PERCHE' LA CORSA ALLO SPREAD CI FA PAURA
Ciò che colpisce maggiormente nel modo in cui in Italia si sta
affrontando la manovra di bilancio non è tanto la battaglia sulla
dimensione numerica del deficit o il contrasto tra politici e tecnici.
A parte le numerose cadute di stile, non è la prima volta e non siamo
runico Paese dove la politica prova a forzare la mano sui conti
pubblici per ottenere maggiore spazio di manovra. Quello che colpisce
è la noncuranza verso i segnali di allarme lanciati dai mercati
finanziari e la disinvoltura con cui sono travolti i capisaldi di una
scienza, quella delle Finanze, a cui gli economisti italiani del secolo
scorso hanno dato un contributo determinante. Da mesi lo spread
italiano è più vicino a quello della Grecia che non a quello della
Spagna. Forse da un politico non si può pretendere la comprensione del
nesso tra l'ampiezza dello spread e le equazioni matematiche che
descrivono la dinamica del debito pubblico. Ma è imperdonabile che si
trascurino le conseguenze di un così alto costo del denaro sulla
sostenibilità del debito pubblico e sulla competitività del sistema
paese nel suo complesso.
Ancora più preoccupante è la destrutturazione della comunicazione
politica su temi di natura economica. Forse, l'obiettivo è quello di
liberare nuove potenzialità espressive in grado di raggiungere e
smuovere l'oceano social. Ma il costo è quello di tagliare
nell'opinione pubblica gii ultimi legami con la moderazione e il buon
senso di un'Italia contadina c industriale che evidentemente non
esiste più.
Conoscere per deliberare, così Luigi Einaudi, secondo Presidente della
Repubblica e forse il più grande economista che l'Italia abbia avuto,
intitolava uno dei capitoli più celebri delle sue "Prediche
Inutili''. Un'esortazione rivolta alla classe politica, ma che
potrebbe applicarsi a qualsiasi ambito della vita lavorativa e sociale.
E la prima cosa che bisognerebbe conoscere quando si delibera in tema
di politica fiscale è il contesto macroeconomico presente e futuro in
cui si sta navigando. La politica dei tassi negativi perseguita dalla
Bce di Mario Draghi rappresenta un unicum storico, la risposta
straordinaria ad ima crisi finanziaria ed economica senza precedenti.
Con ì tassi negativi qualunque livello di debito, pubblico o privato,
è sostenibile. Ma la normalità, in una economica di mercato "viva", è
un'altra: il capitale investito deve produrre un rendimento positivo
in grado almeno di ricompensare la perdita di potere d'acquisto
causata dall'inflazione. Visto che l'economia europea non è morta e
l'inflazione tendenziale è oramai sopra il 2%, è solo questione di
tempo prima che la Bce, come ha già fatto la Fed, spinga i tassi
d'interesse ad un livello perlomeno superiore al tasso d'inflazione
Accadrà nel 2020 o nel 2021?Poco importa, perché siamo a solo una o due
manovre di bilancio di distanza dal momento in cui bisognerà tenere
conto di una spesa per interessi decisamente più elevata di quella
attuale. Se immaginiamo un innalzamento dei tassi del 2% in tutta
l'Eurozona, a fine legislatura la spesa per interessi in Italia
potrebbe lievitare di 13 miliardi. Se ci aggiungiamo il già avvenuto
aumento dello spread, non basterebbe scongelare la manovra sulle
aliquote Iva per bloccare l'esplosione del deficit. Ecco perché è così
importante iniziare subito a ridurre il debito pubblico e sfruttare
quel che rimane della finestra di opportunità che Draghi ha aperto.
Ecco perché non è possibile effettuare un paragone con la politica
fiscale della Francia, il cui debito pubblico è al 98% del PIL mentre
il nostro continua testardamente a rimanere sopra il 130%.
