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Il telegiornale RAI 3 del 04 novembre ore 19 ha dedicato  tre volte del suo tempo alla tragedia siciliana rispetto a quanto successo nel triVeneto. Non solo. In Sicilia è arrivato il PdC Conte, in Veneto é fiondato Salvini previo giro nelle calli di Venezia e sorriso stra-fottente –me ne frego!- a promettere subito 200 milioni a fronte di 40 miliardi di danni stimati dal suo socio Zaia. Segue solita minaccia alla Ue. Tour de force per il PdR Mattarella al mattino era a Roma all'Altare della Patria e poi è salito a Redipuglia e poi è sceso Trieste dove ha incontrato alcuni sindaci dei paesi colpiti dall'uragano. Stia attento alla pellaccia che anche lei c'ha i suoi begli anni. Giacchettina DiMaio non c'è: sta in Cina a raccattare  un po' di carità vendendo italici BOT. Le gazzette non riportano dei suoi celebri post. I servizi TV dalla Sicilia meriterebbero una tesi di laurea per come sono confezionati a dimostrazione che il direttore di rete e del TGR meriterebbero il licenziamento sui due piedi. Basterebbe stare pure su uno.
Come vedete nell'immagine che abbiamo assemblato, la casa dove sono annegate nove persone  era dotata di tutto il superfluo istallato alla pene di cane. Non può mancare l'antenna parabolica e il serbatoio dell'acqua sul tetto. Da studiare la creatività del tetto sulla sinistra.  Non manca nemmeno il  cagnone pericoloso assieme alle tonnellate di ferro su cancelli ed inferriate la proprietà.
Scrivono le gazzette che ci sia stato un gran via vai lungo i cinquanta gradini che portano alla stanza del sindaco. Sono arrivati anche i poliziotti del commissariato di Bagheria, su ordine del procuratore capo di Termini, Ambrogio Cartosio.
Cercavano i fascicoli intestati all'immobile abusivo travolto dal fiume: dopo un'ora ne salta fuori uno, chiuso dentro un armadio. L'ordine di demolizione era stato
firmato nel 2008 da un
funzionario del Comune. Dieci anni fa. «E non si è mai potuto eseguire — il sindaco Giovanni Di Giacinto allarga le braccia — perché i proprietari avevano fatto ricorso al Tar. E per quanto ci risulta, i giudici non hanno deciso». Non è così. Nel 2011, il Tar ha dichiarato la "perenzione" del ricorso, ovvero il processo si è estinto per mancanza di attività delle parti.
Peraltro, il Comune non si era neanche costituito in giudizio, ecco perché non ha mai ricevuto alcuna comunicazione. Dunque, dal 2011, l'ordinanza di demolizione poteva essere eseguita. Il Comune è stato inadempiente. E, intanto, i due proprietari, residenti a Palermo, affittavano la casa alla famiglia Giordano. Che dalla pagina facebook non appare proprio poveraccia.
Delle due famiglie completamente ammazzate dalla piena e si è salvato l'affittuario che ovviamente si dispera ed asserisce di non sapere che la casa era abusiva. Ovvio. Ovvio anche che il procuratore della repubblica abbia mandato  i carabinieri a sequestrare le «carte in municipio». Peccato che non  abbia fatto arrestare subito il proprietario, l'affittuario  ed anche il sindaco il quale doveva emettere ordinanza di sgombero per pericolo. Quaòlche volta un lieve eccesso da la misura “dello Stato”. Quello con la esse maiuscola. Insomma: campa cavallo che l'erba cresce in attesa del reddito e della pensione di cittadinanza. Chissà perché nel Veneto si sono visti subito i volontari e i soccorsi delle protezioni civili del nord. A Casteldaccia e Palermo non s'è visto nessun volontario e la sceneggiata lacrimosa del padre è stata in onda dieci minuti. Ovvio: avete mai visto un veneto piangere?!. Al Veneto cinque minuti, a Casteldaccia 15 minuti. Tanto sappiamo tutti che i Veneti c'hanno gli attributi.






Di cosa parliamo in questa pagina.

