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Di cosa parliamo in questa pagina.
DIMAIO SOGNA LA CREAZIONE DI 260 ILVA IN TRE ANNI
COSI' DARA' PANE E LAVORO A SEI MILIONI E MEZZO DI POVERI
Prendiamo dalla rete una delle tante dichiarazioni del Vicepremier Luigi Di Maio, intervistato da PeterGomez, durante la festa de Il Fatto Quotidiano: ha annunciato che nella legge di bilancio che dovrà essere approvata a fine anno, c’è l’intenzione di inserire le coperture necessarie a introdurre il reddito di cittadinanza. La misura interesserà 5 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà.
Ecco le parole del vice premier dal rapporto ANSA: L’ultima nota di aggiornamento del Def, il documento di economia e finanza, conferma le coordinate emerse finora: una dotazione di circa 10 miliardi di euro (anche se Salvini sostiene che ne bastino otto), assegno fino a 780 euro mensili, una platea di beneficiari di 6,5 milioni di persone e alcuni paletti prefissati su dove e come andrà consumato l’importo.
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CI SONO ANCORA I POVERI.
Ci sono ancora i poveri. Soprattutto i coraggiosi. Domenica scorsa in Piazza Vecchia UNIbg ha celebrato i suoi 50 anni d’esistenza col Graduation Day vale a dire la consegna in una cerimonia  pubblica dei diplomi di laurea. Presenti  le laureandi/laureati genitori amici ministro curiosi e... Vecchioni: canta ancora a 75 anni. Le celebrazioni pubbliche di UNIbg hanno una caratteristica che merita di essere osservata con la debita ironia: le scarpe, le braghe di maschi e femmine del corpo docente. Pare di stare alla Fiera di Serina. Finita la cerimonia abbastanza mortuaria - una gran massa di facce scocciate-  nel defluire di laureati e genitori ed amici verso il ristorante per il rinfresco o il pranzo d’occasione il nostro gruppo di umarelli intercetta sulla Corsarola una famiglia. Il padre sembra un bracciante uscito dalle foto di Ernesto De Martino. Magrissimo, una abbronzatura bronzea, maniche rivoltate indietro e sugli  avambracci si leggono uno ad uno i  muscoli. La mamma discretamente in carne con una carnagione bianca trasparente.
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IL CROLLO DEL VIADOTTO MORANDI.
SE FOSSE STATO IN MANO A DEGLI INGEGNERI DEL POLITECNICO DI MILANO PIUTTOSO CHE A QUELLI DELLA SAPIENZA...
I sottintesi assurdi del custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio Piga.
Il custode delLa Latrina di Nusquamia, tale ing. Claudio Piga, un ingegnere laureato al Politecnico di Milano (non si sa bene in che ingeneria si sia laureato), abduano di origini sardAgnole con ascendenze garibaldine in Valcamonica, uno che ha frequentato un liceo classico dei preti dove ci stette pure l'Antonio Gransci di cui ha aspirato le puzzette residue traendo opportuna ispirazione, dicevano come il custode delLa Latrina di Nusquamia, dopo avere rubato il mestiere ai geometri nel misurare le dimensioni e la capienza umana di piazza del popolo in occasione del raduno piddino di due feste or sono, con un certo ritardo ha ritenuto di alzare e sventolare la bandiera degli ingegneri del Politecnico milanese, versus gli ingeneri usciti dalLa Sapienza di Roma.
