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Di cosa parliamo in questa pagina.
Il Fatto Quotidiano s'é invaghito del modello germanico.
Centri impiego, Di Maio a Berlino si accredita col governo e studia il modello che ha dimezzato la disoccupazione.
Alla base del sistema c’è il principio del “sostegno a patto d’impegno”, con i centri per l’impiego che si occupano di farlo rispettare. Questo è il modello che il governo gialloverde vuole introdurre a partire dalla prossima legge di bilancio: si chiamerà sempre reddito di cittadinanza, ma di fatto sarà molto simile all’Hartz IV tedesco che negli ultimi 10 anni ha garantito un reddito minimo a 18 milioni di persone in Germania e visto passare il tasso di disoccupazione dal 10% al livello storico odierno del 5,3 per cento. La misura gialloverde, che poi verrà implementata da un decreto ad hoc, vuole essere uno strumento di politica attiva del lavoro esattamente come quello introdotto da Berlino già nel 2003 all’interno della famosa riforma voluta dalla Spd di Schröder, l’Agenda 2010. Il chiarimento arriva dallo stesso ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, che lunedì ha incontrato il suo omologo tedesco, il socialdemocratico Hubertus Heil.
LA GERMANIA FORSE MERITEREBBE L'ESPULSIONE DALL'UE.
Prababilmente DiMaio non conosce il tedesco e allora bisogna informarlo che mezza Europa già comunista parla e comprende benissimo il tedesco ed è suddito arrabbiato della Germania. La Germania è un «sistema» europeo che comprende vaste zone sottosviluppate dove l’industria tedesca ha messo le mani facendole diventare le sue officine. Lo si rileva anche dall’andamento elettorale che si verifica nella metà orientale come nelle nazioni vicine dove stanno al governo i Parlamenti e i governi meno europeisti dei 28. La crescita esplosiva della destra razzista nazionalista sovranista è partita proprio in Germania alle ultime elezioni ed ha costretto la Merkel ad interminabili mesi di contrattazioni per fare un governo. La Germania oggi viene sentita dalla maggior parte degli europei oltre ex cortina di ferro come una necessità odiata. Odiatissima perchè é tornata a dominare quei paesi che ieri aveva massacrato col nazismo. E lo fa con la disinvoltura della prima della classe che succhia il sangue al resto d’Europa ed alza il dito punitore verso chi non fa i compiti a casa. Per lei: ovviamente.
LA MERKEL A SALVINI
GLI IMMIGRATI? TEGNEI E PORTEI A CA'.
Salvini, dopo i porti, ipotizza di chiudere persino gli aeroporti, Di Maio arriva a fare un parallelo tra i rapporti Italia-Germania e Italia e Africa, come se l'Italia non facesse parte dell'Europa. La vicenda dei "dublinanti", cioè i migranti che, secondo il trattato europeo di Dublino, possono essere rispediti nei paesi di primo approdo, agita molto il governo. Che minaccia le barricate dopo aver appreso dell'inten- zione della Germania, accordi o non accordi, di avvalersi della prassi prevista dal Trattato di Dublino e rimandare in Italia migliaia di immigrati.
“Se qualcuno, a Berlino o a Bruxelles, pensa di scaricare in Italia decine di immigrati con dei voli charter non autorizzati, sappia che non c’è e non ci sarà nessun aereoporto disponibile. Chiudiamo gli aeroporti come abbiamo chiuso i porti”. Così il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha risposto questa mattina alle intenzioni tedesche. Ma da Berlino arriva una frenata. "Nessun charter previsto per la prossima settimana",  dice il portavoce del ministero dell'Interno tedesco.  E da Berlino aggiungono: "Non diamo informazioni in anticipo sui rimpatri”, perché se fossero dettagliati sul giorno o la destinazione “sarebbero prevedibili e l'esecuzione a rischio”. Nessuna smentita, insomma, anche se "nei prossimi giorni niente voli per l’Italia”.













































Il Fatto Quotidiano
Centri impiego, Di Maio a Berlino si accredita col governo e studia il modello che ha dimezzato la disoccupazione.


