UN ATTO DI FEDE
La prima manovra del «governo del cambiamento» vuole essere ambiziosa,
sia nelle dimensioni sia nei contenuti. Non solo. Si propone come una
sfida rispetto alle manovre dei precedenti governi e nei confronti
delle regole europee, che imporrebbero all'Italia, Paese con un debito
pubblico del 130% del prodotto interno lordo, una rigorosa disciplina
di bilancio. In realtà, le ambizioni si ridimensionano una volta
depurate dalla propaganda. E la sfida è fondata più su una scommessa ai
limiti dell'azzardo che su solide basi. Tanto è vero che l'organismo
indipendente di sorveglianza sui conti pubblici, cioè l'Ufficio
parlamentare di bilancio, non ha validato, come richiesto dalla legge,
il quadro programmatico del governo posto alla base del disegno di
legge di Bilancio e del decreto fiscale approvati ieri dal Consiglio
dei ministri.
Una manovra da 37 miliardi per il 2019 sembra di notevole entità. Ma
essa, una volta tolti i 12 miliardi e mezzo che il governo è
«costretto» a impiegare per impedire l'aumento dell'Iva lasciato in
eredità dai precedenti esecutivi, si riduce a circa 25 miliardi,
destinati per 17 miliardi alle due misure principali: «reddito e
pensione di cittadinanza» da una parte e «quota 100» dall'altra.
Della flat tax, che la Lega aveva messo in cima al suo programma
elettorale, c'è ben poco: un'estensione della platea delle partite Iva
ammesse al regime forfettario del 15 per cento e la riduzione dell'Ires
sugli utili reinvestiti, mentre spariscono riduzioni d'imposta
importanti per le imprese, come l'Ace, Aiuto alla crescita economica, e
l'Iri, che doveva scattare dal 2019. La dual tax sull'Irpef per le
persone fisiche, con le aliquote del 15 e del 20 per cento, è stata
rinviata per far posto all'aumento della spesa pubblica a favore di
poveri, disoccupati e pensionati. Partire dai più bisognosi è giusto.
Farlo mettendo a rischio la stabilità del bilancio pubblico potrebbe
rivelarsi un boomerang a danno degli stessi soggetti. Purtroppo il
governo, dopo la promessa che avrebbe spianato la montagna degli
sprechi, non ha saputo fare di meglio che finanziare l'aumento della
spesa pubblica col ricorso all'indebitamento. Che, è bene
sottolinearlo, si fermerà al 2,4 per cento del prodotto interno lordo
soltanto se quest'ultimo crescerà dell'1,5 per cento l'anno prossimo,
ma ci crede solo l'esecutivo. Sono le stesse cifre fornite in
Parlamento dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, a dirlo: oltre
che con 22 miliardi di maggior deficit, la manovra è finanziata da 8,1
miliardi di aumento delle entrate e da 6,9 miliardi di tagli della
spesa. Gli sprechi che Movimento 5 Stelle e Lega hanno trovato si
riducono a misure simboliche, come i tagli ai vitalizi dei consiglieri
regionali, o esposte a piogge di ricorsi alla magistratura, come le
penalizzazioni per le cosiddette «pensioni d'oro». Per il resto si
prevedono tagli ai ministeri e agli acquisti centralizzati tutti da
verificare. Le entrate, invece, saliranno per via dell'abolizione
dell'Ace e dell'Iri appunto, e grazie ai condoni. Ce ne sono
addirittura quattro, sia pure in forme diverse: la rottamazione ter ;
la cancellazione pura e semplice delle vecchie cartelle fino a mille
euro; la sanatoria sulle liti pendenti; il condono sui redditi evasi
fino a 100 mila euro. Uno schiaffo a tutti i contribuenti onesti e
anche ai cittadini che quando prendono una multa la pagano. Il tutto
nemmeno accompagnato da un credibile piano di lotta all'evasione
fiscale, perché non può considerarsi tale la stantia minaccia delle
manette agli evasori. Circa dieci milioni di contribuenti potranno
prendere le vecchie mini cartelle e buttarle nel cestino. Altri 400
mila potranno valutare se andare in pensione a 62 anni (ma saranno
poche le donne ad avere i 38 anni di contributi necessari). Altri
cinque milioni sono potenziali beneficiari del reddito e della pensione
di cittadinanza. Decine di migliaia di giovani entreranno nel pubblico
impiego. Altri, ma non in rapporto di uno a uno, verranno assunti nel
privato grazie alle uscite con «quota 100». Tutto continuando a fare
debito pubblico, immaginando una macchina pubblica che si metta a
funzionare a meraviglia e scommettendo che questa manovra elettorale (a
maggio ci sono le europee) ribalti il trend in frenata dell'economia.