Rapporto 2017 Federculture: in Italia il 38% degli adulti é totalmente inattivo culturalmente
Quello che avete appena letto nel titolo è una delle tante informazioni che si possono leggere nel quattordicesimo Rapporto Annuale Federculture che è stato presentato il 22 ottobre scorso presso la Camera di Commercio di Milano.
Per quanto si possano intravedere leggeri segnali di inversione di tendenza, va detto che la partecipazione alla vita culturale del paese resta molto al di sotto del necessario e delle aspettative che potrebbero indurre, ad esempio, dai risultati del rapporto tra cittadini europei e patrimonio redatto Eurobarometro. Infatti per i cittadini italiani «il patrimonio culturale è importante sia come individui (84%) sia per il proprio Paese (91%), in linea con quanto dichiarato dagli altri cittadini europei» (pag. 4). Salvo poi che il 38,8% degli adulti (oltre 25 anni), non entra in un museo, non visita un sito archeologico, non va ad una mostra e per dirla tutta, al cinema che è l’espressione più popolare della cultura «non ci è mai andato in 12 mesi (nel 2017, ndr) il 51,6% degli italiani» (...).

Nessuna novità: a Natale 1999 gli uragani Lothar e Martin colpirono Francia germania e Svizzera peggio dell'Italia nel 2018
Tra il 26 ed il 28 Dicembre del 1999 due tempeste di eccezionale violenza attraversarono in rapida successione mezza Europa ed in particolare la Francia, da ovest verso est. La prima venne chiamata Lothar e la seconda Martin: insieme, causarono 100 morti in tutto il Paese (la Francia) e danni senza precedenti sia alle vaste foreste che ricoprono i territori d'Oltralpe che alle città ed ai villaggi che si trovavano sul loro passaggio. I risarcimenti che le assicurazioni hanno pagato per i danni subiti a causa di questi veri e propri uragani hanno toccato una cifra prima d'allora mai raggiunta in Francia per un disastro naturale, pari a 6 miliardi di euro.
Ma i danni più gravi, veramente incalcolabili, li hanno subiti boschi e foreste, sia pubbliche che private: ancora oggi (2004) nel Paese sono evidentissimi i segni del passaggio delle due tempeste e gli esperti dicono che ci vorranno almeno altri 15 anni perché la situazione torni alla normalità da questo punto di vista. Basti pensare che gli alberi abbattuti hanno ricoperto una superficie pari a 146 milioni di metri cubi, mentre 1 milione di ettari di foreste hanno subito danni ingenti. Molte le polemiche, perché lo Stato, dopo un interessamento iniziale, ha poi perso interesse per la questione, facendo venir meno gli aiuti. Così le foreste francesi sono ancora in convalescenza, anche se molte organizzazioni a livello nazionale lavorano senza sosta per far tornare tutto com'era prima. La tecnica più usata è quella del rimboschimento. Rimane il fatto, però, che lo Stato ha perso per sempre moltissimi alberi centenari! (...)





































Rapporto 2017 Federculture: in Italia il 38% degli adulti é totalmente inattivo culturalmente



Quello che avete appena letto nel titolo è una delle tante informazioni che si possono leggere nel quattordicesimo Rapporto Annuale Federculture che è stato presentato il 22 ottobre scorso presso la Camera di Commercio di Milano.

Per quanto si possano intravedere leggeri segnali di inversione di tendenza, va detto che la partecipazione alla vita culturale del paese resta molto al di sotto del necessario e delle aspettative che potrebbero indurre, ad esempio, dai risultati del rapporto tra cittadini europei e patrimonio redatto Eurobarometro. Infatti per i cittadini italiani «il patrimonio culturale è importante sia come individui (84%) sia per il proprio Paese (91%), in linea con quanto dichiarato dagli altri cittadini europei» (pag. 4). Salvo poi che il 38,8% degli adulti (oltre 25 anni), non entra in un museo, non visita un sito archeologico, non va ad una mostra e per dirla tutta, al cinema che è l’espressione più popolare della cultura «non ci è mai andato in 12 mesi (nel 2017, ndr) il 51,6% degli italiani» (pag. 6).

Nella fruizione della cultura, come per buona parte dei consumi di beni e servizi, all’interno dell’Italia esistono ampie disparità. Qualsiasi evento o attività culturale prendiamo in considerazione il divario tra la media italiana e quella del Mezzogiorno. Prendiamo due casi su tutti: mentre in Italia quasi 49 adulti su cento non hanno letto, in un anno, un quotidiano, al Sud sono quasi 59; chi non ha letto nemmeno un libro in un anno sono quasi 59 adulti italiani su cento, al Sud sono 71,4.

L’Italia tutta è ben distante dalla media europea: la spesa in cultura e ricreazione vale l’8,5% dei consumi delle famiglie in Europa, mentre nel Bel Paese vale il 6,6%.

