,1 miliardi di euro) che per quella secondaria (da 15,3 a 14,1 miliardi)" e i tagli incidono anche sui fondi per gli insegnanti di sostegno e per i progetti di integrazione scolastica per allievi con Bes per una cifra pari a 1 miliardo e 300 milioni di euro. "Il bilancio pubblico riclassificato per 'azioni politiche' allegato alla legge di bilancio indica in modo chiaro e netto le scelte del governo per i prossimi tre anni. Ebbene, su quel documento è scritto nero su bianco che il governo del cambiamento taglierà 4 miliardi di euro all'istruzione pubblica e a determinare questa flessione sarà, soprattutto, la riduzione dei fondi destinati agli insegnanti di sostegno. La sforbiciata sarà di 1 miliardo e 300 milioni di euro nel prossimo triennio. Il governo che sostiene di essere nato per aiutare il popolo colpisce indiscriminatamente i più deboli. Si dovrebbero vergognare di fare cassa sulle fragilità. Possono scrivere tutte le liste della spesa possibili, ma a breve non potranno più nascondere le loro bugie dietro la peggiore propaganda".
In sostanza, dunque, i tagli alla scuola colpiranno tutti quei bambini disabili, con disturbi dell'apprendimento o bisogni educativi speciali che hanno necessità di essere seguiti da particolari figure dedicate o che hanno bisogno di determinati progetti per l'integrazione scolastica. I tagli alla scuola sconfessano le promesse da campagna elettorale del vicepremier Di Maio ma soprattutto vanno a ledere i diritti dei bambini più bisognosi, che a causa di questi risparmi si vedranno negare i necessari aiuti. La spesa italiana per istruzione è pari al 3,9% del Pil, quasi un punto percentuale in meno rispetto alla media Ue (4,7%), e gli indicatori suggeriscono che andrebbe considerevolmente aumentata e non ridotta.

La scuola è come un alveare e mai è consigliabile scuoterla perché le api si agitano, e le api agitate pungono. Invece tutti i ministri appena arrivati scuotono, dimentichi che per una volta l'unica vera riforma della costantemente riformata scuola italiana sarebbe da tempo un coraggioso annuncio di nessuna riforma per un quinquennio almeno. Se le forze armate avessero subito altrettante riforme, che fanno disfano sovrappongono dividono, oggi probabilmente avremmo gli alpini sommergibilisti, e i sommozzatori carristi. I nuovi ministri non si sono ancora seduti sulla poltrona che devono annunciare la disapplicazione dell'ultima riforma lasciata dal predecessore. Vedasi l'annuncio lo scorso ottobre dell''ennesima versione dellesame di maturità avviata dal ministro Valeria Fedeli (governo Gentiloni); le prove scritte scendono da tre a due con grande gioia di studentie famiglie.
Il nuovo ministro Marco Bussetti, della Lega, insegnante e dirigente scolastico di professione, ha aggiunto, tentazione irresistibile, alcune riformette di suo. Per accedere alla maturità, cioè all'esame finale che chiude la scuola media superiore, non saranno più necessarie le ore di alternanza scuola-lavoro, contestatissime in Italia ma che funzionano in Svizzera, Germania e altrove. E inoltre il test Invalsi del quinto anno di superiori non sarà più parte deè pari al 3,9% del Pil, quasi un punto percentuale in meno rispetto alla media Ue (4,7%), e gli indicatori suggeriscono che andrebbe considerevolmente aumentata e non ridotta.

