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1934-2018, LA SCOMPARSA DI MARCO DEZZI BARDESCHI
L'ARCHITETTURA DELL'ANTIRESTAURO
L’entusiasmo e una coinvolgente passione per ogni battaglia, specie in difesa del passato, hanno caratterizzato la vita piena d’ingegno e di curiosità di Marco Dezzi Bardeschi, scomparso domenica a Firenze a 84 anni. Domani l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, alle 15, terrà la celebrazione funebre nella cappella di San Luca alla Santissima Annunziata.
Laureato in Ingegneria con Giovanni Michelucci (1957) e in Architettura con Piero Sanpaolesi nel 1962 con una tesi sul mai abbandonato Leon Battista Alberti, divenne funzionario della soprintendenza di Arezzo, poi docente a Firenze (dove era nato il 30 settembre 1934 e viveva), quindi, dal 1976, professore di Restauro dei monumenti al Politecnico di Milano, dove fondò il Dipartimento per la Conservazione delle risorse architettoniche e ambientali (1980). (....)

LA SFIDA A VISO APERTO TRA FRANCIA E ITALIA NEL DESERTO LIBICO
"Si riuscirà a raggiungere dei risultati concreti solo se veramente Francia e Italia si metteranno d'accordo”. Conversazione con Federica Saini Fasanotti, consulente del Segretario alla Difesa James Mattis e analista della Brookings Institution di Washington
All'Eliseo si riaccendono i fari della maratona libica. Solo poche settimane fa il presidente Emmanuel Macron appariva indebolito e la sua strategia sulla Libia, insieme alle promesse ottenute dalla conferenza di Parigi del 29 maggio scorso, sembrava naufragata con la possibilità che le elezioni si tenessero effettivamente entro dicembre 2018. La realtà però, negli ultimi giorni si è trasformata di nuovo, rivelando come i piani francesi sul fronte libico non si fossero mai completamente spenti. Come non si è attutita, d'altra parte, nemmeno la competizione con Roma che, dal canto suo, in questo gioco al rimpallo, non rimane di certo con le mani in mano di fronte alle mosse di Parigi. E i viaggi di Giuseppe Conte in Tunisia e Algeria degli ultimi giorni risultano la contromossa giusta alla “slealtà” di Macron. (...)

LIBIA:LA CONFERENZA DI PALERMO E'/SARA' INUTILE
Cosa stia accadendo in Libia, cosa accadrà e cosa accadrà nei paesi del centro Africa a sud della Libia penso non lo sappia immaginare nessuno. L'unica certezza della Libia è il suo petrolio che tiene in piedi due cosiddetti stati dove non si sa bene chi siano quelli che depredano di più il popolo libico. Haftar o Sarray? Boh. In questo momento la situazione libica non è granche all'ordine del giorno perché a politica immigratoria  dell'Italia ha un po' scombussolato gli affari dei criminali indigeni così come il rafforzamento della presenza USA e Francese nel Niger e Ciad. Diciamo che  meno  sta all'ordine del giorno l'immigrazione dalla Libia all'Italia e quindi all'Ue. Meglio i ladroni del petrolio fanno i loro affari. L'ISIS non è più all'ordine del giorno dopo la “quasi” stabilizzazione della Siria in mano sovietica. (...)




