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Di cosa parliamo in questa pagina.
Diamo la traduzione google del testo sulla povertà in Germania.

La Germania potrebbe essere l'economia più grande e più forte d'Europa e gode di un impiego da record, ma un quinto dei suoi cittadini sta lottando per sbarcare il lunario, rivela un nuovo studio.
Alcune 15,5 milioni di persone o il 19 per cento della popolazione in Germania sono “a rischio di povertà” o di “esclusione sociale” nel 2017, l'Ufficio federale di statistica ha detto .
Anche se il tasso di disoccupazione in Germania è sceso ai minimi storici, molte persone non guadagnano abbastanza per pagare le bollette e mantenersi al di sopra della soglia di povertà. Circa 13,1 milioni di tedeschi, circa il 16,1% della popolazione, sono minacciati dalla povertà proprio a causa del loro basso reddito mensile, dice l'ufficio federale delle statistiche.
Secondo i criteri introdotti nell'UE, le persone sono considerate a rischio di povertà se il loro reddito totale ammonta a meno del 60% di un reddito medio nel loro paese. Nel caso della Germania, ammonta a € 1.096 ($ 1.243) per una persona singola al mese e € 2.302 ($ 2.611) per una famiglia di due adulti e due bambini sotto i 14. Il  3.4% della popolazione era considerato minacciato dalla povertà come hanno faticato a pagare l'affitto in tempo, a riscaldare adeguatamente le loro case, a viaggiare in vacanza o anche a ricevere regolarmente un pasto sostanzioso a causa della mancanza di risorse finanziarie.
Un altro 8,7 per cento dei tedeschi viveva in famiglie con una partecipazione molto bassa della forza lavoro, il che significa che la maggior parte o tutti i membri della famiglia in età lavorativa in queste famiglie hanno lavorato solo per pochi mesi l'anno scorso o non hanno lavorato affatto e hanno dovuto vivere socialmente benefici.
Anche se la situazione generale è leggermente migliorata rispetto al 2016, lo studio mostra che il numero totale di persone minacciate dalla povertà è diminuito solo dello 0,7% nel 2017. Questi dati hanno suscitato un'ondata di critiche da parte di attivisti e legislatori dell'opposizione.
"È semplicemente scandaloso che 15,5 persone siano minacciate dalla povertà o dall'esclusione [sociale] nonostante il boom economico" , ha detto ai media locali Verena Bentele, a capo dell'associazione sociale VdK Germany. Ha anche invitato le autorità a fornire "opportunità educative eque" ea sviluppare "una nuova strategia per la politica del mercato del lavoro" per combattere la povertà.
Nel frattempo, Dietmar Bartsch, il capo della fazione parlamentare del partito di sinistra nel Bundestag, ha accusato apertamente il governo del cancelliere Angela Merkel per la difficile situazione nelle statistiche sulla povertà della Germania.
"L'impoverimento sistematico di una parte sempre più grande della nostra società fa anche parte dell'eredità politica della Merkel", ha scritto in un post su Twitter, definendolo una prova della "bancarotta delle capacità" della Merkel .

Il governo SalviMaio? tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia.
Ormai appare evidente che della manovra finanziaria 2019 funzioneranno solo le operazioni a totale vantaggio dei privati che vedranno diminuire le tasse -dal pensionato che si vedrà condonata la multa per sosta vietata al riciclatore-evasore professionale che pagando una misera percentuale regolarizzerà quel che ha rubato al paese mentre tutto il resto campa cavallo perché… le ragioni ormai le conosciamo tutti. Quasi tutti.
L'idea di giacchettina DiMaio di riuscire a far funzionare in uno-due anni migliaia di centri per l'impiego (in primis: impiego degli addetti che collocano non più del 3-5% dei disoccupati…) è del tutto fuori della realtà perché chiunque lo constata ogni giorno.
A fine 2017 c'erano in Italia 556 centri per l'impiego che costano circa 600 milioni l'anno e riescono a collocare solo il 3% dei disoccupati al confronto dei 20% collocati dai CpI in Francia e Germania.(...)

