SALVINI, IL SEGNO DEL COMANDO
Claudio Tito
Una cambiale in genere ha una scadenza, una data a partire dalla quale
il creditore la può incassare. Da ieri ne è stata inventata un'altra.
Del tutto nuova e dai contorni indefiniti: la cambiale che non scade
mai e quindi non viene mai incassata. È esattamente quel che è successo
nell'accordo tra M5S e Lega sulla giustizia. Il blocco della
prescrizione dopo la sentenza di primo grado rinviato al 2020 e con il
vincolo dell'introduzione di alcune modifiche al codice di procedura
penale assomiglia infatti a una promessa politica sottoposta a
condizioni senza tempo. Per due ordini di motivi: il primo riguarda il
famigerato nuovo processo penale. Nessuno sa se e quando verrà
approvato. Nessuno, nemmeno il Movimento 5Stelle che dimostra una
costante subalternità alla Lega, è in grado di garantire un orizzonte
certo a questa ipotetica riforma.
Il secondo aspetto è ancora più concreto. La prescrizione “lunga” si
applica solo ai nuovi processi. Il che vuole dire che passeranno almeno
cinque anni per la sua attuazione concreta: va considerato questo primo
anno di iato parlamentare, poi la scoperta del reato, tutte le fasi
processuali e quindi la sentenza. Un lustro. Un periodo che ormai nelle
fasi di questa politica assomiglia sostanzialmente all'infinito. Eppure
si tratterebbe di una materia da affrontare senza i sotterfugi di un
emendamento. Ma con la dignità di un disegno di legge autonomo. Capace
di contemperare il diritto individuale dell'imputato a un processo
rapido ma anche quello di un'intera collettività a vedere punito chi si
macchia di un reato. Senza l'escamotage di un limite che si può
superare con gli stratagemmi della burocrazia o della tattica legale.
La sconfitta dei grillini anche su questa vicenda assume dunque i
contorni nebulosi del vuoto. Un vacuum di politica e di tecnica. Altro
che « basta impuniti » , come vagheggia Di Maio. Questi sono solo
slogan, parole. I fatti, invece, sono tutti dalla parte di Salvini. Il
leader leghista assurge al ruolo di “capo decisore” di questo governo,
non il partner minoritario. In questa corsa a chi propone il
provvedimento peggiore, il vicepremier del Carroccio impone il decreto
sicurezza subito e costringe i grillini a posticipare la prescrizione.
Stabilisce la riforma della legge Fornero immediatamente, e il reddito
di cittadinanza slitta se va bene in primavera. Il Tap riprende subito
i suoi lavori, la Tav è in attesa di una verifica ma nel frattempo il
suo iter — fortunatamente — non si ferma e nessuna disposizione è stata
adottata. Al di là del giudizio sui singoli testi, si assiste allora ad
una sorta di coazione a ripetere in cui il Carroccio incassa le
cambiali, i pentastellati ne emettono altre senza scadenza. Senza
considerare che il tempo non è una variabile secondaria. Tutti sanno —
forse i grillini no — che esiste già almeno un termine per verificare
la tenuta di questa maggioranza: le prossime europee. Se tutto non
precipiterà prima, a maggio prossimo ci sarà la vera resa dei conti tra
i gialloverdi. Quelle cambiali senza scadenza a maggior ragione non
verranno mai incassate.
La verità è che il famoso “contratto di governo” di cui i pentastellati
hanno spacciato le doti taumaturgiche non esiste più. Ed era
prevedibile. Perché l'attività di governo non è un rogito notarile e
soprattutto non segue un imperturbabile percorso: esistono gli eventi
fisiologici e patologici imprevedibili in ogni Paese che obbligano
qualsiasi esecutivo a plasmare i propri comportamenti. La politica,
poi, non può materializzarsi semplicemente e banalmente in una serie di
obiettivi programmatici, in questo caso poi elementarmente giustapposti
e contraddittoriamente contrapposti. Prende invece forza da una visione
complessiva, dall'indirizzo da assegnare al Paese, dal modello di
sviluppo su cui far crescere la società. E tutto questo leghisti e
grillini non lo condividono. Anzi il Movimento 5Stelle non ne è proprio
dotato. È imprigionato nei suoi dogmi, nel mito dell'ortodossia di
Casaleggio che altro non è se non cieca e fideistica obbedienza a una
azienda fantasmatica. I valori sono un'altra cosa. Sono la direttrice
lungo la quale si assumono decisioni e impegni. E allora quando tutto
viene circoscritto nel perimetro angusto della propaganda, il
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MA NON CI PENSANO?
La telenovela si arricchisce. Nel senso che "siccome lo prevede il
codice degli appalti" e siccome "ne abbiamo fatte altre così" la
vicenda appare in tutta la sua chiarezza. Magari il bunosenso aiuta:
qualche volta. Il nostro Comune applicando il Codice degli Appalti ha
chiesto l'autocan didatura di alcune imprese che avessero i requisiti
per compiere opere dell'ammontare indicato (239 mila euro) e da
questo elenco di 113 auto candidature valide ne ha estratte a sorte 25
le quali -e solo quelle- potranno partecipare alla gara d'appalto che
verrà organizzata dalla centrale unica d'appalto presso la Provincia di
Brescia. Noi prevediamo che le "scartate" non siano proprio d'accordo.
L'operazione é una gesto geniale. Il meccanismo l'abbiamo appreso con
l'appalto della biblioteca auditorium venti anni or sono. Se non
ricordiamo male a quell'appalto parteciparono meno di 25 imprese (17?)
e la regola prevedeva che tutte le imprese concorrenti facessero la
loro offerta e che la vincitrice fosse quella che s'avvicinava di
più alla media dei ribassi proposti dalle concorrenti.
