Primarie Pd, Minniti in campo
«Non sarò il candidato di Renzi»
Non scioglie la riserva ma prepara la corsa ( e un libro).
Sanchez con Martina al Forum dem.
«Sto veramente riflettendo. Vediamo nei prossimi giorni » . Chi conosce
Marco Minniti, giura che le parole che ha rilasciato ieri all'Ansa
riflettono un travaglio sincero. Ma la sua corsa alla segretaria è
ormai più che una semplice tentazione. Manca solo l'ufficialità e una
decisione sui tempi dell'annuncio. Le condizioni poste sono chiare e la
prima di queste è stata ribadita a chiun que gli abbia parlato in
queste ore: "Non sarà il candidato di Renzi o della sua corrente".
Questo è un punto chiave. L'ex ministro non vuole l'etichetta renziana.
Non è solo una questione di orgoglio e storia personale, ma anche di
chance di vittoria e di possibilità di allargare il consenso intorno
alla sua candidatura ben oltre la "chiamata" che gli arriva da tredici
sindaci di area ( tra questi Dario Nardella di Firenze, Giorgio Gori di
Bergamo, Giuseppe Falcomatà di Reggio Calabria). Non sarà facile tenere
insieme l'una e l'altra cosa. Il ruolo di Renzi nella costruzione della
candidatura è un dato di fatto. Di certo il mondo renziano si è già
spaccato.
Il 6 novembre Minniti presenterà alla Camera una sorta di manifesto
politico. È il libro che ha scritto per Rizzoli dopo la sua esperienza
al Viminale. Il titolo dice molto: «Sicurezza è libertà». Dice, tra
l'altro, che c'è tutta un'area del Pd che non è pronta a sostenere l'ex
ministro. Anche tra gli stessi renziani. Non lo farà Matteo Orfini,
cheall'atteggia
mento del governo Gentiloni sull'immi- grazione imputa molti dei punti
persi dal Pd. Non lo farà Graziano Delrio, che con Minniti si è
scontrato — sulla questione dei porti e delle navi delle Ong nel
Mediterraneo — più di una volta. Segnando una frattura profonda, che è
quella che poi corre lungo tutto il corpo martoriato del partito
democratico.
Secondo alcuni, l'ex capo del Viminale potrebbe perfino sciogliere la
riserva domani, nel giorno della "Piazza Grande" di Zingaretti, per
oscurarne il lancio. Ma non è detto che i tempi siano già così maturi.
Certo, per non essere considerato come il « candidato renziano » ,
Minniti non potrà annunciare la sua discesa in campo il prossimo week
end, alla Leopolda da cui Renzi intende ricominciare a tirare le fila
del partito in vista del congresso. Che si chiuderà, su questo il
segretario reggente Maurizio Martina non sembra voler fare passi
indietro, con le primarie previste per la prima domenica di febbraio.
Con l'area di Orfini che potrebbe esprimere una sua candidatura,
Catiuscia Marini, Chiara Gribaudo o la giovanissima Giuditta Pini, e le
corse un po' solitarie di Matteo Richetti, Francesco Boccia, e del
laburista Cesare Damiano (per non dire del giovane rottamatore Dario
Corallo), il quadro è abbastanza completo. E induce Martina a restare
in disparte, senza probabilmente appoggiare nessuna delle mozioni,
almeno per ora. Così come in disparte rimane Carlo Calenda: «Va
costruito qualcosa che vada ben oltre il Pd — ha detto a Otto e mezzo —
se si farà il Fronte repubblicano, mi candiderò. Se si farà il Pd con
le diverse correnti, non mi interessa ».
Tutti, però, si ritroveranno a Milano il 27 e 28 ottobre al Forum che
Martina e Tommaso Nannicini stanno organizzando come una sorta di avvio
condiviso della battaglia di idee del congresso. Ci saranno, tra gli
altri, il premier socialista spagnolo Pedro Sanchez, Walter Veltroni,
Massimo Cacciari, il commissario europeo Frans Timmermans. E sessioni
di lavoro fatte di domande. Le prime due dicono già molto: " Serve
ancora la politica o basta la Rete?". E poi: " Immigrazione: inseguire
o governare?".
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Effetto rottamazione: il comunista Zingaretti contro il comunista Minniti
Due candidati in tono
minore concorrono per un partito, il Pd, che vorrebbe essere il più
lontano possibile dal Pci. Ma la loro battaglia potrebbe chiudere l'era
di Renzi.
