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C'è un sistema sicuro e collaudato per creare i problemi: inventarseli. Specie ai fini elettorali: vedi Salvini. Tutto questo discorrere continuamente di sicurezza a Curno come fossimo in qualche quartiere malfamato non è provato dalla pubblicazione di NESSUN numero. NESSUNO. Scrivere che i vigili ricevono 70 segnalazioni al giorno, non significa nulla. Significa solo far perdere tempo utile agli addetti a compiti specifici per consolare gli afflitti da qualche turbamento psicologico d'altra origine.
Non abbiamo mai letto quanti siano stati i furti DAVVERO accertati nelle case private (intendendo anche aziende e negozi) nell'ultimo decennio ed a quanto ammontino in soldoni davvero i danni subiti. Di cosa parlate quindi?
Non abbiamo mai letto quante siano state le rapine alle persone ed alle attività nel decennio trascorso. Di cosa parlate quindi? E quanto hanno «portato via» in queste rapine?
E che testa avete quando mettete insieme l'ordine pubblico col bullismo (eventuale) dei ragazzi?
No, dico, cosa c'entrano i due fenomeni?
Forse che il bullo d'oggi sarà un ladro o un rapinatore domani?
Ma vi rendete conto messaggio mettete in circolazione?
Il solo mescolare le questioni di sicurezza con bullismo è un brutto segnale.
Brutto per come state male voi, non i ragazzi e nemmeno i bulli.
Avete il coraggio e l'onestà di pubblicare quanto avete speso in apparecchiature elettroniche (telecamere e antifurti e guardie) sugli spazi pubblici negli ultimi 20 anni? Noi abbiamo già scritto: i danni subiti per furti-rapine dai Curnesi ammontano ad una somma minore della metà di quella spesa pubblica inutile.
NON date nemmeno i numeri dei delinquenti che avete acchiappato post furto con quei sistemi. Diamo noi un numero: meno del 10%.
Ne aggiungiamo un'altra: non pensate che sia «fisiologico» che un comune con tutto il commercio di interesse sovracomunale che s'è tirato addosso debba sopportare una dose di rumetta (delinquenti e spazzatura: velo spieghiamo perché dubitiamo che l'abbiate compresa) gettata per ogni dove?
La rumetta gettata per ogni dove È ESATTAMENTE come l'inquinamento che provocano le 10mila, 20mila, 50 mila auto che transitano ogni giorno sul nostro territorio che servono a far guadagnare quelli che poi pagano le tasse al Comune, tasse che ci garantiscono gli oltre 5-6-700mila euro che ogni anno il comune destina ai giovani in età scolare dal piano del diritto allo st6udio al doposcuola pomeridiano fino al CRE estivo. Vi pare poco?
Ci volete dire una volta per tutte quanti sono gli autocarri sanzionati per il transito abusivo alle Crocette verso Ponte? . Zero? Dieci? Si è poco perché non vi rendete nemmeno conto che quei 50mila veicoli che transitano ogni giorno causano PIU' MORTI e danni economici alle finanze pubbliche e alle famiglie di tutti i furti e rapine possibili. Quello della sicurezza è diventato un affare: si inventa il problema e si scodella la soluzione e la conseguente spesa. Il metodo è collaudato. Dall'handicap alla scuola al sociale alla sicurezza si inventano i problemi ed ecco la soluzione: basta che pantalone paghi. Ma i problemi non si risolvono perché in gran parte inventati e proprio in quanto tali vanno tenuti in piedi altrimenti l'affare crolla. I problemi non si risolvono perché lo scopo è e solo unico: che pantalone paghi e qualcuno s'ingrassi sempre.  Si ingrassa chi vende sicurezza come s'ingrassano di voti i politici che  inventano e cavalcano il problema.


















































A Bergamo 100 mila  «visite fantasma»
La Regione punta al prelievo forzoso.

Prenotano visite ed esami senza poi presentarsi e senza informare le strutture ospedaliere. Un comportamento diffuso tra i pazienti e dalle conseguenze negative per il mancato introito (a fronte di costi comunque sostenuti), ma anche per l'allunga-
mento delle liste d'attesa.