Viene spesso argomentato che l'importante non è il livello di debito,
ma la spesa che con tale debito viene finanziata. È assolutamente
corretto. Un'azienda che possiede una nuova, fantastica tecnologia può
raggiungere livelli di indebitamento impensabili per aziende più
mature, perchè quello che conta non è il livello del debito in sé ma la
capacità di ripagare gli interessi e restituire il capitale. Difficile
però vedere nella tipologia di interventi promossi dal Governo italiano
investimenti o riforme volte ad aumentare la produttività. Il reddito
di cittadinanza, se rimane fedele alla sua definizione originaria,
aumenterà il costo del lavoro e inevitabilmente determinerà l'aumento
della quota di popolazione inoccupata. Anche immaginando che la spesa
per consumi cosi generata venga interamente dedicata a beni e servizi
prodotti in Italia, è estremamente implausibile ipotizzare che
l'effetto finale sia un aumento degli investimenti in grado di
ripagare gli interessi e il capitale. A fronte di un ampliamento
permamente della spesa pubblica ordinaria, causato non solo dal
reddito di cittadinanza ma anche dalla demolizione della Legge
Fornero, ci si aspetterebbe un aumento delle fonti di entrata
ordinarie, cioè tasse e contributi sociali. E invece non solo si pensa
a nuovo debito o all'una tantum della "pace fiscale”, ma si assiste
addirittura ad una riduzione permanente delle entrate fiscali, operata
attraverso l'ossimorica flat tax a scaglioni.
L'effetto più probabile di una manovra così pericolosa dal punto di
vista quantitativo e qualitativo è uno spread sui titoli di Stato che,
al di là della volatilità di breve del mercato, si posiziona su livelli
sostanzialmente più elevati di quelli dei nostri partner. Pensare di
contrastare la reazione dei mercati inducendo gli italiani a detenere
quote maggiori di debito pubblico attraverso sconti fiscali è
illusorio. Già adesso il "prezzo” dei nostri titoli di Stato è fatto a
Londra o a NewYork da operatori finanziari "lordisti”, che non pagano
cioè l'imposta sostitutiva del 12,5%, e non nei pochi borsini ancora
aperti al pubblico retali delle banche italiane. L'effetto, anche in
questo caso, non sarà una riduzione dei rendimenti richiesti al
Tesoro, ma solo una riduzione delle tasse a favore dei "rentiers” che
adesso pagano la sostitutiva. Un altro colpo alla produttività del
sistema Italia e alla sostenibilità del debito pubblico italiano.
Marcello Esposito
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LA GIUNTA GAMBA DISOCCUPATA
Per due mesi e mezzo il municipio ha aggiunto due giorni di chiusura
totale ai cittadini. Non intendiamo dire che i dipendenti fossero tutti
in piscina. Facendo un giro per il paese l’unico cantiere pubblico
aperto pare sia quello del rifacimento della soletta della roggia in
via IV Novembre. Poi hanno rimesso (dovrebbero avere rimesso) le malte
per riparare lo scodellamento di alcune parti di un solaio alle scuole
medie. Sono stati necessari oltre 40 giorni per leggere i verbali della
maxi seduta consigliare (CENSURATA però IN VIDEO) del 20 luglio e tra i
verbali c’era anche un volantino anonimo e senza data. Non si ha più
notizia dell’appalto per la gestione e la ristrutturazione dell’intero
impianto di illuminazione pubblica mentre si legge ogni tanto che vine
riconfermata la ditta. Proseguono le donazioni clientelari sfornate dai
servizi sociali e s’è conclusa la gara per l’assegnazione dei corsi di
musica del comune, corsi seguiti finora in maggioranza da non residenti
in paese nonostante che a Longuelo ci sia una scuola di 30-40 anni ben
più professionale ed attrezzata dalle solite coop e onlus nate ieri e
formate da insegnanti magari con qualche conflitto d’interesse. Pare
che i corsi li tenga una coop mentre i prezzi-costi saranno indicati
dal Comune: così ha dichiarato una responsabile della coop.
Andrà in appalto l’istallazione di telecamere intelligenti che si
aggiungono a quelle inutili attualmente presenti e che faranno di Curno
un paese tra i più vigilati inutilmente dagli occhi elettronici. Al
confronto a Bergamo ed Almè gli faremo marameo. L’ennesimo pezzetto di
pista ciclabile eseguita da un privato, non si comprende bene se sia
terminata o sia ancora in esecuzione.