I livelli di reddito influiscono sicuramente nella capacità di spesa in cultura, ma il quadro resta allarmante: nelle regioni del Nord si impiegano 150 euro del bilancio familiare in spesa culturale, mentre nel Mezzogiorno sono meno di 95 euro. In Trentino Alto Adige che è la regione in cui si spende di più in cultura viene impegnato il 6,3% della spesa della famiglia, dove in Sicilia è solo il 3,4% del budget destinato alla cultura.
Del resto le erogazioni del c.d. Art Bonus e cioè D.L. 31.5.2014, n. 83 che introdotto un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, favorendo il mecenatismo a favore del patrimonio culturale, mostra divergenze nelle erogazioni divise per Regioni, passando dai 105 milioni di euro della Lombardia ai 10 milioni del Lazio ai 228 mila euro della Sicilia.
Va anche detto che le Fondazioni bancarie, nel 2017, hanno diminuito del 9% gli investimenti in cultura. E sono circa venti milioni di euro che mancano all’appello.

Qualche luce la si intravede quando si analizza il trend della spesa per i servizi culturali e ricreativi che, per il quarto anno consecutivo, registra un aumento arrivando nel suo totale a pesare per 31 miliardi di euro.

Nello stesso documento vi segnaliamo un’indagine commissionata dalla Federazione sullo status dei musei a partire da compresi i modelli di business, la capacità di attrarre finanziamenti e la loro evoluzione nel digitale. Altra sezione è quella del turismo e da questa leggiamo, per rimanere nel tema della cultura, che «il 2017 ha visto una crescita anche del turismo culturale, +4%, degli arrivi, che si conferma come il segmento di maggior peso del settore, sempre in termini di arrivi, rappresentando il 35,4% del totale del mercato turistico» (11). È il turismo culturale la principale ragione della crescita della spesa in questo settore.

È arrivato il momento che dopo il Senato, la Camera approvi la Convenzione di Faro, la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società presentata nel 2005 nella città portoghese di Faro. È un testo che pone al centro della vita e delle comunità la cultura e il suo patrimonio che è un diritto inalienabile e che, come recita l’articolo 2, è “un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione”. Questo stesso patrimonio culturale deve essere indirizzato alla valorizzazione dei “processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale e di pianificazione dell’uso del territorio“.
Questo fa sì che ne derivi una “responsabilità individuale e collettiva” verso questo patrimonio. Non solo, questo testo che ha del rivoluzionario afferma che “chiunque da solo o collettivamente ha diritto di contribuire all’arricchimento del patrimonio culturale” (art. 5), e tutti i cittadini possono partecipare democraticamente all’identificazione stessa del patrimonio, alla gestione, alla conservazione e “alla riflessione e al dibattito pubblico sulle opportunità e sulle sfide che il patrimonio culturale rappresenta” (art. 12).


Ciro Ardiglione
Nessuna novità: a Natale 1999 gli uragani Lothar e Martin colpirono Francia germania e Svizzera peggio dell'Italia nel 2018


Tra il 26 ed il 28 Dicembre del 1999 due tempeste di eccezionale violenza attraversarono in rapida successione mezza Europa ed in particolare la Francia, da ovest verso est. La prima venne chiamata Lothar e la seconda Martin: insieme, causarono 100 morti in tutto il Paese (la Francia) e danni senza precedenti sia alle vaste foreste che ricoprono i territori d'Oltralpe che alle città ed ai villaggi che si trovavano sul loro passaggio. I risarcimenti che le assicurazioni hanno pagato per i danni subiti a causa di questi veri e propri uragani hanno toccato una cifra prima d'allora mai raggiunta in Francia per un disastro naturale, pari a 6 miliardi di euro.

Ma i danni più gravi, veramente incalcolabili, li hanno subiti boschi e foreste, sia pubbliche che private: ancora oggi (2004) nel Paese sono evidentissimi i segni del passaggio delle due tempeste e gli esperti dicono che ci vorranno almeno altri 15 anni perché la situazione torni alla normalità da questo punto di vista. Basti pensare che gli alberi abbattuti hanno ricoperto una superficie pari a 146 milioni di metri cubi, mentre 1 milione di ettari di foreste hanno subito danni ingenti. Molte le polemiche, perché lo Stato, dopo un interessamento iniziale, ha poi perso interesse per la questione, facendo venir meno gli aiuti. Così le foreste francesi sono ancora in convalescenza, anche se molte organizzazioni a livello nazionale lavorano senza sosta per far tornare tutto com'era prima. La tecnica più usata è quella del rimboschimento. Rimane il fatto, però, che lo Stato ha perso per sempre moltissimi alberi centenari!

