Il reddito di cittadinanza e quella strana definizione di povertà
I nostri media da giorni ripetono ossessivamente che “il governo e la
Ue stanno trattando” sulla legge di bilancio 2019, manco fosse un
negoziato sul disarmo atomico tra superpotenze mentre in realtà è la
calata di braghe ed il tentativo di evitare che un ridicolo paese
guidato da demagoghi che si sbracciano dai balconi finisca in
bancarotta a stretto giro, perdendo l’accesso ai mercati finanziari.
Non sappiamo come finirà ma la certezza, ad oggi, è che la misura che
“scazza” tutta la costruzione è Quota 100, nel senso che rischia di
fare esplodere il debito pubblico italiano entro alcuni anni. Ma poiché
le due “bandiere” dei partiti di maggioranza simul stabunt et simul
cadent, resta da capire come uscire dallo stallo. C’è tuttavia da
commentare sulla forma che starebbe prendendo il cosiddetto reddito di
cittadinanza.
Al momento, quello che sappiamo è che sarebbero stati definiti alcuni
paletti per l’accesso alla misura, fermo restando che i circa sette
miliardi ipotizzati per le erogazioni sono del tutto insufficienti per
il famoso target di un reddito mensile di 780 euro, che sarebbe la
soglia statistica di povertà relativa del nostro paese. Attenzione:
parliamo di povertà relativa, che si misura come soglia pari al 60% del
reddito mediano del paese, non di povertà assoluta, che è ben altra
cosa, e nettamente inferiore a quella relativa.
Questo è il primo equivoco della misura, oltre al fatto che
finanziariamente non quadra manco a piangere, ma tralasciamo per il
momento questo punto. Quello che lascia perplessi sono i paletti al
momento definiti per l’accesso alla erogazione. Che sono:
• Un reddito Isee pari a 9.360 euro;
• Un patrimonio immobiliare non superiore a 30 mila
euro, oltre alla eventuale proprietà della casa di abitazione;
• Un patrimonio mobiliare (conti correnti e titoli)
non superiore a 10 mila euro, che salgono a 15 mila se in famiglia c’è
un disabile;
Vediamo: con quella soglia Isee, in teoria, una famiglia potrebbe avere
redditi pari a 21 mila euro annui. Che non è esattamente un concetto di
povertà, anche se tutto dipende ovviamente dalla numerosità del nucleo
familiare. Poi, aggiungere altri 30 mila euro di patrimonio immobiliare
alla eventuale prima casa è piuttosto singolare, come concetto di
povertà. Ovviamente, parliamo di valore determinato da rendite
catastali che spesso sono ridicolmente basse rispetto ai valori di
mercato. Analogamente, mettiamoci pure un patrimonio di liquidità e
titoli di 10 mila euro. Mah.
Sono dei poveri piuttosto agiati, i nostri potenziali beneficiari del
reddito di cittadinanza, si direbbe. Anche se si trovano intrappolati
nella illiquidità del loro patrimonio immobiliare, che in Italia è
problema assai serio. Forse sarebbe meglio arrivare a comprendere, dopo
mesi, che occorre tenere separata la dimensione del collocamento e del
mercato del lavoro con quella di politiche sociali vere e proprie, che
trattano il tema del disagio e del reinserimento in società. Ne ha
scritto in modo magistrale su quesi pixel, tempo addietro, Luigi
Oliveri; lo ha ribadito in un commento altrettanto efficace Stefano
Feltri, ieri.
Sin quando non sarà chiara la duplice distinzione tra politiche del
lavoro e politiche sociali da un lato e, a monte, quella tra povertà
assoluta e relativa, sarà impossibile ragionare sul tema in termini
razionali, e di conseguenza dimensionare il fabbisogno finanziario
della misura. Ma non si può pretendere che il pentastellato medio abbia
pensieri così strutturati, dopo tutto. Anche per quello poi ci
ritroviamo con autentici deliri tipo le tre proposte di lavoro
rifiutabili in zone dove trovarne una autorizzerebbe ad una settimana
di festeggiamenti pubblici.
Ma i tempi stringono, dopo aver buttato nello sciacquone sei mesi con
stupidi proclami, e la concatenazione tra reddito di cittadinanza e
controriforma pensionistica rende elevata la probabilità di un esito
solo contabilmente soddisfacente, mentre l’essenza delle criticità non
verrebbe neppure scalfita. Questo accade, quando al potere vanno dei
demagoghi ignoranti il cui unico obiettivo è quello di fare debito da
scaricare in testa alle generazioni future, fottendole definitivamente.
