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Di cosa parliamo in questa pagina.
UN ATTO DI FEDE
La prima manovra del «governo del cambiamento» vuole essere ambiziosa, sia nelle dimensioni sia nei contenuti. Non solo. Si propone come una sfida rispetto alle manovre dei precedenti governi e nei confronti delle regole europee, che imporrebbero all'Italia, Paese con un debito pubblico del 130% del prodotto interno lordo, una rigorosa disciplina di bilancio. In realtà, le ambizioni si ridimensionano una volta depurate dalla propaganda. E la sfida è fondata più su una scommessa ai limiti dell'azzardo che su solide basi. Tanto è vero che l'organismo indipendente di sorveglianza sui conti pubblici, cioè l'Ufficio parlamentare di bilancio, non ha validato, come richiesto dalla legge, il quadro programmatico del governo posto alla base del disegno di legge di Bilancio e del decreto fiscale approvati ieri dal Consiglio dei ministri. (...)
FACITE L'AMMUINA UNO
Bisognerà attendere fino a lunedi o martedi prossimi per leggere la versione finale del Documento di Economia e Finanza e il progetto di bilancio per il 2019 - finale si fa per dire perchè bisognerà poi vedere cosa cambia il Parlamento- per capire qualcosa di più. Del resto quando un Paese cresce «storto» per oltre 70 anni accumulando 2300 miliardi di debito pubblico e 4500 miliardi di ricchezza privata (immobili esclusi) diventa impossibile raddrizzarne il futuro senza qualcosa di grosso. Che non si vede . La manovra del governo SalviMaio conferma di essere lo specchio dell’Italia e degli italiani: facciamo un po’ di debito e intanto ce la caviamo per un paio o tre anni. Poi si vedrà. Vero che il sistema economico ha già assorbito un po’ la botta  col raddoppio dello spread e quindi -arrivate le notizie- si è calmato  nel vedere confermati i propri timori. Vedremo cosa accade a fine mese: però. Il tragicomico ed assieme divertente della manovra sta in aspetti che in genere vengono  lasciati in disparte.(...)
FACITE L'AMMUINA DUE
Da uno sforamento di cento miliardi del debito nazionale alla promessa di rispettare i vincoli europei. Dalla chiusura dell'ILVA al suo mantenimento col sovrap­più di una ottantina di milioni versati dallo Stato; Pure il NO-TAP sta diventando un SI-TAP. Pure il Terzo Valico è procinto di essere sbolognato ed anche la Torino-Lione va verso la confer­ma. Nulla si sa del Mose ma pare che non ne sappiano molto nep­pure quelli che ce l'hanno in mano. C'è solo da sperare che non sia un altro viadotto Morandi prim'ancora di entrare in funzione. In padella frigge da domenica mattina la chiusura domenicale dei negozi ( meno dodici). Si scommette che diver­ranno una trentina (le domeni­che di apertura). Natale Pasqua, due settimane per ogni «saldo». Rischiano tra regolari e quelli in nero non meno di 15Omila addetti sia pure part time. Quo­ta 1OO non si sa bene a che livello si stabilirà ma scommetto­no che resterà tale e quale con qualche ulteriore ritocchino per i lavori peggiori. (...)
































UN ATTO DI FEDE

La prima manovra del «governo del cambiamento» vuole essere ambiziosa, sia nelle dimensioni sia nei contenuti. Non solo. Si propone come una sfida rispetto alle manovre dei precedenti governi e nei confronti delle regole europee, che imporrebbero all'Italia, Paese con un debito pubblico del 130% del prodotto interno lordo, una rigorosa disciplina di bilancio. In realtà, le ambizioni si ridimensionano una volta depurate dalla propaganda. E la sfida è fondata più su una scommessa ai limiti dell'azzardo che su solide basi. Tanto è vero che l'organismo indipendente di sorveglianza sui conti pubblici, cioè l'Ufficio parlamentare di bilancio, non ha validato, come richiesto dalla legge, il quadro programmatico del governo posto alla base del disegno di legge di Bilancio e del decreto fiscale approvati ieri dal Consiglio dei ministri.
