IL CROLLO DEL VIADOTTO MORANDI.
SE FOSSE STATO IN MANO A DEGLI INGEGNERI DEL POLITECNICO DI MILANO PIUTTOSO CHE A QUELLI DELLA SAPIENZA...
I sottintesi assurdi del custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio Piga.
Il custode delLa Latrina di Nusquamia, tale ing. Claudio Piga, un
ingegnere laureato al Politecnico di Milano (non si sa bene in che
ingeneria si sia laureato), abduano di origini sardAgnole con
ascendenze garibaldine in Valcamonica, uno che ha frequentato un liceo
classico dei preti dove ci stette pure l'Antonio Gransci di cui ha
aspirato le puzzette residue traendo opportuna ispirazione, dicevano
come il custode delLa Latrina di Nusquamia, dopo avere rubato il
mestiere ai geometri nel misurare le dimensioni e la capienza umana di
piazza del popolo in occasione del raduno piddino di due feste or sono,
con un certo ritardo ha ritenuto di alzare e sventolare la bandiera
degli ingegneri del Politecnico milanese, versus gli ingeneri usciti
dalLa Sapienza di Roma.
Già sui numeri 784/22 agosto 2018 (il crollo del viadotto di Genova:
ammazzate le certezze degli ingegneri) e 799/04 settembre 2018 (dove
sta il problema? crollato un ponte se ne costruisce un altro) avevamo
sottolineato il tremendissimo dramma (per le 43 vittime, invece nisba)
vissuto dal custode delLa Latrina di Nusquamia di fronte al crollo del
viadotto in quanto smentita senza ombra della incapacità degli
ingegneri a fare bene il proprio mestiere. Sulla pagina 784: (…) ci
pare che il nostro ingegnere Claudio Piga dal Politecnico di Milano
porti impresso nella carne come una mutilazione il crollo incompreso
(finora) di quel mitico viadotto che porta la firma di uno dei “grandi”
ingegneri italiani. Dalle sue parole si coglie l'incazzatura che
un'opera progettata col sommo della scienza del tempo sia miseramente
crollata e per di più senza che se ne conoscano immediatamente le
ragioni. Due fatti –lo smentire la scienza e l'ignoto delle ragioni del
crollo- che azzerano di brutto le certezze di un ingegnere del
Politecnico, mica di un geometra di provincia o peggio di
una misuratore di terreni.
In quelle pagine, raccogliendo le informazioni che via via venivano
alla luce, più che il problema della capacità degli ingeneri nel
progettare e controllare i lavori di costruzione e manutenzione dei
viadotti, emergeva un classico italiano: la miscela tra
atteggiamenti furbi, dimenticanze, mancate riflessioni e soprattutto la
pratica quotidiana di rifilare bidoni anche quando c'erano di mezzo
infrastrutture nazionali.
In un post di qualche ora or sono il custode delLa Latrina di Nusquamia
ha messo i puntini sulle i come s'addice ad uno abituato a insegnare a
cani come si fa la pipì sui cantoni, indicando l'intervista
(finalmente!) di un professore del Politecnico di Milano come la chiave
di volta per comprendere la disgrazia genovese.
La rottura di uno strallo "è un'ipotesi di lavoro seria": così Antonio
Brencich, docente dell'università di Genova e membro della commissione
dei Trasporti e delle Infrastrutture che deve accertare le cause del
crollo, ha risposto ai giornalisti a Genova. Brencich ha fatto un breve
sopralluogo nella zona del ponte crollato, ma non è voluto entrare nel
merito del lavoro della commissione. "La voce che gira è che il
collasso sia stato attivato dalla rottura di uno strallo, ci sono
testimonianze e video che vanno in questo senso". Il prof. Brencich,
apparso a ripetizione in Tv, nominato nella Commissione ministeriale
Toninelli per trovare la cause del crollo del viadotto è stato
costretto a dare le dimissioni per conflitto d'interessi in quanto
consulente esterno di ASPI-SPEA.
Brencich Genova caputt.