I pensionati del paese vanno in giro a mormorare che le alberature di
lato a quella pista saranno segate per dare maggiore visibilità al
centro sportivo adiacente. Chi vivrà vedrà. Gli sfortunati abitanti
alla Marigolda e alla Merena che usavano il marciapiedi di via Lecco
per arrivare in via Buelli e nel centro del paese non possono più
transitare sotto il ponte in ricostruzione della Dalmine/Almè. Sperando
che questa chiusura non si sommi a quella della via Brembo di cui
nessuno parla del problema bus. Intanto è arrivato l’autunno, l’estate
non è stata troppo calda e nemmeno troppo secca, il servizio elastico
«oltre la scuola» e tutti gli altri servizi altrettanto elastici e
privati sono cominciati e i Curnesi aspettano il reddito e la pensione
di cittadinanza assieme alla festa delle caldarroste all’ora
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LA FIGURACCIA INTERNAZIONALE DI TRIA
PROFESSORI UNIVERSITARI
UOMINI SENZA STILE NE ONORE
L'hanno rimandato a casa come fa la maestra con gli scolaretti
indisciplinati e furbacchioni che avevano promesso i compiti ed invece
tornano con poche e righe scritte a matita anziché col pennino e
inchiostro. Parliamo di Tria. Già la sua figura minuta con le spalle un
po' infossate, le rughe accentate sul viso e gli occhiali palesemente
sproporzionati che gli cascano in punta di naso ne fanno una sorta di
calimero al governo. Semmai avesse acquisito qualche titolo presso i
partner europei, adesso ha perso tutto come succede alle banderuole che
per non mollare la poltrona, s'accontentano e s'adattano a tutto. Un
ministro del Tesoro che si affaccia all'Ecofin di Bruxelles come un "
ospite" sgradito, e dopo appena un paio d'ore scappa a Roma di corsa, è
la rappresentazione più plastica del caos tricolore. Investitori esteri
e istituzioni europee si erano fidati di lui. Mattarella l'aveva voluto
a Via XX Settembre proprio per questa sua presunta missione: fare
argine alle spese pazze in disavanzo.
Non è andata così: l'onda giallo-verde ha tracimato, e l'ha travolto in
un amen. La gloriosa " resistenza" di Tria, se mai c'è stata, è durata
una notte. Mezza. Il suo tentativo di giustificare la resa è assai poco
convincente. «La scommessa è la crescita», che punta « all' 1,6% nel
2019 e all' 1,7% nel 2020 » grazie a «un piano straordinario di
investimenti pubblici» pari a 15 miliardi di qui al 2021.
Ma come si possa immaginare un "moltiplicatore" del genere resta un
mistero misterioso. Il Pil viaggia già verso lo zero, con una crescita
a legislazione vigente già ridotta a un misero 0,9%: previsto dallo
stesso Tria.
Due professori universitari, di quelli deputati dalle leggi italiane
a formare i futuri dirigenti del paese – Conte e Tria- sono
ormai triturati non dalla stampa italiana ma nel contesto europeo.
Figurarsi cosa pensano gli europei dei nostri laureati usciti da
cotanta scienza e personalità.
Nelle bozze del Def - che deve essere approvato in Parlamento prima del
varo della legge di Bilancio: 24 ottobre - ci sono almeno due dati che
sono scritti a matita: il rapporto deficit-Pil al 2,4 per cento e la
crescita stimata per il prossimo anno all'1,6 per cento.
«Dobbiamo evitare che l'Italia reclami trattamenti speciali che se
concessi a tutti porterebbero alla fine dell'euro»: e così Jean-Claude
Juncker apre la crisi tra governo italiano e il resto dell'Unione
europea. Dunque è questa la posta in palio, il rischio che la manovra
in deficit dei gialloverdi comporta per tutto il continente.
«L'esecutivo di Roma — ha aggiunto il presidente della Commissione Ue —
si sta allontanando dalle regole di bilancio che abbiamo concordato
tutti insieme, non vorrei che dopo avere affrontato la crisi greca
dovessimo trovarci ad affrontare una crisi italiana». Parole che
arrivano al termine di una giornata già dura per l'esecutivo, con
Giovanni Tria messo sotto processo dai 18 colleghi della zona euro che
nel Lussemburgo gli chiedono di cambiare la manovra. Intanto la Borsa
che non rimbalza dopo i crolli di venerdì scorso e, anzi, chiude con
una flessione dello 0,49% mentre lo spread si arrampica fino a 282
punti base quando si sparge la notizia che il ministro lascerà il
Granducato in serata, al terminedell'Eurogrup- po, per tornare di
fretta e furia a Roma dove il Def è ancora per aria. Oggi Tria non sarà
all'Ecofin, la riunione dei 28 ministri europei.
