GENOVA HA DIRITTO DI SAPERE
SEMMAILE RIFARANNOIL VIADOTTO
Il ponte di Genova, per i maghi dei sogni, ha un grave difetto: o c'è o
non c'è. Meglio: verso la fine di maggio, quando arriveranno le
elezioni europee, o ci sarà o non ci sarà. Perché un ponte no, un ponte
che ha lasciato un vuoto immenso non solo per le 43 vite che si è
portato via, per lo squarcio nel paesaggio dei genovesi, per i danni
enormi inflitti al porto e a tutta l'economia ligure, per le polemiche
incendiarie che ne sono seguite, non lo puoi nascondere neanche con le
promesse più luccicanti.
Son già passati tre mesi, da quel 14 agosto in cui il ponte Morandi
venne giù sotto un diluvio. Tre lunghissimi mesi. Senza che sia stato
neppure varato quel decreto legge ancora in discussione al Senato che
dovrebbe consentire al commissario straordinario Marco Bucci, scelto
dopo un tormentone di 51 giorni (in cui si è visto di tutto,
dall'annuncio di Giancarlo Giorgetti che «sarà un tecnico, una figura
manageriale» alle interviste a salve del papabile Claudio Andrea Gemme
presto «spapato»), dovrebbe consentire, dicevamo, di muover almeno i
primi passi formali. Ma con quali regole può muoversi il sindaco, se il
decreto è già stato modificato più volte e rischia di esser modificato
ancora?
Prima di tutto, si chiede Il Secolo XIX , «Autostrade per l'Italia è
dentro o fuori? A questo interrogativo se ne legano altri a cascata,
capaci di far prender un'altra piega agli eventi. Un emendamento della
maggioranza sdoganerebbe la possibilità che sia Aspi a demolire quanto
resta del ponte.
M a, sorvolando che un emendamento non è (ancora) una norma, quanto
estensiva sarà questa apertura?» E quanto incideranno questi «ritocchi»
sulla decisione, come spiegò Giuseppe Conte, di «delineare un percorso
giuridico in deroga alle normative vigenti, che prevedono procedure di
evidenza pubblica, al fine di accelerare quanto più possibile l'opera
di ricostruzione»? Si spingerà davvero il decreto, per usar le parole
preoccupate di Raffaele Cantone, a offrire «una deregulation»
rischiosa? Ma questo, poi, darebbe sul serio un'accelerazione? O
offrirebbe il destro a mille ricorsi, in un Paese dove il Ponte di
Bassano (58 metri) è da tre anni esposto all'incubo di una piena fatale
perché i «lavori urgenti» di rinforzo sono finiti in un pantano di
cause giudiziarie?
Ciò che si è visto fin qui non incoraggia all'ottimismo. Il 17 agosto,
dopo la prima promessa di Società Autostrade («lavoriamo alacremente
alla definizione del progetto di ricostruzione del viadotto, da
completare in 5 mesi dalla piena disponibilità delle aree»), l'ingegner
Antonio Brencich, che aveva tra i primi denunciato le gravi criticità
del Morandi, spiega già a TG2000: «Ci voglion mesi solo per aprire il
cantiere di demolizione di quello che esiste. Mesi per aprire il
cantiere di costruzione, gli alloggi per gli operai, le centrali del
betonaggio… I tempi qua si misurano in anni. Se fosse tutto finito fra
quattro anni sarebbe un esempio di velocità». E chiude: «Non è giusto
illudere le persone». Non è giusto.
Eppure per settimane va avanti così. A fine agosto il leghista Edoardo
Rixi, viceministro delle Infrastrutture, annuncia: «Per i primi di
settembre potremmo iniziare la demolizione di ciò che resta del ponte
Morandi». Ai primi di settembre il governatore della Liguria Giovanni
Toti sposta la data ma non di molto: la demolizione «se tutto fila
liscio, potrebbe concludersi a fine ottobre». Tre giorni dopo, già che
c'è, scavalca tutti e, scrive Il Secolo, spiega: «Il nuovo ponte si
farà con un consorzio d'impresa tra Autostrade per l'Italia (Aspi) e
Fincantieri sulla base del progetto di Renzo Piano». Generoso nel
donare subito un progetto alla città ma presto quasi accantonato per
lasciare spazio a chi teorizza, come Danilo Toninelli, un ponte da
costruire «entro novembre 2019» che non si limiti a fare il ponte
(vecchiume ) ma sia «un luogo d'incontro in cui le persone possono
vivere, possono giocare, possono mangiare»…
Segue l'offerta del gruppo dei Benetton di farsi carico della
ricostruzione del Morandi (ora «in otto mesi») e di «stanziare un fondo
da 500 milioni di euro per dare indennizzi a tutti coloro che saranno
costretti a lasciare le case». Offerta liquidata da Luigi Di Maio così:
«Lo Stato non accetta elemosine da Autostrade».
Detto questo, i due vicepremier firmano una risoluzione congiunta dove
il governo si impegna ad «assicurare che la ricostruzione avvenga in
tempi non superiori a un anno». Cioè entro il 4 settembre 2019.