L'arch. Domenico Ferrazza Provveditore interregionale alle OO.PP.
Piemonte Val d'Aosta Liguria, architetto laureato a La Sapienza di Roma
–
Roma- Ferrazza caputt.
Toninelli nomina Bruno Santoro che al 2018 Santoro è anche direttore
della “Divisione 3 – Qualità del servizio autostradale” nella Direzione
generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, cioè il
massimo organismo di sorveglianza. E dal marzo di quest'anno è
direttore della “Divisione 1 – Vigilanza tecnica e operativa della rete
autostradale in concessione”, nella stessa Direzione generale del
ministero. Il dirigente pubblico della Vigilanza sulle concessionarie
selezionato dal ministro delle Infrastrutture ha ricevuto 70mila euro
dall'azienda SPEA per prestazioni professionali private. Santoro ha una
Laurea in Ingegneria Civile Sezione Edile (1993)all'Università La
Sapienza di Roma e Collaboratore scientifico presso il Dipartimento di
Idraulica, Trasporti e Strade dell'Università "La Sapienza".
Roma e Santoro caputt.
ono quindi tre su sei i commissari nominati da Toninelli direttamente
testimoni dei rapporti dello Stato con società Autostrade o delle
procedure che non hanno impedito il disastro.
Ecco quindi il nostro audace custode delLa Latrina di Nusquamia
–ingegnere laureato al politecnico di Milano di Piazza Leonardo da
Vinci- che alza il ditino ad avvertire INVECE (scritto maiuscolo)
dell'intervista al prof. Gentile sul Corriere della Sera del 3 ottobre
2018. «Il prof Gentile al pm: “Il ponte andava chiuso da Aspi e Spea”».
Viene il dubbio, come già ebbimo (che figata quell'ebbimo!) modo
di scrivere, che dell'inadeguatezza dei controlli possa portare
responsabilità anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
che aveva il compito di controllare i controllori: in tal caso verrebbe
meno l'ipoteca populista e giustizialista dei grilleschi che si
vorrebbe pendente sulla cervice di Autostrade per l'Italia (che, tra
l'altro, potrebbe avere interesse ad essere maltrattata oggi, per
potersi rifare domani).
Politecnico di Milano vs La sapienza di Roma quindi uno a zero perché
gli ingegneri nonché professori del Politecnico di Milano,
piuttosto che quei praticoni se non addirittura ignoranti se non
addirittura collusi della Sapienza di Roma viceversa avrebbero ordinato
la chiusura del viadotto visto che ormai stava per crollare da un
momento all'altro.
Leggendo però l'intervista al prof. Gentile sul Corriere vengono però
dei dubbi. Il professor Carmelo Gentile è il docente del Politecnico di
Milano che ha firmato lo studio sugli stralli del ponte Morandi (i
tiranti) commissionato da Spea, la società ingegneristica di ASPI. Dice
il professore: «La relazione della commissione ispettiva del ministero
mi sembra chiarissima. (…) i commissari hanno stabilito che il fattore
di sicurezza era inferiore a 1 (…) con quel dato Autostrade aveva
l'informazione che bastava per chiudere il ponte. Non ci sono scuse che
tengano. Lo chiudi e basta».
Alla giornalista Giusi Fasano che gli chiede “Si rimprovera qualcosa?”
Risponde che «Ci ho pensato un milione di volte. Mi sono chiesto: avrei
potuto fare qualcosa che non ho fatto? Ma io non avevo a disposizione i
documenti dei commissari per trarre conclusioni sulla sicurezza, con il
mio studio potevo osservare soltanto un pezzettino dell'insieme, le mie
erano solo indagini fatte con i sensori sul posto. Non sono ancora
riuscito a capire se quello che noi abbiamo osservato (le deformità
alla pila nr 9, ndr) è connesso a quello che è successo».