Elezioni provinciali. Nessun curnese in lista.
Nessun curnese in lista al consiglio provinciale e nessuna notizia propalata ad arte sui nominativi votati dai nostri consiglieri comunali e dalla sindaca Gamba. Non sappiamo nemmeno quanti siano andati a votare davvero. Per i piddini curnesi, specie i gggiovani inseriti dalla professoresse e maestre «candidate forti» di Vivere Curno con mirabilanti promesse di carriera visto il PD al 40% delle europee, l’ennesima delusione e adesso ci aspettiamo l’ennesimo pasticcio in casa PD con quel gran democristiano di destra che è Gafforelli. Probabile che l’arch. Gandolfi sindaco di Treviolo resti assessore come adesso . (...)









https://www.destatis.de/DE/PresseService/Presse/Pressemitteilungen/2018/10/PD18_421_634.html






































Di cosa parliamo in questa pagina.


Ormai appare evidente che della manovra finanziaria 2019 funzioneranno solo le operazioni a totale vantaggio dei privati che vedranno diminuire le tasse -dal pensionato che si vedrà condonata la multa per sosta vietata al riciclatore-evasore professionale che pagando una misera percentuale regolarizzerà quel che ha rubato al paese mentre tutto il resto campa cavallo perché… le ragioni ormai le conosciamo tutti. Quasi tutti.
L'idea di giacchettina DiMaio di riuscire a far funzionare in uno-due anni migliaia di centri per l'impiego (in primis: impiego degli addetti che collocano non più del 3-5% dei disoccupati…) è del tutto fuori della realtà perché chiunque lo constata ogni giorno.
A fine 2017 c'erano in Italia 556 centri per l'impiego che costano circa 600 milioni l'anno e riescono a collocare solo il 3% dei disoccupati al confronto dei 20% collocati dai CpI in Francia e Germania.
Ma in Italia ci sono anche i soggetti pubblici e privati iscritti l'ANPAL (agenzie nazionali politiche attive del lavoro) il cui numero oggi è ignoto. Dovrebbero essere attorno alle diecimila unità.
L'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) coordina le politiche del lavoro per le persone in cerca di occupazione e la ricollocazione dei disoccupati. Per questo mette in campo strumenti e metodologie a supporto degli operatori pubblici e privati del mercato del lavoro.
Abbiamo ottomila comuni e probabilmente dovremo dotarsi di almeno 5-6000 centri e relativo personale e questi centri dovranno dialogare ininterrottamente tra di loro: non riusciremo mai. Ne per soldi ne per professionalità ne per organizzazione.

Facciamo un altro passo in avanti. L'ISTAT ha stimato che nel 2017 vivano in Italia  in povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie composte da 5 milioni e 58 mila individui.
Se abbiamo cinque milioni di poveri e il governo L5S prevede di abolire la povertà, vuol dire che il programma è di creare in cinque anni cinque milioni di posti di lavoro. Non facciamo gli esigenti pretendendo siano tutti posti di lavoro a tempo indeterminato. Inimmaginabile in Italia  sia possibile creare ogni anno un milione di posti in più. Oggi abbiamo 23 milioni di posti lavoro: ne l'Italia ne l'Europa ne il mondo riuscirebbero ad assorbire un incremento del nostro Pil derivato da quei 5 milioni di posti lavoro in più. Che equivalgono ad un incremento del PiL di almeno il 3-4% ogni anno.
Non è possibile nemmeno sotto il profilo degli investimenti da parte di aziende e servizi in trend del genere. Oltre al fatto che alla fine dei cinque anni ci troveremmo con una inflazione non esattamente ferma come adesso ma perlomeno  pari al 10%.
In Ue non è ammissibile che esistano due paesi con un surplus commerciale tipo quello che avrebbe l'Italia (con 5 milioni di posti lavoro in più) e la Germania: salterebbe in aria l'Ue. Semmai ci arrivi tra cinque anni.
Facciamo il ragionamento al contrario. Se in cinque anni il governo L5S vuole creare “solo” 1.778.000 posti di lavoro bisogna inventare come crearne 360mila ogni anno a tempo INDEterminato. Chi vive sperando muore cacando.

Oggi come oggi il «premio» da 80 euro netti mensili per i lavoratori dipendenti sotto i 26 mila euro di reddito costa la bellezza di 9 miliardi euro l'anno e finisce nelle tasche di 11 milioni di contribuenti.