Un atto di fede.
Enrico Marro
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FACITE L'AMMUINA UNO
Bisognerà attendere fino a lunedi o martedi prossimi per leggere la
versione finale del Documento di Economia e Finanza e il progetto di
bilancio per il 2019 - finale si fa per dire perchè bisognerà poi
vedere cosa cambia il Parlamento- per capire qualcosa di più. Del resto
quando un Paese cresce «storto» per oltre 70 anni accumulando 2300
miliardi di debito pubblico e 4500 miliardi di ricchezza privata
(immobili esclusi) diventa impossibile raddrizzarne il futuro senza
qualcosa di grosso. Che non si vede . La manovra del governo SalviMaio
conferma di essere lo specchio dell’Italia e degli italiani: facciamo
un po’ di debito e intanto ce la caviamo per un paio o tre anni. Poi si
vedrà. Vero che il sistema economico ha già assorbito un po’ la
botta col raddoppio dello spread e quindi -arrivate le notizie-
si è calmato nel vedere confermati i propri timori. Vedremo cosa
accade a fine mese: però. Il tragicomico ed assieme divertente della
manovra sta in aspetti che in genere vengono lasciati in
disparte. Uno. Il cavallo di battaglia di Salvini -la flat tax al
15%per Ie imprese minori- era già in vigore dal 2014 e adesso viene
peggiorata. Pare che si ridurranno quelle che vi possono accedere. Due.
Conte s’è accorto -Padre Pio illumina le menti!- che non si può offrire
a un disoccupato trapanese un posto di lavoro in Friuli e non glielo
puo’ nemmeno offrire tre volte di seguito: forse 5 su cento prendono le
valigie e salgono a Trasaghis o Tolmezzo da Castelvetrano. Tre. Se in
Sicilia hai 1,3 milioni di poveri vuol dire che per risolvere la
questione dovresti essere in grado di creare in due o tre
-facciamo cinque- anni almeno 500-700mila posti di lavoro. Un’impresa
del genere non riuscirebbe a compierla nemmeno una Merkel. Se in
Italia, la povertà tocca 5,1 milioni di persone in condizioni di grave
deprivazione e disagio economico è inimmaginabile che con la sola
crescita del Pil dell’1,5% all’anno si riescano a creare in tre (o
cinque) anni almeno tre o cinque milioni di posti di lavoro a tempo
indeterminato. Siccome oggi in Italia lavorano 23-24milioni di persone,
un aumento degli occupati di cinque milioni farebbe schizzare il PIL
del 20% (più venti per cento!...) e porrebbe l’Italia sotto la mira
dell’Ue per l’enorme surplus record. Il surplus commerciale italiano
nel 2017 è stato di 45,7 miliardi a fronte dei 249 miliardi della
Germania e dei 70 miliardi dell’Olanda. Immaginatevi lo
scombussolamento nel mondo, non solo nell’Ue.
Il governo con quell’accrocco che è nuovo condono&pace fiscale
pensa di contribuire ad una riduzione delle tasse a cittadini e imprese
molto consistente. Ernesto Maria Ruffini, amministratore delegato e Il
presidente dell’agenzia Equitalia spa, in audizione alla VI Commissione
Finanze alla Camera, il 6 aprile 2017 ha dichiarato:“Sono circa 21
milioni i contribuenti che risultano avere debiti a vario titolo con
enti che hanno affidato la riscossione a Equitalia. Il 74% dei
contribuenti ha debiti sotto i 5mila euro ma i debiti tra i 1000
e i 5000 euro rappresentano il 20,4% del totale, il 7,1% si trova tra i
5mila e i 10mila euro, l'11,9% tra 10mila e 50mila mentre appena il 3%
ha debiti tra 50 e 100mila euro e un altro 4% deve al fisco oltre
100mila euro.
Il che vuol dire che se il governo SalviMaio si guadagna almeno un voto
per famiglia italiana «condonata» si è messo nelle urne qualcosa come
15-16 milioni di voti colpendo con un calcinculo quelli che hanno
sempre onorato il proprio debito col fisco. Qui torna di nuovo evidente
un aspetto classico degli italiani che Salvini giustifica e nobilita
falsamente con la tesi «non hanno pagato le tasse per pagare i
dipendenti» vista la distribuzione delle somme dovute. DiMaio da bravo
meridionale avverte che i centri per l’impiego -oggi sono 552 con 8mila
dipendenti e una spesa di 600 milioni (lo 0,004% del Pil contro lo
0,36% della Germania e lo 0,25% della Francia -anno 2015) saranno
rafforzati con un investimento di un miliardo per l’assunzione di nuovo
personale visto che finora hanno funzionato soprattutto per garantire
il lavoro a se stessi riuscendo a collocare meno del 3,5% dei nuovi
assunti.
