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Di cosa parliamo in questa pagina:
IL GOVERNO VUOLE UNA SOCIETA' UNICA PER LA FIBRA. SABINO CASSESE DICE DI NO.
Sabino Cassese
Il governo intende, con un emendamento al disegno di legge sulla semplificazione, creare un altro monopolio: quello della rete unica di telecomunicazione a banda larga. Per farlo, si propone di unire la rete di Tim a quella di Open Fiber, anche contando sul fatto che la Cassa depositi e prestiti ha partecipazioni in ambedue le società. La nuova società dovrebbe assorbire il peso di migliaia di dipendenti di Tim e di una parte dei suoi cospicui debiti, e a questo fine dovrebbe poter godere di una posizione di monopolio (non è chiaro se di diritto o semplicemente di fatto), di cui farebbero le spese le società di gestione dei servizi telefonici, che si appoggiano alla rete, costrette a pagare tariffe alte al gestore della rete unica, e, in ultima istanza, i consumatori. Inoltre, mentre Open Fiber conferirebbe una rete limitata ma tecnologicamente avanzata, Tim conferirebbe una rete in larga misura obsoleta. Insomma, una concentrazione industriale promossa e agevolata, che conduce nuovamente, anche sull'esempio di qualche caso straniero, nelle mani di una controllata dello Stato una parte del settore delle telecomunicazioni.
Anche in questo caso, serve la lezione della ribellione torinese, orientata allo sviluppo e alla concorrenza, non alla chiusura e all'autarchia.(...)

SOCIETA’ UNICA PER LA FIBRA OTTICA? FORSE E’ L’UNICA CHE FANNO GIUSTA.SPERANDO NON TOCCHI AI CITTADINI PAGARE IL DOPPINO (CIOE’ I 30 MILIARDI DI DEBITO DI TELECOM CON LE BANCHE)
Telecom ha in pancia tre valori: i clienti, la rete di rame, la rete in fibra ottica. Ma ha anche in pancia 33 miliardi di debito. Ma  mano che passano gli anni –ormai siamo a contare solo i mesi- la rete di rame vale sempre meno e non solo perché è la più antica ma perché adesso viene usata dalle centraline su strada alle abitazioni e domani non servirà più nemmeno per questo perché la fibra ottica arriverà direttamente in casa. Quei 33 miliardi di debito sono garantiti interamente dai tre valori che stanno in pancia alla Telecom. Il problema nazionale di Telecom sta nel rischio che il Paese correrebbe se la rete di Tim dovesse finire in mani che costringerebbero le banche creditrici di Telecom a fare i conti con il reale valore dell'infrastruttura che, sulla carta, garantisce l'onorabilità dei debiti del gruppo di telecomunicazioni. Per esempio a che prezzo sarebbe valutata la rete una volta quotata in Borsa indipendentemente da Tim, come chiede il fondo Elliott in contrasto con la linea francese che vorrebbe tenere il guinzaglio corto? A quanto ammonta la potenziale differenza di valore rispetto alla valutazione della rete che le banche creditrici hanno utilizzato per certificare l'affidabilità del loro debitore?
La trovata stella leghista di mettere insieme Telecom e Open Fiber per creare una società unica nazionale proprietaria di tutta la rete in fibra ottica mira quindi a spostare le inevitabili perdite che bisognerà mettere a bilancio man mano che la rete in rame viene dismessa per la discarica controllata. Questo a protezione degli interessi non tanto di qualche socio Telecom ma soprattutto delle banche che hanno prestato quei 30 miliardi Forse adesso addirittura 33. (...)

SI ALLA TAV
NO A QUESTA TAV
Le due immagini che vedete sotto a tutta pagina sono tratte dall'ultima google earth  e quindi non sono aggiornate anche se ad un sopralluogo ad occhio non ci sono sembrate differenti dalla situazione (anche) attuale. Basta un minimo di conoscenza della geografia (forse proprio per via delle grandi opere che l'hanno tolta dall'insegnamento?…) per comprendere, seguendo appunto su google earth i tracciati delle grandi (e piccole e medie) opere realizzate o in via di realizzazione per capire la precisa e decisa volontà di chi le ha inventate progettate e le sta realizzando di distruggere quanto più territorio possibile con la ferrea intenzione di urbanizzare tutto quanto queste grandi opere inglobano o attorniano.