Questi tre quadr(ett)i: l'andamento numerico dei disabili nella scuola (noi abbiamo puntato solo sulle elementari che  durano cinque anni), i finanziamenti nella Legge di Bilancio 2019 (anno che vai, denominazione che cambia….) , le “mania” delle riforme dei vari ministri che si succedono si coniugano con  l'altimo quadr(ett)o: l'Aran accerta per il triennio 2016-2018 la rappresentatività sindacale: il comparto scuola registra ben 145 sigle sindacali. L'Aran ha definito l'accertamento ufficiale della rappresentatività sindacale all'interno dei comparti pubblici, pubblicando per ogni sigla sindacale in dettaglio i dati associativi (deleghe) ed elettorali (voti per le RSU), in base ai quali viene determinato il tasso di rappresentatività. Avete letto bene: centoquarantacinque organizzazioni sindacali sono la controparte del ministero dell'istruzione e della ricerca.
Le scelte economiche e riformatrici del governo legastellato sulla scuola, oltre al ridicolo di avere come ministro un professore di ginnastica dirigente scolastico che fa venire in mente la mens sana in corpore sano oppure libro e moschetto fascista perfetto (a scelta visto che i penta stellati non sarebbero ne di destra ne di sinistra e la Lega sulla scuola ha porco nerbo) sono coerenti col processo di privatizzazione della scuola pubblica italiana che é ormai in buona parte privatizzata ma  non si può dire. Meglio non dirlo.
Perché quelli che sono gli investimenti statali nella scuola (pubblica e privata) si accompagnano poi alle spese che i vari enti locali destinano in sovrappiù. Sovrappiù non certo nel senso che sarebbero uno spreco: tutt'altro. Attorno alla scuola non esistono solo le lezioni private che p.e. il Codacons stima costino quasi un miliardo alle famiglie e siano per il 90% pagate “in nero” (gli insegnanti rimandano un alunno su quattro, stima sempre il CODACONS) ma  i Comuni con apposite deliberazioni (piani del diritto allo studio). Pur non essendo tra le uscite primarie, anche le amministrazioni locali contribuiscono al funzionamento del sistema scolastico: con servizi alle famiglie e la manutenzione delle strutture di proprietà. Vediamo quanto vale questo capitolo del bilancio nelle maggiori città italiane.

In generale far funzionare e organizzare il sistema educativo è una prerogativa statale, e i comuni non hanno competenza specifica sulle spese per l'istruzione, a eccezione di quelle per gli asili nido, che però rientrano tra quelle sociali e non tra quelle scolastiche. Se si osserva la classifica di quanto hanno speso le città con oltre 200mila abitanti nel 2014, (Milano nel 2014 aveva 1,324milioni di abitanti) emerge che a destinare la cifra maggiore all'istruzione è Milano con oltre 240 euro per ogni residente. Dopo il capoluogo lombardo troviamo 6 comuni che spendono somme comprese tra i 150 e i 200 euro pro capite, nell'ordine: Bologna, Verona, Torino, Trieste, Roma e Firenze. A Genova, Catania e Venezia vengono spesi tra 100 e 150 euro per ogni residente. La città etnea è l'unica grande città del Sud a superare la soglia dei 100 euro. Bari, Napoli e Palermo infatti si trovano agli ultimi posti della classifica, insieme a Padova – penultima con circa 73 euro per abitante.

Da questo quadro, peraltro sommario ma che proviene da fonti perfettamente attendibili:oggi il governo NON sa quanto costa un alunno scuola per scuola…, si vede come la scuola pubblica funzioni da motore per creare occasioni di lavoro e reddito a vantaggio di un gran numero di categorie che vengono finanziate direttamente dagli enti locali e dalle stesse famiglie. Nel senso che dalla crescita delle disabilità fino al numero degli allievi rimandati piuttosto che alla manutenzione degli edifici é proprio da DENTRO la scuola che si avvia e si innescano i processi di privatizzazione della prestazione. Non essendo più possibile espandere la spesa pubblica é stato avviato un percorso di privatizzazione che serve a recuperare la gran massa dei disoccupati e sottoccupati che lo stesso settore produce Il disabile che è assistito della spesa comunale nel piano del diritto allo studio costa 8mila euro l'anno ciascuno e questa spesa va tutta  ai privati i quali non sono altro che parte del grumo professionale di specializzazione scolastica che la scuola ha prodotto ma non assume ne potrà mai assumere.