Già sui numeri 784/22 agosto 2018 (il crollo del viadotto di Genova: ammazzate le certezze degli ingegneri) e 799/04 settembre 2018 (dove sta il problema? crollato un ponte se ne costruisce un altro) avevamo sottolineato il tremendissimo dramma (per le 43 vittime, invece nisba) vissuto dal custode delLa Latrina di Nusquamia di fronte al crollo del viadotto in quanto smentita senza ombra della incapacità degli ingegneri a fare bene il proprio mestiere. Sulla pagina 784: (…) ci pare che il nostro ingegnere Claudio Piga dal Politecnico di Milano porti impresso nella carne come una mutilazione il crollo incompreso (finora) di quel mitico viadotto che porta la firma di uno dei “grandi” ingegneri italiani. Dalle sue parole si coglie l'incazzatura che un'opera progettata col sommo della scienza del tempo sia miseramente crollata e per di più senza che se ne conoscano immediatamente le ragioni. Due fatti –lo smentire la scienza e l'ignoto delle ragioni del crollo- che azzerano di brutto le certezze di un ingegnere del Politecnico, mica di un geometra di provincia  o peggio di una  misuratore di terreni































IL CROLLO DEL VIADOTTO MORANDI.
SE FOSSE STATO IN MANO A DEGLI INGEGNERI DEL POLITECNICO DI MILANO PIUTTOSO CHE A QUELLI DELLA SAPIENZA...
I sottintesi assurdi del custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio Piga.


Il custode delLa Latrina di Nusquamia, tale ing. Claudio Piga, un ingegnere laureato al Politecnico di Milano (non si sa bene in che ingeneria si sia laureato), abduano di origini sardAgnole con ascendenze garibaldine in Valcamonica, uno che ha frequentato un liceo classico dei preti dove ci stette pure l'Antonio Gransci di cui ha aspirato le puzzette residue traendo opportuna ispirazione, dicevano come il custode delLa Latrina di Nusquamia, dopo avere rubato il mestiere ai geometri nel misurare le dimensioni e la capienza umana di piazza del popolo in occasione del raduno piddino di due feste or sono, con un certo ritardo ha ritenuto di alzare e sventolare la bandiera degli ingegneri del Politecnico milanese, versus gli ingeneri usciti dalLa Sapienza di Roma.
Già sui numeri 784/22 agosto 2018 (il crollo del viadotto di Genova: ammazzate le certezze degli ingegneri) e 799/04 settembre 2018 (dove sta il problema? crollato un ponte se ne costruisce un altro) avevamo sottolineato il tremendissimo dramma (per le 43 vittime, invece nisba) vissuto dal custode delLa Latrina di Nusquamia di fronte al crollo del viadotto in quanto smentita senza ombra della incapacità degli ingegneri a fare bene il proprio mestiere. Sulla pagina 784: (…) ci pare che il nostro ingegnere Claudio Piga dal Politecnico di Milano porti impresso nella carne come una mutilazione il crollo incompreso (finora) di quel mitico viadotto che porta la firma di uno dei “grandi” ingegneri italiani. Dalle sue parole si coglie l'incazzatura che un'opera progettata col sommo della scienza del tempo sia miseramente crollata e per di più senza che se ne conoscano immediatamente le ragioni. Due fatti –lo smentire la scienza e l'ignoto delle ragioni del crollo- che azzerano di brutto le certezze di un ingegnere del Politecnico, mica di un geometra di provincia  o peggio di una  misuratore di terreni.
In quelle pagine, raccogliendo le informazioni che via via venivano alla luce, più che il problema della capacità degli ingeneri  nel progettare e controllare i lavori di costruzione e manutenzione dei viadotti, emergeva un classico  italiano: la miscela tra atteggiamenti furbi, dimenticanze, mancate riflessioni e soprattutto la pratica quotidiana di rifilare bidoni anche quando c'erano di mezzo infrastrutture nazionali.
In un post di qualche ora or sono il custode delLa Latrina di Nusquamia ha messo i puntini sulle i come s'addice ad uno abituato a insegnare a cani come si fa la pipì sui cantoni, indicando l'intervista (finalmente!) di un professore del Politecnico di Milano come la chiave di volta per comprendere la disgrazia genovese.
