L'assistenzialismo
LA SOLITA SCORCIATOIA PER IL SUD
Inesorabile il destino del Mezzogiorno.
Risucchiato nel vortice delle politiche assistenziali, a debito. Quelle
politiche per cui aveva votato in massa alle ultime elezioni.
Il successo elettorale dei Cinquestelle si deve infatti soprattutto al
Mezzogiorno, dove hanno superato di 15 punti la media nazionale. E del
resto, da tempo la narrazione che il Sud dava di se stesso, della sua
storia e della sua identità, era quanto di più vicino al profondo
sentire grillino (si pensi solo al rifiuto della cultura autentica in
nome del complottismo, o alla confusione fra casta — che poi cade
sempre in piedi, come il Gattopardo — e classe dirigente). Il nostro
Mezzogiorno, la più grande area in ritardo di sviluppo di tutta
l'Europa occidentale, quella con le più alte disuguaglianze, è
diventato così il ventre molle dell'Occidente, potenzialmente in grado
di mettere in crisi, come in un gioco di scatole cinesi, l'Italia e poi
l'Unione europea. Intendiamoci, in sé il trionfo dei grillini al Sud
poteva anche essere una grande novità: per la prima volta dall'Unità
d'Italia, i meridionali sceglievano un partito di opposizione; e
sembravano voltare le spalle alla vecchia classe dirigente di notabili
e cacicchi. Ma l'illusione è durata lo spazio di un mattino, il tempo
necessario ai pentastellati per tramutarsi in forza di maggioranza
(maggioranza a prescindere, con chiunque). E sempre nello spazio di un
mattino anche la vecchia classe dirigente meridionale, almeno quella di
centrodestra, è tornata a riproporsi nell'area governativa, iniziando a
riciclarsi tra le fila della Lega. E buonanotte in molti casi anche
all'onestà.
Nell'alleanza gialloverde tornava così a saldarsi quell'asse antico —
quel «blocco storico», direbbero Gramsci e Salvemini — che accompagna
da un secolo e mezzo la storia d'Italia: i ceti produttivi del Nord e
l'assistenzialismo parassitario al Sud. Che fine ha fatto il riscatto
del Mezzogiorno, in tutto questo? Scomparso, improvvisamente. Ridotto a
nota a margine nel contratto gialloverde.
Affidato a una ministra per la coesione territoriale, pentastellata,
sprovvista perfino di laurea (e non è certo un'eccezione), imbarazzante
nemesi di predecessori del calibro di Fabrizio Barca o Carlo Trigilia
(loro sì, eccellenze prestate alla politica): e che non a caso si
segnala, a oggi, soprattutto per la sua assenza.
E che fine ha fatto il tanto celebrato cambiamento? Non ce n'è traccia.
Quelle che si annunciano sono precisamente le politiche che, da quasi
mezzo secolo, accompagnano la deriva del Mezzogiorno. Con il consenso
degli elettori, anche questa volta. Ben contenti di lasciare il conto
alle generazioni che verranno. Il Sud avrebbe bisogno di incentivi che
premino i comportamenti virtuosi delle pubbliche amministrazioni e dei
cittadini: quanto si sta preparando nella finanziaria è esattamente il
contrario. Il Sud avrebbe bisogno di investimenti, pubblici e privati,
peraltro ben calibrati; non certo di spesa corrente, per giunta in
deficit. Il Sud avrebbe bisogno di potenziare la pubblica
amministrazione, la scuola e l'università, di razionalizzare la spesa
sanitaria: non dei tagli lineari che si prospettano in tutti questi
comparti. Il Sud avrebbe bisogno di offrire alle centinaia di migliaia
di giovani che emigrano, spesso laureati al costo di enormi sacrifici,
una vera prospettiva di riscatto.
I mali che da più di vent'anni accompagnano il declino dell'Italia si
ritrovano tutti, nel Mezzogiorno, più gravi e radicati. E così vale per
i rimedi, sbagliati, eppure di volta in volta reiterati, con il miope
consenso di cittadini e classe dirigente. Ma forse mai come ora,
l'Italia sarà quello che sarà il Mezzogiorno.
Emanuele Felice
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MA A CURNO NON E' TUTTO PERFETTO?
Un cittadino va sul sito del Comune dove trova “un interessante
servizio gestito dall'ufficio Servizi Cimiteriali rivolto alla ricerca
dei defunti sepolti all'interno del cimitero, a volte è difficile
trovare o ricordare la posizione della persona defunta. Maaaaa non va !