Che poi un Paese anziché  ricostruire dei ragionevoli costi standard per un servizio pubblico (non lo vuole nessuno ne tra le 145 sigle sindacali e nemmeno nei ministeri…) in modo da controllare le spese- a partire dallo stato fino all'ultimo comune- adotti il sistema dei tagli più o meno mirati per favorire o danneggiare quelle organizzazioni che fanno riferimento o meno alla maggioranza di governo è la ragione principale del malessere che attraversa il Paese che si vede saccheggiato sia dallo stato che dai privati ed alla fine i propri figli non trovano lavoro e mentre la parte migliore degli stessi fugge all'estero. L'Italia si conferma maglia nera in Europa per la quota di Neet, i giovani tra i 18 e 24 anni che non hanno un lavoro né sono all'interno di un percorso di studi. I nuovi dati diffusi da Eurostat vedono il nostro Paese primeggiare nel 2017 nella classifica europea, con una percentuale del 25,7% (era il 26% nel 2016), a fronte di una media europea del 14,3%.
MANOVRA: IL 2019 NON PROMETTE NULLA DI BUONO PER IL GOVERNO. SALVINI L'HA CAPITO, DIMAIO NO


Nell’interminabile travaglio, doloroso e grottesco, che ha accompagnato il parto della legge finanziaria 2019, tra tutti i contendenti il solo punto a favore è quello che può marcarsi il governo giallo-verde per aver tenuta botta – unico caso a memoria d’uomo – a fronte della Commissione europea: il merito del rifiuto di assumere la postura del tappetino; tutelando almeno formalmente la propria dignità di partner dell’Unione indisponibile a scendere al livello di uno Tsipras qualunque, che sbraita e fa il fenomeno a casa propria e poi – in trasferta – si trasforma in uno yes-man sottomesso a ogni prepotenza.
Posizione “verticale” – la nostra – in cui vigeva non solo calcolo elettorale ma anche legittima fierezza. E pure molto bluff teatralizzato, indubbiamente. Ma la politica ha una sua eminente dimensione simbolica che non deve mai essere sottovalutata. Cui possiamo aggiungere l’inaspettato soccorso della dea bendata: la fortunosa e inaspettata accensione dello stellone d’Italia, sotto forma di riacutizzarsi del pasticcio Brexit e di crollo improvviso della grandeur macroniana sotto schiaffo dei gilets jaunes, che ha dirottato altrove l’attenzione primaria di Bruxelles. Ennesima conferma che la fortuna aiuta gli audaci (o magari gli incoscienti).
Per il resto – dato al nostro governo quello che è del governo – la sostanza dell’intera vicenda è stata di una pochezza disarmante in quanto a contenuti.
Intanto siamo tornati ai dibattiti parlamentari silenziati a colpi di fiducia; con un effetto silenziamento che non riesce a nascondere la mancanza di progetto politico, che non sia quello di blandire i rispettivi elettorati dei due azionisti di governo. Difatti solo Luigi Di Maio (o a suo tempo Matteo Renzi) può pensare che distribuire mance a pioggia evochi una Mano Invisibile che innesca sviluppo. Tema che non tocca minimamente Matteo Salvini, intento a coccolarsi gli energumeni del tifo ultras, che potranno venire bene a partire dalle votazioni del prossimo maggio. Per le abbinate elezioni europee e amministrative. Sempre che il Capitano dal tweet facile non pensi di incassare in politiche anticipate il tesoretto virtuale di consensi accreditatigli dai sondaggi.
Perché l’intermediario tra i due effettivi capi di governo Giovanni Conte ha un bel dire che la compagine non deve e non può essere sciolta, può ingegnarsi a scaricare le tensioni interne promettendo rimpasti che gli vengono immediatamente smentiti. Il fatto è che il boss leghista è animale dalle antenne troppo sensibili per non rendersi conto che quando gli effetti della manovra economica di fine anno entreranno in funzione saranno dolori. Altro che “finanziaria del popolo”, il varo del vagheggiato nuovo corso di risanamento nazionale.
Difatti se Luigi Di Maio sguaina in permanenza il suo ormai cronico sorriso incosciente, il faccione salviniano rivela una crescente cupezza per i segnali che gli giungono dalle sue storiche enclave a Nord-Est; siano le associazioni industriali, sia il governatore veneto Zaia, che percepiscono aggravamenti sociali ed economici in arrivo. Sotto forma di ulteriore caduta libera del sistema produttivo, dopo le tante chiacchiere sulle imprese 4.0 e le meraviglie competitive inesistenti del nostro export,  ma anche come risentimento montante quando sarà
percepito appieno l’effetto di aggravamento della pressione fiscale determinato dai pasticci governativi.
La previsione che qui si fa è che anche per il tandem Salvini-Di Maio la luna di miele con il Paese tenda all’esaurimento. Ma il primo si è costruito un marchingegno che a breve lo mette in sicurezza nei confronti della crescente natura ondivaga del corpo elettorale. Per il secondo, dopo aver dilapidato tra Puglia e Val di Susa buona parte del capitale di consensi che aveva portato 5S a essere il primo partito nazionale, potrebbe prefigurarsi un destino analogo a quello dell’Italia dei Valori e del suo guru Antonio Di Pietro. Del resto esperienze che trovano il proprio trait d’union nel comune patrocinio della Casaleggio Associati.
Mentre continua a essere incomprensibile cosa le opposizioni ci stiano a fare.

