Il Fatto Quotidiano
Centri impiego, Di Maio a Berlino si accredita col governo e studia il modello che ha dimezzato la disoccupazione.
Alla base del sistema c’è il principio del “sostegno a patto
d’impegno”, con i centri per l’impiego che si occupano di farlo
rispettare. Questo è il modello che il governo gialloverde vuole
introdurre a partire dalla prossima legge di bilancio: si chiamerà
sempre reddito di cittadinanza, ma di fatto sarà molto simile all’Hartz
IV tedesco che negli ultimi 10 anni ha garantito un reddito minimo a 18
milioni di persone in Germania e visto passare il tasso di
disoccupazione dal 10% al livello storico odierno del 5,3 per cento. La
misura gialloverde, che poi verrà implementata da un decreto ad hoc,
vuole essere uno strumento di politica attiva del lavoro esattamente
come quello introdotto da Berlino già nel 2003 all’interno della famosa
riforma voluta dalla Spd di Schröder, l’Agenda 2010. Il chiarimento
arriva dallo stesso ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, che lunedì ha
incontrato il suo omologo tedesco, il socialdemocratico Hubertus Heil.
Di Maio ha presentato ad Heil il progetto M5s e, stando a quanto ha
riferito, il ministro socialdemocratico “ha detto: ‘finalmente ho
capito che non è una misura assistenziale, ma uno strumento di politica
attiva per il lavoro, come il nostro Hartz IV'”.
Come funzione l’Hartz IV – Ma rifarsi al modello tedesco concretamente
cosa significa? Il programma di assistenza di Berlino prevede un
assegno minimo di 416 euro al mese che cresce all’aumentare dei figli a
carico. Ma comprende anche il pagamento dell’affitto e delle spese per
il riscaldamento. Si parla in totale di circa 800 euro mensili: una
cifra quindi molto simile a quella prevista dal progetto pentastellato.
Il ruolo dei Jobcenter – La vera peculiarità del modello tedesco è in
realtà il ruolo che assumono i centri per l’impiego, quelli che
oltralpe chiamano Jobcenter. Una rete di uffici distribuiti in modo
capillare per tutto il Paese e principali attori all’interno del
sistema Hartz IV. Innanzitutto, sono gli stessi Jobcenter a erogare il
sussidio mensile. Hanno quindi anche la funzione di controllare i
profili economici e personali di chi fa richiesta, decidendo chi ha
diritto a beneficiare del reddito. Al tempo stesso, i centri per
l’impiego tedeschi hanno lo scopo di far rispettare il principio del
“sostegno a patto di impegno”. Ovvero, chi riceve l’Hartz IV deve fare
tutto il possibile per trovare un lavoro. I Jobcenter verificano che il
beneficiario segua corsi di formazione e riqualificazione professionale
e mandi un numero mensile di candidature.
La ricerca di un impiego – Nella pratica un disoccupato tedesco
registrato alla Arbeitsagentur può richiedere il sussidio e presentare
domanda per essere iscritto al Jobcenter della sua zona. L’ufficio
valuta la pratica nel giro di alcune settimane e decide se accettarla.
Se l’esito è positivo, al disoccupato viene assegnato un tutor che
controlla il suo impegno nella ricerca di un lavoro e lo aiuta in tal
senso, offrendogli colloqui per vari impieghi conformi alle qualifiche
del suo assistito. In alcuni casi, può essere richiesto anche di
svolgere nel frattempo lavori socialmente utili. Se il beneficiario non
frequenta i corsi e non si presenta ai colloqui, il suo reddito viene
progressivamente ridotto fino a essere sospeso.
L’assegno mensile e le voci di spesa – Il reddito base che l’avente
diritto riceve è appunto di 416 euro mensili, più il pagamento di un
affitto. Se ci sono figli a carico, l’assegno aumenta: in media si
aggira intorno ai 946 euro a famiglia, secondo i dati dell’Ufficio
statistico tedesco. I soldi erogati vengono però suddivisi in varie
voci: la maggior parte deve essere usata per gli alimenti. Poi sono
previste altre tipologia di spesa, da quelle per i vestiti a quelle per
i mezzi di trasporto e per gli elettrodomestici. Solo una minima parte
dei soldi può essere utilizzata per svago o altre attività.
Disoccupazione ridotta, un impiego entro 2 anni – Per molti in Germania
questo modello è sinonimo di ripresa del mercato del lavoro. Quando fu
introdotto nel 2003 e poi modificato nel 2005 il tasso di
disoccupazione superava abbondantemente il 10%: ora la quota
percentuale si è dimezzata. A beneficiare dell’Hartz IV sono
attualmente circa il 9,6% delle famiglie tedesche, secondo i dati
dell’Agenzia federale del lavoro, e una persona inserita nel sistema
dei Jobcenter rimane in media disoccupata per 650 giorni. Il sistema
permette quindi di trovare lavoro entro due anni. Attualmente sono
371mila le persone che da più di tre anni ricevono il reddito minimo
garantito.