Phastidio.net
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Basta
scorrere le pagine di L'Eco per trovare ogni settimana la notizia che
un grande anziano c'ha lasciato le penne o si é ferito per un incidente
SEMPRE a causa di una sua (dell'anziano) gravissima imprudenza. In
questa pagina diamo due notizie degli ultimi due giorni. Tra
giovani quarantenni e cinquantenni che schiattano per un infarto mentre
sono in giro a bulleggiare con portentose bici fuoristrada,
l'ottantenne che biciclettando su un marciapiedi fa un cul-martello con
una catena posta proprio a difesa dei pedoni e resta secco dopo
qualche giorno; sempre il 75enne che va a funghi e precipita
dentro una valletta e quello che va a passeggiare lungo una roggia e ci
casca dentro… forse è il caso che qualcuno faccia un serio tagliando
alla testa prima che al corpo.
Perché questi incidenti sono troppi e queste morti sono troppe.
Sono troppe perché dietro ogni morte ci sono famigliari che piangono ed
anche problemi materiali da affrontare per chi resta (sola-o). Sono
troppe perché non è ammissibile che un ottantenne schiatti d'infarto
una giornata d'estate mentre fa la salita di Rossino o della Roncola o
di Selvino. Sono troppe anche le morti per un infarto di persone
abbastanza giovani -40-50 anni- mentre bulleggiano in bici –meno di
corsa runner- su per i sentieri.
Nell'ultimo mese ho incontrato in paese due signore di mezza età
colpite da cancro al seno. Due belle tombolotte dalla stazza
esattamente di quelle che le statistiche indicano come le più
potenziali vittime di quella neoplasia: non ci avevano pensato prima?.
Boh. L'idea che nel 2018 ci siano ancora persone che non sanno
prevenire ed affrontare i propri problemi cardiocircolatori non fa ben
pensare anche se –lo dicono le statistiche sulla lettura dei giornali-
la media età è quella che legge di meno (tranne la Gazzetta dello
Sport…) i quotidiani che ormai hanno tutti ogni settimana la pagina
della salute. Idem per gli anziani che credono nei miracoli della
chimica ragion per cui pensano che la pastiglia di statina basti
a salvargli la pellaccia.
In mezzo secolo siamo passati dalla paura matta di ammalarci perché non
c'era la mutua e nemmeno le cure adatte alla certezza opposta che
adesso si sistema tutto con un po' di chimica e chirurgia ragione per
cui si sfida tutto. Tanto c'è il 118 e il Soccorso Alpino. O un
minilocUlo in via IV Novembre.
Un discorso a parte merita questo cacciatore ottantunenne preso a
sberle –dice lui- da un giovine animalista. Stiamo dalla parte
dell'animalista. Prima di tutto perché anche se la legge lo consente
ciascuno stia a casa propria e sulle sue proprietà. Secondo perché a 81
anni non vai a dicembre nella nebbia di Badalasco a beccacce. Nonnino
lascia stare le beccacce che non ti hanno rotto il ca**o. Sarà anche
vero che passo per uno che tira plocade ai maestrini sardAgnoli e
adesso che prende a schiaffi gli ottantunenni ma in certe
situazioni le soluzioni sono uniche: provate a far ragionare un asino
ed essere gentile con lui. Mica ti da retta.
Morale della favola. Non c'è bisogno che gli anziani si rinserrino in
casa a rimbambire 24h:24h davanti alla tivù esattamente come non c'è
bisogno che vadano a schiattare in bicicletta sulla salita di Rossino
alle tre del pomeriggio di un gio
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La
messa comincia sempre allo stesso modo. Il custode delLa Latrina di
Nusquamia, l'ing. Claudio Piga abduano di origini sardAgnole con
ascendenze in ValCamonica, uno che ha fatto il classico in un liceo dei
preti dove ebbe a studiare pure l'Antonio Gramsci, uno che si titola
aver studiato latino e greco (ma non è laureato in tali materie: si
loda e s'imbroda da solo) ha dedicato un breve passaggio pomeridiano
alla lettura del nostro blog e s’é scandolizzato -signora mia, ha letto
cosa c'è scritto a proposito della discesa delle due sindache in
mezzo al popolo per ascoltarne i lamenti? Dico solo che sono basito.
C'è modo e modo di criticare le due sindache: un modo urbano, il
nostro, e un modo rozzamente contadinesco, quello di A GUARDARE ALLE
COLLINE». Par blue ma l’è giallina. Con le dita ancora sporche dopo
avere tracciato l'ennesimo post sulle pareti della Latrina, si lamenta
del fatto che abbiamo ricordato alle due sindachesse che quando si cade
con una sconfitta elettorale si fa una brutta fine pure in tempi
“politicamente corretti” quando le gogne non si usano più per non dover
chiamare la Servizi Ambientali a pulire la strada. Per esempio anche un
certo Renzi dopo essersi beccato pure il voto del custode delLa Latrina
di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga appunto, già portavoce di una giunta
fascio leghista col sindaco suo socio in affari nell'aziendina dei
flayers alloggiata dal fiorista di via Buelli.