Alla base del sistema c’è il principio del “sostegno a patto d’impegno”, con i centri per l’impiego che si occupano di farlo rispettare. Questo è il modello che il governo gialloverde vuole introdurre a partire dalla prossima legge di bilancio: si chiamerà sempre reddito di cittadinanza, ma di fatto sarà molto simile all’Hartz IV tedesco che negli ultimi 10 anni ha garantito un reddito minimo a 18 milioni di persone in Germania e visto passare il tasso di disoccupazione dal 10% al livello storico odierno del 5,3 per cento. La misura gialloverde, che poi verrà implementata da un decreto ad hoc, vuole essere uno strumento di politica attiva del lavoro esattamente come quello introdotto da Berlino già nel 2003 all’interno della famosa riforma voluta dalla Spd di Schröder, l’Agenda 2010. Il chiarimento arriva dallo stesso ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, che lunedì ha incontrato il suo omologo tedesco, il socialdemocratico Hubertus Heil.

Di Maio ha presentato ad Heil il progetto M5s e, stando a quanto ha riferito, il ministro socialdemocratico “ha detto: ‘finalmente ho capito che non è una misura assistenziale, ma uno strumento di politica attiva per il lavoro, come il nostro Hartz IV'”.

Come funzione l’Hartz IV – Ma rifarsi al modello tedesco concretamente cosa significa? Il programma di assistenza di Berlino prevede un assegno minimo di 416 euro al mese che cresce all’aumentare dei figli a carico. Ma comprende anche il pagamento dell’affitto e delle spese per il riscaldamento. Si parla in totale di circa 800 euro mensili: una cifra quindi molto simile a quella prevista dal progetto pentastellato.

Il ruolo dei Jobcenter – La vera peculiarità del modello tedesco è in realtà il ruolo che assumono i centri per l’impiego, quelli che oltralpe chiamano Jobcenter. Una rete di uffici distribuiti in modo capillare per tutto il Paese e principali attori all’interno del sistema Hartz IV. Innanzitutto, sono gli stessi Jobcenter a erogare il sussidio mensile. Hanno quindi anche la funzione di controllare i profili economici e personali di chi fa richiesta, decidendo chi ha diritto a beneficiare del reddito. Al tempo stesso, i centri per l’impiego tedeschi hanno lo scopo di far rispettare il principio del “sostegno a patto di impegno”. Ovvero, chi riceve l’Hartz IV deve fare tutto il possibile per trovare un lavoro. I Jobcenter verificano che il beneficiario segua corsi di formazione e riqualificazione professionale e mandi un numero mensile di candidature.

La ricerca di un impiego – Nella pratica un disoccupato tedesco registrato alla Arbeitsagentur può richiedere il sussidio e presentare domanda per essere iscritto al Jobcenter della sua zona. L’ufficio valuta la pratica nel giro di alcune settimane e decide se accettarla. Se l’esito è positivo, al disoccupato viene assegnato un tutor che controlla il suo impegno nella ricerca di un lavoro e lo aiuta in tal senso, offrendogli colloqui per vari impieghi conformi alle qualifiche del suo assistito. In alcuni casi, può essere richiesto anche di svolgere nel frattempo lavori socialmente utili. Se il beneficiario non frequenta i corsi e non si presenta ai colloqui, il suo reddito viene progressivamente ridotto fino a essere sospeso.

L’assegno mensile e le voci di spesa – Il reddito base che l’avente diritto riceve è appunto di 416 euro mensili, più il pagamento di un affitto. Se ci sono figli a carico, l’assegno aumenta: in media si aggira intorno ai 946 euro a famiglia, secondo i dati dell’Ufficio statistico tedesco. I soldi erogati vengono però suddivisi in varie voci: la maggior parte deve essere usata per gli alimenti. Poi sono previste altre tipologia di spesa, da quelle per i vestiti a quelle per i mezzi di trasporto e per gli elettrodomestici. Solo una minima parte dei soldi può essere utilizzata per svago o altre attività.

Disoccupazione ridotta, un impiego entro 2 anni – Per molti in Germania questo modello è sinonimo di ripresa del mercato del lavoro. Quando fu introdotto nel 2003 e poi modificato nel 2005 il tasso di disoccupazione superava abbondantemente il 10%: ora la quota percentuale si è dimezzata. A beneficiare dell’Hartz IV sono attualmente circa il 9,6% delle famiglie tedesche, secondo i dati dell’Agenzia federale del lavoro, e una persona inserita nel sistema dei Jobcenter rimane in media disoccupata per 650 giorni. Il sistema permette quindi di trovare lavoro entro due anni. Attualmente sono 371mila le persone che da più di tre anni ricevono il reddito minimo garantito.

