SOCIETA’
UNICA PER LA FIBRA OTTICA? FORSE E’ L’UNICA CHE FANNO GIUSTA.SPERANDO
NON TOCCHI AI CITTADINI PAGARE IL DOPPINO (CIOE’ I 30 MILIARDI DI
DEBITO DI TELECOM CON LE BANCHE)
Telecom ha in pancia tre valori: i clienti, la rete di rame, la rete in
fibra ottica. Ma ha anche in pancia 33 miliardi di debito. Ma
mano che passano gli anni –ormai siamo a contare solo i mesi- la rete
di rame vale sempre meno e non solo perché è la più antica ma perché
adesso viene usata dalle centraline su strada alle abitazioni e domani
non servirà più nemmeno per questo perché la fibra ottica arriverà
direttamente in casa. Quei 33 miliardi di debito sono garantiti
interamente dai tre valori che stanno in pancia alla Telecom. Il
problema nazionale di Telecom sta nel rischio che il Paese correrebbe
se la rete di Tim dovesse finire in mani che costringerebbero le banche
creditrici di Telecom a fare i conti con il reale valore
dell'infrastruttura che, sulla carta, garantisce l'onorabilità dei
debiti del gruppo di telecomunicazioni. Per esempio a che prezzo
sarebbe valutata la rete una volta quotata in Borsa indipendentemente
da Tim, come chiede il fondo Elliott in contrasto con la linea francese
che vorrebbe tenere il guinzaglio corto? A quanto ammonta la potenziale
differenza di valore rispetto alla valutazione della rete che le banche
creditrici hanno utilizzato per certificare l'affidabilità del loro
debitore?
La trovata stella leghista di mettere insieme Telecom e Open Fiber per
creare una società unica nazionale proprietaria di tutta la rete in
fibra ottica mira quindi a spostare le inevitabili perdite che
bisognerà mettere a bilancio man mano che la rete in rame viene
dismessa per la discarica controllata. Questo a protezione degli
interessi non tanto di qualche socio Telecom ma soprattutto delle
banche che hanno prestato quei 30 miliardi Forse adesso addirittura 33.
Probabile che l'idea o il progetto stella leghista sia quello di
creare un'altra società tipo Terna (distribuisce l'energia elettrica in
tutto il Paese) e questo al di la di quello che scrive Cassese non
sarebbe un male (Terna è la società che da il miglior servizio a
livello europeo) ma il problema a valle è che di nuovo lo Stato azzanna
le tasche dei clienti visto che –il caso Terna- la bolletta
elettrica delle famiglie costa più per la distribuzione e le tasse che
per il costo al kw dell'energia da sola.
Non solo. I cittadini clienti delle società telefoniche hanno come
organizzazione di rappresentanza quelle dei consumatori perché “di
fronte” hanno dei privati proprietari di tutte le infrastrutture
necessarie a dare il servizio telefonico. Gli azionisti di Terna sono
per il 54,7% investitori pubblici italiani mentre il resto è in mano a
investitori pubblici nordamericani (14,3%), Uk-irlandesi (13,8%),
altri d'Europa (12,8%), resto del mondo 4,4%.
L'anomalia nel Cda di Terna sta nel fatto che essendo
società pubblica, la nomina del CdA avviene da parte del Ministero del
Tesoro (come bastasse a salvarsi l'anima….) e sono ASSENTI i
rappresentanti dei cittadini clienti-consumatori. Quindi la
società così com'è messa adesso realizza un disegno di profitto privato
mentre dovrebbe avere un limite proprio per i costi addossati
alle famiglie, visto che opera in regime di quasi monopolio. Evidente
che nel caso la rete telefonica venisse tutta fusa in un'unica società
sostanzialmente pubblica, il debito Telecom verrebbe caricato addosso
agli italiani mentre resterebbe in mano agli azionisti il rendimento
del solo servizio visto che le reti in fibra sono tutte nuovissime.
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IL GOVERNO VUOLE UNA SOCIETA' UNICA PER LA FIBRA. SABINO CASSESE DICE DI NO.