Ci si potrebbe consolare dicendo che “non ci sono più i  grandi progettisti” ma questa sarebbe una falsità grande come la terra: oggi la disponibilità di computer e di programmi per la progettazione di queste opere è qualche milione di volte meglio di quando l'autostrada del sole venne progettata e disegnata solo con matita pennino regolo e squadra e righetti.



































SOCIETA’ UNICA PER LA FIBRA OTTICA? FORSE E’ L’UNICA CHE FANNO GIUSTA.SPERANDO NON TOCCHI AI CITTADINI PAGARE IL DOPPINO (CIOE’ I 30 MILIARDI DI DEBITO DI TELECOM CON LE BANCHE)

Telecom ha in pancia tre valori: i clienti, la rete di rame, la rete in fibra ottica. Ma ha anche in pancia 33 miliardi di debito. Ma  mano che passano gli anni –ormai siamo a contare solo i mesi- la rete di rame vale sempre meno e non solo perché è la più antica ma perché adesso viene usata dalle centraline su strada alle abitazioni e domani non servirà più nemmeno per questo perché la fibra ottica arriverà direttamente in casa. Quei 33 miliardi di debito sono garantiti interamente dai tre valori che stanno in pancia alla Telecom. Il problema nazionale di Telecom sta nel rischio che il Paese correrebbe se la rete di Tim dovesse finire in mani che costringerebbero le banche creditrici di Telecom a fare i conti con il reale valore dell'infrastruttura che, sulla carta, garantisce l'onorabilità dei debiti del gruppo di telecomunicazioni. Per esempio a che prezzo sarebbe valutata la rete una volta quotata in Borsa indipendentemente da Tim, come chiede il fondo Elliott in contrasto con la linea francese che vorrebbe tenere il guinzaglio corto? A quanto ammonta la potenziale differenza di valore rispetto alla valutazione della rete che le banche creditrici hanno utilizzato per certificare l'affidabilità del loro debitore?
La trovata stella leghista di mettere insieme Telecom e Open Fiber per creare una società unica nazionale proprietaria di tutta la rete in fibra ottica mira quindi a spostare le inevitabili perdite che bisognerà mettere a bilancio man mano che la rete in rame viene dismessa per la discarica controllata. Questo a protezione degli interessi non tanto di qualche socio Telecom ma soprattutto delle banche che hanno prestato quei 30 miliardi Forse adesso addirittura 33.
Probabile che l'idea o il progetto  stella leghista sia quello di creare un'altra società tipo Terna (distribuisce l'energia elettrica in tutto il Paese) e questo al di la di quello che scrive Cassese non sarebbe un male (Terna è la società che da il miglior servizio a livello europeo) ma il problema a valle è che di nuovo lo Stato azzanna le tasche dei clienti visto che –il caso Terna- la bolletta  elettrica delle famiglie costa più per la distribuzione e le tasse che per il costo al kw dell'energia  da sola.
Non solo. I cittadini clienti delle società telefoniche hanno come organizzazione di rappresentanza quelle dei consumatori perché “di fronte” hanno dei privati proprietari di tutte le infrastrutture necessarie a dare il servizio telefonico. Gli azionisti di Terna sono per il 54,7% investitori pubblici italiani mentre il resto è in mano a investitori pubblici  nordamericani (14,3%), Uk-irlandesi (13,8%), altri d'Europa (12,8%), resto del mondo 4,4%.
L'anomalia  nel Cda di Terna sta nel fatto che essendo  società pubblica, la nomina del CdA avviene da parte del Ministero del Tesoro (come bastasse a salvarsi l'anima….) e sono ASSENTI i rappresentanti dei cittadini  clienti-consumatori. Quindi la società così com'è messa adesso realizza un disegno di profitto privato mentre dovrebbe  avere un limite proprio per i costi addossati alle famiglie, visto che opera in regime di quasi monopolio. Evidente che nel caso la rete telefonica venisse tutta fusa in un'unica società sostanzialmente pubblica, il debito Telecom verrebbe caricato addosso agli italiani mentre resterebbe in mano agli azionisti il rendimento del solo servizio visto che le reti in fibra sono tutte nuovissime.
