IL FALLIMENTO DELLE PROFESSORESSE
Quando un imprenditore fallisce nella gestione della propria azienda, o
la vende o l'affitta o l'affida a qualcun altro. Un imprenditore
fallisce quando scentra il prodotto oppure quando ha un governo
dell'impresa non all'altezza dei problemi: per esempio la Fiat prima di
Marchionne era arrivata a fine vita per quei due motivi.
Succede anche con gli assessori comunali, specie se appartengono alla
generazione cresciuta risolvendo i problemi col debito pubblico.
A Curno prima hanno dovuto sbolognare la manutenzione e il
mantenimento dei beni comuni (dimenticandone opportunamente parecchi
per non fare la figuraccia completa). Poi hanno dovuto sbolognare
l'illuminazione pubblica incapaci di trovare tariffe convenienti e
tenere acceso un impianto mezzo centenario e mai tenuto debitamente in
sesto.
Adesso è venuto il momento dello sbologna mento della nettezza urbana.
Fallita la raccolta differenziata ancora incollata sotto il 65%.
Fallita La Miniera come esperienza per migliorare la performance
globale. Fallita l'idea di avere un paese più pulito piuttosto che il
“pulito degli uffici statali”, stavolta il comune diventa azionista di
chi dovrebbe togliergli di dosso il problema monnezza. Che domani i
cittadini se la smenino con un'app.
Coraggio scappiamo! dice un proverbio locale quando uno non sa
che pesci pigliare davanti ai problemi che s'è tirato addosso.
Nel fuggire i nuovi scappati di casa hanno abbandonato ed
abbandoneranno addosso ai cittadini 355mila euro l'anno per la
manutenzione e il mantenimento dei beni pubblici, i 187mila euro per
l'energia e il mantenimento e manutenzione dell'illuminazione pubblica
e –dulcis in fundo- i 615mila euro per la raccolta e smaltimento della
monnezza comunale. Che fanno quasi 1,2 milioni di euro di spese fisse
ogni anno che i cittadini hanno in groppa.
Del conto mancano i costi di manutenzione e mantenimento dei DUE CVI, i
costi per l'energia elettrica e la manutenzione e il mantenimento
degli impianti nei due CVI. Occhio croce altri 200mila euro se tutto va
bene.
Alla FIAT hanno avuto il coraggio di mettere alla porta quei dipendenti
che non erano in grado di riciclarsi e non è stata una scelta indolore.
A Curno anziché mettere alla porta quei funzionari incapaci di tenere
in piedi la baracca – o compici cogli assessori spreconi- hanno fatto
il contrario.
Perché in Italia se sei un operaio dipendente privato puoi finire
licenziato mentre se sei un dipendente pubblico puoi proseguire nel
fare danni: basta che non ammazzi qualcuno.
Adesso sentiamo già levarsi il coro greco che denuncia come anche negli
anni passati ci fossero tutte queste spese e forse anche di più. Il
fatto è che basta scorrere l'albo pretorio per verificare come
quelle spese non siano le uniche che risolvono i problemi connessi ma
come l'albo pretorio sia una sorta di albero di natale da cui penzolano
decine di determine per tappare i buchi non previsti nei rispetti
costosi e lussuosi contratti.
L'unico MAXI filone di spesa pubblica che resta ancora in mano
all'assessore ed agli uffici riguarda il piano del diritto allo studio
che ufficialmente s'aggira sul mezzo milione di euro ma che- mettendo
assieme tutto il corollario di altre iniziative destinate alla
medesima popolazione: i minori- scommettiamo arrivi a superare i
600mila euro. Se non i 700mila. Nel settore l'osso non viene mollato
perché c'è una gran massa di polpa da spartire nella categoria degli
insegnanti e dei professori: perché la scuola ha da essere pubblica
(formalmente) ma sostanzialmente la spesa comunale va in vantaggio dei
privati. Non delle famiglie o degli studenti cui vanno poche migliaia
di euro ma altri soggetti tutti della medesima estrazione.
Facile immaginare il “verso” delle sindache se questo è il
“recto”.”Proprio perché siamo convinte di non avere le competenze
necessarie che abbiamo chiamato dei tecnici da altre parti”. Non
è così. Chi s'inventa l'idea che le due sindache escono dalla reggia
una volta al mese per scendere in mezzo al popolo del mercato per
rispondere alle sue (del popolo) domande, significa di avere un'idea
del tutto distorta della democrazia e della partecipazione. Un'Idea
autoritaria che non ammette il dialogo e il dibattito. Un'idea che
presuppone che il potere e solo il potere possegga la verità e il
popolo bove vada illuminato. Un'idea che presuppone che nessuno possa
fare domande scomode o esprimere idee differenti. Del resto lo si vede
nei consigli comunali: la maggioranza vota a comando e tace sempre.