Pierfranco Pellizzetti
DAL GOVERNO UN'IDEONA PER GORI&GANDI:
UNA APP DA 10 EURO PER ENTRARE IN BUS IN CITA'ALTA

Mica paglia  sedere nello stesso ristorante milanese dove stava pasteggiando tale  Philippe Daverio in compagnia di altri tre fortunati e tra le tante battute ascoltate abusivamente dal nostro ricordiamo questa: “fare la guida dei musei e delle città é come mettere un laureato in scienze alimentari a fare il cameriere che raccoglie gli ordini alla mensa di san Francesco”. Il collegamento della battuta è con Città Alta. Chissà quale orgasmo avranno provato il sindaco Gori assieme all'assessore Gandi quando hanno saputo che nella legge di bilancio 2019 del governo penta leghista c'è la disposizione di pagare il biglietto per entrare a Venezia. Scrive Marco Belpoliti : “la Venezia dei forestieri e degli antiquari falsificatori, la città calamita dello snobismo (oggi divenuto di massa), delle imbecillità universali (confine sempre più difficile da tracciare), e "letto sfondato da carovane di amanti" (27,5 milioni di visitatori l'anno) e soprattutto "cloaca massima del passatismo" (come negarlo infine?), ha finalmente un prezzo: da 2,5 a 10 euro nei periodi di alta stagione. Per entrare si dovrà pagare, come chiede da tempo il sindaco, e non solo lui. Se si paga a Disneyland, città della fantasia, non si deve pagare per visitare la Venezia città della fantasia storica odiata dai Futuristi, ma così amata dai nostri contemporanei?”.
Gori e Gandi ed anche il mite Zenoni già contentissimi delle 190.413 multe da record che in un anno hanno reso al Comune di Bergamo più di 13 milioni, adesso possono mettere in cantiere anche al biglietto d'ingresso a Città Alta: cinque euro? Dieci? Vedranno.
Scommettendo che metà dei dodici milioni di passeggeri del Caravaggio che decidono una corsa per città alta trascinandosi appresso rumorose valige rotellate per cinque euro cadauno fanno 30 milioni di euro ogni anno. Una manna letteralmente piovuta dal cielo (del Caravaggio).
Tanto ormai la maggior parte delle persone, diseducata da anni di tv commerciale, considera in cuor suo Disneyland e Bergamo alta analoghe, nonostante che questo gioiellino architettonico sia stato reso tale da secoli di storia, dall'accumulo di ricchezze, ingegni, fatiche e sforzi di una intera civiltà. Oddio: adesso l'è ridotta proprio bruttina: come una vecchia baracca che dimentichi alla mattina di smaltarsi di tre chili di fondotinta. Ma va bene: non si può avere sempre tutto. Tramontata come città storica, Bergamo risorge come città del presente, dell'attualità, in parallelo dell'Orio Center. In funzione simpatetica: Caravaggio OrioCenter Città Alta. Un Gran Tour: 10 euro comprensivo di biglieto del bus, della guida scaricata da un'app oppure un QRcode: da mezz'ora, un'ora, due ore, mezza giornata, una intera. Multilingue con sottofondo Donizetti. E la  razza dannata degli umarelli e dei pensionati? Per loro un abbonamento  a tariffe secondo l'ISEE. Che volete di più? Un Lucano e una partita a burraco!