La percentuale di abbandono è stimata tra il 5 e il 10%. Detto altrimenti una cifra tra gli 1,1 milioni e 2,2 milioni di appuntamenti «bidonati» sull'intero territorio lombardo, mentre le visite andate a vuoto in tutta la Bergamasca sarebbero circa 110 mila. Proprio per contrastare il fenomeno detto anche del «no-show», il Pirellone, con una recente delibera, ha deciso di introdurre una sanzione: «Se non daranno comunicazione dell'impossibilità di presenziare alla visita, la volta successiva i pazienti dovranno corrispondere il ticket», afferma l'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera.
Guerra alle liste d'attesa.
«Sappiamo che le liste d'attesa rappresentano una delle principali criticità della sanità – aggiunge l'assessore – nel 2019 intendiamo intervenire in diversi modi». In primo luogo, «proseguendo con l'applicazione della riforma del sistema socio sanitario, in particolare con la presa in carico del paziente cronico che quindi azzererà per loro le liste d'attesa». Oltre a ciò, la delibera prevede «l'istituzione di un referente aziendale per le liste d'attesa e le sanzioni»: «Per la prima volta sanciamo l'obbligo di disdire la prenotazione. Quando ciò non avviene entro tre giorni lavorativi dall'appunta-
mento, il paziente dovrà pagare. Nel caso in cui chieda nuovamente una visita, se non pagherà il ticket, dovrà assumersene la responsabilità». Ovvero, come recita la delibera di Giunta, «quando l'utente fisserà un nuovo appuntamento, al momento di pagare il ticket, sarà chiamato a saldare anche la prestazione che non aveva disdetto in tempo utile in precedenza. Qualora lo stesso dovesse rifiutarsi, la struttura erogherà comunque la prestazione e provvederà senza indugio, a emettere la relativa cartella». Infine, su Brescia e Milano sono stati stanziati 15 milioni di euro per avviare una sperimentazione: «Riguarderà le 12 visite più critiche sul fronte dei tempi di attesa. Ci siamo impegnati ad acquistare le prenotazioni e a centralizzarle».
La campagna comunicativa
Intanto l'Asst Papa Giovanni è già impegnata in una campagna comunicativa contro il no-show: «Questo fenomeno comporta una mancata ottimizzazione delle agende – fa sapere l'ospedale -. Ne consegue che i tempi d'attesa si allungano, mancano le entrate per le prestazioni non disdette, a fronte di costi fissi (il personale ad esempio) e aggiuntivi, per i controlli e l'addebito previsto». Nel 2017 il Papa Giovanni ha monitorato da gennaio ad aprile il fenomeno in alcuni ambulatori campione, con l'obiettivo di quantificare una stima dei mancati introiti: Radiologia, Neuroradiologia, Medicina Nucleare, unità scelte perché erogano prestazioni particolarmente onerose per l'ospedale. «L'analisi ha rilevato che la percentuale di no-show era inferiore al 2%: 270 (1,7%) prestazioni non disdette a fronte di 16.342 prenotazioni complessive». Scorporando il no-show di chi risultava esente, la quota di effettivo mancato pagamento del ticket ha riguardato 123 di queste ultime (0,8% del totale). Il valore economico (ticket più il rimborso regionale) di queste prestazioni è risultato pari a 12.667,77 euro. «Per contribuire a contrastare il fenomeno, la Asst ha già messo in campo una campagna di comunicazione sull'importanza di disdire la prenotazione quando non sia possibile presentarsi, indipendentemente dal rischio di sanzioni o di pagamento ticket, per contribuire a ridurre le liste d'attesa». Sul fronte organizzativo «la stessa ricetta dematerializzata permette di intercettare le doppie o addirittura triple prenotazioni in strutture pubbliche in ambito regionale, fenomeno che spesso origina le mancate disdette». Con l'obiettivo di ridurre le liste di attesa, infine, «gli uffici amministrativi della Asst si sono dati l'obiettivo per il 2019 di affrontare in maniera sistematica il fenomeno dei no-show, con il riordino delle procedure
LA GENEROSITA' DEI BERGAMASCHI


Certo è che 110mila esami “prenotati e saltati” su una popolazione di 1,113 milioni di abitanti della provincia di Bergamo ci danno diverse (brutte) indicazioni. La prima è che il 10% dei bergamaschi sono degli stronzi acclarati. La seconda è che sono abbastanza ricchi o ipocondriaci. La terza è che basterebbe fare anticipare una cifra del 50% del costo  secondo l'esame e poi rimborsarli lo stesso giorno in cui effettua la prestazione laddove il tichet non sia previsto. Meno quelli che nel frattempo sono defunti.