Chi sono i beneficiari – Tra i beneficiari inoltre non ci sono
solamente i disoccupati, “costretti” a cercare lavoro per avere diritto
all’Hartz IV. Sempre stando ai dati dall’Agenzia federale del lavoro,
ci sono anche 1,7 milioni di persone che non sono considerate in cerca
di impiego perché troppo anziane, troppo giovani o malate, ma rientrano
comunque nel quadro assistenziale. Sono invece 4,2 milioni i
beneficiari considerati abili al lavoro e di questi solo 1,57 milioni
sono attualmente disoccupati.
I lavoratori part-time – Gli altri sono impegnati nella formazione
professionale oppure impiegati in lavoro part-time e mini-job. In
totale sono invece appena 205mila gli aventi diritto all’Hartz IV con
un lavoro a tempo pieno, ma con un reddito troppo basso. La presenza di
un numero elevato di lavoratori part-time è dovuta al fatto che una
buona parte dei beneficiari del sistema sono genitori single: circa il
18 per cento. Persone che quindi non possono lavorare a tempo pieno e
vedono il loro stipendio integrato in media del 35% dal sussidio
statale. Ma in generale il gruppo di persone che più beneficiano
dell’Hartz IV sono i single senza figli: sono 1,77 milioni coloro che
ricevono un aiuto.
Le critiche al modello Hartz IV e i mini-job – Nel 2005, anno in cui il
sistema tedesco è stato introdotto nella sua versione definitiva, i
disoccupati di lungo periodo in Germania erano 1,8 milioni. Oggi si
sono ridotti a circa 841mila, ma questo non risparmia forti critiche
all’Hartz IV. La principale stortura di questo modello è infatti il
rischio che si trasformi per i beneficiari in un circolo vizioso dal
quale non riescono più a uscire. Essendo costretti dai Jobcenter ad
accettare i mini-job e i cosiddetti 1-euro-job, molti non riescono più
a uscire da una situazione di precarietà e a liberarsi dalla dipendenza
dall’aiuto dello Stato. Al centro del problema ci sono principalmente i
mini-job, contratti atipici a costo zero sul piano fiscale per gli
imprenditori e con retribuzioni non superiori ai 480 euro mensili.
Proprio su questo punto è al lavoro lo stesso ministro
socialdemocratico Heil: la Germania, a 15 anni dall’introduzione di un
reddito minimo garantito, cerca ora di eliminare le forme di
“irrigidimento” del sistema. L’Hartz IV negli anni è diventato infatti
uno strumento per ridurre la disoccupazione, ma anche un marchio
sociale del quale è difficile liberarsi.
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LA GERMANIA FORSE MERITEREBBE Lì'ESPLUSIONE DALL'UE.
Prababilmente DiMaio non conosce il tedesco e allora bisogna informarlo
che mezza Europa già comunista parla e comprende benissimo il tedesco
ed è suddito arrabbiato della Germania. La Germania è un «sistema»
europeo che comprende vaste zone sottosviluppate dove l’industria
tedesca ha messo le mani facendole diventare le sue officine. Lo si
rileva anche dall’andamento elettorale che si verifica nella metà
orientale come nelle nazioni vicine dove stanno al governo i Parlamenti
e i governi meno europeisti dei 28. La crescita esplosiva della destra
razzista nazionalista sovranista è partita proprio in Germania alle
ultime elezioni ed ha costretto la Merkel ad interminabili mesi di
contrattazioni per fare un governo. La Germania oggi viene sentita
dalla maggior parte degli europei oltre ex cortina di ferro come una
necessità odiata. Odiatissima perchè é tornata a dominare quei paesi
che ieri aveva massacrato col nazismo. E lo fa con la disinvoltura
della prima della classe che succhia il sangue al resto d’Europa ed
alza il dito punitore verso chi non fa i compiti a casa. Per lei:
ovviamente.
Nel mese di agosto (2018) la bilancia commerciale in Germania ha
mostrato un saldo positivo di 17,2 miliardi di euro, in forte
miglioramento rispetto al dato di luglio (15,8 miliardi). Il dato è
stato anche superiore alle attese degli analisti, che si aspettavano un
avanzo di circa 16,2 miliardi.
Basti pensare l’economia tedesca va a pieni giri, il Pil
(quest’anno) cresce del 3%, la disoccupazione al 3,6% è ai minimi
da 40 anni e il surplus commerciale sfiora i 300 miliardi di euro.