La rottura di uno strallo "è un'ipotesi di lavoro seria": così Antonio Brencich, docente dell'università di Genova e membro della commissione dei Trasporti e delle Infrastrutture che deve accertare le cause del crollo, ha risposto ai giornalisti a Genova. Brencich ha fatto un breve sopralluogo nella zona del ponte crollato, ma non è voluto entrare nel merito del lavoro della commissione. "La voce che gira è che il collasso sia stato attivato dalla rottura di uno strallo, ci sono testimonianze e video che vanno in questo senso". Il prof. Brencich, apparso a ripetizione in Tv, nominato nella Commissione ministeriale Toninelli per trovare la cause del crollo del viadotto è stato costretto a dare le dimissioni per conflitto d'interessi in quanto consulente esterno di ASPI-SPEA.
Brencich Genova caputt.
L'arch. Domenico Ferrazza Provveditore interregionale alle OO.PP. Piemonte Val d'Aosta Liguria, architetto laureato a La Sapienza di Roma –
Roma- Ferrazza caputt.
Toninelli nomina Bruno Santoro che al 2018 Santoro è anche direttore della “Divisione 3 – Qualità del servizio autostradale” nella Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, cioè il massimo organismo di sorveglianza. E dal marzo di quest'anno è direttore della “Divisione 1 – Vigilanza tecnica e operativa della rete autostradale in concessione”, nella stessa Direzione generale del ministero. Il dirigente pubblico della Vigilanza sulle concessionarie selezionato dal ministro delle Infrastrutture ha ricevuto 70mila euro dall'azienda SPEA per prestazioni professionali private. Santoro ha una Laurea in Ingegneria Civile Sezione Edile (1993)all'Università La Sapienza di Roma e Collaboratore scientifico presso il Dipartimento di Idraulica, Trasporti e Strade dell'Università "La Sapienza".
Roma e Santoro caputt.
ono quindi tre su sei i commissari nominati da Toninelli direttamente testimoni dei rapporti dello Stato con società Autostrade o delle procedure che non hanno impedito il disastro.

Ecco quindi il nostro audace custode delLa Latrina di Nusquamia –ingegnere laureato al politecnico di Milano di Piazza Leonardo da Vinci- che alza il ditino ad avvertire INVECE (scritto maiuscolo) dell'intervista al prof. Gentile sul Corriere della Sera del 3 ottobre 2018. «Il prof Gentile al pm: “Il ponte andava chiuso da Aspi e Spea”». Viene il dubbio, come già ebbimo (che figata quell'ebbimo!)  modo di scrivere, che dell'inadeguatezza dei controlli possa portare responsabilità anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che aveva il compito di controllare i controllori: in tal caso verrebbe meno l'ipoteca populista e giustizialista dei grilleschi che si vorrebbe pendente sulla cervice di Autostrade per l'Italia (che, tra l'altro, potrebbe avere interesse ad essere maltrattata oggi, per potersi rifare domani).

Politecnico di Milano vs La sapienza di Roma quindi uno a zero perché gli ingegneri nonché professori  del Politecnico di Milano, piuttosto che quei praticoni se non addirittura  ignoranti se non addirittura collusi della Sapienza di Roma viceversa avrebbero ordinato la chiusura del viadotto visto che ormai stava per crollare da un momento all'altro.

Leggendo però l'intervista al prof. Gentile sul Corriere vengono però dei dubbi. Il professor Carmelo Gentile è il docente del Politecnico di Milano che ha firmato lo studio sugli stralli del ponte Morandi (i tiranti) commissionato da Spea, la società ingegneristica di ASPI. Dice il professore: «La relazione della commissione ispettiva del ministero mi sembra chiarissima. (…) i commissari hanno stabilito che il fattore di sicurezza era inferiore a 1 (…) con quel dato Autostrade aveva l'informazione che bastava per chiudere il ponte. Non ci sono scuse che tengano. Lo chiudi e basta».
Alla giornalista Giusi Fasano che gli chiede “Si rimprovera qualcosa?” Risponde che «Ci ho pensato un milione di volte. Mi sono chiesto: avrei potuto fare qualcosa che non ho fatto? Ma io non avevo a disposizione i documenti dei commissari per trarre conclusioni sulla sicurezza, con il mio studio potevo osservare soltanto un pezzettino dell'insieme, le mie erano solo indagini fatte con i sensori sul posto. Non sono ancora riuscito a capire se quello che noi abbiamo osservato (le deformità alla pila nr 9, ndr) è connesso a quello che è successo».