Il fatto è che il costo della salute è l'argomento meno importante della classifica dell'Atalanta o dell'Inter. Difficile se non impossibile sapere quanta sia la spesa privata e quella pubblica in Lombardia. Ed a chi vada in saccoccia tale spesa. Il fatto è che gran parte delle prestazioni di alto valore e costo sono difatto sospese per una stagione all'anno e quindi chi ha i soldi paga. In due ospedali lombardi  con accreditati rispettivamente 900 e 366 letti se uno a ottobre 2018 aveva bisogno (non urgente) di una protesi all'anca veniva  soddisfatto entro due tre settimane a pagamento (dell'intervento) altrimenti aveva davanti oltre sei mesi per un intervento a carico completo del SSN. Senza contare la differenza di costo di una protesi “regionale” rispetto ad una protesi “ad hoc”.
Nessun cittadino bergamasco oggi è nella condizione di non potere comunicare in anticipo la decisione di non procedere all'esame nel giorno concordato e quindi proprio per la mancata educazione al rispetto reciproco che vanno sanzionati quelli che prendono in giro i concittadini.
Altro aspetto da mettere sul tappeto è che bisogna iniziare a livello nazionale una campagna per cui nello spazio di dieci anni certe patologie dovranno stare a totale carico del malato perché derivanti esclusivamente dal proprio stile di vita soprattutto perché diverrà vieppiù necessario spostare investimenti e spese per medicinali ed interventi di altissimo costo che non potranno convivere p.e. con l'enorme spesa stabile per la cura dei problemi cardiocircolatori delle persone. A meno che non si privatizzi per tutti gran parte della sanità per mantenere le cure  anche a chi i problemi se li crea per scelta personale.
Insomma è una ruota che gira. Le modificazioni dell'ambiente, del benessere, dell'informazione debbono avere corrispettivi cambiamenti anche nell'ambito della salute. Dobbiamo diventare  virtuosi nella raccolta differenziata del pattume ma dobbiamo diventare virtuosi anche nel nostro stile di vita.
MEGA MARCHETTA PRO-LEGA PER L'UNIBG DAI GIORNALI LOCALI


Trionfante il redazionale di Bergamonews che si fa portavoce dei deputati leghisti Giulio Centemero, capogruppo in Commissione Finanze, Daniele Belotti, capogruppo in Commissione Istruzione e Alberto Ribolla, componente della Commissione Bilancio: “Dopo anni di attesa finalmente l'Università di Bergamo potrà sbloccare i fondi per assumere personale e migliorare così l'offerta didattica a favore degli studenti. Abbiamo così mantenuto l'impegno che avevamo preso lo scorso 2 luglio all'incontro con il rettore Remo Morzenti”.  Parte  sparato pure Fabio Paravisi sul Corriere/Bergamo: “Dalla prossima estate l'Università di Bergamo potrebbe avere 25 docenti e 15 amministrativo in più, che saliranno a 190 nel giro di tre anni. Sarà una delle conseguenze dell'emendamento inserito dai deputati leghisti Daniele Belotti, Alberto Ribolla e Giulio Centemero nella nuova legge di bilancio”. Il quale forse ricordando quante balle la maggioranza penta stellata ne abbia già sbolognate conclude l'articolo con una  frenata: “Se l'emendamento sarà approvato, già dalla settimana prossima Morzenti presenterà al ministero la relativa domanda per assumere nel giro di tre anni 100 docenti e 80-90 amministrativi, un terzo dei quali potrebbero già arrivare nel corso dell'estate”. Scrive Paravisi: (L'ampliamento del personale docente ed amministrativo) “è un diritto che UNIBG ha guadagnato grazie ai suoi conti: un indebitamento basso e un rapporto spesa-personale entro i limiti che ne fanno un'università virtuosa, anzi la migliore in Italia da questo punto di vista. Mentre i suoi 350 docenti e i 220 membri del personale tecnico amministrativo ne fanno la più sottodimensionata. Ha un rapporto tra studenti e docenti pari a 53, addirittura cresciuto rispetto al 44 del 2013 e decisamente più alto del 42 della Bo di Urbino, dei 40 della Partenope di Napoli, dei 25 di Brescia o dei 20 di Brescia. Bergamo ha in cassa i fondi per le assunzioni ma finora, in base a quanto stabilito dal 2010 dal ministero dell'Istruzione, poteva solo sostituire chi se ne andava”. Ragionamento che viene pari pari riportato anche da Bergamo News  e che indica come i due pezzi siano perfettamente IMBOCCATI non sai se dai politici nominati o dall'università o da tutti.