In campo per le primarie del Pd ci sarà anche Marco Minniti (se vincerà
la sua ostinata ricerca di evitare battaglie che si concludono con un
voto sulla sua persona). Lo candidato 13 sindaci e si dice che dietro
questo schieramento di maggiorenti vi sia Matteo Renzi che così
abbandona al suo destino il povero Matteo Richetti che si era candidato
qualche giorno fa. Nel pieno delle polemiche sui suoi provvedimenti
anti-immigrazione , Massimo D’Alema, che Minniti lo conosce bene e se
lo è, in un certo senso, inventato, mi disse indulgente: «Lui non è un
politico, è un tecnico». Resta il fatto che ora è in campo a contendere
lo scettro a Nicola Zingaretti.
Pd, Dika: i delusi da governo non torneranno in automatico da noi
LO STRANO DESTINO DELLE INUTILI PRIMARIE DEL PD
Strano destino di queste primarie inutili che ci fanno vedere, dopo
prediche rottamatrici, duecomunisti doc concorrere per un partito che
vorrebbe essere il più lontano possibile dal Pci. Dei due Minniti è il
più comunista. È quello che ha scalato la nomenklatura arrivando più in
alto, che fu a un passo dal diventare segretario dei Ds quando D’Alema
andò al governo, che rappresentò negli anni del Pci l’area di governo
del gruppo centrista di D’Alema. Poi anche lui ha messo la falce e
martello in cantina, non ho letto alcun proclama del tipo «non sono mai
stato comunista», ma gli piace assai questa fama di liberal che
soprattutto gli viene dopo l’esperienza agli Interni. Fu molto
criticato, anche da me, ma non condivido l’opinione che lui abbia
aperto la strada a Matteo Salvini. La ferocia di Salvini è
incomparabile con il securitarismo di Minniti.
Chi sia oggi questo Marco che abbiamo visto sempre al fianco di Massimo
come tanti altri, poi scappati di casa? È probabilmente uno che vuole
portare il Pd nell’area macroniana ma con le stimmate di sinistra. Sa
stare in tivù, parla in modo preciso con parole nette, ma ha quei
silenzi orribili fra una frase e un’altra che accettavamo solo in
Bettino Craxi vero gigante della parola non detta che riempiva lo
spazio televisivo. Di fronte a Zingaretti, Minniti si comporterà come
un fratello maggiore che ne ha viste tante, dal povero Ocalan alla
guerra alla Serbia fino ai migranti, e che considera Zingaretti – come
sempre accade quando si parla di lui, cioè del presidente del Lazio –
come uno bravo ma non ancora pronto.
CANDIDATI FREDDI E PRIVI DI CARISMA
Renzi in questa manovra si presenta per quello che è: un giocoliere
della politica. Lui ha sempre in testa che questa straordinaria
attività umana sia uno spettacolo da imbastire senza soggetto, viene
come viene. Oggi viene con Minniti. Domani chissà. Se lo scontro
Minniti-Zingaretti servirà ad archiviare Renzi sarà una bella cosa. È
difficile che saldi grandi masse di elettori. Sono due candidati
freddi, con biografie coincidenti, scelte attuali diverse, privi di
carisma. Era altra cosa lo scontro Veltroni-D’Alema e persino
Bersani-Renzi. Tutto sarà in tono minore. L’Italia è tutta ormai in
tono minore. «Nocera è inferiore perché ha dato in natali a gente come
voi», esclama incazzatissimo il professor Palumbo, interpretato da
Stefano Satta Flores in C’eravamo tanto amati del grande Ettore Scola.
In questa esplosione di rabbia c’era la previsione dell’Italia di oggi.
Peppino Caldarola
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FINALMENTE SPEZZEREMO LE RENI ALL'UNIONE EUROPEA!
Marco Minniti da Reggio Calabria, classe 1956 e Nicola Zingaretti da
Roma, classe 1965. Due terroni in corsa per diventare segretari del PD
i cui elettori, dati scontatamente come politicamente corretti, non
baderanno alle origini dei due. Non si può dare del terrone a un
politico altrimenti ti condannano a 18 mesi di carcere e quindi a
settanta anni devi chiedere di essere affidato ai servizi sociali. Per
esempio a redimere la Minetti. Battute scorrette (scorreTTe) a parte
l'immenso gregge piddino ha già ricevuto il messaggio. Dal parallelo di
Roma in su non si toccano bocce ne pallino. Solo l'ombrello di Altan.
Due candidati e l'Italia in standby perché nessuno riesce a immaginare
come evolverà l'azione del governo da qui ai prossimi sei otto mesi.
Gli italiani hanno finalmente trovato due condottieri che li porteranno
a contare (un ca**o), che non li faranno più sentire fratelli un
po' fessi di quest'Europa non si comprende più se matrona o matrigna o
soltanto cretina. Vedi l'ultima trovata sui nomi dei carburanti: una
decisione fondamentale per il suo (dell'Ue) futuro.
