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Di cosa parliamo in questa pagina.
PERCHE' LA CORSA ALLO SPREAD CI FA PAURA
Ciò che colpisce maggior­mente nel modo in cui in Italia si sta affrontando la manovra di bilancio non è tanto la battaglia sulla di­mensione numerica del deficit o il contrasto tra politici e tecnici. A par­te le numerose cadute di stile, non è la prima volta e non siamo runico Paese dove la politica prova a forza­re la mano sui conti pubblici per otte­nere maggiore spazio di manovra. Quello che colpisce è la noncuranza verso i segnali di allarme lanciati dai mercati finanziari e la disinvoltura con cui sono travolti i capisaldi di una scienza, quella delle Finanze, a cui gli economisti italiani del secolo scorso hanno dato un contributo de­terminante. Da mesi lo spread italia­no è più vicino a quello della Grecia che non a quello della Spagna.
LA GIUNTA DISOCCUPATA
Per due mesi e mezzo il municipio ha aggiunto due giorni di chiusura totale ai cittadini. Non intendiamo dire che i dipendenti fossero tutti in piscina. Facendo un giro per il paese l’unico cantiere pubblico aperto pare sia quello del rifacimento della soletta della roggia in via IV Novembre. Poi hanno rimesso (dovrebbero avere rimesso) le malte per riparare lo scodellamento di alcune parti di un solaio alle scuole medie. Sono stati necessari oltre 40 giorni per leggere i verbali della maxi seduta consigliare (CENSURATA però IN VIDEO) del 20 luglio e tra i verbali c’era anche un volantino anonimo e senza data.
LA FIGURACCIA INTERNAZIONALE DI TRIA: PROFESSORI UNIVERSITARI
UOMINI SENZA STILE NE ONORE
L'hanno rimandato a casa come fa la maestra con gli scolaretti indisciplinati e furbacchioni che avevano promesso i compiti ed invece tornano con poche e righe scritte a matita anziché col pennino e inchiostro. Parliamo di Tria. Già la sua figura minuta con le spalle un po' infossate, le rughe accentate sul viso e gli occhiali palesemente sproporzionati che gli cascano in punta di naso ne fanno una sorta di calimero al governo. Semmai avesse acquisito qualche titolo presso i partner europei, adesso ha perso tutto come succede alle banderuole che per non mollare la poltrona, s'accontentano e s'adattano a tutto. Un ministro del Tesoro che si affaccia all'Ecofin di Bruxelles come un " ospite" sgradito, e dopo appena un paio d'ore scappa a Roma di corsa, è la rappresentazione più plastica del caos tricolore. Investitori esteri e istituzioni europee si erano fidati di lui. Mattarella l'aveva voluto a Via XX Settembre proprio per questa sua presunta missione: fare argine alle spese pazze in disavanzo.






























PERCHE' LA CORSA ALLO SPREAD CI FA PAURA


Ciò che colpisce maggior­mente nel modo in cui in Italia si sta affrontando la manovra di bilancio non è tanto la battaglia sulla di­mensione numerica del deficit o il contrasto tra politici e tecnici. A par­te le numerose cadute di stile, non è la prima volta e non siamo runico Paese dove la politica prova a forza­re la mano sui conti pubblici per otte­nere maggiore spazio di manovra. Quello che colpisce è la noncuranza verso i segnali di allarme lanciati dai mercati finanziari e la disinvoltura con cui sono travolti i capisaldi di una scienza, quella delle Finanze, a cui gli economisti italiani del secolo scorso hanno dato un contributo de­terminante. Da mesi lo spread italia­no è più vicino a quello della Grecia che non a quello della Spagna. Forse da un politico non si può pretendere la comprensione del nesso tra l'ampiezza dello spread e le equazioni matematiche che descrivono la dina­mica del debito pubblico. Ma è im­perdonabile che si trascurino le con­seguenze di un così alto costo del de­naro sulla sostenibilità del debito pubblico e sulla competitività del si­stema paese nel suo complesso.
