A Bergamo 100 mila «visite fantasma»
La Regione punta al prelievo forzoso.
Prenotano visite ed esami senza poi presentarsi e senza informare le
strutture ospedaliere. Un comportamento diffuso tra i pazienti e dalle
conseguenze negative per il mancato introito (a fronte di costi
comunque sostenuti), ma anche per l'allunga-
mento delle liste d'attesa.
La percentuale di abbandono è stimata tra il 5 e il 10%. Detto
altrimenti una cifra tra gli 1,1 milioni e 2,2 milioni di appuntamenti
«bidonati» sull'intero territorio lombardo, mentre le visite andate a
vuoto in tutta la Bergamasca sarebbero circa 110 mila. Proprio per
contrastare il fenomeno detto anche del «no-show», il Pirellone, con
una recente delibera, ha deciso di introdurre una sanzione: «Se non
daranno comunicazione dell'impossibilità di presenziare alla visita, la
volta successiva i pazienti dovranno corrispondere il ticket», afferma
l'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera.
Guerra alle liste d'attesa.
«Sappiamo che le liste d'attesa rappresentano una delle principali
criticità della sanità – aggiunge l'assessore – nel 2019 intendiamo
intervenire in diversi modi». In primo luogo, «proseguendo con
l'applicazione della riforma del sistema socio sanitario, in
particolare con la presa in carico del paziente cronico che quindi
azzererà per loro le liste d'attesa». Oltre a ciò, la delibera prevede
«l'istituzione di un referente aziendale per le liste d'attesa e le
sanzioni»: «Per la prima volta sanciamo l'obbligo di disdire la
prenotazione. Quando ciò non avviene entro tre giorni lavorativi
dall'appunta-
mento, il paziente dovrà pagare. Nel caso in cui chieda nuovamente una
visita, se non pagherà il ticket, dovrà assumersene la responsabilità».
Ovvero, come recita la delibera di Giunta, «quando l'utente fisserà un
nuovo appuntamento, al momento di pagare il ticket, sarà chiamato a
saldare anche la prestazione che non aveva disdetto in tempo utile in
precedenza. Qualora lo stesso dovesse rifiutarsi, la struttura erogherà
comunque la prestazione e provvederà senza indugio, a emettere la
relativa cartella». Infine, su Brescia e Milano sono stati stanziati 15
milioni di euro per avviare una sperimentazione: «Riguarderà le 12
visite più critiche sul fronte dei tempi di attesa. Ci siamo impegnati
ad acquistare le prenotazioni e a centralizzarle».
La campagna comunicativa
Intanto l'Asst Papa Giovanni è già impegnata in una campagna
comunicativa contro il no-show: «Questo fenomeno comporta una mancata
ottimizzazione delle agende – fa sapere l'ospedale -. Ne consegue che i
tempi d'attesa si allungano, mancano le entrate per le prestazioni non
disdette, a fronte di costi fissi (il personale ad esempio) e
aggiuntivi, per i controlli e l'addebito previsto». Nel 2017 il Papa
Giovanni ha monitorato da gennaio ad aprile il fenomeno in alcuni
ambulatori campione, con l'obiettivo di quantificare una stima dei
mancati introiti: Radiologia, Neuroradiologia, Medicina Nucleare, unità
scelte perché erogano prestazioni particolarmente onerose per
l'ospedale. «L'analisi ha rilevato che la percentuale di no-show era
inferiore al 2%: 270 (1,7%) prestazioni non disdette a fronte di 16.342
prenotazioni complessive». Scorporando il no-show di chi risultava
esente, la quota di effettivo mancato pagamento del ticket ha
riguardato 123 di queste ultime (0,8% del totale). Il valore economico
(ticket più il rimborso regionale) di queste prestazioni è risultato
pari a 12.667,77 euro. «Per contribuire a contrastare il fenomeno, la
Asst ha già messo in campo una campagna di comunicazione
sull'importanza di disdire la prenotazione quando non sia possibile
presentarsi, indipendentemente dal rischio di sanzioni o di pagamento
ticket, per contribuire a ridurre le liste d'attesa». Sul fronte
organizzativo «la stessa ricetta dematerializzata permette di
intercettare le doppie o addirittura triple prenotazioni in strutture
pubbliche in ambito regionale, fenomeno che spesso origina le mancate
disdette». Con l'obiettivo di ridurre le liste di attesa, infine, «gli
uffici amministrativi della Asst si sono dati l'obiettivo per il 2019
di affrontare in maniera sistematica il fenomeno dei no-show, con il
riordino delle procedure
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LA GENEROSITA' DEI BERGAMASCHI
Certo è che 110mila esami “prenotati e saltati” su una popolazione di
1,113 milioni di abitanti della provincia di Bergamo ci danno diverse
(brutte) indicazioni. La prima è che il 10% dei bergamaschi sono degli
stronzi acclarati. La seconda è che sono abbastanza ricchi o
ipocondriaci. La terza è che basterebbe fare anticipare una cifra del
50% del costo secondo l'esame e poi rimborsarli lo stesso giorno
in cui effettua la prestazione laddove il tichet non sia previsto. Meno
quelli che nel frattempo sono defunti.