Il custode delLa Latrina di Nusquamia, studioso di latino e greco
come frequentatore di un liceo classico già gestito dai preti,
sia pure per soli tre anni, gli viene “casualmente” da citare “l'abate
Lorenzo Mascheroni, poeta a tempo perso e soprattutto grandissimo
geometra (nell'accezione nobile della parola: non era un agrimensore
[**], ma professore di matematica e geometria a Pavia) si travestiva da
pastore con il nome di Dafni orobiano e scriveva poesie alla contessa
Paolina Secco Suardo, che in Arcadia aveva preso il nome di Lesbia
Cidonia. Dove l'[**]: Tale era l'importanza attribuita da Platone alla
geometria che il portale d'ingresso della sua Accademia — si dice — era
sovrastato dalla scritta (in greco), cioè "Non entri nessuno che non
abbia conoscenza della geometria". In antico "geometri" erano coloro
che sapevano di geometria, perciò chiamare oggi "geometri" gli
agrimensori è poco meno di un'infamia”.
Al Lorenzo Mascheroni (1750-1800) é intitolata una piazza di città alta
posta all'esterno della cittadella. Da un articolo il cui contenuto non
abbiamo potuto verificare, sembra che i locali della cittadella abbiano
ospitato per qualche decennio delle aule del liceo (classico) prima
delle radicali modifiche dell'arch. Angelini (ante1960). Chissà se la
notizia sia vera oppure costituisca la solita ciliegia turistica.
Wikipedia o Treccani danno l'immagine del (prete? uno che scrive poesie
ad una donna di costumi non proprio morigerati?) Mascheroni delle
sue opere e della biografia. Il custode delLa Latrina di Nusqumaia
costruisce una delle sue fake new facendo intendere che la
professione di geometra (istituita 129 anni dopo la morte del
Mascheroni) abbia qualcosa a che fare –in negativo- con quella di
agrimensore e gli studi di geometria del Mascheroni. La faccenda è
molto semplice dal momento che tutte le opere (di natura edile
costruttiva) del Mascheroni risultavano GIA' abbondantemente superate
dai Romani: basti pensare agli acquedotti costruiti da quelli
così come basti pensare alla cupola del Pantheon creato
addirittura 27 anni prima della nascita di Cristo. 18 secoli prima
nascesse il Mascheroni, tardivo calcolatore. Quanto poi agli
agrimensori basti pensare alla centuriazione eseguita dagli
agrimensori romani. Pure in terra bergamasca alle porte di Bergamo o
nell'Isola o nella Bassa.
Rimessa in piedi la santella in onore di chi ha frequentato il
classico, il custode delLa Latrina di Nusquamia, mette in ordine un
altro altarino famigliare. Sarebbe quello dedicato al nipote della
madre del custode delLa Latrina di Nusquamia, giovine collaboratore di
una rivista fascista. “I bergamaschi urbani ed evoluti, per quanto
conniventi con il fascismo (ma devo forse ricordare che furono
conniventi con il fascismo i più bei nomi del successivo antifascismo?)
scrivevano semmai su riviste cittadine, non buzzurre, come la Rassegna
di cultura, emanazione dell'Istituto nazionale di cultura fascista,
fondato da Giovanni Gentile: si veda per esempio il fascicolo n. 7
(novembre 1941), p. 195, dove un giovane bergamasco che sarebbe morto
giovane, ed era considerato una speranza delle patrie lettere, pubblica
un articolo dedicato ad Erasmo da Rotterdam». La “smerdata” che sparge
il custode delLa Latrina di Nusquamia sta tutta nell'affermazione:
”devo forse ricordare che furono conniventi con il fascismo i più bei
nomi del successivo antifascismo?”. Della serie: c'ho avuto in famiglia
un collaboratore fascista ma siccome anche altri (non nominati, però)
furono collaboratori, ne usciamo mondati.
La storia è sempre la stessa. C'è chi viene da una famiglia di uno dei
fondatori di una cooperativa cattolica dei contadini poveri sulla
traccia della Rerum Novarum e poi morì per le bastonature dei
fascisti chi invece c'ha avuto un collaboratore dei fascisti
morto giovine non si sa se di tisi oppure di sifilide come il Colleoni
o il Donizetti. Collaboratore certo delle camice nere ma… non buzzurro.
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