Che il viadotto avesse qualche parte ormai giunta al termine del suo
lavoro è dimostrato dal crollo del 14 agosto però quando un tecnico
privato di quel livello (un professore universitario della prima
università di ingegneria italiana) viene chiamato da un privato per un
esame di un manufatto (di quella importanza) e al termine
rileva la situazione descritta da Gentile e le decisioni che lui
avrebbe assunto immediatamente: “con quel dato Autostrade aveva
l'informazione che bastava per chiudere il ponte. Non ci sono scuse che
tengano. Lo chiudi e basta» non è ammissibile questa fuga dalla
responsabilità da parte sua perché nel momento in cui un tecnico sia
pure di parte rileva una situazione a suo giudizio di gravissimo
pericolo su una infrastruttura così importante, la prima cosa che deve
fare è avvertire non solo chi gli ha commissionato il lavoro ma ANCHE
il procuratore di Genova, i VVFF e la Protezione Civile. Dopo di che
spetterà loro decidere ed assumersi responsabilità . Invece lui,
preoccupato, magari di beccarsi velocemente la liquidazione della
parcella, è andato al mare e alla domanda della giornalista se si
rimprovera qualcosa? risponde che «Ci ho pensato un milione di volte.
Mi sono chiesto: avrei potuto fare qualcosa che non ho fatto? Ma io non
avevo a disposizione i documenti dei commissari per trarre conclusioni
sulla sicurezza, con il mio studio potevo osservare soltanto un
pezzettino dell'insieme, le mie erano solo indagini fatte con i sensori
sul posto. Non sono ancora riuscito a capire se quello che noi abbiamo
osservato (le deformità alla pila numero 9, ndr) è connesso a quello
che è successo». Sicuramente non spettava a lui decidere se le sue
osservazioni fossero e come correlate con le altre informazioni che non
possedeva, ma –diventando pubblico ufficiale nel rilevare un pericolo
di tale grandezza- aveva l'obbligo di informare chi di dovere. E'
andato preoccupato al mare. Come troppi responsabili di quel problema
in quegli anni.
Altro che architetti e ingegneri della Sapienza inaffidabili. Non pare
che neppure il professore del Poli sia stato altrettanto affidabile.
La conclusione del custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio
Piga (chissà che ingegnere è ?!) è un esercizio poetico filosofico.
Invece di sboronare si legga le “cacate carte” per scoprire il
progettista Riccardo Morandi del viadotto scriveva in uno studio
effettuato GIA' nel 1979: solo 12 anni dopo l'inaugurazione ("Il
comportamento a lungo termine dei viadotti esposti a traffico pesante
situati in ambiente aggressivo: il viadotto sul Polcevera, a Genova")
dallo stesso Morandi viene spiegato a parole chiare quanto il ponte
crollato sia stato soggetto agli agenti atmosferici: "Penso che prima o
poi, forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un
trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi
esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi
coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica. C'è un
rischio concreto di corrosione. La struttura viene aggredita dai venti
marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si
crea così un'atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua
strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei
camini dell'acciaieria (si riferisce a un vecchio stabilimento Uva) e
si satura di vapori altamente nocivi. Le superfici esterne delle
strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più
direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare
fenomeni di aggressione di origine chimica. E in atto una perdita di
resistenza superficiale del calcestruzzo". Morandi quindi suggerisce
l'impiego di elastomeri e resine per proteggere le parti soggette a
corrosione”.
Probabilmente da questa lucida descrizione venne deciso l'intervento
sulla pila 11 (quella più ad est) realizzata nel 1993-1994 come
ampiamente documentato sulla rivista Autostrade n.3/1994.
Morale della favola? Fin dal 1991 tutti i 12 stralli delle tre pile
9-10-11 dovevano essere modificate come avvenne per quelli della pila
11 nel 1993-1994. ANAS su limitò a intervenire (per una questione
di soldi? Di incapacità? Boh…) sulla alla pila 11. Poi tutto filò via
sotto silenzio finchè la puttanata venne rifilata nel 1999 al nuovo
gestore proprietario che, visti i precedenti, si limitò alla normale
manutenzione finchè nel 2017 la situazione cominciò ad apparire nella
sua gravità. Queste le date. Adesso vorrei vedere le facce dei
tanti che “l'avevano detto” davanti alla decisone di chiudere quel
viadotto e demolire tutto e rifare. Ma a qualcun altro, Genova e
il Ministero per primi, temevano di perdere (in soldi) quel che il
porto dava allo stato ed ai genovesi.