Dal 1° gennaio 2018 il REI ha sostituito un'altra misura di contrasto alla povertà, il SIA (Sostegno per l'Inclusione Attiva). Il tasso di inclusione del REI, ovvero il numero di persone coinvolte ogni 10mila abitanti, a livello nazionale risulta pari a 139, raggiungendo i valori più alti in Sicilia, Campania e Calabria (rispettivamente 416, 409, 309) e quelli minimi in Friuli Venezia Giulia (15) e in Trentino Alto Adige (17).
L'importo medio mensile, pari a 308 euro, risulta variabile a livello territoriale, con un intervallo tra i 242 euro della Valle d'Aosta ai 338 euro della Campania. Tra gennaio e settembre 2018 il REI è stato pagato a 378.557 famiglie  composte da 1.114.896 persone.

Per chi voglia essere ottimista sul futuro di questo Paese davanti al quadro che abbiamo riassunto qui sopra si rende conto che “l'operazione gambero o ritardo” messa in atto senza troppo clamore dal governo L5S condurrà a due risultati:
-    un abbassamento delle tasse ed un condono massiccio a delle categorie che meriterebbero semmai qualche anno di galera e non “comprensione” perché per la crisi non hanno potuta pagare le tasse (come asseriscono il governo). E nella fattispecie i poveri diavoli (il pensionato che non pagherà la multa per sosta vietata) viene usato come foglia di fico per chi fa affari decisamente multipli per mille diecimila centomila volte quella multa.
Altro che lotta alla povertà dichiarata da giacchettina DiMaio. Inpensabile che dalle 378.557 famiglie  composte da 1.114.896 persone destinatarie oggi del REI si possa – con un grande miracolo!- salire al 1.778.000 famiglie composte da 5 milioni e 58 mila individui pagando mediamente quel che si paga ora: 308 euro mensili a famiglia. Mancano ancora 472 euro e mancano anche le 4.500.000 pensioni da integrare a 780 euro. Lasciamo alla fantasia del lettore di fare i conti.
Conclusione per adesso. L'impressione che abbiamo noi è che in Italia tutti dichiarano di volere la rivoluzione salvo poi fare i democristiani e sedersi al desco del potere per guadagnarsi il benessere per il resto degli anni. Discorso qualunquista ma scommettiamo che alla fine della fiera questo governo L5S, stretto tra le mille contraddizioni in cui s'è infilato tra bugie e mancanza di soldi (l'unica certezza è che diminuiranno le entrate dello stato) galleggerà tra qualche modesta modifica dell'esistente (basta fare quattro conti sul reddito di cittadinanza per capire dove vanno a finire) perché meglio tirare a campare che tirare la corda. Copyright by Andreotti.
ELEZIONI PROVINCIALI 2018
Se i sindaci disertano