Che il viadotto avesse qualche parte ormai giunta al termine del suo lavoro è dimostrato dal crollo del 14 agosto però quando un tecnico privato di quel livello (un professore universitario della prima università di ingegneria italiana) viene chiamato da un privato per un esame di un manufatto (di quella importanza) e  al termine  rileva la situazione descritta da Gentile e le decisioni che lui avrebbe assunto immediatamente: “con quel dato Autostrade aveva l'informazione che bastava per chiudere il ponte. Non ci sono scuse che tengano. Lo chiudi e basta» non è ammissibile questa fuga dalla responsabilità da parte sua perché nel momento in cui un tecnico sia pure di parte rileva una situazione a suo giudizio di gravissimo pericolo su una infrastruttura così importante, la prima cosa che deve fare è avvertire non solo chi gli ha commissionato il lavoro ma ANCHE il procuratore di Genova, i VVFF e la Protezione Civile. Dopo di che spetterà loro decidere ed assumersi responsabilità . Invece lui, preoccupato, magari di beccarsi velocemente la liquidazione della parcella, è andato al mare e alla domanda della giornalista se si rimprovera qualcosa? risponde che «Ci ho pensato un milione di volte. Mi sono chiesto: avrei potuto fare qualcosa che non ho fatto? Ma io non avevo a disposizione i documenti dei commissari per trarre conclusioni sulla sicurezza, con il mio studio potevo osservare soltanto un pezzettino dell'insieme, le mie erano solo indagini fatte con i sensori sul posto. Non sono ancora riuscito a capire se quello che noi abbiamo osservato (le deformità alla pila numero 9, ndr) è connesso a quello che è successo». Sicuramente non spettava a lui decidere se le sue osservazioni fossero e come correlate con le altre informazioni che non possedeva, ma –diventando pubblico ufficiale nel rilevare un pericolo di tale grandezza- aveva l'obbligo di informare chi di dovere. E' andato preoccupato al mare. Come troppi responsabili di quel problema in quegli anni.
Altro che architetti e ingegneri della Sapienza inaffidabili. Non pare che neppure il professore del Poli sia stato altrettanto affidabile.

La conclusione del custode delLa Latrina di Nusquamia, ing. Claudio Piga (chissà che ingegnere è ?!) è un esercizio poetico filosofico. Invece di sboronare si legga le “cacate carte” per scoprire il progettista Riccardo Morandi del viadotto scriveva in uno studio effettuato GIA' nel 1979: solo 12 anni dopo l'inaugurazione ("Il comportamento a lungo termine dei viadotti esposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il via­dotto sul Polcevera, a Genova") dallo stesso Morandi viene spiegato a parole chiare quanto il ponte crollato sia stato soggetto agli agenti atmosferici: "Penso che prima o poi, forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resi­ne epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chi­mica. C'è un rischio concreto di corrosione. La struttura viene aggredita dai venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal via­dotto. Si crea così un'atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di rag­giungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell'acciaieria (si riferisce a un vecchio stabilimento Uva) e si satura di vapori altamen­te nocivi. Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica. E in atto una perdita di resistenza superficiale del calcestruz­zo". Morandi quindi suggerisce l'impiego di ela­stomeri e resine per proteggere le parti sogget­te a corrosione”.
Probabilmente da questa lucida descrizione venne deciso l'intervento sulla pila 11 (quella più ad est) realizzata  nel 1993-1994 come ampiamente documentato sulla rivista Autostrade n.3/1994.