Il fatto è che il costo della salute è l'argomento meno importante
della classifica dell'Atalanta o dell'Inter. Difficile se non
impossibile sapere quanta sia la spesa privata e quella pubblica in
Lombardia. Ed a chi vada in saccoccia tale spesa. Il fatto è che gran
parte delle prestazioni di alto valore e costo sono difatto sospese per
una stagione all'anno e quindi chi ha i soldi paga. In due ospedali
lombardi con accreditati rispettivamente 900 e 366 letti se uno a
ottobre 2018 aveva bisogno (non urgente) di una protesi all'anca
veniva soddisfatto entro due tre settimane a pagamento
(dell'intervento) altrimenti aveva davanti oltre sei mesi per un
intervento a carico completo del SSN. Senza contare la differenza di
costo di una protesi “regionale” rispetto ad una protesi “ad hoc”.
Nessun cittadino bergamasco oggi è nella condizione di non potere
comunicare in anticipo la decisione di non procedere all'esame nel
giorno concordato e quindi proprio per la mancata educazione al
rispetto reciproco che vanno sanzionati quelli che prendono in giro i
concittadini.
Altro aspetto da mettere sul tappeto è che bisogna iniziare a livello
nazionale una campagna per cui nello spazio di dieci anni certe
patologie dovranno stare a totale carico del malato perché derivanti
esclusivamente dal proprio stile di vita soprattutto perché diverrà
vieppiù necessario spostare investimenti e spese per medicinali ed
interventi di altissimo costo che non potranno convivere p.e. con
l'enorme spesa stabile per la cura dei problemi cardiocircolatori delle
persone. A meno che non si privatizzi per tutti gran parte della sanità
per mantenere le cure anche a chi i problemi se li crea per
scelta personale.
Insomma è una ruota che gira. Le modificazioni dell'ambiente, del
benessere, dell'informazione debbono avere corrispettivi cambiamenti
anche nell'ambito della salute. Dobbiamo diventare virtuosi nella
raccolta differenziata del pattume ma dobbiamo diventare virtuosi anche
nel nostro stile di vita.
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MEGA MARCHETTA PRO-LEGA PER L'UNIBG DAI GIORNALI LOCALI
Trionfante il redazionale di Bergamonews che si fa portavoce dei
deputati leghisti Giulio Centemero, capogruppo in Commissione Finanze,
Daniele Belotti, capogruppo in Commissione Istruzione e Alberto
Ribolla, componente della Commissione Bilancio: “Dopo anni di attesa
finalmente l'Università di Bergamo potrà sbloccare i fondi per assumere
personale e migliorare così l'offerta didattica a favore degli
studenti. Abbiamo così mantenuto l'impegno che avevamo preso lo scorso
2 luglio all'incontro con il rettore Remo Morzenti”. Parte
sparato pure Fabio Paravisi sul Corriere/Bergamo: “Dalla prossima
estate l'Università di Bergamo potrebbe avere 25 docenti e 15
amministrativo in più, che saliranno a 190 nel giro di tre anni. Sarà
una delle conseguenze dell'emendamento inserito dai deputati leghisti
Daniele Belotti, Alberto Ribolla e Giulio Centemero nella nuova legge
di bilancio”. Il quale forse ricordando quante balle la maggioranza
penta stellata ne abbia già sbolognate conclude l'articolo con
una frenata: “Se l'emendamento sarà approvato, già dalla
settimana prossima Morzenti presenterà al ministero la relativa domanda
per assumere nel giro di tre anni 100 docenti e 80-90 amministrativi,
un terzo dei quali potrebbero già arrivare nel corso dell'estate”.
Scrive Paravisi: (L'ampliamento del personale docente ed
amministrativo) “è un diritto che UNIBG ha guadagnato grazie ai suoi
conti: un indebitamento basso e un rapporto spesa-personale entro i
limiti che ne fanno un'università virtuosa, anzi la migliore in Italia
da questo punto di vista. Mentre i suoi 350 docenti e i 220 membri del
personale tecnico amministrativo ne fanno la più sottodimensionata. Ha
un rapporto tra studenti e docenti pari a 53, addirittura cresciuto
rispetto al 44 del 2013 e decisamente più alto del 42 della Bo di
Urbino, dei 40 della Partenope di Napoli, dei 25 di Brescia o dei 20 di
Brescia. Bergamo ha in cassa i fondi per le assunzioni ma finora, in
base a quanto stabilito dal 2010 dal ministero dell'Istruzione, poteva
solo sostituire chi se ne andava”. Ragionamento che viene pari pari
riportato anche da Bergamo News e che indica come i due pezzi
siano perfettamente IMBOCCATI non sai se dai politici nominati o
dall'università o da tutti.