Peggio che ai tempi della DC quando almeno si punzecchiavano tra di
loro e c'era qualche comunista che aveva qualche idea da esporre
piuttosto che – com'è oggi- una minoranza che invoca ogni 3x2
compartecipazione nella gestione.
Questa è sostanzialmente la cifra del Comune di Curno, un comune
governato ormai da quasi 30 anni da insegnanti o assimilabili sostenuto
da maggioranze bottegaie di destra o prossime alla sinistra ma sempre
comunque molto filo cattoliche nelle varie versioni. I biglietti da
visita del comune sono una biblioteca auditorium in ballo da vent'anni
e senza alcuna prospettiva di apertura (anzi: non vogliono proprio
aprirla perché dovrebbero ridurre le altre mangiatoie già ben
collaudate sopra descritte). La nuova Rodari in ballo di 15 cui hanno
dovuto fare i lucernari ad opera finita, fare il secondo allacciamento
alla fognatura e dotarle di lavagne perché… le avevano pitturate sul
muro (sic). Per non dire dei livelli del piano. Infine osservare come
avevano ridotto le pareti interne della vecchia Rodari: al cui
confronto i graffiti dei treni pendolari fanno concorrenza a Raffaell
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OL PIERU' DE VOGHERA
Quando eravamo poveri c'era solo “ol pierù de voghera” uno scatolotto
cubico con quattro lobi, polpa non troppo spessa, gran massa di semi
bianchi all'interno. Veniva consumato prevalentemente nella peperonata
oppure ripieno (pane formaggio cotechino) al forno. Non era
granche ed essendo sensibile alla siccità in quelle condizioni
diventava più piccante e amarognolo del necessario. Una mezza schifezza
anche se adesso è Presidio Slow Food. I più coraggiosi lo sventravano,
ne ripulivano i semi e le costole le mettevano sott'aceto di vino,
quella “cola mader”. Un'altra mezza schifezza bene adatta agli
avventori avvinazzati per i calicini dopo “Mesa granda”.
Lo spray al peperoncino è una soluzione gassosa di capsaicina, che si
trova in concentrazioni varie in tutti i peperoni, sotto la
buccia e sulla placenta che porta i semi. Viene estratta come si
ricavano tutti gli olii essenziali dalla frutta o verdura.
Certo é che se esistono genitori che consentono a propri figli
minorenni di andare da soli in una discoteca dove ci può essere di
tutto dal pedofilo allo spacciatore… . Certo è che se una mamma porta
il proprio bambino in una discoteca dove ci può essere di tutto dal
pedofilo allo spacciatore… . Certo è che se dei genitori se ne sbattono
talmente per cui non si preoccupano neppure della sicurezza dei locali
dove vanno i propri figli minorenni, beh.
Già si leva il coro: provate voi a governare dei figli di quell'età!.
Se alzi bandiera bianca, esattamente come quel genitore che lascia
andare il figlio minorenne in una discoteca oppure lui porta il proprio
bambino, allora è il caso di togliere la patria potestà. Non si può
fare perché non saprebbero nemmeno a chi affidare il minore sfigato da
contanti genitori coglioni.
Che è già un aggettivo troppo gentile.
Poi ovviamente la colpa è sempre di qualcun altro. Del gestore della
discoteca che s'inventa un evento che non ci sarà per adescare 1500
polli. Oltre ai genitori che hanno cacciato il grano. Del gestore della
discoteca che fa entrare più gente del consentito per arraffare soldi.
Del delinquente che spruzza peperoncino per rubare oro e
cellulari e fanculo se s'ammazza qualcuno. Ma pensa te che ci sono pure
i ladri in discoteca!
Che dire poi di quegli idioti che (Decreto 12 maggio 2011.n 103: PdC
Berlusconi, Ministro dell'Interno Maroni, della salute Fazio e della
Giustizia Alfano) hanno permesso la vendita dello spray al
peperoncino e di quell'altro idiota –l'attuale ministro
dell'interno Salvini- che solo a tragedia avvenuta s'è
accorto dell'utilizzo fuorilegge dello spray, delle discoteche
che non sono in regola, ecc. ecc.