Chi sono i beneficiari – Tra i beneficiari inoltre non ci sono solamente i disoccupati, “costretti” a cercare lavoro per avere diritto all’Hartz IV. Sempre stando ai dati dall’Agenzia federale del lavoro, ci sono anche 1,7 milioni di persone che non sono considerate in cerca di impiego perché troppo anziane, troppo giovani o malate, ma rientrano comunque nel quadro assistenziale. Sono invece 4,2 milioni i beneficiari considerati abili al lavoro e di questi solo 1,57 milioni sono attualmente disoccupati.

I lavoratori part-time – Gli altri sono impegnati nella formazione professionale oppure impiegati in lavoro part-time e mini-job. In totale sono invece appena 205mila gli aventi diritto all’Hartz IV con un lavoro a tempo pieno, ma con un reddito troppo basso. La presenza di un numero elevato di lavoratori part-time è dovuta al fatto che una buona parte dei beneficiari del sistema sono genitori single: circa il 18 per cento. Persone che quindi non possono lavorare a tempo pieno e vedono il loro stipendio integrato in media del 35% dal sussidio statale. Ma in generale il gruppo di persone che più beneficiano dell’Hartz IV sono i single senza figli: sono 1,77 milioni coloro che ricevono un aiuto.

Le critiche al modello Hartz IV e i mini-job – Nel 2005, anno in cui il sistema tedesco è stato introdotto nella sua versione definitiva, i disoccupati di lungo periodo in Germania erano 1,8 milioni. Oggi si sono ridotti a circa 841mila, ma questo non risparmia forti critiche all’Hartz IV. La principale stortura di questo modello è infatti il rischio che si trasformi per i beneficiari in un circolo vizioso dal quale non riescono più a uscire. Essendo costretti dai Jobcenter ad accettare i mini-job e i cosiddetti 1-euro-job, molti non riescono più a uscire da una situazione di precarietà e a liberarsi dalla dipendenza dall’aiuto dello Stato. Al centro del problema ci sono principalmente i mini-job, contratti atipici a costo zero sul piano fiscale per gli imprenditori e con retribuzioni non superiori ai 480 euro mensili. Proprio su questo punto è al lavoro lo stesso ministro socialdemocratico Heil: la Germania, a 15 anni dall’introduzione di un reddito minimo garantito, cerca ora di eliminare le forme di “irrigidimento” del sistema. L’Hartz IV negli anni è diventato infatti uno strumento per ridurre la disoccupazione, ma anche un marchio sociale del quale è difficile liberarsi.

LA GERMANIA FORSE MERITEREBBE Lì'ESPLUSIONE DALL'UE.