La telenovela si arricchisce. Nel senso che "siccome lo prevede il codice degli appalti" e siccome "ne abbiamo fatte altre così" la vicenda appare in tutta la sua chiarezza. Magari il bunosenso aiuta: qualche volta. Il nostro Comune applicando il Codice degli Appalti ha chiesto l'autocandidatura di alcune imprese che avessero i requisiti per compiere opere dell'ammontare  indicato (239 mila euro) e da questo elenco di 113 auto candidature valide ne ha estratte a sorte 25 le quali -e solo quelle...- potranno partecipare alla gara d'appalto che verrà organizzata dalla centrale unica d'appalto presso la Provincia di Brescia. Noi prevediamo che le "scartate" non siano proprio d'accordo.
L'operazione é una genialata. Qualcosa del genere l'abbiamo appreso con l'appalto della biblioteca auditorium venti anni or sono. Se non ricordiamo male a quell'appalto parteciparono meno di 25 imprese (17?) e la regola prevedeva che tutte le imprese concorrenti facessero la loro offerta e che la vincitrice fosse quella che s'avvicinava  di più alla media dei ribassi proposti dalle concorrenti.
Alla seduta della gara partecipavano alcuni tecnici delle imprese concorrenti e man mano che il responsabile dell'appalto leggeva i ribassi proposti da ciascuna impresa, questi con un semplice calcolatore riuscirono a dire – commenti tra il pubblico- chi erano le due imprese potenzialmente vincitrici. La centrarono!. Non ci voleva molto a capire come bastava che una decina su 17  si accordassero sui ribassi da presentare per far decidere a loro (dieci) chi dovesse essere il vincitore dell'appalto salvo il fatto che “tra di noi non ci volgiamo del male: una volta a me e una volta a te”.
Il pericolo di “scentrare” la previsione e quindi l'impresa vincitrice e il relativo ribasso derivava dal fatto che non era prevedibile “prima” il numero di imprese che potevano partecipare alla gara.
Pochi calcoli bastano a far capire quante imprese si “debbono” accordare per determinare vincitore e ribasso rispetto al totale delle  potenziali concorrenti. Lo sanno fare anche  i ragazzi del liceo. In quel caso con sole 17 concorrenti, una decina che si fossero accordate bastavano.
Stavolta, applicando il Codice degli Appalti –l'appalto della rotonda tra via Carlinga e l'uscita dalla strada delle scuole- numero (25) e nome delle imprese sono certi e sicuri e quindi basta che …
Da notare che la normativa pare preveda che il numero fosse addirittura più ridotto: 15.
Basta che un gruppo di imprese del settore si mettano d'accordo e in questo modo si spartiscono gli appalti, i prezzi e i sub appalti alla faccia della concorrenza e del ribasso. Ah! dicono  i saggi: ma c'è la concorrenza!? Chi l'ha detto che le imprese si mettono d'accordo?.  L'uccellino!.








































1934-2018, MARCO DEZZI BARDESCHI
L'ARCHITETTURA DELL'ANTIRESTAURO


L’entusiasmo e una coinvolgente passione per ogni battaglia, specie in difesa del passato, hanno caratterizzato la vita piena d’ingegno e di curiosità di Marco Dezzi Bardeschi, scomparso domenica a Firenze a 84 anni. Domani l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, alle 15, terrà la celebrazione funebre nella cappella di San Luca alla Santissima Annunziata.

Laureato in Ingegneria con Giovanni Michelucci (1957) e in Architettura con Piero Sanpaolesi nel 1962 con una tesi sul mai abbandonato Leon Battista Alberti, divenne funzionario della soprintendenza di Arezzo, poi docente a Firenze (dove era nato il 30 settembre 1934 e viveva), quindi, dal 1976, professore di Restauro dei monumenti al Politecnico di Milano, dove fondò il Dipartimento per la Conservazione delle risorse architettoniche e ambientali (1980). Qui divenne il capofila della cosiddetta «pura conservazione» o cultura dell’antirestauro, ovvero della difesa della tracce materiali di un monumento o di un manufatto architettonico del passato come quintessenza della sua autenticità. Partendo dalle tesi di John Ruskin, per Dezzi l’architettura è un palinsesto sul quale ogni generazione lascia una traccia da trasmettere a quelle future: «Aggiungere, non sottrarre risorse al contesto»; da qui il favore per l’inserimento di architettura moderna di qualità nei contesti storici. Questa posizione, esito di un cammino che passa da Boito, Brandi fino alle Carte del restauro è oggi abbastanza condivisa, ma messa a rischio da speculazione e potere finanziario. Simbolo di questa posizione fu la vittoriosa battaglia (condotta con Paolo Portoghesi) per la conservazione integrale del Palazzo della Ragione di Milano (1978-86) del quale, negli anni Settanta, si voleva abbattere il sopralzo settecentesco per ricondurlo a un ipotetico Medioevo. Seguirono gli interventi alla Biblioteca Classense di Ravenna, al Palazzo Gotico di Piacenza e altri, che si affiancarono ai nuovi progetti, a una intensa vita di studioso trasversale che produsse novecento pubblicazioni, il varo di collane editoriali e un’attività pubblicistica anche per il «Corriere della Sera». I suoi interventi teorici nel campo del restauro sono in Restauro: punto e da capo, Il monumento e il suo doppio e il recente Abbeceddario minimo. Cento voci per il restauro (2017). Lascia molti allievi, fuori dall’università, in tutto il mondo.