Morale della favola? Fin dal 1991 tutti i 12 stralli delle tre pile 9-10-11 dovevano essere modificate come avvenne per quelli della pila 11 nel 1993-1994. ANAS su limitò a intervenire  (per una questione di soldi? Di incapacità? Boh…) sulla alla pila 11. Poi tutto filò via sotto silenzio finchè la puttanata venne rifilata nel 1999 al nuovo gestore proprietario che, visti i precedenti, si limitò alla normale manutenzione finchè nel 2017 la situazione cominciò ad apparire nella sua gravità.  Queste le date. Adesso vorrei vedere le facce dei tanti che “l'avevano detto” davanti alla decisone di chiudere quel viadotto e demolire tutto  e rifare. Ma a qualcun altro, Genova e il Ministero per primi, temevano di perdere (in soldi) quel che il porto  dava allo stato ed ai genovesi.
CI SONO ANCORA I POVERI.





Ci sono ancora i poveri. Soprattutto i coraggiosi. Domenica scorsa in Piazza Vecchia UNIbg ha celebrato i suoi 50 anni d’esistenza col Graduation Day vale a dire la consegna in una cerimonia  pubblica dei diplomi di laurea. Presenti  le laureandi/laureati genitori amici ministro curiosi e... Vecchioni: canta ancora a 75 anni. Le celebrazioni pubbliche di UNIbg hanno una caratteristica che merita di essere osservata con la debita ironia: le scarpe, le braghe di maschi e femmine del corpo docente. Pare di stare alla Fiera di Serina. Finita la cerimonia abbastanza mortuaria - una gran massa di facce scocciate-  nel defluire di laureati e genitori ed amici verso il ristorante per il rinfresco o il pranzo d’occasione il nostro gruppo di umarelli intercetta sulla Corsarola una famiglia. Il padre sembra un bracciante uscito dalle foto di Ernesto De Martino. Magrissimo, una abbronzatura bronzea, maniche rivoltate indietro e sugli  avambracci si leggono uno ad uno i  muscoli. La mamma discretamente in carne con una carnagione bianca trasparente. La sorella minore fotocopia del padre e la sorella maggiore -quella neo laureata- fotocopia della madre. Gli umarelli approdati in Colle li trovano seduti  su una panchina mentre consumano delle focacce e delle aranciate in lattina. Il tocco della neolaureata poggiato sullo zainetto assieme alla «toga» che indossano in cerimonia. Uno dei nostri umarelli si fa avanti e invita la famiglia al brunch domenicale del locale. Mpmento di smarrimento tra di noi come tra  la famiglia e poi, dietro insistenza del nostro umarello, quelli accettano ed approdiamo nella saletta e al tavolo. Il padre è uno degli albanesi approdato in Italia l’8 agosto 1991 con la nave Vlora o Flora. Ha conosciuto la moglie di origine polacca, in Germania dove lavorò agli inizi per poi tornare in Italia dove adesso lavora alla manutenzione dell’arma mento delle ferrovie. La moglie era infermiera in Polonia e Germania e adesso s’arrangia per via del mancato riconoscimento dell’attestato. La figlia neolaureata e la seconda figlia sosterrà la maturità quest’anno. Sono arrivati in treno viaggiando di notte e torneranno di nuovo per non pernottare in albergo. Insomma. La
DIMAIO SOGNA LA CREAZIONE DI 260 ILVA IN TRE ANNI
COSI' DARA' PANE E LAVORO A SEI MILIONI E MEZZO DI POVERI



Prendiamo dalla rete una delle tante dichiarazioni del Vicepremier Luigi Di Maio, intervistato da PeterGomez, durante la festa de Il Fatto Quotidiano: ha annunciato che nella legge di bilancio che dovrà essere approvata a fine anno, c’è l’intenzione di inserire le coperture necessarie a introdurre il reddito di cittadinanza. La misura interesserà 5 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà.
Ecco le parole del vice premier dal rapporto ANSA: L’ultima nota di aggiornamento del Def, il documento di economia e finanza, conferma le coordinate emerse finora: una dotazione di circa 10 miliardi di euro (anche se Salvini sostiene che ne bastino otto), assegno fino a 780 euro mensili, una platea di beneficiari di 6,5 milioni di persone e alcuni paletti prefissati su dove e come andrà consumato l’importo.