Prababilmente DiMaio non conosce il tedesco e allora bisogna informarlo che mezza Europa già comunista parla e comprende benissimo il tedesco ed è suddito arrabbiato della Germania. La Germania è un «sistema» europeo che comprende vaste zone sottosviluppate dove l’industria tedesca ha messo le mani facendole diventare le sue officine. Lo si rileva anche dall’andamento elettorale che si verifica nella metà orientale come nelle nazioni vicine dove stanno al governo i Parlamenti e i governi meno europeisti dei 28. La crescita esplosiva della destra razzista nazionalista sovranista è partita proprio in Germania alle ultime elezioni ed ha costretto la Merkel ad interminabili mesi di contrattazioni per fare un governo. La Germania oggi viene sentita dalla maggior parte degli europei oltre ex cortina di ferro come una necessità odiata. Odiatissima perchè é tornata a dominare quei paesi che ieri aveva massacrato col nazismo. E lo fa con la disinvoltura della prima della classe che succhia il sangue al resto d’Europa ed alza il dito punitore verso chi non fa i compiti a casa. Per lei: ovviamente.
Nel mese di agosto (2018) la bilancia commerciale in Germania ha mostrato un saldo positivo di 17,2 miliardi di euro, in forte miglioramento rispetto al dato di luglio (15,8 miliardi). Il dato è stato anche superiore alle attese degli analisti, che si aspettavano un avanzo di circa 16,2 miliardi.
Basti pensare l’economia tedesca va a pieni giri, il Pil (quest’anno)  cresce del 3%, la disoccupazione al 3,6% è ai minimi da 40 anni e il surplus commerciale sfiora i 300 miliardi di euro. Eppure, in Germania i salari restano bassi e gli investimenti in Europa sono quasi nulli: insomma i tedeschi che chiedono ai partner del Vecchio continente di fare i compiti a casa, sono i primi a non rispettare le regole che aiuterebbe l’Ue ad uscire dalla sua stagnazione. I salari e quindi i consumi delle famiglie  non sono bassi solo in Germania - la metà orientale  sfiora la fame e la miseria- ma sono bassissimi anche nei paesi «satelliti» da cui la Germani «drena» la forza lavoro migliore ed abbandona quella meno formata e duttile e giovane. Di queste ore la notizia che la Germania avrà bisogno nei prossimi anni - due o tre, mica dieci- di almeno un milione e mezzo di lavoratori giovani e preparati professionalmente capaci di parlare tedesco. Vale a dire che saccheggerà di nuovo risorse economiche ed umane ad altre nazioni cui raccomanderà bruscamente e ruvidamente di fare i compiti a casa.
“E’ l’ennesimo anno consecutivo che in Germania si vede un surplus con un debito che continua a scendere e questo – spiega Cottarelli – non fa bene perché un forte avanzo significa che i tedeschi stanno producendo ma non consumano e sarebbe meglio la Germania se stimolasse di più l’economia”.
Secondo Goldman Sachs (!?!?), in un livello di piena occupazione gli stipendi tedeschi avrebbero dovuto crescere del 9%, invece sono fermi nell’ordine del 2%: “Senza una ripresa dei salari in Germania – scrive la banca d’affari – difficilmente l’inflazione core dell’Eurozona tornerà a crescere”. D’altra parte, come spiegano gli addetti ai lavori, la dinamica dei prezzi del Vecchio continente dipende dai tedeschi: a cominciare da quanto spendono nel resto dell’area Ue. In assenza di tassi di cambio, il peso del riequilibrio economico è caduto tutto sull’aggiustamento dei salari e dei prezzi obbligando così i paesi periferici a mantenere gli stipendi e l’inflazione sotto il livello della Germania.
E DiMaio di fronte ad un «sistema» con questo livello di potenza economica culturale politica che intende fare? Imparare? Copiarlo? Portarlo in Italia? In numeri assoluti, i poveri italiani sono 3 milioni e 349 mila, quelli stranieri un milione e 609 mila: così ha detto l’ISTAT nell’audizione di ieri in Commissione. DiMaio prima ancora di spiegare quel 2,4% di indebitamento «tanto gli altri hanno fatto anche peggio» dovrebbe spiegarci come sia possibile in Italia creare in 2-3 anni (almeno) un milione di posti di lavoro. Non ridurre di un milione i disoccupati e/o quelli a «reddito di cittadinanza» ma come riuscirà a costruire fabbriche e similia per dare lavoro a quel milione di italiani.Con un lungo reportage da Bari, oggi Repubblica mette in prima pagina il caso di Bari dove il Reddito di Dignità (Red), promosso dalla Regione Puglia e consistente in un assegno da 600 euro mensili, è tutt’altro che immune a problemi. Come spiega la collega Francesca Russi, su seimila nuclei familiari che hanno dichiarato di vivere con meno di 6 mila euro annui - e quindi meritevoli per legge del Reddito di Dignità - il 40% delle domande «sono state revocate dal Comune o rifiutate dagli stessi beneficiari». Insomma, a Bari 4 su 10 rinunciano al bonus che somiglia, da molto vicino, a quello previsto dal Governo gialloverde con il Reddito di Cittadinanza: «Il lavoro nero influisce sicuramente su questi dati», anche se problematico resta per tanti quel “tirocinio formativo” imposto e vincolato dal sostegno finanziario ricevuto. Il Red non è nient’altro che una misura di contrasto alla povertà e di suppor­to all’inserimento sociale e lavora­tivo promossa dalla Regione Pu­glia, «che garantisce ai cittadini più indigenti la possibilità di se­guire tirocini retribuiti fino a un massimo di 600 euro»
LA MERKEL A SALVINI
GLI IMMIGRATI? TEGNEI E PORTEI A CA'.



Salvini, dopo i porti, ipotizza di chiudere persino gli aeroporti, Di Maio arriva a fare un parallelo tra i rapporti Italia-Germania e Italia e Africa, come se l'Italia non facesse parte dell'Europa. La vicenda dei "dublinanti", cioè i migranti che, secondo il trattato europeo di Dublino, possono essere rispediti nei paesi di primo approdo, agita molto il governo. Che minaccia le barricate dopo aver appreso dell'inten- zione della Germania, accordi o non accordi, di avvalersi della prassi prevista dal Trattato di Dublino e rimandare in Italia migliaia di immigrati.