Conclude seraficamente “ Chiederò chiarimenti al Comune e proporrò di
installare un totem all'ingresso”. Contraddicendo i severissimi ed
incazzosi disposti del consigliere delegato alla comunicazione dott.
Battaglia (che aveva solennemente dichiarato di non volere più
rispondere dei problemi comunali sul sito “Sei di Curno se…” al
cittadino interrogante risponde l'ass. Claudio Cavagna, delegato ai
problemi del cimitero: ”per quanto riguarda il servizio di ricerca
defunti ci scusiamo, ma sul sito in effetti il servizio non è mai stato
attivo, nonostante il link di ricerca; di questo ci scusiamo e la
ringraziamo per averci evidenziato l'anomalia;
- per quanto riguarda la postazione di ricerca defunti al cimitero,
sarà valutata la collocazione di un point informativo quando si
implementerà il servizio sul sito comunale;
- per quanto riguarda i loculi liberi, entro una settimana si confida
che siano collocate le lastre già commissionate al marmista;
- per quanto riguarda la pulizia dei vialetti da erbacce, con l'ufficio
tecnico e la società Arca si sta valutando il tema del diserbo e della
rimozione dell'erba secca. E' nostra volontà che per la ricorrenza dei
morti sia tutto sistemato. Si ringrazia per le utili segnalazioni
inviate e si porgono cordiali saluti”.
Dalla risposta si scopre che due punti
(Û) il servizio di ricerca non esiste perché non è mai stato messo a
punto. Sbagliamo o questa maggioranza è in carica da sei anni?
(Du) grande idea quella del point info,mativo all'ingresso del
cimitero. Peccato che poi occorrerebbe anche attivare un point
informativo nel cervello di chi cerca perché non… dimentichi quello che
ha visto-letto. Noi vecchietti abbiamo tutti seri problemi di memoria
istantanea.
(Tri) al cimitero ci sono pure dei minialloggi liberoi ma senza porta
d'ingresso. Si promette che verrà applicata. “lasà ert la porta con t
öcc i nigher che ghè 'ngiro!” direbbe la zet.
(Quater). I Curnesi pensavano che con l'avvento della mega ditta di
manutenzione dei beni comunali i problemi sparissero (anzi: nemmeno
apparissero) ed invece si scopre che nel contratto hanno
dimenticato che nei vialetti del cimitero crescono le erbacce (non
quelle dei Maestri del Paesaggo, però…) e quindi, ecc. ecc. Ci
permettiamo di suggerire all'ass. Cavagna che esiste “anche” il
pirodiserbo per gli spazi in pietra dove transitano le
persone. Si fa col gas delle bombole e una normale lancia. Preghiamo
l'ass. cavagna che non lo dica al vicepremier Giggino DiMaio perché
magari pensa di utilizzarlo coi dirigenti del MEF.
Porgendo i cordiali saluti politicamente obbligatori e corretti l'ass.
Cavagna smentisce anche nell'ultima riga le severissime e incazzose
disposizioni del consigliere addetto alla comunicazione: “si ringrazia
per le utili segnalazioni inviate”. Tiè dott. Battaglia.
POST SCRIPTUM. Diamo a Cesare quel che gli spetta: la risposta
dell’ass. Cavagna è un buon esempio di come si comunica senza «albagia».
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GENIALE AUTOGOAL DELLE DUE SINDACHE
Vero che le fotografie sono state postate sul sito «Sei di Curno se...»
da un cittadino, ma bisogna dare atto alle due sindache Gamba e
(l’emerita) Serra di un’innata capacità nel fare autogoal. O peggio. La
sindaca emerita Serra è anche consigliera delegata alla nettezza
urbana. Se a Curno ci sono due piazze che «dovrebbero» essere tra le
due più pulite del reame Gamba&Serra, queste sono la piazza del
comune e quella della chiesa non fosse altro per la frequentazione dei
curnesi. Cosa combinano le due sindache nella giornata di Puliamo il
Mondo di Legambiente? eccole a raccogliere monnezza nelle due piazze.