Finalmente gli Italiani (stavolta con l'iniziale maiuscola) avranno il
proprio posto al sole a godersi il reddito di cittadina e la pensione
di cittadinanza.
Intanto i soliti milanesi 'ste rompico**ni si interrogano sul caos che
verrà fuori l'anno prossimo. Tutti gli assessorati coinvolti a vario
titolo nelle politiche di assistenza ai cittadini più fragili stanno
studiando l'impatto del nuovo strumento di inclusione sociale. Quei 780
euro saranno considerati alla stregua di un reddito e, quindi,
incideranno sul diritto a vedersi riconoscere alcuni contributi? Una
risposta netta e univoca non esiste ancora: attualmente esistono
situazioni in cui le misure — per esempio l'assegno di accompagnamento
— risultano addirittura tassabili e altre in cui non lo sono. Ma in un
sistema complesso, e che muove un paio di miliardi all'anno(in
Lombardia) , il tema dell'incrocio tra le differenti misure di welfare
è già di attualità. Anche se ancora in fase di sviluppo esiste uno
strumento che si chiama Cartella sociale informatizzata.
In pratica si tratterebbe di un dossier digitale sui servizi, i
contributi e i benefici che ciascun cittadini riceve da tutti i
soggetti del sistema pubblico: comuni, sistema sanitario o altri enti.
In teoria dovrebbe raccoglierli proprio tutti, ma al momento non è
così. Per ragioni di privacy, ma non solo, alcune fonti di dati
importanti — per esempio l'Inps — non sono ancora integrate. «Ma ci
stiamo lavorando — assicura l'assessore Stefano Bolognini — perché
oltre all'aspetto del controllo nelle erogazioni, la Cartella sociale
agevola la presa in carico delle persone e della situazioni. Più
trasparenza e più precisione nelle informazioni per lavorare meglio». E
in attesa che il Reddito di cittadinanza diventi realtà, la rete di
protezione sociale contempla il Reddito di inclusione (Rei), varato dal
governo Gentiloni, e anche il cosiddetto Reddito di autonomia, cioè il
pacchetto di misure che la Regione ha messo in campo dalla passata
legislatura: nidi gratuiti, bonus famiglia e interventi di sostegno
alle spese per l'abitazione.
Gli Italiani sanno già che quelle « cartelle sociali
informatizzate» saranno vendute da qualche addetto ai lavori della
politica alle assicurazioni banche aziende e naturalmente sarà sempre e
solo colpa del solito haker mentre qualche politico e funzionario si
rifugerà in Liechtenstein.
Da qui ai prossimi sei-otto mesi gli Italiani saranno coinvolti in uno
terremoto di iniziative “per mettersi a posto” che li coinvolgerà in
problematiche di cui nemmeno i governanti hanno in mano un bandolo.
Immaginare che sostanzialmente l'80% delle famiglie dovrà pensare al
lavoro, al mutuo, all'ISEE, al condono cartelle, alla riorganizzazione
del sistema sanitario. Tutto questo mentre sulle nostre strade
sfrecciano SUV da ottontamila euro ammortizzati al 140%. Con la
benzina, il gas la luce che aumentano.
Eppure finora gli italiani premiano coloro che li fanno finalmente
sentire un popolo IN PIEDI . Ottima situazione per ciulargli i
risparmi: basta vedere come i pensionati e le massaie cascano come pere
cotte nel trucchetto dei 20 o 40 euro che le aziende regalano in cambio
del passaggio dal mercato tutelato a quello libero. E che dire
dell'orgoglio come Italiani di avere finalmente un fiero capitano
che ha respinto l'iniziativa della culona tedesca di riempirci di
immigrati clandestini quasi sicuramente tutti stupratori ladri
addirittura spedendoceli pure coi charter!. Magari anche con l'aereo
che (i pensionati) hanno preso per andare a Roma dal papa oppure
a Lourdes perché i comunisti notoriamente fanno il Cammino di Santiago
di Compostela. Ossignur!.
Minniti quindi o Zingaretti?. Roba da non dormirci di notte. Se guardo
a quest'Italia di fine 2018 la vedo come una macchina in cui troviamo
pezzi di fiat, di ford, di wolswagen, di Peugeot, cinesi, coreani
mentre i due ci dicono che va per il meglio e noi ci arrabattiamo
per farla girare. Di farla andare avanti. Forse. Intanto ci
sfrecciano accanto i SUV da 80mila euro ammortizzabili al 140%.
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