Sabino Cassese
Il governo intende, con un emendamento al disegno di legge sulla
semplificazione, creare un altro monopolio: quello della rete unica di
telecomunicazione a banda larga. Per farlo, si propone di unire la rete
di Tim a quella di Open Fiber, anche contando sul fatto che la Cassa
depositi e prestiti ha partecipazioni in ambedue le società. La nuova
società dovrebbe assorbire il peso di migliaia di dipendenti di Tim e
di una parte dei suoi cospicui debiti, e a questo fine dovrebbe poter
godere di una posizione di monopolio (non è chiaro se di diritto o
semplicemente di fatto), di cui farebbero le spese le società di
gestione dei servizi telefonici, che si appoggiano alla rete, costrette
a pagare tariffe alte al gestore della rete unica, e, in ultima
istanza, i consumatori. Inoltre, mentre Open Fiber conferirebbe una
rete limitata ma tecnologicamente avanzata, Tim conferirebbe una rete
in larga misura obsoleta. Insomma, una concentrazione industriale
promossa e agevolata, che conduce nuovamente, anche sull'esempio di
qualche caso straniero, nelle mani di una controllata dello Stato una
parte del settore delle telecomunicazioni.
Anche in questo caso, serve la lezione della ribellione torinese,
orientata allo sviluppo e alla concorrenza, non alla chiusura e
all'autarchia.
Nell'uno e nell'altro caso, riappaiono antichi vizi italiani: la
chiusura nazionalistica e il rifiuto di rispettare regole
internazionali, come quelle dello sport come ordinamento autonomo; il
ricorso alla mano dello Stato, dietro alla quale ci sono sempre
l'interesse del governo e i costi per i contribuenti; le
giustificazioni in termini di salvataggio dell'occupazione, la foglia
di fico che è sempre servita per allargare l'area di ingerenza
governativa nell'economia.
Come è stato scritto, Torino indica «la linea rossa tra chi vuole
affrontare e vincere le sfide dell'innovazione sul mercato globale e
chi invece vuole
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SI ALLA TAV
NO A QUESTA TAV
Le due immagini che vedete sotto a tutta pagina sono tratte dall'ultima
google earth e quindi non sono aggiornate anche se ad un
sopralluogo ad occhio non ci sono sembrate differenti dalla situazione
(anche) attuale. Basta un minimo di conoscenza della geografia (forse
proprio per via delle grandi opere che l'hanno tolta
dall'insegnamento?…) per comprendere, seguendo appunto su google earth
i tracciati delle grandi (e piccole e medie) opere realizzate o in via
di realizzazione per capire la precisa e decisa volontà di chi le ha
inventate progettate e le sta realizzando di distruggere quanto più
territorio possibile con la ferrea intenzione di urbanizzare tutto
quanto queste grandi opere inglobano o attorniano.
Ci si potrebbe consolare dicendo che “non ci sono più i grandi
progettisti” ma questa sarebbe una falsità grande come la terra: oggi
la disponibilità di computer e di programmi per la progettazione di
queste opere è qualche milione di volte meglio di quando l'autostrada
del sole venne progettata e disegnata solo con matita pennino regolo e
squadra e righetti.
Ingegneri.info del 9 giugno 2018 –quindi l'altro ieri- scrive: “Dal
2000, la Ue ha cofinanziato investimenti nelle linee ferroviarie ad
alta velocità per 23,7 miliardi di euro. In particolare è stato
osservato che per oltre 5 mila km di linee ad alta velocità, è
stato coperto circa il 50% dell'intera rete ferroviaria ad alta
velocità della Ue. E' stato inoltre rilevato che, sebbene la
lunghezza delle reti nazionali stia aumentando, l'obiettivo di
triplicare la lunghezza delle linee ferroviarie ad alta velocità (fino
a 30 mila km) entro il 2030 non sarà raggiunto. Sul fronte dei costi,
dal rapporto è emerso che l'infrastruttura ferroviaria ad alta velocità
è costosa: per le linee sottoposte ad audit, il costo medio di un
chilometro è di 25 milioni di euro.
Per quattro delle dieci linee, ogni minuto di tempo di percorrenza
risparmiato costerà più di 100 milioni di euro. D'altro canto, se si
considerasse seriamente la soluzione alternativa di potenziare le linee
convenzionali esistenti, si potrebbero risparmiare miliardi di euro. Se
si guarda alla caratteristiche del mercato, dal rapporto emerge che
questo non è ancora aperto in Francia e in Spagna. In Italia e, in
misura limitata.