E salta fuori sul Sole 24 ore che le prescelte Fincantieri e Italferr
«non hanno le “Attestazioni Soa”» necessarie nel nostro codice degli
appalti «per certificare la capacità di realizzare opere pubbliche». E
poi che i giudici «non bloccano alcuna demolizione» ma non si potrà
partire prima di dicembre. E a un certo punto del tiramolla sul decreto
che non arriva e sul commissario che non viene nominato e il governo
che litiga, Toti perde la pazienza: «La strada che mi sono permesso di
suggerire è gratis e ci vogliono dagli 11 ai 15 mesi . Il commissario
che certamente è più bravo e ha più poteri di me, ci metterà tra gli 8
e gli 11 mesi e lo farà pagare ai marziani...». Non otto mesi ma «un
anno e mezzo», dice infine il sindaco-neocommissario Bucci. Fino a
fissar la data: «Daremo un nuovo ponte a Genova entro il Natale 2019».
In tutta sincerità: se lo meritano, i genovesi, questo stucchevole
rimpallo fra date senza che ci sia ancora, tre mesi dopo la tragedia,
uno straccio di progetto, di brogliaccio con regole chiare, di
dibattito sulle idee già pervenute, di cronoprogramma? «Vogliamo
sapere», hanno detto gli sfollati nella loro prima manifestazione.
Sapere.
E questo è il punto. Perché puoi anche raccontare che purtroppo non
puoi «cacciare subito mezzo milione di clandestini» perché al momento
ci voglion ottant'anni e non puoi introdurre subito la «flat tax al
15%» perché c'è chi si mette di traverso o non puoi ripristinare
immediatamente l'«art. 18» perché è complicato e non puoi «abbattere il
debito pubblico di 40 punti percentuali in due legislature» e «tagliare
la spesa pubblica improduttiva» e abolire l'Iva com'era nella prima
stesura del Def e «cancellare immediatamente le accise sulla benzina
che si rifanno alla guerra di Libia»… Puoi anche rassicurare i delusi
che tutto sarà fatto un po' più in là. A giugno, a luglio, ad agosto
forse…
Quando si voterà per le Europee, però, saranno passati nove mesi dal
crollo del ponte Morandi. E questo rischia di diventare un incubo per
le forze di governo. Perché il cantiere del ponte, in felice anticipo o
in drammatico ritardo, ci sarà o non ci sarà. E non si potrà neppure,
in caso di contestazioni, dar la colpa agli euroburocrat i…
Gian Antonio Stella
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IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA
CLAUDIO PIGA DA TREZZO
Il post lo stavamo aspettando: stavolta per utilità l'ha fatto
arrivare. Non s'era (ovviamente?) accor to nessuno che nel frattempo
sulla sua Latrina aveva preso a “parlare d'altro” per spendere
un'immagine differente dal vero. L'uomo è fatto così. Il custode delLa
Latrina di Nusqumia, tale ing. Claudio Piga abduano di origina
sardAgnole con ascendenze garibaldine in Valcamonica , uno che ha
frequentato il classico in una scuola dei preti e dove ha annusato le
residue puzzette di tale Antonio Gransci (lo dice lui:il custode delLa
latrina) nonché il Politecnico di Milano dove ha seguito le lezioni di
analisi matematica della mitica Ajroldi Vasconi, uno che preparava le
opere niente-poco-di-meno-che per la Mondadori (non quella della figlia
del cavaliere, però) ed ha terminato la sua carriera industrial
editoriale come contitolare di una dittarella editrice dei famigerati
flayer alloggiata presso il negozio di fiorista del padre del
socio – il sindaco del buongoverno (se lo dice da solo) Angelo
Gandolfi- in quel paese “sgarruppato” che sarebbe Curno. Ah! Nel fare
pubblicità alla dittarella avevano dimenticato di indicare la partita
iva e l'iscrizione alla camera di commercio. Tiriamo il fiato. Uno
appunto come il custode delLa Latrina di Nusqua mia Claudio Piga
comunica oggi urbi et orbi “ il Pedretti ritenne opportuno denunciarci
il 3 giugno 2013, ritenendosi offeso nella sua reputazione per la
pubblicazione di tre articoli pubblicati nel periodo aprile-maggio
2013. L'iter giudiziario si è concluso oggi 12 novembre 2018 con l'asso
luzione di Aristide, configurandosi il suo operato come relativo a
fatti commessi nell'esercizio di un suo diritto” e questo blog diede
notizia del procedimento chiedendo lumi all'interessato che non ne ha
mai dati e non ne da nemmeno stavolta. A noi le beghe
politiche Piga-Pedretti contano quanto una barzelletta. Di
quelle corte: però. Il Piga nel suo blog ha fatto spesso riferimenti a
vicende esclusivamente personali e famigliari del Pedretti che
–quand'anche raccolte dalle pagine dei quotidiani- non c'entrano
nulla nella bega “politica”. Le persone sincere e oneste che
vogliono essere anche “pubbliche” non nascondono i fatti. Il custode
delLa Latrina di Nus- quamia ci minaccia che esiste “Per esempio, il
dovere della decenza”. Infatti!. Basta leggere le virgole di merda che
pittura sulla Latrina indirizzandole all'univer so mondo per
vedere quanta ne abbia il suo autore.
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