Una manovra da 37 miliardi per il 2019 sembra di notevole entità. Ma essa, una volta tolti i 12 miliardi e mezzo che il governo è «costretto» a impiegare per impedire l'aumento dell'Iva lasciato in eredità dai precedenti esecutivi, si riduce a circa 25 miliardi, destinati per 17 miliardi alle due misure principali: «reddito e pensione di cittadinanza» da una parte e «quota 100» dall'altra.
Della flat tax, che la Lega aveva messo in cima al suo programma elettorale, c'è ben poco: un'estensione della platea delle partite Iva ammesse al regime forfettario del 15 per cento e la riduzione dell'Ires sugli utili reinvestiti, mentre spariscono riduzioni d'imposta importanti per le imprese, come l'Ace, Aiuto alla crescita economica, e l'Iri, che doveva scattare dal 2019. La dual tax sull'Irpef per le persone fisiche, con le aliquote del 15 e del 20 per cento, è stata rinviata per far posto all'aumento della spesa pubblica a favore di poveri, disoccupati e pensionati. Partire dai più bisognosi è giusto. Farlo mettendo a rischio la stabilità del bilancio pubblico potrebbe rivelarsi un boomerang a danno degli stessi soggetti. Purtroppo il governo, dopo la promessa che avrebbe spianato la montagna degli sprechi, non ha saputo fare di meglio che finanziare l'aumento della spesa pubblica col ricorso all'indebitamento. Che, è bene sottolinearlo, si fermerà al 2,4 per cento del prodotto interno lordo soltanto se quest'ultimo crescerà dell'1,5 per cento l'anno prossimo, ma ci crede solo l'esecutivo. Sono le stesse cifre fornite in Parlamento dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, a dirlo: oltre che con 22 miliardi di maggior deficit, la manovra è finanziata da 8,1 miliardi di aumento delle entrate e da 6,9 miliardi di tagli della spesa. Gli sprechi che Movimento 5 Stelle e Lega hanno trovato si riducono a misure simboliche, come i tagli ai vitalizi dei consiglieri regionali, o esposte a piogge di ricorsi alla magistratura, come le penalizzazioni per le cosiddette «pensioni d'oro». Per il resto si prevedono tagli ai ministeri e agli acquisti centralizzati tutti da verificare. Le entrate, invece, saliranno per via dell'abolizione dell'Ace e dell'Iri appunto, e grazie ai condoni. Ce ne sono addirittura quattro, sia pure in forme diverse: la rottamazione ter ; la cancellazione pura e semplice delle vecchie cartelle fino a mille euro; la sanatoria sulle liti pendenti; il condono sui redditi evasi fino a 100 mila euro. Uno schiaffo a tutti i contribuenti onesti e anche ai cittadini che quando prendono una multa la pagano. Il tutto nemmeno accompagnato da un credibile piano di lotta all'evasione fiscale, perché non può considerarsi tale la stantia minaccia delle manette agli evasori. Circa dieci milioni di contribuenti potranno prendere le vecchie mini cartelle e buttarle nel cestino. Altri 400 mila potranno valutare se andare in pensione a 62 anni (ma saranno poche le donne ad avere i 38 anni di contributi necessari). Altri cinque milioni sono potenziali beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza. Decine di migliaia di giovani entreranno nel pubblico impiego. Altri, ma non in rapporto di uno a uno, verranno assunti nel privato grazie alle uscite con «quota 100». Tutto continuando a fare debito pubblico, immaginando una macchina pubblica che si metta a funzionare a meraviglia e scommettendo che questa manovra elettorale (a maggio ci sono le europee) ribalti il trend in frenata dell'economia. Un atto di fede.