Ma analizziamo un attimo la tempistica delle due tempeste che in 48 ore gettarono l'intera Francia nel caos: Lothar raggiunse la Finistère (regione dell'ovest del Paese) alle 02:00 am del 26 Dicembre 1999. Undici ore dopo aveva passato Strasburgo (al confine con la Germania) con venti fino a 160 km/h.. Il giorno dopo, 27 Dicembre 1999, un secondo "uragano", Martin colpì un po' più a sud, spostandosi sempre dall'Atlantico verso il cuore della Nazione. I venti in questo caso raggiunsero la spaventosa velocità di 240 km/h. Metà dei dipartimenti francesi fu colpita dal disastro, ma la maggior parte dei danni e delle perdite venne registrata nella sola Lorena e nell'Acquitania.

Scendendo ulteriormente nel dettaglio vediamo che Lothar ha portato venti fino a 157.2 km/h a Parigi Orly, a 135.2 a Parigi Aeroporto C. de Gaulle, a 151.9 km/h a Brigognan, paese nel quale per quattro giorni di fila, dal 25 al 28 dicembre, le raffiche di vento hanno sempre superato i 100 km/h. Per ben cinque giorni di fila invece vento oltre i 100 km/h a Penmarch, con raffica massima il giorno 26 a 140.7 km/h. Le Havre, Boulogne, Rouen, Rennes, Mulhouse, in tutte queste città il vento ha spirato con punte massime tra i 120 e i 140 km/h.

Martin ha colpito i giorni 27 e 28 il centro sud della nazione, con raffiche che hanno spirato fino a 161.1 km/h a Saint Saveur, fino a 159.5 a Cape Ferret, fino a 142.4 a Clermont Ferrand e fino a 140.7 a Cape Cepet nei pressi di Tolone.
Vento fortissimo anche in Corsica: a Ile Rousse e Bastia le raffiche hanno superato i 150 km/h.
Anche la Svizzera è stata coinvolta dalla tempesta. Se a Zurigo il vento ha raggiunto i 129.5 km/h, a La Chaux de Fonds tra il 25 ed il 28 si sono registrate le seguenti raffiche di vento (in km/h): 174.1, 201.9, 163, 170.6, con vento medio tra i 70 e gli 80 km/h.
Nel 1999 gli uragani Lothar et Martin causarono 32 morti 7.5 miliardi di euro di costo per gli assicuratori e i cittadini in generale.
Dieci anni fa, Lothar si abbatté con inaudita violenza sull'Europa occidentale e centrale. Secondo la guardia forestale Jakob Zaugg, l'uragano si è rivelato anche un'opportunità per il bosco.

"Gli alberi sradicati venivano scagliati nell'aria come fossero frecce e ricadevano al suolo a ottanta metri di distanza; prima di allora, non avevo mai visto nulla di simile", ricorda Jakob Zaugg.
Guardia forestale di lunga data e tagliaboschi indipendente dal 2001, Zaugg ha partecipato anche come vigile del fuoco ai lavori di sgombero avviati dopo il passaggio dell'uragano.
Un taglio netto con il passato per la silvicoltura. "Grazie a Lothar, le specie di alberi eliofile hanno ricevuto una nuova opportunità. In questo senso, l'uragano ha consentito al bosco di rafforzarsi", spiega Zaugg. Inoltre, il fitto sottobosco si presta come nascondiglio per gli animali selvatici nonché come 'dispensa di cibo' per cervi e caprioli.
Lothar, insomma, ha segnato una specie di taglio netto nella politica silvicolturale. Sebbene ancor prima dell'uragano l'Ufficio federale dell'ambiente auspicasse una maggiore diffusione del bosco misto, la maggior parte dei proprietari forestali coltivava quasi esclusivamente l'abete rosso per una questione di profitti: la specie più gettonata, infatti, cresce in fretta e fornisce un'elevata percentuale di legno di alta qualità.
Con l'arrivo di Lothar, la politica di promozione del bosco misto voluta dalla Confederazione si è imposta nel giro di poche ore. Secondo Zaugg, "l'uragano ha favorito una mentalità aperta e la disponibilità delle aziende forestali a collaborare".
In seguito al drastico crollo dei prezzi del legno causato da Lothar e delle attività di raccolta intensiva di questa materia prima, tali aziende hanno unito le loro forze dando vita a comunità aziendali. L'uragano ha altresì contribuito alla tecnologizzazione della silvicoltura.

