LA CRISI DEMOGRAFICA
Più over 60 che under 30 sorpasso nel Paese che invecchia
Per la prima volta dal 1861, cioè da quando ci contiamo, in questo
Paese che non figlia ma mantiene livelli di sanità alti, chi ha oltre
sessant'anni è più numeroso di chi ne ha meno di trenta. Il 2018 segna
il sorpasso degli over sessanta (sono il 28,7 per cento della
popolazione italiana) sugli under trenta (il 28,4, ora). Lo dice
l'Istituto di studi e ricerca Carlo Cattaneo analizzando dati Istat.
All'interno della fascia "giovani" è interessante, e doloroso, notare
come il blocco generazionale che va da zero a quattordici anni — fino
al 1971 il più numeroso dei sei presi i n considerazione — oggi è il
penultimo con il 13,3 per cento del totale. Insidiato da vicino dagli
over 75. Di più, dal 1991 ad oggi, parliamo quindi degli ultimi 27
anni, i "giovani" sono diminuiti di 11,2 punti mentre gli "anziani"
sono cresciuti del 7,6 per cento.
Il tweet con cui l'Istituto Cattaneo ha immesso questa novità nel
dibattito politico — lo studio completo sul "sorpasso" uscirà più
avanti — si chiude con questa frase: «Ecco perché la politica (e la
Legge di bilancio) si occupa più dei primi che dei secondi». Più degli
anziani, intende, che dei giovani. La Fondazione spiega: «Una delle
questioni da sottolineare è che una quota di giovani intorno al 15-16
per cento non vota. Quindi i governi, in maniera fisiologica e
scarsamente lungimirante, non costruiscono politiche per loro. Da
troppo tempo manca un manifesto programmatico di lungo periodo dedicato
a questa generazione».
Di fronte a un calo delle nascite che dura dagli Anni '70, Alessandro
Rosina, ordinario di Statistica sociale all'Università Cattolica di
Milano, dice: «Il sorpasso è la naturale conseguenza del
de-giovanimento infelice del nostro Paese. In Italia cresce il numero
degli anziani, e questa è solo una buona notizia.
Anche in Francia cresce, con cifre raffrontabili alle nostre. Il
problema, da noi, è la rarefazione della gioventù. Lo squilibrio
demografico non può certo essere colpa della longevità, fenomeno da
accompagnare con politiche adeguate. L'Italia, purtroppo, ha eroso la
base della piramide, disinvestito sulla presenza quantitativa delle
nuove generazioni italiane. Anche la Germania ha denatalità», e questa
è una seconda comparazione europea, «ma lì i governi hanno compensato
le diminuzioni quantitative con un forte potenziamento qualitativo».
Investendo in formazione, ricerca e sviluppo, nelle politiche
attive. Da noi si rischia un abbassamento della qualificazione
media degli studenti. «L'Italia», chiude Rosina, «considera i giovani
un costo a carico delle famiglie, non un investimento della
collettività.
Questo punto di vista è pienamente abbracciato dalla politica, che
sempre più sposta risorse sugli anziani. Il primo Renzi e i 5 Stelle in
campagna elettorale hanno provato a invertire la direzione, ma quando
hanno iniziato a governare hanno scelto di tutelare i genitori anziché
i figli».
La lunga stagione di disinvestimenti su questa doppia fascia di
italiani — da 0 a 29 anni — è diventata uno status quo: «Se mi sento
abbandonato a me stesso su temi come l'istruzione e la cultura della
famiglia rinvio le scelte, quindi rinuncio e accetto la mia condizione
di single poco formato. Convincendomi, a posteriori, che è una
condizione positiva. Ci stiamo adattando a un basso sviluppo e
rinunciamo al futuro per difendere condizioni di benessere o quasi
benessere. Oggi la povertà di una famiglia con un under 35 nel nucleo è
aumentata, la povertà con un over 65 è diminuita. Per redistribuire
risorse verso i più giovani il taglio alle pensioni più generose ha un
senso».
Francesco Sinopoli, segretario della Federazione lavoratori della
conoscenza, vede la piramide demografica dal punto di vista dei ragazzi
(studenti) all'interno di un sindacato, la Cgil, sempre più a tutela
dei pensionati. Dice Sinopoli: «La desertificazione giovanile è la più
grande emergenza dei nostri tempi.