IL GOVERNO VUOLE UNA SOCIETA' UNICA PER LA FIBRA. SABINO CASSESE DICE DI NO.



Sabino Cassese
Il governo intende, con un emendamento al disegno di legge sulla semplificazione, creare un altro monopolio: quello della rete unica di telecomunicazione a banda larga. Per farlo, si propone di unire la rete di Tim a quella di Open Fiber, anche contando sul fatto che la Cassa depositi e prestiti ha partecipazioni in ambedue le società. La nuova società dovrebbe assorbire il peso di migliaia di dipendenti di Tim e di una parte dei suoi cospicui debiti, e a questo fine dovrebbe poter godere di una posizione di monopolio (non è chiaro se di diritto o semplicemente di fatto), di cui farebbero le spese le società di gestione dei servizi telefonici, che si appoggiano alla rete, costrette a pagare tariffe alte al gestore della rete unica, e, in ultima istanza, i consumatori. Inoltre, mentre Open Fiber conferirebbe una rete limitata ma tecnologicamente avanzata, Tim conferirebbe una rete in larga misura obsoleta. Insomma, una concentrazione industriale promossa e agevolata, che conduce nuovamente, anche sull'esempio di qualche caso straniero, nelle mani di una controllata dello Stato una parte del settore delle telecomunicazioni.
Anche in questo caso, serve la lezione della ribellione torinese, orientata allo sviluppo e alla concorrenza, non alla chiusura e all'autarchia.
Nell'uno e nell'altro caso, riappaiono antichi vizi italiani: la chiusura nazionalistica e il rifiuto di rispettare regole internazionali, come quelle dello sport come ordinamento autonomo; il ricorso alla mano dello Stato, dietro alla quale ci sono sempre l'interesse del governo e i costi per i contribuenti; le giustificazioni in termini di salvataggio dell'occupazione, la foglia di fico che è sempre servita per allargare l'area di ingerenza governativa nell'economia.
Come è stato scritto, Torino indica «la linea rossa tra chi vuole affrontare e vincere le sfide dell'innovazione sul mercato globale e chi invece vuole
SI ALLA TAV
NO A QUESTA TAV



Le due immagini che vedete sotto a tutta pagina sono tratte dall'ultima google earth  e quindi non sono aggiornate anche se ad un sopralluogo ad occhio non ci sono sembrate differenti dalla situazione (anche) attuale. Basta un minimo di conoscenza della geografia (forse proprio per via delle grandi opere che l'hanno tolta dall'insegnamento?…) per comprendere, seguendo appunto su google earth i tracciati delle grandi (e piccole e medie) opere realizzate o in via di realizzazione per capire la precisa e decisa volontà di chi le ha inventate progettate e le sta realizzando di distruggere quanto più territorio possibile con la ferrea intenzione di urbanizzare tutto quanto queste grandi opere inglobano o attorniano.
Ci si potrebbe consolare dicendo che “non ci sono più i  grandi progettisti” ma questa sarebbe una falsità grande come la terra: oggi la disponibilità di computer e di programmi per la progettazione di queste opere è qualche milione di volte meglio di quando l'autostrada del sole venne progettata e disegnata solo con matita pennino regolo e squadra e righetti.
Ingegneri.info del 9 giugno 2018 –quindi l'altro ieri- scrive: “Dal 2000, la Ue ha cofinanziato investimenti nelle linee ferroviarie ad alta velocità per 23,7 miliardi di euro. In particolare è stato osservato che  per oltre 5 mila km di linee ad alta velocità, è stato coperto circa il 50% dell'intera rete ferroviaria ad alta velocità della Ue.  E' stato inoltre rilevato che, sebbene la lunghezza delle reti nazionali stia aumentando, l'obiettivo di triplicare la lunghezza delle linee ferroviarie ad alta velocità (fino a 30 mila km) entro il 2030 non sarà raggiunto. Sul fronte dei costi, dal rapporto è emerso che l'infrastruttura ferroviaria ad alta velocità è costosa: per le linee sottoposte ad audit, il costo medio di un chilometro è di 25 milioni di euro.
Per quattro delle dieci linee, ogni minuto di tempo di percorrenza risparmiato costerà più di 100 milioni di euro. D'altro canto, se si considerasse seriamente la soluzione alternativa di potenziare le linee convenzionali esistenti, si potrebbero risparmiare miliardi di euro. Se si guarda alla caratteristiche del mercato, dal rapporto emerge che questo non è ancora aperto in Francia e in Spagna. In Italia e, in misura limitata.