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CI SONO ANCORA I POVERI.
Ci sono ancora i poveri. Soprattutto i coraggiosi. Domenica scorsa in
Piazza Vecchia UNIbg ha celebrato i suoi 50 anni d’esistenza col
Graduation Day vale a dire la consegna in una cerimonia pubblica
dei diplomi di laurea. Presenti le laureandi/laureati genitori
amici ministro curiosi e... Vecchioni: canta ancora a 75 anni. Le
celebrazioni pubbliche di UNIbg hanno una caratteristica che merita di
essere osservata con la debita ironia: le scarpe, le braghe di maschi e
femmine del corpo docente. Pare di stare alla Fiera di Serina. Finita
la cerimonia abbastanza mortuaria - una gran massa di facce
scocciate- nel defluire di laureati e genitori ed amici verso il
ristorante per il rinfresco o il pranzo d’occasione il nostro gruppo di
umarelli intercetta sulla Corsarola una famiglia. Il padre sembra un
bracciante uscito dalle foto di Ernesto De Martino. Magrissimo, una
abbronzatura bronzea, maniche rivoltate indietro e sugli
avambracci si leggono uno ad uno i muscoli. La mamma
discretamente in carne con una carnagione bianca trasparente. La
sorella minore fotocopia del padre e la sorella maggiore -quella neo
laureata- fotocopia della madre. Gli umarelli approdati in Colle li
trovano seduti su una panchina mentre consumano delle focacce e
delle aranciate in lattina. Il tocco della neolaureata poggiato sullo
zainetto assieme alla «toga» che indossano in cerimonia. Uno dei nostri
umarelli si fa avanti e invita la famiglia al brunch domenicale del
locale. Mpmento di smarrimento tra di noi come tra la famiglia e
poi, dietro insistenza del nostro umarello, quelli accettano ed
approdiamo nella saletta e al tavolo. Il padre è uno degli albanesi
approdato in Italia l’8 agosto 1991 con la nave Vlora o Flora. Ha
conosciuto la moglie di origine polacca, in Germania dove lavorò agli
inizi per poi tornare in Italia dove adesso lavora alla manutenzione
dell’arma mento delle ferrovie. La moglie era infermiera in Polonia e
Germania e adesso s’arrangia per via del mancato riconoscimento
dell’attestato. La figlia neolaureata e la seconda figlia sosterrà la
maturità quest’anno. Sono arrivati in treno viaggiando di notte e
torneranno di nuovo per non pernottare in albergo. Insomma. La
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DIMAIO SOGNA LA CREAZIONE DI 260 ILVA IN TRE ANNI
COSI' DARA' PANE E LAVORO A SEI MILIONI E MEZZO DI POVERI
Prendiamo dalla rete una delle tante dichiarazioni del Vicepremier
Luigi Di Maio, intervistato da PeterGomez, durante la festa de Il Fatto
Quotidiano: ha annunciato che nella legge di bilancio che dovrà essere
approvata a fine anno, c’è l’intenzione di inserire le coperture
necessarie a introdurre il reddito di cittadinanza. La misura
interesserà 5 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà.
Ecco le parole del vice premier dal rapporto ANSA: L’ultima nota di
aggiornamento del Def, il documento di economia e finanza, conferma le
coordinate emerse finora: una dotazione di circa 10 miliardi di euro
(anche se Salvini sostiene che ne bastino otto), assegno fino a 780
euro mensili, una platea di beneficiari di 6,5 milioni di persone e
alcuni paletti prefissati su dove e come andrà consumato l’importo.