Chiunque frequenti il Sud, le Isole e le zone interne lo sa da anni. Un
terzo del Paese è in queste condizioni: mancano i giovani. Per
invertire questa disgrazia sociale serve favorire migrazioni di
insediamento e un'occupazione femminile con ritmi e tempi che
consentano la maternità. Poi c'è la scuola. Non si possono togliere
insegnanti parallelamente alla riduzione degli studenti. Bisogna
investire nel tempo pieno, combattere gli abbandoni».
Corrado Zunino
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MA RENZI RESTA L'UNICO
La nona edizione della Leopolda è stata un grande successo di
partecipazione. Il popolo renziano è accorso in massa per celebrare il
suo leader abbattuto dagli elettori ma tutt’altro che avvilito. Anche i
numeri hanno un significato. Inimmaginabili numeri uguali per Pizza
Grande di Zingaretti. La sala gremita di fan galvanizza il fiorentino,
e pare di vedere il Matteo Renzi dei tempi d'oro, quando non soltanto i
suoi simpatizzanti ma anche il Paese era in luna di miele con lui.
"Ritorno al futuro" è stato il titolo della kermesse di quest'anno, con
tanto di omaggio al film omonimo con la DeLorean sul palco. Un'idea
sfottutissima sui social network, i cui utenti si sono scatenati nel
sottolineare l'età avanzata dei partecipanti. Ma in realtà la
maggioranza erano giovani e giovanissimi quelli in sala, quei
Millennials che non hanno voltato le spalle all'ex Presidente del
Consiglio per rifugiarsi nelle braccia dei grillini o dei leghisti,
oggi in auge sui media e al governo del Paese.
L'entusiasmo nella platea è stato quello delle grandi occasioni, e tra
il pubblico serpeggiava - silenziosa ma non meno incalzante - la
domanda: "Quando nascerà il nuovo partito di Matteo?". Non se n’é
parlato.
Il convitato di pietra, Nicola Zingaretti, colui che potrebbe insidiare
la vittoria del candidato renziano alla segreteria del Pd (chiunque
egli o ella sarà, visto che Marco Minniti ha annunciato di non essere
intenzionato a correre per la carica), ha scelto di non partecipare
alla Leopolda e di guardarla da casa, "ma non per antipatia" ha tenuto
a precisare. Pure, nel popolo renziano accorso alla kermesse di
Firenze, il malcontento verso un Pd che ha "tradito" il segretario
Renzi "consegnando l'Italia alla Lega e al m5s" è diffuso ed espresso
quotidianamente sui gruppi facebook vicini all'ex sindaco di Firenze.
Accuse che vengono respinte al mittente dai detrattori di Renzi e dagli
"zingarettiani", secondo i quali è stato lui a regalare la vittoria al
Movimento 5 Stelle e al Carroccio. Una storia che si è vista e sentita
mille volte nella DC e nel PCI verso chiunque dissentisse dalla
maggioranza del momento.
Un'atmosfera pesante, quella che regna nel Pd tra le varie correnti, e
non esattamente favorevole a una riscossa; per giunta - malgrado la
grande partecipazione di pubblico - è difficile immaginare che la
Leopolda possa rappresentare un punto di partenza per ricucire i tanti
dissidi con i non renziani. Oltre al fatto che, come dicevamo più
sopra, il popolo di "Matteo" reclama una scelta di campo e una
decisione drastica, ovvero quella di abbandonare l'ingrato Partito
Democratico e fondare un partito personale. Sicuramente destinato a
fallire com’è accaduto per LeU. Dato da molti dentro e fuori il
PD per definitivamente decotto, odiatissimo dalla maggioranza del Paese
soprattutto per merito di una ininterrotta campagna dei media,
anche da un'ampia fetta dell'elettorato di Sinistra, ma al tempo stesso
idolatrato dai suoi (ancora numerosi) fan e fedelissimi, Renzi
sembrerebbe avere soltanto questa possibilità per poter restare
nell'agone politico da protagonista. La sua squadra di governo è stata
assolutamente migliore della attuale, ma se vuole tornare deve
rinnovarla profondamente ed inserire persone di maggiore spessore
e mano politica. Poi se lo si ascolta ci si rende conto che è dentro il
PD è l’unico che sappia stare sui media e sappia rispondere a tono. Gli
altri sembrano dei bravi professorini di scuola media, dediti al cabotag
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OSSERVAZIONI AL "MANIFESTO" DI ZINGARETTI
Prendiamo in mano il “manifesto” di Zingaretti, uno dei più quotati
candidati alla segreteria del PD (dopo Renzi o un renziano…). Di quel
che resta del PD. Gran bel discorso quello di Zingaretti, peccato che
manchi –a mio avviso- la parte più importante: dove e come e quando si
reperiscono le risorse. Quelle per fare le cose che lui suggerisce. Un
sorriso davanti a questa affermazione: Le risorse ci sono, abbiamo
miliardi di euro già programmati per le infrastrutture dai precedenti
governi di centrosinistra, per metterli in moto e spenderli dobbiamo
però fare un grande sforzo di semplificazione e accelerazione delle
procedure. Questo è uno dei punti su cui presenterò una proposta nelle
prossi
me settimane. Dal momento che oltre ad essere insignificanti rispetto
alle esigenze reali non si muovono perché… bisogna fare debito e non ce
lo possiamo permettere più di un sorso per volta. Zingaretti lo sa ed
infatti promette di presentare una proposta nelle prossime settimane.