Ancora più preoccupan­te è la destrutturazione della comunicazione politica su temi di natu­ra economica. Forse, l'obiettivo è quello di liberare nuove potenzialità espressive in grado di raggiungere e smuovere l'oceano so­cial. Ma il costo è quello di tagliare nell'opinione pubblica gii ultimi lega­mi con la moderazione e il buon sen­so di un'Italia contadina c industria­le che evidentemente non esiste più.
Conoscere per deliberare, così Lui­gi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica e forse il più grande eco­nomista che l'Italia abbia avuto, inti­tolava uno dei capitoli più celebri del­le sue "Prediche Inutili''. Un'esorta­zione rivolta alla classe politica, ma che potrebbe applicarsi a qualsiasi ambito della vita lavorativa e sociale. E la prima cosa che bisognerebbe co­noscere quando si delibera in tema di politica fiscale è il contesto ma­croeconomico presente e futuro in cui si sta navigando. La politica dei tassi negativi perseguita dalla Bce di Mario Draghi rappresenta un uni­cum storico, la risposta straordinaria ad ima crisi finanziaria ed economi­ca senza precedenti. Con ì tassi nega­tivi qualunque livello di debito, pub­blico o privato, è sostenibile. Ma la normalità, in una economica di mer­cato "viva", è un'altra: il capitale inve­stito deve produrre un rendimento positivo in grado almeno di ricom­pensare la perdita di potere d'acqui­sto causata dall'inflazione. Visto che l'economia europea non è morta e l'inflazione tendenziale è oramai so­pra il 2%, è solo questione di tempo prima che la Bce, come ha già fatto la Fed, spinga i tassi d'interesse ad un li­vello perlomeno superiore al tasso d'inflazione
Accadrà nel 2020 o nel 2021?Poco importa, perché siamo a solo una o due manovre di bilancio di distanza dal momento in cui bisognerà tenere conto di una spesa per interessi deci­samente più elevata di quella attua­le. Se immaginiamo un innalzamen­to dei tassi del 2% in tutta l'Eurozona, a fine legislatura la spesa per interes­si in Italia potrebbe lievitare di 13 mi­liardi. Se ci aggiungiamo il già avve­nuto aumento dello spread, non ba­sterebbe scongelare la manovra sul­le aliquote Iva per bloccare l'esplosio­ne del deficit. Ecco perché è così im­portante iniziare subito a ridurre il debito pubblico e sfruttare quel che rimane della finestra di opportunità che Draghi ha aperto. Ecco perché non è possibile effettuare un parago­ne con la politica fiscale della Fran­cia, il cui debito pubblico è al 98% del PIL mentre il nostro continua testar­damente a rimanere sopra il 130%.
Viene spesso argomentato che l'importante non è il livello di debito, ma la spesa che con tale debito viene finanziata. È assolutamente corretto. Un'azienda che possiede una nuova, fantastica tecnologia può raggiunge­re livelli di indebitamento impensa­bili per aziende più mature, perchè quello che conta non è il livello del debito in sé ma la capacità di ripaga­re gli interessi e restituire il capitale. Difficile però vedere nella tipologia di interventi promossi dal Governo italiano investimenti o riforme volte ad aumentare la produttività. Il reddi­to di cittadinanza, se rimane fedele alla sua definizione originaria, au­menterà il costo del lavoro e inevita­bilmente determinerà l'aumento del­la quota di popolazione inoccupata. Anche immaginando che la spesa per consumi cosi generata venga in­teramente dedicata a beni e servizi prodotti in Italia, è estremamente im­plausibile ipotizzare che l'effetto fina­le sia un aumento degli investimenti in grado di ripagare gli interessi e il capitale. A fronte di un ampliamento permamente della spesa pubblica or­dinaria, causato non solo dal reddito di cittadinanza ma anche dalla de­molizione della Legge Fornero, ci si aspetterebbe un aumento delle fonti di entrata ordinarie, cioè tasse e con­tributi sociali. E invece non solo si pensa a nuovo debito o all'una tan­tum della "pace fiscale”, ma si assiste addirittura ad una riduzione permanente delle entrate fiscali, operata at­traverso l'ossimorica flat tax a scaglio­ni.