La Corte dei Conti Europea (Eca) spiega che in base ai parametri di
riferimento, per essere considerata un successo una linea ad alta
velocità dovrebbe quindi trasportare nove milioni di passeggeri
all'anno. Il rischio che il cofinanziamento UE di 2,7 miliardi di
euro a favore di queste linee sia utilizzato in modo inefficace “è
quindi elevato”.
Secondo gli auditor di Eca è stato riscontrato che ogni
chilometro di linea super veloce, realizzato finora, è costato 28
milioni di euro, contro i 13 dei tedeschi, i 15 dei francesi e i 14
degli spagnoli.
Il costo totale per l'alta velocità italiana ammonta a 41,9 miliardi di
euro per 1.280 chilometri di linea, 0,46 euro per chilometro
pro-capite. Se si considerano ai progetti già completati si sommano
quelli in via di realizzazione, il costo per chilometro per l'Italia
sale a 33 milioni contro i 14 milioni di Spagna e i 15 milioni di
Germania e Francia.
Le cose vanno meglio, sottolinea la Corte dei Conti, se si considera la
concorrenza sui binari che ha portato ad un miglioramento del servizio
e ad una riduzione dei costi per gli utenti, e di analisi
costi-benefici. La relazione cita in particolare il caso della sezione
Venezia-Trieste che, grazie a una modifica del progetto, permette un
risparmio complessivo di 5,7 miliardi di euro allungando i tempi di
percorrenza di appena 10 minuti.”0
Fine della citazione.
Ci si potrebbe e dovrebbe attendere quindi che a fronte dei costi
stratosferici delle linee TAV-TAC (alta capacità) ci fosse un progetto
e un disegno di altissima qualità in termini di rispetto del
territorio, riduzione del suo consumo, inserimento ambientale, opere di
mitigazione.
Niente di tutto questo.
Bastano i due esempi qui sotto riprodotti per dimostrare come si
spendono apposta male e troppi ed in maniera da fare odiare ai
cittadini opere che se eseguite con maggiore onestà intellettuale e
buona volontà significherebbero minori danni ai cittadini sia in
termini di riduzione delle rispettive proprietà e beni aziendali.
Infatti tutte le aree che nelle foto vedete “intercluse” tra le varie
tratte stradali e ferroviarie diventano del tutto inutilizzabili sia
dal punto di vista agricolo che edificatorio tranne che per rapine.
Dappertutto le nuove strade e le tratte di TAV-TAC sono inserite
proprio seguendo il disegno di urbanizzare il più possibile asserendo
che i tracciati debbono o dovrebbero seguire certi andamenti proprio
per via della velocità mentre quei tracciata servono soltanto ad
elevare i costi e creare le premesse per altro consumo di suolo
unitamente allo spreco del rimanente.
La gente sente queste opere come qualcosa che la espropria delle
proprie cose senza indennizzo etico e morale (quasi sempre ti dicono:
non ho bisogno di più soldi, basta che non mi tocchi…).Le gente sente
queste opere non come meraviglie dell'intelligenza umana ma come
momento di rapina non si sa nemmeno bene da parte di chi visto che non
sanno nemmeno chi le realizzi materialmente.
Oltre a questo spesso compaiono tracciati che paiono creati apposta per
fare lievitare inutilmente i costi dell'opera. Gli autori di queste
opere pretendono di venderle come magnificenza imperiale ma non
si rendono conto che oggi cittadini sono istruiti assai di più e
conoscono scienza tecnica urbanistica murature fondazioni ponti: la
scienza sono assai diffuse e quindi può essere che proprio dove fanno
gli errori-orrori (e chiamali solo… errori!) più evidenti magari accade
nei pressi un professionista che nel campo è quanto di meglio abbia
l'Europa. A noi è capitato di trovarcelo davanti proprio dalle parti
delle Cascine san Pietro di Cassano, dove, oltre alle infrastrutture
ferroviarie vecchie e nuove, quelle stradali vecchie e nuove c'è
anche una fittissima rete Terna per la presenza della centrale
termoelettrica a ciclo combinato a gas da 760Mw. La centrale
termoelettrica s'è affidata agli arch. Bellini e Lonati per
l'inserimento ambientale mentre a monte ed a valle hanno fatto
come l'ISIS a Mosul.
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