Enrico Marro
FACITE L'AMMUINA UNO

Bisognerà attendere fino a lunedi o martedi prossimi per leggere la versione finale del Documento di Economia e Finanza e il progetto di bilancio per il 2019 - finale si fa per dire perchè bisognerà poi vedere cosa cambia il Parlamento- per capire qualcosa di più. Del resto quando un Paese cresce «storto» per oltre 70 anni accumulando 2300 miliardi di debito pubblico e 4500 miliardi di ricchezza privata (immobili esclusi) diventa impossibile raddrizzarne il futuro senza qualcosa di grosso. Che non si vede . La manovra del governo SalviMaio conferma di essere lo specchio dell’Italia e degli italiani: facciamo un po’ di debito e intanto ce la caviamo per un paio o tre anni. Poi si vedrà. Vero che il sistema economico ha già assorbito un po’ la botta  col raddoppio dello spread e quindi -arrivate le notizie- si è calmato  nel vedere confermati i propri timori. Vedremo cosa accade a fine mese: però. Il tragicomico ed assieme divertente della manovra sta in aspetti che in genere vengono  lasciati in disparte. Uno. Il cavallo di battaglia di Salvini -la flat tax al 15%per Ie imprese minori- era già in vigore dal 2014 e adesso viene peggiorata. Pare che si ridurranno quelle che vi possono accedere. Due. Conte s’è accorto -Padre Pio illumina le menti!- che non si può offrire a un disoccupato trapanese un posto di lavoro in Friuli e non glielo puo’ nemmeno offrire tre volte di seguito: forse 5 su cento prendono le valigie e salgono a Trasaghis o Tolmezzo da Castelvetrano. Tre. Se in Sicilia hai 1,3 milioni di poveri vuol dire che per risolvere la questione  dovresti essere in grado di creare in due o tre -facciamo cinque- anni almeno 500-700mila posti di lavoro. Un’impresa del genere non riuscirebbe a compierla nemmeno una Merkel. Se in Italia, la povertà tocca 5,1 milioni di persone in condizioni di grave deprivazione e disagio economico è inimmaginabile che con la sola crescita del Pil dell’1,5% all’anno si riescano a creare in tre (o cinque) anni almeno tre o cinque milioni di posti di lavoro a tempo indeterminato. Siccome oggi in Italia lavorano 23-24milioni di persone, un aumento degli occupati di cinque milioni farebbe schizzare il PIL del 20% (più venti per cento!...) e porrebbe l’Italia sotto la mira dell’Ue per l’enorme surplus record. Il surplus commerciale italiano nel 2017 è stato di 45,7 miliardi a fronte dei 249 miliardi della Germania e dei 70 miliardi dell’Olanda. Immaginatevi lo scombussolamento nel mondo, non solo nell’Ue.
Il governo con quell’accrocco che è nuovo condono&pace fiscale pensa di contribuire ad una riduzione delle tasse a cittadini e imprese molto consistente. Ernesto Maria Ruffini, amministratore delegato e Il presidente dell’agenzia Equitalia spa, in audizione alla VI Commissione Finanze alla Camera, il 6 aprile 2017 ha dichiarato:“Sono circa 21 milioni i contribuenti che risultano avere debiti a vario titolo con enti che hanno affidato la riscossione a Equitalia. Il 74% dei contribuenti ha debiti sotto i 5mila euro ma  i debiti tra i 1000 e i 5000 euro rappresentano il 20,4% del totale, il 7,1% si trova tra i 5mila e i 10mila euro, l'11,9% tra 10mila e 50mila mentre appena il 3% ha debiti tra 50 e 100mila euro e un altro 4% deve al fisco oltre 100mila euro.
Il che vuol dire che se il governo SalviMaio si guadagna almeno un voto per famiglia italiana «condonata» si è messo nelle urne qualcosa come 15-16 milioni di voti colpendo con un calcinculo  quelli che hanno sempre onorato il proprio debito col fisco. Qui torna di nuovo evidente un aspetto classico degli italiani che Salvini giustifica e nobilita falsamente con la tesi «non hanno pagato le tasse per pagare i dipendenti» vista la distribuzione delle somme dovute. DiMaio da bravo meridionale avverte che i centri per l’impiego -oggi sono 552 con 8mila dipendenti e una spesa di 600 milioni (lo 0,004% del Pil contro lo 0,36% della Germania e lo 0,25% della Francia -anno 2015) saranno  rafforzati con un investimento di un miliardo per l’assunzione di nuovo personale visto che finora hanno funzionato soprattutto per garantire il lavoro a se stessi riuscendo a collocare meno del 3,5% dei nuovi assunti.
Purtroppo per DiMaio un piano di investimento di questa natura non può essere attuato in breve tempo, ma deve essere pluriennale, con una crescita graduale dei servizi e dei livelli delle prestazioni previste, in parallelo agli investimenti.