Alla seduta della gara partecipavano alcuni tecnici delle imprese
concorrenti e man mano che il responsabile dell'appalto leggeva i
ribassi proposti da ciascuna impresa, questi con un semplice
calcolatore riuscirono a dire – commenti tra il pubblico- chi erano le
due imprese potenzialmente vincitrici. La centrarono!. Non ci voleva
molto a capire come bastava che una decina su 17 si accordassero sui
ribassi da presentare per far decidere a loro (dieci) chi dovesse
essere il vincitore dell'appalto salvo il fatto che “tra di noi non ci
volgiamo del male: una volta a me e una volta a te”.
Il pericolo di “scentrare” la previsione e quindi l'impresa vincitrice
e il relativo ribasso derivava dal fatto che non era prevedibile
“prima” il numero di imprese che potevano partecipare alla gara.
Pochi calcoli bastano a far capire quante imprese si “debbono”
accordare per determinare vincitore e ribasso rispetto al totale
delle potenziali concorrenti. Lo sanno fare anche i ragazzi
del liceo. In quel caso con sole 17 concorrenti, una decina -forse otto
nove- che si fossero accordate bastavano.
Stavolta, applicando il Codice degli Appalti –l'appalto della rotonda
tra via Carlinga e l'uscita dalla strada delle scuole- numero (25) e
nome delle imprese sono certi e sicuri e quindi basta che … Da
notare che la normativa pare preveda che il numero fosse addirittura
più ridotto: 15. Roba da segarsi gli attributi.
Basta che un gruppo di imprese del settore si mettano d'accordo e in
questo modo si spartiscono gli appalti, i prezzi e i sub appalti alla
faccia della concorrenza e del ribasso. Ah! dicono i saggi: ma
c'è la concorrenza!? Chi l'ha detto che le imprese (non) si mettono
d'accordo?. L'uccellino!.
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LE ELEZIONI DEL SEGRETARIO PROVINCIALE E REGIONALE DEL PD
Curnesi speranzosi di porsi in vista. La mitica consigliera comunale
delegata alla cultura Paola Bellezza e l'altret- tanto mitico addetto
alla comunicazione di Vivere Curno Marco Battaglia sono in una
lista per sostenere l'attuale sindaco di Scanzo- rosciate Davide Casati
come segretario provinciale del PD. Massimo Conti invece è nella lista
per sostenere il candidato regionale a segretario del PD Vinicio
Peluffo della lista “Ricominciamo dal PD”. Alzi la mano chi abbia mai
ascoltato la Bellezza, il Batta glia e il Conti fare un discorso
politico compiuto dall’A alla Z. Pesci nell’acquario piddino.
Davide Casati –classe 1985- ragioniere e poi laureato in economia
aziendale all'Uni- BG, è un dipendente della Regione Lombardia quale
funzionario nella Direzione Generale Istruzione Forma- zione Lavoro con
un contratto a tempo indeterminato presso l'ufficio ispettivo col
compito di eseguire dei controlli in loco presso gli enti accreditati
da Regione Lombardia per i servizi formativi e per quelli al lavoro al
fine di verificare il rispetto delle normative ed il corretto utilizzo
dei fondi pubblici erogati dalla Regione Lom- bardia ex Unione Europea,
Stato, Regione. Un ragazzone da tenere buono.
Vinicio Peluffo, classe 1971, già deputato PD fino a mar- zo 2018, ha
fatto il classico e poi giurisprudenza ma senza laurearsi.
Sostanzialmente è un professionista della politica e si è fatto le ossa
con Vel- troni e prima come amministrare comunale a Rho.
Alle elezioni del segretario provinciale c'è una sola lista (quella a
sostegno di Casati) mentre alla carica di segretario regionale
concorrono due liste, quella di Vinicio Peluffo e quella di Eugenio
Comincini attualmente senatore PD con passato vicesindaco nella giunta
Pisapia.
Che dire? Tutta brava gente che conferma come il PD sia il partito di
chi sostanzialmente se non sta benissimo, perlomeno sta discretamente
bene e non ha grandi pensieri per il futuro. Gli va bene la TAV, gli va
bene il Tap, gli va bene il jobsact, gli va bene l'abolizione
dell'art.18 e la legge Fornero, gli va bene l' Ue, gli va bene il
limite del 3% del deficit, gli vanno bene i 2300 miliardi di debito
pubblico assieme ai 4300 miliardi di ricchezza finanziaria delle
famiglie ed i 100 miliardi di evasioni varie ogni anno assieme ai
miliardi di bonus beccati dal solito pacchetto di raccomandati: alla
classe con più di 10 milioni di beneficiari si associa il 29% delle
risorse. Il 2,3% dei soggetti si becca riduzioni oltre i 10 milioni.
Seguono poi le misure che coinvolgono da 3 milioni a 10 milioni di
beneficiari per una percentuale pari al 24%. Gli va bene che la scuola
pubblica si privatizzi vieppiù con la riduzione dell'orario e degli
spazi a favore delle private e soprattutto del privato sociale che pare
ormai la “religione e la pratica” dei neo piddini (tutta roba nata
seguendo in parallelo la scuola formigoniana).
Insomma nell'Italia 2018 a questi vanno bene troppe cose che non vanno
bene ai cinque milioni di poveri italiani cui gettano amorevolmente
delle bricioline del REI e compagnia cantante. La questione è che
questa gente dice di preoccuparsi dei poveri ma gli importa più uno
Junker.
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