Ovviamente Salvini è innocente esattamente come sono innocenti il
quartetto – anzi: il quintetto sestetto settetto ottetto visto
che il Decreto 103 l'ha firmato pure Napolitano- che ne ha autorizzato
la vendita al di sopra dei 16 anni MA senza vi fosse l'obbligo di
esibire la carta d'identità da parte dell'acquirente. Quindi.
Anche a sinistra questa storia dello spray al peperoncino non era
e non è malvista. Dicono le gazzette che noi italiani saremmo pure dei
“parchi” consumatori di questo spray: secondo i dati di Defence
Systems, da noi si vendono circa 50/60mila bombolette all'anno, meno
della Germania dove siamo a circa 6 milioni all'anno, della Francia con
4,5 milioni, della Spagna 3,5 milioni. Ci consoliamo: vuol dire che
altrove stanno peggio di noi Salvini ti chiamano!.
Domanda che ci siamo fatti fin dai primi tempi del dibattito spray SI,
spray NO: se qualche deficiente lo spruzza su un autobus o in un locale
chiuso?. Evidente che questa domanda non se la sono posta Berlusconi
Maroni Fazio Alfano Napolitano e Salvini. Dimenticando i ministri dell
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FARE I CONTI COL DEFICIT DI NATALITA'
C'è un target vitale per la solidità del futuro dell'Europa, pari a
2,1, che nessuno Stato membro da molto tempo rispetta. Non si tratta
del valore del rapporto deficit/Pil ma del numero medio di figli per
donna. Tale target corrisponde all'equilibrato rimpiazzo generazionale.
La discesa sistematica della fecondità sotto 2,1 si situa tra fine anni
Sessanta e inizio anni Ottanta nell'Europa occidentale (la Svezia nel
1969, la Spagna nel 1981).
Nell'Europa orientale il crollo della fecondità arriva invece un po'
più tardi, dopo lo sgretolamento del blocco sovietico. Oggi il valore
medio dell'Unione è pari a 1,6. Una fecondità così bassa porta le
generazioni dei figli a ridursi progressivamente rispetto a quelle dei
genitori. La conseguenza maggiore non è tanto la diminuzione della
popolazione ma un'alterazione nell'impianto strutturale demografico con
il peso dei più anziani che diventa preponderante sui più giovani.
In un Paese che mantiene una fecondità vicina al rimpiazzo
generazionale, l'aumento della longevità fa conquistare gradualmente
anni di vita in età avanzata senza far mancare la forza di sostegno
della popolazione in età attiva.
Se invece la fecondità rimane sensibilmente sotto la soglia di 2,1, il
costo dell'aumento della longevità (in termini di previdenza e salute
pubblica) diventa sempre meno sostenibile, perché la denatalità va ad
erodere l'asse portante della popolazione attiva, indebolendo così la
capacità del Paese di produrre ricchezza e benessere.
Una misura dello squilibrio demografico derivante da tale processo è
l'indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra numero di persone
over 65 con quelle in età lavorativa), che risulta particolarmente
elevato in Europa ed è destinato a salire ulteriormente, secondo le
previsioni Eurostat (compresa anche l'immigrazione), dal 30% attuale a
oltre il 50% entro la metà del secolo.
Possiamo considerare tale indice come l'equivalente demografico del
debito pubblico: il suo aumento rende più instabile un Paese e riversa
costi sul futuro (a carico delle nuove generazioni). Inoltre, se il
deficit (divario annuale della spesa rispetto alle entrate di uno
Stato) alimenta il debito pubblico, così la distanza del numero medio
di figli per donna dalla soglia di rimpiazzo generazionale spinge al
rialzo il tasso di dipendenza degli anziani.
Ma non esiste nessun patto di Stabilità che impegni gli Stati membri a
contenere questo divario. Se definiamo "deficit demografico" quanto la
fecondità di un Paese si trova sotto la soglia di equilibrio di 2,1,
otteniamo un quadro molto articolato: alcuni Stati si discostano di
poco, altri hanno attivo un percorso di recupero, altri rimangono su
valori lontani.
Al primo gruppo appartengono Francia e Svezia, con un deficit
demografico attorno a 0,2. Rientra invece nel secondo gruppo la
Germania, che in pochi anni ha ridotto il deficit da oltre 0,7 a 0,5.
Italia e Spagna presentano invece valori persistentemente tra i
peggiori in Europa, con una distanza dalla soglia di equilibrio
superiore a 0,75.