Eppure, in Germania i salari restano bassi e gli investimenti in Europa
sono quasi nulli: insomma i tedeschi che chiedono ai partner del
Vecchio continente di fare i compiti a casa, sono i primi a non
rispettare le regole che aiuterebbe l’Ue ad uscire dalla sua
stagnazione. I salari e quindi i consumi delle famiglie non sono
bassi solo in Germania - la metà orientale sfiora la fame e la
miseria- ma sono bassissimi anche nei paesi «satelliti» da cui la
Germani «drena» la forza lavoro migliore ed abbandona quella meno
formata e duttile e giovane. Di queste ore la notizia che la Germania
avrà bisogno nei prossimi anni - due o tre, mica dieci- di almeno un
milione e mezzo di lavoratori giovani e preparati professionalmente
capaci di parlare tedesco. Vale a dire che saccheggerà di nuovo risorse
economiche ed umane ad altre nazioni cui raccomanderà bruscamente e
ruvidamente di fare i compiti a casa.
“E’ l’ennesimo anno consecutivo che in Germania si vede un surplus con
un debito che continua a scendere e questo – spiega Cottarelli – non fa
bene perché un forte avanzo significa che i tedeschi stanno producendo
ma non consumano e sarebbe meglio la Germania se stimolasse di più
l’economia”.
Secondo Goldman Sachs (!?!?), in un livello di piena occupazione gli
stipendi tedeschi avrebbero dovuto crescere del 9%, invece sono fermi
nell’ordine del 2%: “Senza una ripresa dei salari in Germania – scrive
la banca d’affari – difficilmente l’inflazione core dell’Eurozona
tornerà a crescere”. D’altra parte, come spiegano gli addetti ai
lavori, la dinamica dei prezzi del Vecchio continente dipende dai
tedeschi: a cominciare da quanto spendono nel resto dell’area Ue. In
assenza di tassi di cambio, il peso del riequilibrio economico è caduto
tutto sull’aggiustamento dei salari e dei prezzi obbligando così i
paesi periferici a mantenere gli stipendi e l’inflazione sotto il
livello della Germania.
E DiMaio di fronte ad un «sistema» con questo livello di potenza
economica culturale politica che intende fare? Imparare? Copiarlo?
Portarlo in Italia? In numeri assoluti, i poveri italiani sono 3
milioni e 349 mila, quelli stranieri un milione e 609 mila: così ha
detto l’ISTAT nell’audizione di ieri in Commissione. DiMaio prima
ancora di spiegare quel 2,4% di indebitamento «tanto gli altri hanno
fatto anche peggio» dovrebbe spiegarci come sia possibile in Italia
creare in 2-3 anni (almeno) un milione di posti di lavoro. Non ridurre
di un milione i disoccupati e/o quelli a «reddito di cittadinanza» ma
come riuscirà a costruire fabbriche e similia per dare lavoro a quel
milione di italiani.Con un lungo reportage da Bari, oggi Repubblica
mette in prima pagina il caso di Bari dove il Reddito di Dignità (Red),
promosso dalla Regione Puglia e consistente in un assegno da 600 euro
mensili, è tutt’altro che immune a problemi. Come spiega la collega
Francesca Russi, su seimila nuclei familiari che hanno dichiarato di
vivere con meno di 6 mila euro annui - e quindi meritevoli per legge
del Reddito di Dignità - il 40% delle domande «sono state revocate dal
Comune o rifiutate dagli stessi beneficiari». Insomma, a Bari 4 su 10
rinunciano al bonus che somiglia, da molto vicino, a quello previsto
dal Governo gialloverde con il Reddito di Cittadinanza: «Il lavoro nero
influisce sicuramente su questi dati», anche se problematico resta per
tanti quel “tirocinio formativo” imposto e vincolato dal sostegno
finanziario ricevuto. Il Red non è nient’altro che una misura di
contrasto alla povertà e di supporto all’inserimento sociale e
lavorativo promossa dalla Regione Puglia, «che garantisce ai
cittadini più indigenti la possibilità di seguire tirocini retribuiti
fino a un massimo di 600 euro»
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LA MERKEL A SALVINI
GLI IMMIGRATI? TEGNEI E PORTEI A CA'.
Salvini, dopo i porti, ipotizza di chiudere persino gli aeroporti, Di
Maio arriva a fare un parallelo tra i rapporti Italia-Germania e Italia
e Africa, come se l'Italia non facesse parte dell'Europa. La vicenda
dei "dublinanti", cioè i migranti che, secondo il trattato europeo di
Dublino, possono essere rispediti nei paesi di primo approdo, agita
molto il governo. Che minaccia le barricate dopo aver appreso
dell'inten- zione della Germania, accordi o non accordi, di avvalersi
della prassi prevista dal Trattato di Dublino e rimandare in Italia
migliaia di immigrati.