Infaticabile convegnista, dal 2003 al 2007 presidente di Icomos (International Council on Monuments and Sites), fu fondatore di riviste dai nomi strani: «Necropoli» con Francesco Gurrieri, «Psicon», sull’iconologia warburghiana (1975) con Eugenio Battisti e Marcello Fagiolo e, da vent’anni, «Ananke» (Alinea edizioni) trimestrale militante di cultura della conservazione con aperture su teoria e storia delle arti. Molte le esposizioni curate, anche per il Salone del Restauro di Ferrara. Nel 2014, in occasione dell’ottantesimo compleanno, il Polo Museale fiorentino gli aveva dedicato un ciclo di mostre dal titolo Autenticittà; ne curò poi una sugli effimeri per la Regione Toscana. Era appena tornato da Brasile e Cina, mondi troppo diversi dal suo universo umanistico. Stava progettando i prossimi numeri di «Ananke» e il nuovo museo di Ariosto a Castelnuovo di Garfagnana. Poiché aveva l’entusiasmo di un ragazzo, scherzava sull’età ricordando: «Guardate che il mio maestro Michelucci è campato cent’anni».

LA SFIDA A VISO APERTO TRA FRANCIA E ITALIA NEL DESERTO LIBICO


"Si riuscirà a raggiungere dei risultati concreti solo se veramente Francia e Italia si metteranno d'accordo”. Conversazione con Federica Saini Fasanotti, consulente del Segretario alla Difesa James Mattis e analista della Brookings Institution di Washington
All'Eliseo si riaccendono i fari della maratona libica. Solo poche settimane fa il presidente Emmanuel Macron appariva indebolito e la sua strategia sulla Libia, insieme alle promesse ottenute dalla conferenza di Parigi del 29 maggio scorso, sembrava naufragata con la possibilità che le elezioni si tenessero effettivamente entro dicembre 2018. La realtà però, negli ultimi giorni si è trasformata di nuovo, rivelando come i piani francesi sul fronte libico non si fossero mai completamente spenti. Come non si è attutita, d'altra parte, nemmeno la competizione con Roma che, dal canto suo, in questo gioco al rimpallo, non rimane di certo con le mani in mano di fronte alle mosse di Parigi. E i viaggi di Giuseppe Conte in Tunisia e Algeria degli ultimi giorni risultano la contromossa giusta alla “slealtà” di Macron.
Giovedì, il giorno successivo all'incontro tra il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi con i leader libici a Roma, il suo omologo francese, Jean-Yves Le Drian, ha fatto recapitare un invito agli esponenti di spicco di Misurata, per un incontro che dovrebbe svolgersi a Parigi l'8 novembre. A soli pochi giorni dalla conferenza programmatica di Palermo per la Libia. Un incontro che, come avevamo già scritto in precedenza su Formiche.net, vorrebbe ricalcare le orme della riunione di maggio e che avrebbe come primaria intenzione quella di aprire un dialogo con quella che, ad oggi, è la città cardine della potenza militare libica. Un colpo gobbo nei confronti di Roma? Un ulteriore tentativo di Parigi per risollevare le sorti di una mediazione passata nel Paese non andata a buon fine?
“Lo scontro con l'Italia è ormai una questione atavica in Francia, anche se in questo caso potremmo leggerla anche in un'ottica positiva, e cioè come un modo per facilitare i colloqui in previsione dell'incontro di Palermo”, ha commentato a Formiche.net Federica Saini Fasanotti, consulente del Segretario alla Difesa James Mattis e analista della Brookings Institution di Washington. Precisando, però, che “fino ad ora Parigi ha giocato molto in maniera individuale, quindi potrebbe benissimo voler essere uno schiaffo all'Italia a livello diplomatico”.
Allo stesso tempo il presidente del Consiglio Conte sta affrontando un tour tra Tunisia e Algeria, Paesi di particolare importanza politica ed economica per l'Italia e, contemporaneamente, storicamente legati con filo diretto alla Francia. E proprio l'Algeria, che è uno dei principali partner economici di Roma in Nord Africa, soprattutto per quanto riguarda le forniture di gas naturale, ha confermato la sua partecipazione all'incontro siciliano del 12 e 13 novembre. Ed ecco che la risposta all'esuberanza francese è servita.
“Anche la conferenza di Palermo è un chiaro esempio dell'attivismo italiano nella competizione con la Francia”, ha aggiunto Saini Fasanotti. Anche se, a detta dell'esperta “proprio le due conferenze francesi sulla Libia naufragate miseramente”, dovrebbero farci riflettere sull'effettiva necessità di cambiare prospettiva e dedicarci in maniera univoca a una finalità condivisa. “Si riuscirà a raggiungere dei risultati solo se veramente Francia e Italia si metteranno d'accordo, seguendo una linea precisa, comune e si inizierà a pensare concretamente a come comportarsi nei confronti delle milizie, agendo sul territorio”, ha sottolineato l'esperta.
Dunque agire “silenziosamente nella regione attraverso un'importante opera diplomatica, cercando di risollevare l'economia attraverso una serie di riforme che Sarraj ancora non è stato in grado di attuare, cercando di trovare consenso all'interno del Paese, trattando con le milizie, cercando di responsabilizzarle”, ha continuato Saini Fasanotti. “Bastano poche cose. C'è bisogno però di un consenso internazionale, bisogna agire tutti sulla stessa linea d'onda. Una volta che saranno d'accordo tutti gli attori interazionali influenti sul territorio, se verranno fatte determinate riforme, se verranno tagliati i fondi alle milizie, la strada diventerebbe in discesa”, ha concluso.