Siamo insomma alla marchetta più evidente.
Nello stesso giorno invece Roberto Esposito su La Repubblica
scrive che “Dalla legge di bilancio, in corso di approvazione, arriva
un colpo mortale per l'Università italiana. Già la manovra è
estremamente allarmante per tutto il settore della cultura. La scuola
perde quasi quattro milioni, con il taglio degli insegnanti di
sostegno. Altre risorse vengono sottratte ai beni culturali. Ma
l'Università rischia un vero collasso per l'effetto congiunto del
blocco delle assunzioni per tutto l'anno prossimo e dei possibili
prepensionamenti.”” Già l'Università italiana, nel suo complesso, e
certo con qualche eccezione, versa in condizioni penose. In pochi anni
i docenti in servizio si sono quasi dimezzati. Per non parlare degli
amministrativi. Collocata in basso —con le note eccezioni — nella
classifica di tutti i rating internazionali, divisa, per prestigio e
risorse, tra Centro- Nord e Sud, gonfia di ricercatori che non riescono
ad acquisire un ruolo stabile, l'Università avrebbe avuto quanto mai il
bisogno di essere messa in sicurezza. L'impressione è che l'attuale
governo, notoriamente ostile alle competenze, voglia spingere alle
corde l'intero ambito del sapere. Quello che così s'interrompe non è
solo il filo delle competenze, ma anche la crescita di una classe
dirigente che in tutte le democrazie occidentali nasce dalla
formazione. In Italia non si mai riusciti a saldare lo sviluppo,
necessario e positivo, dell'Università di massa con la costruzione di
una rete di Alte scuole in cui alcuni saperi specialistici raggiungano
un livello competitivo su scala mondiale. Non è vero che le due cose
sono incompatibili. A patto che l'eccellenza non si chiuda in oasi
isolate, ma si ponga al servizio di tutto il sistema universitario
nazionale, rivitalizzandolo dall'interno. Si tratta di mettere in
circolo i prodotti migliori, facendo crescere intorno a essi anche i
settori meno avvantaggiati. Esattamente il contrario di quanto si sta
facendo, magari assegnando a un solo Ateneo risorse che metterebbero a
regime diversi altri. Come è appena accaduto nell'avventata vicenda
della Scuola superiore meridionale”.
Insomma chi vivrà vedrà visto che il maxi emendamento sarà approvato ma
poi ci sono i decreti attuativi ed in cauda c'è sempre del venenum.
Pensiamo che UniBG non sia nata sotto una buona stella proprio partendo
dal lato fisico. Materiale. L'idea della politica bergamasca di
disseminare la città e il circondario di sedi universitarie celebrando
questa scelta mentre concretamente era solo scaricare addosso alla
scuola dei costi altrimenti insostenibili (cosa mai avrebbe
potuto metterci la politica nei cento contenitori in cui ha collocato
l'università adesso? Niente o quasi.) l'ha di fatto trasformata in una
sorta di super licei dove gli allievi a fine corso sono stati insieme
nella stessa scuola (spessissimo) dal nido fino al dottorato. I
fortunati passando attraverso qualche Erasmus.
Ricorderò sempre come una mazzata al cuore l'incontro che ebbi la
primavera scorsa con una famiglia marchigiana che stava sullo spalto di
S.Grata e nel gruppetto c'era una neolaureata con relativo
compagno. Passando salutai calorosamente la neo dottoressa e –credo il
padre- mi chiese “che strada fare per entrare nel centro di città
alta”. Traetene da soli le conclusioni . Certo, magari c'è chi ha
avuto la fortuna di portare a casa un modesta laurea con insegnanti che
si chiamavano Giuseppe Nangeroni, Emilio Sereni , Mario
Silvestri, Emilio Barca, Cesare Chiodi, Renato Zangheri, Giorgio
Chittolini, Francesco Indovina, Amerigo Restucci, Renzo
Stefanelli, Luciano Barca e chi si accontenta di Marco Bussetti
(ministro dell’ Istruzione, dell'Università e della Ricerca e docente
di educazione fisica di scuola media) o l'università di Remo Morzenti.
Ad majora.
[Roberto Esposito filosofo, insegna Filosofia teoretica alla S
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