Più passano gli anni e meno è comprensibile il senso dietro alla riforma delle Province introdotta dalla Legge Delrio. Il voto che ha portato Gianfranco Gafforelli in via Tasso presenta una nuova frontiera: al distacco dei cittadini dalla politica, si aggiunge il distacco degli amministratori dalle amministrazioni. Sono tanti i sindaci che sono rimasti a casa mercoledì, anziché partecipare al voto: la coda del maltempo ha influito, così come la convocazione ai seggi in un mercoledì autunnale (il governo ha scelto la data per sorteggio?), ma certo anche l'idea che il voto di un consigliere di un Comune sotto i 3.000 abitanti vale 33 volte meno di quello di un consigliere di Bergamo città ha il suo peso. Alla base di questo meccanismo c'era l'idea che i capoluoghi si accollassero gran parte del peso — anche economico — di amministrare le Province. Ridicolo, pensando a un territorio come quello bergamasco, con 243 Comuni e un capoluogo la cui popolazione non supera un decimo di quella provinciale. Così come si è dimostrato nel tempo ridicolo chiedere ai presidenti di Provincia di lavorare gratis, per un risparmio di una decina di milioni di euro l'anno su base nazionale, lasciando loro incombenze invariate — viabilità, scuole —, anzi rese più pesanti dai tagli ai trasferimenti statali. Va messo anche questo sul piatto quando si valutano i quattro anni di Matteo Rossi, chiusi con qualche scelta più che discutibile, a partire dall'autonomina nel Cda degli Istituti Educativi.
Un risultato che nasconde anche un dato politico: la somma dei voti ponderati delle due liste di Lega e Forza Italia ha superato piuttosto nettamente (37.780 a 34.970) quella di Pd e Lista Gafforelli. È evidente che al candidato di centrodestra sono mancati dei voti.
Voti ponderati perché la Provincia chiama alle urne solo gli amministratori comunali attribuendo al loro voto un peso diverso in base alla popolosità del comune d'appartenenza. Cinque le fasce in Bergamasca, la più grande sopra i 100 mila abitanti con il solo capoluogo dove ogni voto vale 337 punti, giù fino ai 10 punti/voto dei paesi sotto i 3 mila abitanti. Un dato che premia i centri più grandi e scoraggia quelli più piccoli. Effetto che si è registrato anche questa volta. L'affluenza, infatti, ha segnato un lieve calo rispetto alle elezioni di due anni fa: nel 2016 si era fermata al 64,5, mercoledì è arrivata al 63,5: sui 2.931 aventi diritto hanno votato in 1.870. Se nelle fasce più grandi però oltre il 90% degli elettori si è recato in cabina elettorale nei comuni fino a 3 mila abitanti la percentuale è scesa al 47,6%. Una partecipazione più alta in questo gruppo avrebbe forse permesso a Ferla di ribaltare l'esito delle elezioni. Proprio nei comuni più piccoli il sindaco di Calvenzano ha raccolto il maggior consenso e recuperato il vantaggio accumulato da Gafforelli con lo spoglio di quelli più grandi. Dopo lo scrutinio di Bergamo e dei comuni sopra i 10 mila abitanti, il sindaco di Calcinate aveva un vantaggio di oltre 5 mila voti che poi è andato via via riducendosi fino a 244 voti di differenza. Così una vittoria scontata in partenza ha lasciato con il fiato sospeso fino all'ultimo molti amministratori che hanno assistito nella nottata allo scrutinio ai seggi alla Cittadella dello sport.
A tener banco nelle discussioni però anche i «voti mancanti» da una parte e dall'altra. Nel centrosinistra sono state forti le perplessità quando in città Gafforelli ha incassato 18 voti contro i 19 attesi e nel voto di lista Forza Italia ha preso 5 voti anziché 4. I sospetti si sono concentrati sul consigliere comunale di Patto civico Simone Paganoni che per altro da tempo aveva annunciato il sostegno al vicesindaco di Fornovo, l'azzurro Fabio Carminati. «Può darsi che abbia annullato il voto per la presidenza — ammette Paganoni — d'altronde un candidato era di centrodestra e l'altro pure e non essendo quella la mia parte politica».
Ben più pesante invece è stato l'appoggio a Gafforelli della lista civica «Io Treviglio» che fa capo al vicesindaco della città della Bassa Pinuccia Prandina e all'ex primo cittadino Beppe Pezzoni. Almeno 3 dei suoi 4 voti da 90 punti sono andati al sindaco di Calcinate risultando decisivi. Una manovra preparata da tempo e le cui motivazioni partono dalla campagna per le provinciali del 2014 quando alla presidenza era candidato Pezzoni e Forza Italia a cui la Prandina era iscritta si schierò con Matteo Rossi. Uno scontro poi continuato durante lo scandalo della falsa laurea di Pezzoni e le comunali del 2016. Una spaccatura che ancora non si è ricomposta. «Stimo entrambi i candidati alla presidenza — spiega la Prandina —, Gafforelli è un uomo di centrodestra. Il pregio di una lista civica è che non c'è un partito a comandarci». Non solo Treviglio, però: nella stessa fascia di Comuni medio-grandi, altri voti alle liste di centrodestra non sono stati confermati al candidato di Lega e Forza Italia.
Meno sorprese invece nel voto di lista che ripropone la divisione 8 a 8 consiglieri. Il Pd centra l'obiettivo di confermare i sette che aveva portando in Consiglio, Pasquale Gandolfi, Marco Redolfi, Mauro Bonomelli, Romina Russo, Claudio Cencelli, Ezio Deligios e Claudio Bolandrini, conferma il suo seggio anche la lista di Gafforelli con l'elezione di Stefano Savoldelli. Nell'altro campo la Lega sale a 5 con Gianfranco Masper, Demis Todeschini, Matteo Villa, Juri Imeri, Alberto Ongaro mentre Forza Italia passa a 3 con Massimo Cocchi, Umberto Valois e Omar Seghezzi. Variazioni solo apparenti perché Todeschini che fa riferimento a Fratelli d'Italia nel 2016 era in lista con gli azzurri.

Simone Bianco