Isabella Nardone
LIBIA:LA CONFERENZA DI PALERMO E'/SARA' INUTILE

Cosa stia accadendo in Libia, cosa accadrà e cosa accadrà nei paesi del centro Africa a sud della Libia penso non lo sappia immaginare nessuno. L'unica certezza della Libia è il suo petrolio che tiene in piedi due cosiddetti stati dove non si sa bene chi siano quelli che depredano di più il popolo libico. Haftar o Sarray? Boh. In questo momento la situazione libica non è granche all'ordine del giorno perché a politica immigratoria  dell'Italia ha un po' scombussolato gli affari dei criminali indigeni così come il rafforzamento della presenza USA e Francese nel Niger e Ciad. Diciamo che  meno  sta all'ordine del giorno l'immigrazione dalla Libia all'Italia e quindi all'Ue. Meglio i ladroni del petrolio fanno i loro affari. L'ISIS non è più all'ordine del giorno dopo la “quasi” stabilizzazione della Siria in mano sovietica.
La conferenza vista dagli Stati Uniti?. Trump a giugno ha promesso a Conte di affidare all'Italia la cabina di regia sulla Libia. Gli Usa, più che sulla Libia, sono concentrati sull'Africa sub sahariana: hanno soldati in Niger, hanno interessi economici in questa area ed il dossier sul terrorismo indica nel Sahel uno dei luoghi più “caldi” del pianeta.
Le prospettive della Russia? Se gli Usa hanno dato il disco verde il vertice, l'organizzazione del summit di Palermo ha avuto un'importante accelerata proprio dopo la visita di Conte a Mosca. Questo ha avuto un positivo effetto domino: Haftar, molto vicino a Mosca, ha sciolto la riserva ed ha assicurato la sua presenza in Sicilia, altri attori libici ed internazionali a quel punto hanno iniziato a dare credito al vertice italiano. L'aiuto di Putin è dovuto, anche in questo caso, all'interesse russo di avere ottimi rapporti con Roma con la non troppo segreta speranza che la maggioranza italiana potrebbe mettere in discussione le sanzioni europee alla Russia. Usa e Russia, per motivi diversi hanno l'interesse affinché il summit riesca. L'Italia dunque prova a sfruttare questa convergenza.
Apporto dell'Egitto? Il Cairo è l'alleato più importante di Haftar. Da anni il presidente Al Sisi assicura appoggio militare e politico al generale libico ed oggi il numero uno egiziano aspira ad essere il principale mediatore tra Italia ed Haftar.  Sarà interessante vedere il comportamento de Il Cairo con i rappresentanti del Qatar, che hanno annunciato la loro presenza alla Conferenza: quest'ultimi sono accusati di finanziare la fratellanza musulmana tanto in Libia quanto in Egitto.
E gli “amici” francesi?  Guarda il caso alcuni esponenti di Misurata sono stati invitati a Parigi da Macron il prossimo 8 novembre: l'incontro all'Eliseo si terrà a quattro giorni dall'inizio del vertice di Palermo. La Francia non vuole assistere passivamente ad un incremento dell'influenza dell'Italia sulla Libia. Convocare uomini di Misurata nella capitale francese, vuol dire cercare di incidere concretamente sia sul summit di Palermo che sul territorio della Tripolitania.
Quindi: la conferenza di Palermo? Inutile.