Intanto agosto, pur essendo un mese sui generis, ci ha consegnato buoni
numeri sull'occupazione di cui si può sicuramente far tesoro. Crescono
i contratti a tempo indeterminato e quelli a termine e aumenta
l'occupazione dai 35 anni in su (+76 mila unità). Vale la pena però
chiedersi quale sia il motivo di questo exploit estivo. Dario di Vico
scrive che la prima interpretazione la potremmo chiamare di «rimbalzo»,
dopo le performance negative di giugno e luglio il mercato del lavoro
avrebbe conosciuto una spinta di riequilibrio delle quantità che si
erano asciugate nei mesi scorsi. Ma c'è una seconda interpretazione che
nei commenti di ieri andava per la maggiore e metteva in relazione il
dato positivo di agosto con quelle nuove norme in materia di contratti
a termine, il decreto dignità. Lo sostiene, ad esempio, una nota della
Confesercenti secondo la quale le imprese si sono come affrettate nella
seconda metà di agosto a mettersi al riparo per tempo da modifiche che
giudicano negative in termini di maggiori costi e contenzioso. In
sostanza ci sarebbero state più proroghe e più accensioni di contratti
a tempo determinato concepite e attuate non appena (11 agosto) è
entrato in vigore il regime transitorio che terminerà a ottobre
lasciando a quel punto spazio al debutto della legge Dignità (fissato
per il primo novembre). Una conferma della tesi Confesercenti viene
anche dal mondo delle agenzie del lavoro, che si sarebbero grosso modo
comportate nella stessa maniera, alla si-salvi-chi-può.
A noi pare che la situazione sia più semplice e la verificheremo a fine
stagione turistica. Quest'anno il settore ha avuto un grosso incremento
di presenze e di movimenti che non si vedeva da anni e pertanto ecco la
crescita dei contratti a tempo indeterminato e quelli a termine assieme
all'aumento l'occupazione dai 35 anni in su (+76 mila unità) e quello
dei neet. Ad agosto le aziende chiudono e quest'anno hanno chiuso quasi
tutte qualche giorno di più per via del calendario che distribuiva
feste e ponti.
L'accordo nel governo SalviMaio di giovedì notte ha distrutto la
fiducia dei fondi internazionali che avevano creduto alle
rassicurazioni di Tria e avevano comprato in agosto e settembre.
Ha anche distrutto la fiducia in Europa. Un altissimo funzionario delle
istituzioni europee commentava ieri: «In Italia c'è confusione, sulla
manovra hanno cambiato idea cento volte. Temiamo che qualcuno a Roma
voglia far saltare il tavolo per andare a nuove elezioni». Ci sono
anche perplessità sul potere che possa avere, con le migliori
intenzioni, un ministro tecnico senza partito e senza presa sul
parlamento come Tria. La sua figura sul piano personale è apprezzata
all'Eurogruppo: «Molti hanno simpatizzato con lui», ha detto il
Commissario Pierre Moscovici. C'è comprensione e anche solidarietà tra
i colleghi perché l'italiano cercare di mediare e resistere di fronte
alle posizioni dei partiti che lo hanno scelto come figura di garanzia.
Anche da parte della Commissione c'è molta disponibilità a discutere e
trattare con il ministro dell'Economia, ma comincia a sorgere qualche
serio dubbio che a Roma lo tengano in considerazione.
L’ultima trovata, sussurrata ai giornali ma non esplicitata sarebbe
quella di far comprare i BTP italiani alle famiglie. Tria parla
alla politica, ma ha bene in mente che il suo problema sono in realtà i
mercati. E loro che intende rassicurare ma, allo stesso tempo, sa che
probabilmente gli investitori stranieri hanno già messo in conto un
progressivo allontamento dal rischio Italia. Si spiegano così le
recenti missioni (con il cappello in mano) presso investitori
americani, russi e cinesi. Tutto questo, evidentemente, però non basta
e così salta fuori la carta del ricorso alle famiglie italiane.
Sarebbero loro le acquirenti del debito italiano che gli investitori
presto potrebbero non volere più. Il progetto è detassare totalmente
gli acquisti privati di Btp e di garantire in aggiunta anche un credito
d'imposta al 3,5%. Rispetto al sistema attuale di tassazione al 12,5%
(già agevolato rispetto al prelievo del 26% sul capital gain) il
guadagno sarebbe netto. L'unica condizione sarebbe però quella di
mantenere in portafoglio i titoli del debito pubblico fino alla loro
scadenza naturale. Sotto il motto "investi nel tuo Paese", il governo
troverebbe così il modo per garantirsi investitori stabili di lungo
periodo.
Morale della favola. Estiva. Inutile girare attorno ai problemi. Il
problema sta tutto nei tre quadretti dentro questa pagina. Se un
governo – qualsiasi governo- non mette mano a quei
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