Un patto europeo per politiche che impegnino al miglioramento su questo
indice aiuterebbe a fornire il ritratto di una Unione non solo
interessata ai parametri finanziari, ma anche a rafforzare il modello
sociale comune e il benessere delle famiglie. Il miglioramento della
natalità, del resto, si realizza assieme anche al potenziamento della
condizione giovanile e dell'occupazione femminile, come dimostrano
politiche di successo attuate in vari Paesi. Senza intervenire su
questo deficit sarà in ogni caso sempre più difficile in futuro tenere
in equilibrio gli stessi conti pubblici.
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SEPARATT IN CASA E MATTARELLA SI DIA UNA MOSSA
Di Maio: “Incontro Salvini-imprese? I fatti si fanno al mio ministero”. Il leader della Lega: “Un referendum sul Tav? Perché no”
Il botta e risposta tra i due vicepremier che nasce dall’incontro di
ieri, domenica, tra Matteo Salvini e i rappresentanti delle imprese, si
arricchisce di una prima presa di posizione, con il ministro
dell’Interno e leader della Lega che mette sul piatto la possibilità di
un “referendum” sul Tav. “Perché no?”, risponde Salvini a chi gli
chiede se una consultazione possa essere la strada da seguire nel caso
in cui “dall’analisi costi benefici sulla’Alta velocità non dovessero
arrivare una risposta chiara”.”L’importante è avere dei sì o dei no. Io
tifo sì. Se i tecnici ci dicessero no o forse, si possono ascoltare i
cittadini”, precisa poi il vicepremier del Carroccio, parlando a
margine dell’incontro con i presidenti territoriali di Confindustria
Lombardia, nella sede di Assolombarda a Milano.
L’incontro di domenica di Salvini con le associazioni dei datori di
lavoro era stato definito “concreto e proficuo”, un momento di disgelo
con l’esecutivo, dopo frecciatine reciproche andate avanti in questi
sei mesi, non ultime quelle dopo la manifestazione cosiddetta “Sì Tav“.
Il governo “ci ha convocati per la prima volta dal suo insediamento”
per “riaprire una stagione di confronto”, si era rallegrato il
presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, anche se sono in molti a
sottolineare che ora “aspettiamo i fatti”.
La scena, inedita, dei rappresentanti delle imprese che invece di
entrare al ministero del Lavoro o a quello dello Sviluppo vengono
ricevuti al Viminale, viene commentata oggi da Luigi Di Maio. I fatti
“si fanno al Mise, perché è il Mise che si occupa delle imprese”,
sottolinea il ministro dello Sviluppo Economico riprendendo le parole
di Boccia e rispondendo alla domanda se non si sentisse “scavalcato”
dal collega vicepremier. “Tutti i ministri hanno il dovere di
incontrare sempre le imprese”, premette, ma assume significato doppio
l’annuncio di Di Maio di “creare un tavolo permanente che segua tutta
la legge di bilancio per gli imprenditori e i professionisti per dargli
la possibilità di migliorarla”. A quel tavolo (che avrà “un metodo di
lavoro“) si sistemeranno circa 30 sigle imprenditoriali contro “le poco
più di 10 viste ieri da Salvini”, evidenzia lo stesso titolare dello
Sviluppo. Alle imprese Di Maio assicura novità su cuneo fiscale,
sburocratizzazione e debiti della Pubblica amministrazione.
Ma nel frattempo Salvini continua a muoversi soprattutto con quello che
sente parte del proprio elettorato. A Milano, per esempio, incontra gli
imprenditori lombardi nella sede di Assolombarda. I fatti si fanno al
Mise? “A me interessa la sostanza, io incontro, ascolto, trasferisco,
propongo, miglioro poi a me interessa che il governo nel suo complesso
aiuti gli italiani. Ognuno fa il suo“. Non proprio un’espressione di
pentimento. L’incontro di ieri con le imprese, insiste, è andato “molto
bene, mi sono portato i compiti a casa, con alcune cose che si possono
fare subito. Su alcune ci stiamo già lavorando: burocrazia da tagliare,
costi e tempi da ridurre. È un’Italia che cresce. Ho sentito anche il
presidente del Consiglio Conte e stiamo lavorando bene”. E poi, a
margine dell’incontro, il commento sulla Torino-Lione: “L’unica cosa
che non può succedere è che si vada avanti ancora per settimane o per
mesi a discutere. I cantieri o si aprono o non si aprono, l’importante
è avere dei si o dei no, io tifo sì. Se i tecnici ci dicessero un no, o
un forse, si possono ascoltare i cittadini“.
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