“Se qualcuno, a Berlino o a Bruxelles, pensa di scaricare in Italia decine di immigrati con dei voli charter non autorizzati, sappia che non c’è e non ci sarà nessun aereoporto disponibile. Chiudiamo gli aeroporti come abbiamo chiuso i porti”. Così il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha risposto questa mattina alle intenzioni tedesche. Ma da Berlino arriva una frenata. "Nessun charter previsto per la prossima settimana",  dice il portavoce del ministero dell'Interno tedesco.  E da Berlino aggiungono: "Non diamo informazioni in anticipo sui rimpatri”, perché se fossero dettagliati sul giorno o la destinazione “sarebbero prevedibili e l'esecuzione a rischio”. Nessuna smentita, insomma, anche se "nei prossimi giorni niente voli per l’Italia”.

In Germania ci sono 40.000 migranti  che sono entrati in Europa passando dall'Italia.In Francia altri 15.000. La polemica nasce da una notizia rivelata da Repubblica nei giorni scorsi: ad ottobre la Germania intende accelerare coi rientri e sta organizzando di mandare in Italia due charter pieni di "dublinanti". Impiegati dell'aeroporto di Monaco hanno riferito all'agenzia stampa tedesca Dpa che le autorità bavaresi stavano pianificando due voli "per i prossimi giorni". Secondo le fonti, agenti della polizia bavarese saliranno a bordo di un aereo charter per accompagnare in Italia i migranti. Ma al Viminale non risulta nulla.

Sulla vicenda dei charter interviene anche l'altro vicepremier, Luigi Di Maio. "Io, sinceramente, questa cosa dei charter con i migranti che arrivano in Italia non so chi l'abbia autorizzata perché sui 'secondary movement', che erano il tema su cui si discuteva come Italia in Europa e che ci chiedeva la Germania, non è stato sottoscritto nessun accordo", dice il leader del Movimento 5 Stelle. "Adesso vediamo cosa accadrà ma - ha aggiunto - per fare queste cose ci vogliono gli accordi".  "Oppure - ha proseguito Di Maio - si sta dicendo che noi possiamo rimpatriare africani sub-sahariani nei Paesi dell'Africa senza nessun accordo? Se si sta sdogando anche questo principio ce lo dicano: a me non risulta si possa fare in Italia sui Paesi africani e quindi credo che non si possa neanche fare tra l'Italia e la Germania, che - ha concluso - si sveglia la mattina e comincia i trasferimenti charter".

Forse non sa Di Maio che è proprio il Trattato di Dublino a prevedere automaticamente il rimpatrio dei migranti nei paesi di primo approdo e che eventuali accordi bilaterali, come quelli che la Germania ha già stretto con la Grecia o con la Spagna, servono soltanto ad incentivare una prassi che, nel caso dell'Italia, prevedono due voli al mese per 50 migranti. La Germania fino ad ora ha chiuso gli occhi ma da qualche mese ha deciso di imprimere una forte accelerazione e ha già cominciato ad aumentare i numeri dei migranti imbarcati direttamente su voli di linea o su treni senza bisogno di alcun accordo. Basta pagare il titolo di trasporto, dare al migrante un provvedimento di espulsione e tutto è in regola.

Normalmente le operazioni di rimpatrio o respingimento dei migranti vengono gestite in Germania dalla polizia federale, ma negli ultimi mesi circa due dozzine di ufficiali della polizia locale della Baviera sono stati addestrati per queste operazioni. Il tema dei migranti è al centro dell'attenzione nel land tedesco dove si vota la settimana prossima per il rinnovo dell'amministrazione regionale e il partito di centro destra Csu teme di perdere consensi.

Secondo dati del ministero dell'Interno tedesco, un charter con a bordo migranti respinti dalla Germania è atterrato a Milano in luglio. Nella prima metà dell'anno il ministero contava di rimandare in Italia 10.748 migranti, ma i respingimenti effettuati verso il nostro paese sono stati soltanto 1.692.

Nulla a che vedere, comunque, con l'impossibilità per l'Italia di rimpatriare in Africa i migranti che non hanno diritto alla protezione. Tra Italia e Africa, va da sè, non c'è alcun trattato nè di Dublino nè di altro genere e per mandare indietro la gente occorrono quegli accordi che nè i governi precedenti nè il governo gialloverde è riuscito a firmare.  E dunque, ovviamente, non è possibile rimpatriare nessuno.

Su Twitter il deputato del Pd Filippo Sensi commenta: "Non bastano proclami e veline. L'accordo con la Germania per il rimpatrio dei profughi è in vigore o no? Matteo Salvini voleva fare aumm aumm? E ora pizzicato col sorcio in bocca da quei cattivoni di Repubblica fa il ganassa? Chiarisca: tornano o no? Accordo vale?".

Alessandra Ziniti