'N'ammuina.
A me pare che ogni discorso sul futuro prossimo dell'Italia non possa
che partire da cinque numeri. Sono i 2.300 miliardi di debito
pubblico. Sono i 4.290 miliardi di ricchezza privata al netto del
debito immobiliare. Sono i 109 miliardi di evasione fiscale e
contributiva. Sono gli 871 miliardi di tasse non pagate oggetto
dei condoni fino a quello attuale di cui però solo 84 realmente
“aggredibili”. Sono quei 34.622 fortunati che si godono sconti fiscali
compresi tra i 500mila e i 10 milioni di euro.
Ecco, Zingaretti mi-ci dovrebbe spiegare come e in quanti anni intende
ridurre “sto casino” nel senso di riportare il (mal)Paese in una
qualche specie di “media europea”.
Riuscirebbe Zingaretti, vorrebbe Zingaretti, vorrebbe la
maggioranza che reggesse Zingaretti (eventualmente al
governo) a portare a casa in cinque anni almeno una cifra di 50
miliardi all'anno?
Dubitiamo.
Il secondo aspetto su cui non si esprime Zingaretti è che l'welfare
italiano è un grande caos. L'welfare è quella cosa che dovrebbe seguire
come un costume, una usanza consolidata, la crescita della persona. In
Italia l'welfare è qualcosa che cambia ad ogni governo e non perché le
somme disponibili variano granche ma perché chi arriva per ultimo si
sente in dovere di cambiare nome metodo indirizzo così che alla fine
l'welfare è garantito in primis a chi redige la massa di documentazione
necessaria a chi… ne abbia davvero bisogno. Per esempio adesso si
dovrebbe passare dal REI al reddito di cittadinanza. O alla pensione di
cittadinanza. Varrebbe invece la pena di creare delle curve di
ricchezza famigliare rispetto ai redditi e integrare questi rispetto al
percepito. La curva si modificherebbe in tempo reale mese dopo mese in
base alle integrazioni effettuate dai datori di lavoro spese incassi e
quanto altro. In questo modo si semplificherebbe la vita al cittadino
ma anche la burocrazia nella gestione riducendo tutti i passibili
pattinamenti propri dell'italica furbizia.
Il terzo aspetto che Zingaretti non mette in evidenze sono i costi di
beni necessari e pubblici. Energia, comunicazione, salute, scuola per i
quali bisognerebbe applicarvi un'azione di sfrondamento a vantaggio dei
cittadini – consumatori perché in questi settori la privatizzazione
(per finta) ha fatto più danni che bene. Non puoi pagare un kw di
energia 0,06 cents ed alla fine quel kw ti costa in bolletta 0,30 cents.
Il quadro però non è completo perché c'è un aspetto civico e civile di
cui tenere conto. La scarsa affidabilità civica, largamente quasi nulla
in certi strati della popolazione: si pensi all'economia sommersa- per
cui queste persone famiglie imprese esistono parassitariamente a carico
del Paese senza pagare mai nulla. Come si cambia, si migliora, cosa
intende fare Zingaretti contr
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