Siamo insomma alla marchetta più evidente.
Nello stesso giorno invece Roberto Esposito  su La Repubblica scrive che “Dalla legge di bilancio, in corso di approvazione, arriva un colpo mortale per l'Università italiana. Già la manovra è estremamente allarmante per tutto il settore della cultura. La scuola perde quasi quattro milioni, con il taglio degli insegnanti di sostegno. Altre risorse vengono sottratte ai beni culturali. Ma l'Università rischia un vero collasso per l'effetto congiunto del blocco delle assunzioni per tutto l'anno prossimo e dei possibili prepensionamenti.”” Già l'Università italiana, nel suo complesso, e certo con qualche eccezione, versa in condizioni penose. In pochi anni i docenti in servizio si sono quasi dimezzati. Per non parlare degli amministrativi. Collocata in basso —con le note eccezioni — nella classifica di tutti i rating internazionali, divisa, per prestigio e risorse, tra Centro- Nord e Sud, gonfia di ricercatori che non riescono ad acquisire un ruolo stabile, l'Università avrebbe avuto quanto mai il bisogno di essere messa in sicurezza. L'impressione è che l'attuale governo, notoriamente ostile alle competenze, voglia spingere alle corde l'intero ambito del sapere. Quello che così s'interrompe non è solo il filo delle competenze, ma anche la crescita di una classe dirigente che in tutte le democrazie occidentali nasce dalla formazione. In Italia non si mai riusciti a saldare lo sviluppo, necessario e positivo, dell'Università di massa con la costruzione di una rete di Alte scuole in cui alcuni saperi specialistici raggiungano un livello competitivo su scala mondiale. Non è vero che le due cose sono incompatibili. A patto che l'eccellenza non si chiuda in oasi isolate, ma si ponga al servizio di tutto il sistema universitario nazionale, rivitalizzandolo dall'interno. Si tratta di mettere in circolo i prodotti migliori, facendo crescere intorno a essi anche i settori meno avvantaggiati. Esattamente il contrario di quanto si sta facendo, magari assegnando a un solo Ateneo risorse che metterebbero a regime diversi altri. Come è appena accaduto nell'avventata vicenda della Scuola superiore meridionale”.
Insomma chi vivrà vedrà visto che il maxi emendamento sarà approvato ma poi ci sono i decreti attuativi ed in cauda c'è sempre del venenum.
Pensiamo che UniBG non sia nata sotto una buona stella proprio partendo dal lato fisico. Materiale. L'idea della politica bergamasca di disseminare la città e il circondario di sedi universitarie celebrando questa scelta mentre concretamente era solo scaricare addosso alla scuola dei costi  altrimenti insostenibili (cosa mai avrebbe potuto metterci la politica nei cento contenitori in cui ha collocato l'università adesso? Niente o quasi.) l'ha di fatto trasformata in una sorta di super licei dove gli allievi a fine corso sono stati insieme nella stessa scuola (spessissimo) dal nido fino al dottorato. I fortunati passando attraverso qualche Erasmus.
Ricorderò sempre come una mazzata al cuore l'incontro che ebbi la primavera scorsa con una famiglia marchigiana che stava sullo spalto di S.Grata  e nel gruppetto c'era una neolaureata con relativo compagno. Passando salutai calorosamente la neo dottoressa e –credo il padre- mi chiese “che strada fare per entrare nel centro di città alta”. Traetene da soli le conclusioni .  Certo, magari c'è chi ha avuto la fortuna di portare a casa un modesta laurea con insegnanti che si chiamavano Giuseppe Nangeroni, Emilio Sereni ,  Mario Silvestri,  Emilio Barca, Cesare Chiodi, Renato Zangheri, Giorgio Chittolini, Francesco Indovina,  Amerigo Restucci, Renzo Stefanelli, Luciano Barca e chi si accontenta di  Marco Bussetti (ministro dell’ Istruzione, dell'Università e della Ricerca e docente di educazione fisica di scuola media) o l'università di Remo Morzenti. Ad majora.

[Roberto Esposito filosofo, insegna Filosofia teoretica alla S