L'effetto più probabile di una ma­novra così pericolosa dal punto di vi­sta quantitativo e qualitativo è uno spread sui titoli di Stato che, al di là della volatilità di breve del mercato, si posiziona su livelli sostanzialmen­te più elevati di quelli dei nostri part­ner. Pensare di contrastare la reazio­ne dei mercati inducendo gli italiani a detenere quote maggiori di debito pubblico attraverso sconti fiscali è illusorio. Già adesso il "prezzo” dei no­stri titoli di Stato è fatto a Londra o a NewYork da operatori finanziari "lordisti”, che non pagano cioè l'imposta sostitutiva del 12,5%, e non nei pochi borsini ancora aperti al pubblico re­tali delle banche italiane. L'effetto, anche in questo caso, non sarà una ri­duzione dei rendimenti richiesti al Tesoro, ma solo una riduzione delle tasse a favore dei "rentiers” che ades­so pagano la sostitutiva. Un altro col­po alla produttività del sistema Italia e alla sostenibilità del debito pubbli­co italiano.

Marcello Esposito
LA GIUNTA GAMBA DISOCCUPATA

Per due mesi e mezzo il municipio ha aggiunto due giorni di chiusura totale ai cittadini. Non intendiamo dire che i dipendenti fossero tutti in piscina. Facendo un giro per il paese l’unico cantiere pubblico aperto pare sia quello del rifacimento della soletta della roggia in via IV Novembre. Poi hanno rimesso (dovrebbero avere rimesso) le malte per riparare lo scodellamento di alcune parti di un solaio alle scuole medie. Sono stati necessari oltre 40 giorni per leggere i verbali della maxi seduta consigliare (CENSURATA però IN VIDEO) del 20 luglio e tra i verbali c’era anche un volantino anonimo e senza data. Non si ha più notizia dell’appalto per la gestione e la ristrutturazione dell’intero impianto di illuminazione pubblica mentre si legge ogni tanto che vine riconfermata la ditta. Proseguono le donazioni clientelari sfornate dai servizi sociali e s’è conclusa la gara per l’assegnazione dei corsi di musica del comune, corsi seguiti finora in maggioranza da non residenti in paese nonostante che a Longuelo ci sia una scuola di 30-40 anni ben più professionale ed attrezzata dalle solite coop e onlus nate ieri e formate da insegnanti magari con qualche conflitto d’interesse. Pare che i corsi li tenga una coop mentre i prezzi-costi saranno indicati dal Comune: così ha dichiarato una responsabile della coop.
Andrà in appalto l’istallazione di telecamere intelligenti che si aggiungono a quelle inutili attualmente presenti e che faranno di Curno un paese tra i più vigilati inutilmente dagli occhi elettronici. Al confronto a Bergamo ed Almè gli faremo marameo. L’ennesimo pezzetto di pista ciclabile eseguita da un privato, non si comprende bene se sia terminata o sia ancora in esecuzione.
I pensionati del paese vanno in giro a mormorare che le alberature di lato a quella pista saranno segate per dare maggiore visibilità al centro sportivo adiacente. Chi vivrà vedrà. Gli sfortunati abitanti alla Marigolda e alla Merena che usavano il marciapiedi di via Lecco per arrivare in via Buelli e nel centro del paese non possono più transitare sotto il ponte in ricostruzione della Dalmine/Almè. Sperando che questa chiusura non si sommi a quella della via Brembo di cui nessuno parla del problema bus. Intanto è arrivato l’autunno, l’estate non è stata troppo calda e nemmeno troppo secca, il servizio elastico «oltre la scuola» e tutti gli altri servizi altrettanto elastici e privati sono cominciati e i Curnesi aspettano il reddito e la pensione di cittadinanza assieme alla festa delle caldarroste all’ora
LA FIGURACCIA INTERNAZIONALE DI TRIA
PROFESSORI UNIVERSITARI
UOMINI SENZA STILE NE ONORE

L'hanno rimandato a casa come fa la maestra con gli scolaretti indisciplinati e furbacchioni che avevano promesso i compiti ed invece tornano con poche e righe scritte a matita anziché col pennino e inchiostro. Parliamo di Tria. Già la sua figura minuta con le spalle un po' infossate, le rughe accentate sul viso e gli occhiali palesemente sproporzionati che gli cascano in punta di naso ne fanno una sorta di calimero al governo. Semmai avesse acquisito qualche titolo presso i partner europei, adesso ha perso tutto come succede alle banderuole che per non mollare la poltrona, s'accontentano e s'adattano a tutto. Un ministro del Tesoro che si affaccia all'Ecofin di Bruxelles come un " ospite" sgradito, e dopo appena un paio d'ore scappa a Roma di corsa, è la rappresentazione più plastica del caos tricolore. Investitori esteri e istituzioni europee si erano fidati di lui. Mattarella l'aveva voluto a Via XX Settembre proprio per questa sua presunta missione: fare argine alle spese pazze in disavanzo.