L’orizzonte verso cui guardano questo DEF e questa bozza di Legge di Bilancio 2019 sono soltanto le elezioni europee con la prospettiva che poi muterà completamente il quadro all’Ue. Quello che è accaduto in Baviera settimana scorsa -la Baviera è una delle regioni più ricche dell’Ue- non pare proprio rassicurante per la coppia Salvini&DiMaio.
Buon ultimo al di sopra di tutti i conti appare il pericolo della rottura di una solidarietà trasversale dentro gli stati e tra gli stati. Si va verso la rottura del patto per cui chi sia arrivato -cioè abbia un reddito una casa un lavoro, la tutela della salute la scuola- e chi non c’è o non arriverà -cioè si trova nelle mille sfumature della povertà- mai avranno comunque gli stessi diritti  e le stesse occasioni nei rispettivi paesi. La conclusione traetela da soli.

FACITE L'AMMUINA DUE

Da uno sforamento di cento miliardi del debito nazionale alla promessa di rispettare i vincoli europei. Dalla chiusura dell'ILVA al suo mantenimento col sovrap­più di una ottantina di milioni versati dallo Stato; Pure il NO-TAP sta diventando un SI-TAP. Pure il Terzo Valico è procinto di essere sbolognato ed anche la Torino-Lione va verso la confer­ma. Nulla si sa del Mose ma pare che non ne sappiano molto nep­pure quelli che ce l'hanno in mano. C'è solo da sperare che non sia un altro viadotto Morandi prim'ancora di entrare in funzione. In padella frigge da domenica mattina la chiusura domenicale dei negozi ( meno dodici). Si scommette che diver­ranno una trentina (le domeni­che di apertura). Natale Pasqua, due settimane per ogni «saldo». Rischiano tra regolari e quelli in nero non meno di 15Omila addetti sia pure part time. Quo­ta 1OO non si sa bene a che livello si stabilirà ma scommetto­no che resterà tale e quale con qualche ulteriore ritocchino per i lavori peggiori.
L'evasione e delusione fiscale sono scomparse dall'orizzonte mentre si profila un sostanzioso condono «in base al red­dito». Le cartelle potranno essere saldate pagando un'aliquota variabile del 6, il IO o il 25% a seconda dell'entità del debito e del reddito del debitore. Urrà!. Il sottosegretario Siri promette «Daremo subito un segnale molto forte ai titolari delle par­tite Iva applicando un'imposta piatta. Stia­mo valutando le soglie, potrebbero essere il 15% fino a 65 mila e il 20% per la parte eccedente, fino a 1OO mila euro.
Fino a 65 mila euro sarebbe un'imposta for­fettaria che assorbirebbe tutto anche l'iva».ll che fa pensare che calerà anche il nostro contri­buto all'Ue e viceversa quella che riceveremo. A marzo di quest'anno Salvini aveva pro­messa “partirò subito abbassando il prezzo della benzina che oggi per gli italiani è la più cara d'Europa per colpa di tasse e accise ormai senza senso" e lo farò "durante il primo consiglio dei ministri". Mai visto. S'è visto invece un rimando della fattura­zione elettronica dei carburanti tanto per prolungare un po' l'evasione fiscale. Partiranno l'anno prossimo per chi fattura più di 400mila euro. Meno di un mese fa si è scoperto che quelli dell'ASPI si sono fatti garantire un rendimento netto del 6,5% degli investimenti nella rete in concessione e per di più -PiMaio dixit- sarebbero responsabili del crollo del viadotto Morandi e quindi gli si levi la concessione. DiMaio e Toni-Nelli sono ballisti professionali perché i giornalisti hanno accettato il dictat per cui «loro» in TV ci vanno sempre da soli. Toni-Nelli ha dovuto fare e disfare tre o quattro volte il decreto di nomina della commissione d'inchiesta perché sua «a sua insaputa» c'erano quattro componenti in pieno con­flitto d'interessi. Su una «bana­le» tragedia con 43 ammazzati. Dario di Vico ci avverte che «Dopo il week lungo di Cernobbio,imsomma, il governo giallo­verde fa meno paura e a dirlo esplicitamente sono uomini in genere assai prudenti come Gabriele Galateri o Roberto Nicastro senior advisor del fondo Cerberus. Un'ammuina insom