La Corte dei Conti Europea (Eca) spiega che in base ai parametri di riferimento, per essere considerata un successo una linea ad alta  velocità dovrebbe quindi trasportare nove milioni di passeggeri all'anno. Il rischio che il  cofinanziamento UE di 2,7 miliardi di euro a favore di queste linee sia utilizzato in modo inefficace “è quindi elevato”.
Secondo gli auditor di Eca è stato riscontrato che  ogni chilometro di linea super veloce, realizzato finora, è costato 28 milioni di euro, contro i 13 dei tedeschi, i 15 dei francesi e i 14 degli spagnoli.
Il costo totale per l'alta velocità italiana ammonta a 41,9 miliardi di euro per 1.280 chilometri di linea, 0,46 euro per chilometro pro-capite. Se si considerano ai progetti già completati si sommano quelli in via di realizzazione, il costo per chilometro per l'Italia sale a 33 milioni contro i 14 milioni di Spagna e i 15 milioni di Germania e Francia.
Le cose vanno meglio, sottolinea la Corte dei Conti, se si considera la concorrenza sui binari che ha portato ad un miglioramento del servizio e ad una riduzione dei costi per gli utenti, e di analisi costi-benefici. La relazione cita in particolare il caso della sezione Venezia-Trieste che, grazie a una modifica del progetto, permette un risparmio complessivo di 5,7 miliardi di euro allungando i tempi di percorrenza di appena 10 minuti.”0
Fine della citazione.
Ci si potrebbe e dovrebbe attendere quindi che a fronte dei costi stratosferici delle linee TAV-TAC (alta capacità) ci fosse un progetto e un disegno di altissima qualità in termini di rispetto del territorio, riduzione del suo consumo, inserimento ambientale, opere di mitigazione.
Niente di tutto questo.
Bastano i due esempi qui sotto riprodotti per dimostrare come si spendono apposta male e troppi ed in maniera da fare odiare ai cittadini opere che se eseguite con maggiore onestà intellettuale e buona volontà significherebbero minori danni ai cittadini sia in termini di riduzione delle rispettive proprietà e beni aziendali.
Infatti tutte le aree che nelle foto vedete “intercluse” tra le varie tratte stradali e ferroviarie diventano del tutto inutilizzabili sia dal punto di vista agricolo che edificatorio tranne che per rapine. Dappertutto le nuove strade e le tratte di TAV-TAC sono inserite proprio seguendo il disegno di urbanizzare il più possibile asserendo che i tracciati debbono o dovrebbero seguire certi andamenti proprio per via della velocità mentre quei tracciata servono soltanto ad elevare i costi e creare le premesse per altro consumo di suolo unitamente allo spreco del rimanente.
La gente sente queste opere come qualcosa che la espropria delle proprie cose senza indennizzo etico e morale (quasi sempre ti dicono: non ho bisogno di più soldi, basta che non mi tocchi…).Le gente sente queste opere non come meraviglie dell'intelligenza umana ma come momento di rapina non si sa nemmeno bene da parte di chi visto che non sanno nemmeno chi le realizzi materialmente.
Oltre a questo spesso compaiono tracciati che paiono creati apposta per fare lievitare inutilmente i costi dell'opera. Gli autori di queste opere pretendono di venderle come magnificenza imperiale  ma non si rendono conto che oggi cittadini sono istruiti assai di più e conoscono scienza tecnica urbanistica murature fondazioni ponti: la scienza sono assai diffuse e quindi può essere che proprio dove fanno gli errori-orrori (e chiamali solo… errori!) più evidenti magari accade nei pressi un professionista che nel campo è quanto di meglio abbia l'Europa. A noi è capitato di trovarcelo davanti proprio dalle parti delle Cascine san Pietro di Cassano, dove, oltre alle infrastrutture ferroviarie vecchie  e nuove, quelle stradali vecchie e nuove c'è anche una fittissima rete Terna per la presenza della centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas da 760Mw. La centrale termoelettrica s'è affidata agli arch. Bellini e Lonati per l'inserimento ambientale mentre a monte ed a valle hanno fatto come  l'ISIS a Mosul.