Nel bosco si scontrano interessi diversi: protezione della natura, industria del legno e spazio ricreativo. "È importante che la struttura del bosco come paesaggio culturale, spazio ricreativo e barriera di protezione sia mantenuto, anche nelle regioni discoste", prosegue la guardia forestale. "Inoltre, dato che in futuro a causa del riscaldamento climatico tempeste e uragani diventeranno sempre più frequenti, i boschi misti rivestono un ruolo fondamentale”.

I danni causati dagli uragani non mettono a rischio la conservazione a lungo termine dei boschi. Essi contribuiscono alla rinnovazione dei boschi e promuovono la diversità delle specie. Questo è dimostrato da una ricerca dell'UFAFP (Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio svizzeri) sull'uragano Lothar, che il 26 dicembre 1999 colpì la Svizzera e i Paesi vicini. La tempesta non è stata una catastrofe né in una prospettiva ecologica, né per l'economia nazionale. Nonostante i danni causati dall'uragano, il bosco può continuare a svolgere la sua funzione protettiva su una parte delle aree colpite e anche le capacità di rigenerazione e rinnovazione si rivelano buone nella maggior parte dei casi. Affinchè in futuro le foreste colpite possano resistere meglio alle tempeste, l'UFAFP raccomanda di promuovere i boschi naturali misti. Gli interventi successivi al passaggio di un uragano si devono concentrare innanzitutto sulla funzione protettiva del bosco, in particolare dove il rischio di danni secondari (soprattutto per infestazioni di bostrico) è insostenibile oppure i pericoli naturali minacciano direttamente persone e beni materiali. Da un punto di vista sia economico che ambientale, risulta inoltre opportuno lasciare in maggior misura gli alberi abbattuti in foresta, poiché anche gli alberi al suolo svolgono una funzione protettiva.

In Svizzera l'uragano Lothar causò la morte di 14 persone, mentre ulteriori 15 vittime furono causate dai lavori di sgombero in bosco. Complessivamente la tempesta rase al suolo oltre 12.7 milioni di m3di legname, volume equivalente al triplo delle utilizzazioni medie annue delle foreste elvetiche. La somma dei danni complessivi in bosco ammontò a ben 760 milioni di CHF, in buona parte sopportati da proprietari di bosco privati. Ulteriori danni per 730 milioni di CHF vennero registrati sul conto di edifici e vie di comunicazione.
Complessivamente i danni provocati in sole due ore dall'uragano Lothar durante il suo devastante percorso il mattino del giorno di Santo Stefano del 1999, ammontarono a ca. 1'780 milioni di CHF.

“La casa è presa da una specie di vertigine, visto che all'esterno il fischio del vento ha lasciato il posto a un ringhio ostinato”. Nel libro Il giardiniere di Versailles di Alain Baraton (Skira 2015), tutto ha inizio da un incredibile evento meteorologico “la tempesta del secolo”, scatenatesi con inaudita violenza sull'Europa centrale e occidentale tra il 26 e il 28 dicembre 1999. Alain Baraton, direttore del Gran Parc de Versailles si era svegliato alle quattro del mattino del 26, perché tra sonno e veglia sentiva vibrare i muri e fischiare il vento contro le finestre. “L'impressione è quella di stare su un veliero: tutto si schianta, vacilla, urla e va in pezzi”. Il primo pensiero di Baraton era stato per la Quercia di Maria Antonietta che dall'alto dei suoi trecento anni stava certamente soffrendo. Dall'interno della sua abitazione il giardiniere di Versailles osservava con sgomento gli alberi che cadevano sbattuti a terra senza sforzo dal vento isterico. Quando era uscito per una prima ispezione sommaria, lo spettacolo che si apriva davanti agli occhi di Baraton era quello di un campo di battaglia. Tutto era sottosopra: “i boschetti di solito fitti, densi e folti, sono nudi, le cime a terra, e i bossi, a figure geometriche, sembrano furie selvagge”. Gli alberi di solito così diritti e ordinati ora si aggrovigliavano e si sovrapponevano in un caos dolente. Tutte le leggi di cui la natura pareva così prolifica erano state cancellate, abolite da una rivolta climatica di poche ore chiamata Lothar, che con la successiva tempesta, Martin, aveva attraversato la Francia rapidamente, da ovest a est. Il tragico bilancio sarebbe stato di cento morti in tutto il Paese e un danno di sei miliardi di euro.