“Se qualcuno, a Berlino o a Bruxelles, pensa di scaricare in Italia
decine di immigrati con dei voli charter non autorizzati, sappia che
non c’è e non ci sarà nessun aereoporto disponibile. Chiudiamo gli
aeroporti come abbiamo chiuso i porti”. Così il ministro dell’Interno
Matteo Salvini ha risposto questa mattina alle intenzioni tedesche. Ma
da Berlino arriva una frenata. "Nessun charter previsto per la prossima
settimana", dice il portavoce del ministero dell'Interno
tedesco. E da Berlino aggiungono: "Non diamo informazioni in
anticipo sui rimpatri”, perché se fossero dettagliati sul giorno o la
destinazione “sarebbero prevedibili e l'esecuzione a rischio”. Nessuna
smentita, insomma, anche se "nei prossimi giorni niente voli per
l’Italia”.
In Germania ci sono 40.000 migranti che sono entrati in Europa
passando dall'Italia.In Francia altri 15.000. La polemica nasce da una
notizia rivelata da Repubblica nei giorni scorsi: ad ottobre la
Germania intende accelerare coi rientri e sta organizzando di mandare
in Italia due charter pieni di "dublinanti". Impiegati dell'aeroporto
di Monaco hanno riferito all'agenzia stampa tedesca Dpa che le autorità
bavaresi stavano pianificando due voli "per i prossimi giorni". Secondo
le fonti, agenti della polizia bavarese saliranno a bordo di un aereo
charter per accompagnare in Italia i migranti. Ma al Viminale non
risulta nulla.
Sulla vicenda dei charter interviene anche l'altro vicepremier, Luigi
Di Maio. "Io, sinceramente, questa cosa dei charter con i migranti che
arrivano in Italia non so chi l'abbia autorizzata perché sui 'secondary
movement', che erano il tema su cui si discuteva come Italia in Europa
e che ci chiedeva la Germania, non è stato sottoscritto nessun
accordo", dice il leader del Movimento 5 Stelle. "Adesso vediamo cosa
accadrà ma - ha aggiunto - per fare queste cose ci vogliono gli
accordi". "Oppure - ha proseguito Di Maio - si sta dicendo che
noi possiamo rimpatriare africani sub-sahariani nei Paesi dell'Africa
senza nessun accordo? Se si sta sdogando anche questo principio ce lo
dicano: a me non risulta si possa fare in Italia sui Paesi africani e
quindi credo che non si possa neanche fare tra l'Italia e la Germania,
che - ha concluso - si sveglia la mattina e comincia i trasferimenti
charter".
Forse non sa Di Maio che è proprio il Trattato di Dublino a prevedere
automaticamente il rimpatrio dei migranti nei paesi di primo approdo e
che eventuali accordi bilaterali, come quelli che la Germania ha già
stretto con la Grecia o con la Spagna, servono soltanto ad incentivare
una prassi che, nel caso dell'Italia, prevedono due voli al mese per 50
migranti. La Germania fino ad ora ha chiuso gli occhi ma da qualche
mese ha deciso di imprimere una forte accelerazione e ha già cominciato
ad aumentare i numeri dei migranti imbarcati direttamente su voli di
linea o su treni senza bisogno di alcun accordo. Basta pagare il titolo
di trasporto, dare al migrante un provvedimento di espulsione e tutto è
in regola.
Normalmente le operazioni di rimpatrio o respingimento dei migranti
vengono gestite in Germania dalla polizia federale, ma negli ultimi
mesi circa due dozzine di ufficiali della polizia locale della Baviera
sono stati addestrati per queste operazioni. Il tema dei migranti è al
centro dell'attenzione nel land tedesco dove si vota la settimana
prossima per il rinnovo dell'amministrazione regionale e il partito di
centro destra Csu teme di perdere consensi.
Secondo dati del ministero dell'Interno tedesco, un charter con a bordo
migranti respinti dalla Germania è atterrato a Milano in luglio. Nella
prima metà dell'anno il ministero contava di rimandare in Italia 10.748
migranti, ma i respingimenti effettuati verso il nostro paese sono
stati soltanto 1.692.
Nulla a che vedere, comunque, con l'impossibilità per l'Italia di
rimpatriare in Africa i migranti che non hanno diritto alla protezione.
Tra Italia e Africa, va da sè, non c'è alcun trattato nè di Dublino nè
di altro genere e per mandare indietro la gente occorrono quegli
accordi che nè i governi precedenti nè il governo gialloverde è
riuscito a firmare. E dunque, ovviamente, non è possibile
rimpatriare nessuno.
Su Twitter il deputato del Pd Filippo Sensi commenta: "Non bastano
proclami e veline. L'accordo con la Germania per il rimpatrio dei
profughi è in vigore o no? Matteo Salvini voleva fare aumm aumm? E ora
pizzicato col sorcio in bocca da quei cattivoni di Repubblica fa il
ganassa? Chiarisca: tornano o no? Accordo vale?".
Alessandra Ziniti
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