Come ha scritto il Sole 24 Ore, basta un po’ di aritmetica per verificare che 10 miliardi per una platea di 6,5 milioni di persone equivalgono a un assegno mensile di 128 euro, meno della metà della misura anti-povertà introdotta dal governo Renzi (il cosiddetto Rei, pari a una media di 307 euro) e ovviamente al di sotto dei 780 euro annunciati dal governo.
In quasi tutte le misure avviate in Europa, la percezione del reddito minimo è subordinata alla ricerca di lavoro o comunque all’attivazione di politiche per l’inclusione sociale. È anche il cuore della risoluzione approvata nell’ottobre 2017 dall’Europarlamento «sulle politiche volte a garantire il reddito minimo come strumento per combattere la povertà», citata spesso dai Cinque stelle come cappello comunitario all’introduzione di misure di sostegno pubblico. Principi che sembrano essere stati accolti dal reddito di cittadinanza, almeno sulla carta. Come ? I beneficiari sono tenuti a iscriversi a un centro per l’impiego e ad accettare una delle prime tre proposte nell’arco di due anni. Questo dovrebbe essere il vincolo che comprova una ricerca attiva di impiego, a fianco dell’impegno - più generico - a partecipare a corsi di formazione. Il problema, già rilevato anche dal Sole 24 Ore, è che la semplice iscrizione non è una garanzia su quantità e qualità delle offerte che potrebbero essere ricevute. Gli oltre 500 centri per l’impiego distribuiti sul territorio italiano hanno ricollocato circa il 3% di chi cercava un impiego.
Spiegava DiMaio: “Nel 2019 deve partire il reddito di cittadinanza. Nella legge di bilancio di fine anno dobbiamo mettere le coperture. La domanda interna si può creare se dai la possibilità di reinserirsi a chi, e sono 5 milioni, è sotto la soglia dell’autosufficienza”.Il ministro ha però precisato che non si tratterà di una misura prettamente “assistenzialista”, chi ne beneficerà dovrà rispettare alcuni doveri nei confronti dello Stato. Infatti, il ministro ha precisato: “Non voglio dare soldi alle persone per starsene sul divano a fare niente. Se io ti do un reddito tu ti prendi i tuoi impegni, lavori otto ore per il tuo comune, ti devi formare”.

Dimenticando per adesso il grosso tema della copertura finanziaria della proposta di DiMaio, nascono immediatamente delle domande.
La prima: è immaginabile che in Italia nei prossimi due-tre anni si creino 6,5milioni di posti di lavoro a tempo indeterminato?
Oggi l’Ilva rappresenta una parte consistente del comparto dell’acciaio italiano con 11.500 lavoratori nel solo stabilimento di Taranto (5.000 nell’impianto a freddo per il quale è stata annunciata la chiusura). Con l’indotto si arriva a 25.000 lavoratori, calcola Confindustria. Chi riesce a immaginare la creazione in tre anni di 6.500.000 : 25.000=260 ILVA in tutto il paese di cui perlomeno duecento al di sotto dell’Arno?.
Abbiamo usato l’ILVA proprio per la grandezza dell’impatto emotivo ed economico nel Paese.
Poi in cascata ci si domanda se l’UE e il mondo potrebbero mai assorbire il nostro surplus commerciale innestato da sei milioni e mezzo di lavoratori a tempo indeterminato. Ci si può domandare se in  due-tre anni sarebbe possibile creare 260 ILVA in tutto il Paese: soldi, spazi, autorizzazioni, tempi di costruzione. Ci sarebbe anche da pensare alle infrastrutture necessarie: strade ferrovie porti aeroporti linee elettriche e del gas. Il fabbisogno energetico da trovare da qualche parte  produrre importare distribuire. Poi ci sarebbero la sanità e la scuola in grado di rispondere ai bisogni di sei milioni e mezzo di persone con un’occupazione 365 giorni l’anno per quota cento.
E tutto questo per mano di tre rimbambiti come quelli che governano?
Manco una Germania ce la farebbe in tre anni ma nemmeno in dieci anni.