Come ha scritto il Sole 24 Ore, basta un po’ di aritmetica per
verificare che 10 miliardi per una platea di 6,5 milioni di persone
equivalgono a un assegno mensile di 128 euro, meno della metà della
misura anti-povertà introdotta dal governo Renzi (il cosiddetto Rei,
pari a una media di 307 euro) e ovviamente al di sotto dei 780 euro
annunciati dal governo.
In quasi tutte le misure avviate in Europa, la percezione del reddito
minimo è subordinata alla ricerca di lavoro o comunque all’attivazione
di politiche per l’inclusione sociale. È anche il cuore della
risoluzione approvata nell’ottobre 2017 dall’Europarlamento «sulle
politiche volte a garantire il reddito minimo come strumento per
combattere la povertà», citata spesso dai Cinque stelle come cappello
comunitario all’introduzione di misure di sostegno pubblico. Principi
che sembrano essere stati accolti dal reddito di cittadinanza, almeno
sulla carta. Come ? I beneficiari sono tenuti a iscriversi a un centro
per l’impiego e ad accettare una delle prime tre proposte nell’arco di
due anni. Questo dovrebbe essere il vincolo che comprova una ricerca
attiva di impiego, a fianco dell’impegno - più generico - a partecipare
a corsi di formazione. Il problema, già rilevato anche dal Sole 24 Ore,
è che la semplice iscrizione non è una garanzia su quantità e qualità
delle offerte che potrebbero essere ricevute. Gli oltre 500 centri per
l’impiego distribuiti sul territorio italiano hanno ricollocato circa
il 3% di chi cercava un impiego.
Spiegava DiMaio: “Nel 2019 deve partire il reddito di cittadinanza.
Nella legge di bilancio di fine anno dobbiamo mettere le coperture. La
domanda interna si può creare se dai la possibilità di reinserirsi a
chi, e sono 5 milioni, è sotto la soglia dell’autosufficienza”.Il
ministro ha però precisato che non si tratterà di una misura
prettamente “assistenzialista”, chi ne beneficerà dovrà rispettare
alcuni doveri nei confronti dello Stato. Infatti, il ministro ha
precisato: “Non voglio dare soldi alle persone per starsene sul divano
a fare niente. Se io ti do un reddito tu ti prendi i tuoi impegni,
lavori otto ore per il tuo comune, ti devi formare”.
Dimenticando per adesso il grosso tema della copertura finanziaria
della proposta di DiMaio, nascono immediatamente delle domande.
La prima: è immaginabile che in Italia nei prossimi due-tre anni si creino 6,5milioni di posti di lavoro a tempo indeterminato?
Oggi l’Ilva rappresenta una parte consistente del comparto dell’acciaio
italiano con 11.500 lavoratori nel solo stabilimento di Taranto (5.000
nell’impianto a freddo per il quale è stata annunciata la chiusura).
Con l’indotto si arriva a 25.000 lavoratori, calcola Confindustria. Chi
riesce a immaginare la creazione in tre anni di 6.500.000 : 25.000=260
ILVA in tutto il paese di cui perlomeno duecento al di sotto dell’Arno?.
Abbiamo usato l’ILVA proprio per la grandezza dell’impatto emotivo ed economico nel Paese.
Poi in cascata ci si domanda se l’UE e il mondo potrebbero mai
assorbire il nostro surplus commerciale innestato da sei milioni e
mezzo di lavoratori a tempo indeterminato. Ci si può domandare se
in due-tre anni sarebbe possibile creare 260 ILVA in tutto il
Paese: soldi, spazi, autorizzazioni, tempi di costruzione. Ci sarebbe
anche da pensare alle infrastrutture necessarie: strade ferrovie porti
aeroporti linee elettriche e del gas. Il fabbisogno energetico da
trovare da qualche parte produrre importare distribuire. Poi ci
sarebbero la sanità e la scuola in grado di rispondere ai bisogni di
sei milioni e mezzo di persone con un’occupazione 365 giorni l’anno per
quota cento.
E tutto questo per mano di tre rimbambiti come quelli che governano?
Manco una Germania ce la farebbe in tre anni ma nemmeno in dieci anni.
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