Ed anche nel giardino di via Gandhi. Lo spettacolo si presta a due
interpretazioni. O non sanno fare il proprio dovere di controllore del
decoro e igiene pubblici oppure sono andate in piazza perché la gggente
le vedesse e qualcuno ne immortalasse le gesta. Comunque stiano le cose
-tattica o malafede o ingenuità- il nodo di fondo è che non
capiscono granche del problema perché Curno dal punto di vista
dell’igiene pubblica e della cura del verde (che vanno di pari
passo)siamo sicuramente messi peggio (verde a parte) di Città Alta. Con
la non piccola differenza che in città alta ci passano diecimila,
ventimila, trentamila persone più che in centro a Curno.
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COSA NASCONDO I SILENZI DI SALVINI
«Mi piacerebbe abolire la povertà. Mi piacerebbe abolire anche il
cattivo tempo e i pareggi del Milan a tempo scaduto, però purtroppo per
decreto non ci riesco". Non è un'efficace dichiarazione del capo
dell'opposizione al governo gialloverde - anche perché un capo, dopo
quasi quattro mesi, ancora non c'è - ma è il vicepremier Matteo Salvini
a parlare. Ed è la sua prima, vera dichiarazione dopo la sceneggiata
propagandistica di giovedì notte nelle piazze del potere romano,
organizzata ad arte e senza che nessuno conosca ancora i veri contenuti
della prossima Legge di Stabilità. Il silenzio (pubblico) del
solitamente ciarliero ministro dell'Interno potrebbe stupire,
considerata la delicatezza del passaggio della giornata di ieri per il
governo Conte e tenendo conto anche del sacrificio quasi totale della
credibilità del ministro Tria sull'altare delle promesse elettorali. In
realtà quel silenzio è pienamente politico.
Nella vita, e ancor di più nell'era della comunicazione politica agli
steroidi, può spesso rappresentare una presa di distanza. La scelta di
interrompere questo anomalo mutismo per colpire al cuore uno dei due
baluardi propagandistici del suo dirimpettaio a Palazzo Chigi certifica
in qualche misura le ragioni dello stesso mutismo adottato sinora: la
manovra così com'è stata raccontata dal M5s non va bene a Salvini. Non
va bene perché a livello di percezione non è stata affatto superata
l'idea che il reddito di cittadinanza sia una misura meramente
assistenziale. Non è ancora stato descritto compiutamente qual è il
meccanismo grazie al quale qualcuno potrà guadagnare 780 euro al mese,
in cambio di cosa, e per quanto tempo (cosa succede se un centro per
l'impiego non dovesse funzionare?). Un operaio che guadagna 1300 euro
al mese e che magari ha votato Lega sognando la tassa al 15 per cento,
oggi potrebbe sentirsi clamorosamente preso in giro, anche perché la
magica imposta unitaria non esiste già più: ieri giravano bozze (che
ovviamente sono provvisorie) di documenti che prevedevano una
semplificazione a due aliquote entro la fine della legislatura, di cui
una addirittura al 33 per cento.
Le questioni su cui non è stato affatto raggiunto un punto di contatto
sono moltissime. Sulla pace (cioè sul condono) fiscale, il
viceministro dell'economia Garavaglia proponeva un tetto massimo di
contestazione fino a 500mila euro, molto lontano dal limite massimo
posto dal M5s (che al massimo si spingerebbe fino a 100mila euro).
Anche questo è un segnale di insofferenza della Lega. La propaganda
grillina potrebbe dunque portare risultati immediati ma molto costosi
nel medio termine. Oltre all'ovvia negoziazione con l'Unione Europea
delle prossime settimane ci potrebbe essere una dialettica molto più
sottile e problematica: quella interna al governo, con una Lega che
sente di aver avuto molto meno rispetto al M5S e che proverà a
ottenere, dunque, qualche ritocco che possa ridimensionare il successo
provvisorio di Di Maio.
Questo obiettivo non è neanche troppo difficile da raggiungere: basta
mostrarsi responsabili di fronte all'Europa, non fare le barricate se
l'Italia dovrà rinunciare a qualche miliardo di euro di deficit, e
chiedere al M5s gradualità nell'adozione delle misure di programma, la
stessa gradualità che la Lega ha accettato per i propri cavalli di
battaglia. A quel punto, peraltro, il cerchio aperto con la
dichiarazione di Salvini si chiuderebbe perfettamente: non si può
abolire la povertà per decreto, men che meno con armi che nelle
prossime settimane potrebbero essere via via spuntate. Chi ha
dichiarato una cosa del genere ne risentirebbe in termini di consenso,
magari a vantaggio di chi invece ha preferito restare in silenzio
proprio nel momento in cui nessuno se lo sarebbe aspettato.
Dino Amenduni
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