Purtroppo per DiMaio un piano di investimento di questa natura non può
essere attuato in breve tempo, ma deve essere pluriennale, con una
crescita graduale dei servizi e dei livelli delle prestazioni previste,
in parallelo agli investimenti.
L’orizzonte verso cui guardano questo DEF e questa bozza di Legge di
Bilancio 2019 sono soltanto le elezioni europee con la prospettiva che
poi muterà completamente il quadro all’Ue. Quello che è accaduto in
Baviera settimana scorsa -la Baviera è una delle regioni più ricche
dell’Ue- non pare proprio rassicurante per la coppia Salvini&DiMaio.
Buon ultimo al di sopra di tutti i conti appare il pericolo della
rottura di una solidarietà trasversale dentro gli stati e tra gli
stati. Si va verso la rottura del patto per cui chi sia arrivato -cioè
abbia un reddito una casa un lavoro, la tutela della salute la scuola-
e chi non c’è o non arriverà -cioè si trova nelle mille sfumature della
povertà- mai avranno comunque gli stessi diritti e le stesse
occasioni nei rispettivi paesi. La conclusione traetela da soli.
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FACITE L'AMMUINA DUE
Da uno sforamento di cento miliardi del debito nazionale alla promessa
di rispettare i vincoli europei. Dalla chiusura dell'ILVA al suo
mantenimento col sovrappiù di una ottantina di milioni versati dallo
Stato; Pure il NO-TAP sta diventando un SI-TAP. Pure il Terzo Valico è
procinto di essere sbolognato ed anche la Torino-Lione va verso la
conferma. Nulla si sa del Mose ma pare che non ne sappiano molto
neppure quelli che ce l'hanno in mano. C'è solo da sperare che non sia
un altro viadotto Morandi prim'ancora di entrare in funzione. In
padella frigge da domenica mattina la chiusura domenicale dei negozi (
meno dodici). Si scommette che diverranno una trentina (le domeniche
di apertura). Natale Pasqua, due settimane per ogni «saldo». Rischiano
tra regolari e quelli in nero non meno di 15Omila addetti sia pure part
time. Quota 1OO non si sa bene a che livello si stabilirà ma
scommettono che resterà tale e quale con qualche ulteriore ritocchino
per i lavori peggiori.
L'evasione e delusione fiscale sono scomparse dall'orizzonte mentre si
profila un sostanzioso condono «in base al reddito». Le cartelle
potranno essere saldate pagando un'aliquota variabile del 6, il IO o il
25% a seconda dell'entità del debito e del reddito del debitore. Urrà!.
Il sottosegretario Siri promette «Daremo subito un segnale molto forte
ai titolari delle partite Iva applicando un'imposta piatta. Stiamo
valutando le soglie, potrebbero essere il 15% fino a 65 mila e il 20%
per la parte eccedente, fino a 1OO mila euro.
Fino a 65 mila euro sarebbe un'imposta forfettaria che assorbirebbe
tutto anche l'iva».ll che fa pensare che calerà anche il nostro
contributo all'Ue e viceversa quella che riceveremo. A marzo di
quest'anno Salvini aveva promessa “partirò subito abbassando il prezzo
della benzina che oggi per gli italiani è la più cara d'Europa per
colpa di tasse e accise ormai senza senso" e lo farò "durante il primo
consiglio dei ministri". Mai visto. S'è visto invece un rimando della
fatturazione elettronica dei carburanti tanto per prolungare un po'
l'evasione fiscale. Partiranno l'anno prossimo per chi fattura più di
400mila euro. Meno di un mese fa si è scoperto che quelli dell'ASPI si
sono fatti garantire un rendimento netto del 6,5% degli investimenti
nella rete in concessione e per di più -PiMaio dixit- sarebbero
responsabili del crollo del viadotto Morandi e quindi gli si levi la
concessione. DiMaio e Toni-Nelli sono ballisti professionali perché i
giornalisti hanno accettato il dictat per cui «loro» in TV ci vanno
sempre da soli. Toni-Nelli ha dovuto fare e disfare tre o quattro volte
il decreto di nomina della commissione d'inchiesta perché sua «a sua
insaputa» c'erano quattro componenti in pieno conflitto d'interessi.
Su una «banale» tragedia con 43 ammazzati. Dario di Vico ci avverte
che «Dopo il week lungo di Cernobbio,imsomma, il governo gialloverde
fa meno paura e a dirlo esplicitamente sono uomini in genere assai
prudenti come Gabriele Galateri o Roberto Nicastro senior advisor del
fondo Cerberus. Un'ammuina insom
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