Non è andata così: l'onda giallo-verde ha tracimato, e l'ha travolto in un amen. La gloriosa " resistenza" di Tria, se mai c'è stata, è durata una notte. Mezza. Il suo tentativo di giustificare la resa è assai poco convincente. «La scommessa è la crescita», che punta « all' 1,6% nel 2019 e all' 1,7% nel 2020 » grazie a «un piano straordinario di investimenti pubblici» pari a 15 miliardi di qui al 2021.
Ma come si possa immaginare un "moltiplicatore" del genere resta un mistero misterioso. Il Pil viaggia già verso lo zero, con una crescita a legislazione vigente già ridotta a un misero 0,9%: previsto dallo stesso Tria.
Due professori universitari, di quelli deputati dalle leggi italiane a  formare i futuri dirigenti del paese – Conte e Tria-  sono ormai triturati non dalla stampa italiana ma nel contesto europeo. Figurarsi cosa pensano gli europei dei nostri laureati usciti da cotanta scienza e personalità.
Nelle bozze del Def - che deve essere approvato in Parlamento prima del varo della legge di Bilancio: 24 ottobre - ci sono almeno due dati che sono scritti a matita: il rapporto deficit-Pil al 2,4 per cento e la crescita stimata per il prossimo anno all'1,6 per cento.
«Dobbiamo evitare che l'Italia reclami trattamenti speciali che se concessi a tutti porterebbero alla fine dell'euro»: e così Jean-Claude Juncker apre la crisi tra governo italiano e il resto dell'Unione europea. Dunque è questa la posta in palio, il rischio che la manovra in deficit dei gialloverdi comporta per tutto il continente. «L'esecutivo di Roma — ha aggiunto il presidente della Commissione Ue — si sta allontanando dalle regole di bilancio che abbiamo concordato tutti insieme, non vorrei che dopo avere affrontato la crisi greca dovessimo trovarci ad affrontare una crisi italiana». Parole che arrivano al termine di una giornata già dura per l'esecutivo, con Giovanni Tria messo sotto processo dai 18 colleghi della zona euro che nel Lussemburgo gli chiedono di cambiare la manovra. Intanto la Borsa che non rimbalza dopo i crolli di venerdì scorso e, anzi, chiude con una flessione dello 0,49% mentre lo spread si arrampica fino a 282 punti base quando si sparge la notizia che il ministro lascerà il Granducato in serata, al terminedell'Eurogrup- po, per tornare di fretta e furia a Roma dove il Def è ancora per aria. Oggi Tria non sarà all'Ecofin, la riunione dei 28 ministri europei.
Intanto agosto, pur essendo un mese sui generis, ci ha consegnato buoni numeri sull'occupazione di cui si può sicuramente far tesoro. Crescono i contratti a tempo indeterminato e quelli a termine e aumenta l'occupazione dai 35 anni in su (+76 mila unità). Vale la pena però chiedersi quale sia il motivo di questo exploit estivo. Dario di Vico scrive che la prima interpretazione la potremmo chiamare di «rimbalzo», dopo le performance negative di giugno e luglio il mercato del lavoro avrebbe conosciuto una spinta di riequilibrio delle quantità che si erano asciugate nei mesi scorsi. Ma c'è una seconda interpretazione che nei commenti di ieri andava per la maggiore e metteva in relazione il dato positivo di agosto con quelle nuove norme in materia di contratti a termine, il decreto dignità. Lo sostiene, ad esempio, una nota della Confesercenti secondo la quale le imprese si sono come affrettate nella seconda metà di agosto a mettersi al riparo per tempo da modifiche che giudicano negative in termini di maggiori costi e contenzioso. In sostanza ci sarebbero state più proroghe e più accensioni di contratti a tempo determinato concepite e attuate non appena (11 agosto) è entrato in vigore il regime transitorio che terminerà a ottobre lasciando a quel punto spazio al debutto della legge Dignità (fissato per il primo novembre). Una conferma della tesi Confesercenti viene anche dal mondo delle agenzie del lavoro, che si sarebbero grosso modo comportate nella stessa maniera, alla si-salvi-chi-può.
A noi pare che la situazione sia più semplice e la verificheremo a fine stagione turistica. Quest'anno il settore ha avuto un grosso incremento di presenze e di movimenti che non si vedeva da anni e pertanto ecco la crescita dei contratti a tempo indeterminato e quelli a termine assieme all'aumento l'occupazione dai 35 anni in su (+76 mila unità) e quello dei neet. Ad agosto le aziende chiudono e quest'anno hanno chiuso quasi tutte qualche giorno di più per via del calendario che distribuiva feste e ponti.
L'accordo nel governo SalviMaio di giovedì notte ha distrutto la fiducia dei fondi internazionali che avevano creduto alle rassicurazioni di Tria e avevano comprato in agosto e settembre.
Ha anche distrutto la fiducia in Europa. Un altissimo funzionario delle istituzioni europee commentava ieri: «In Italia c'è confusione, sulla manovra hanno cambiato idea cento volte. Temiamo che qualcuno a Roma voglia far saltare il tavolo per andare a nuove elezioni». Ci sono anche perplessità sul potere che possa avere, con le migliori intenzioni, un ministro tecnico senza partito e senza presa sul parlamento come Tria. La sua figura sul piano personale è apprezzata all'Eurogruppo: «Molti hanno simpatizzato con lui», ha detto il Commissario Pierre Moscovici. C'è comprensione e anche solidarietà tra i colleghi perché l'italiano cercare di mediare e resistere di fronte alle posizioni dei partiti che lo hanno scelto come figura di garanzia. Anche da parte della Commissione c'è molta disponibilità a discutere e trattare con il ministro dell'Economia, ma comincia a sorgere qualche serio dubbio che a Roma lo tengano in considerazione.
L’ultima trovata, sussurrata ai giornali ma non esplicitata sarebbe quella di  far comprare i BTP italiani alle famiglie. Tria parla alla politica, ma ha bene in mente che il suo problema sono in realtà i mercati. E loro che intende rassicurare ma, allo stesso tempo, sa che probabilmente gli investitori stranieri hanno già messo in conto un progressivo allontamento dal rischio Italia. Si spiegano così le recenti missioni (con il cappello in mano) presso investitori americani, russi e cinesi. Tutto questo, evidentemente, però non basta e così salta fuori la carta del ricorso alle famiglie italiane. Sarebbero loro le acquirenti del debito italiano che gli investitori presto potrebbero non volere più. Il progetto è detassare totalmente gli acquisti privati di Btp e di garantire in aggiunta anche un credito d'imposta al 3,5%. Rispetto al sistema attuale di tassazione al 12,5% (già agevolato rispetto al prelievo del 26% sul capital gain) il guadagno sarebbe netto. L'unica condizione sarebbe però quella di mantenere in portafoglio i titoli del debito pubblico fino alla loro scadenza naturale. Sotto il motto "investi nel tuo Paese", il governo troverebbe così il modo per garantirsi investitori stabili di lungo periodo.
Morale della favola. Estiva. Inutile girare attorno ai problemi. Il problema sta tutto nei tre quadretti dentro questa pagina. Se un governo – qualsiasi governo- non mette mano a quei