schermata 2000 pixels









Di cosa parliamo in questa pagina.
Delle cause del crollo del viadotto Morandi. Ecco la prima ipotesi sulle cause del crollo formulata dalla Commissione Ministeriale.
IPOTESI 1
Il crollo si origina nella parte di impalcato posto ad est della pila 9, verosimilmente nell'impalcato cassone, dal lato sud. L'impal cato tampone lato est perde l'appoggio ovvero entra in crisi strutturale e rovina al suolo unitamente al mezzo d'opera con motrice rossa, in quel momento in transito e con peso totale pari a 44 tonnellate, che rovina sull'impalcato tampone. Gli effetti, statici e dinamici, indotti sugli stralli e sul sistema equilibrato della pila 9, ne causano i collassi. L'impalcato tampone lato ovest, perso l'appog gio, rovina al suolo.

Che il viadotto fosse malmesso fin da pochi anni dopo la sua inaugurazione era palese a tutti. Tranne a chi doveva intervenire ed a chi doveva controllare.
Ecco una descrizione del manufatto ed a seguire i vari problemi rilevati nel tempo. L'idea strutturale di base nei progetto è quella di equilibrare le componenti orizzontali dei tiri negli stralli attraverso l'impalca to, ottenendo come ulteriore effetto benefico la compressione dello stesso. L'impalcato è costituito da un cassone con cinque camere, di lunghezza pari a circa 171 o 145 mt, altezza variabile, da un massimo di 4.50 m ad un minimo di 1.82 m, rastremato in corrispondenza degli estremi a sbalzo, modellabile in prima approssimazione come elemento monodimensionale su quattro appoggi (puntoni dei cavalletti + stralli).

Il nostro commento dopo la lettura della relazione della Commissione Ministeriale Toni Nelli. Appare come redatta per  dare appiglio al ministro per la revoca ma dimentica che già prima della concesisone -anno 1999- tutto il ponte stava malisismo come stava male -e quindi intervennero- lapila 11. La prima a cui rifecero completamente i cavi degli stralli applicandone di nuovi all'esterno tra il 1993 e il 1996. Poi nel 1999 sbolognarono la  rogna ai privati.
































I TRE POSSIBILI MOTIVI DEL CROLLO SECONDO LA COMMISSIONE MINISTERIALE

IPOTESI 1
Il crollo si origina nella parte di impalcato posto ad est della pila 9, verosimilmente nell'impalcato cassone, dal lato sud. L'impal cato tampone lato est perde l'appoggio ovvero entra in crisi strutturale e rovina al suolo unitamente al mezzo d'opera con motrice rossa, in quel momento in transito e con peso totale pari a 44 tonnellate, che rovina sull'impalcato tampone. Gli effetti, statici e dinamici, indotti sugli stralli e sul sistema equilibrato della pila 9, ne causano i collassi. L'impalcato tampone lato ovest, perso l'appog gio, rovina al suolo.

IPOTESI 2
Il crollo si origina nell'im palcato a cassone del sistema bilanciato, nella metà ad ovest delle antenne della pila 9. Una delle sezioni poste tra il traversone dello strallo sud e i puntoni dei cavalletti, ancora lato sud, collassa; il collasso si estende fino ad interessare l'intera sezione trasversale dell'impal cato. Collassano quindi le due porzioni di impalcato. Quella più vicina alle antenne con la rotazione già descritta al nel paragrafo precedente. In quella più lontana (verso Savona), lo strallo sud collassa, la porzione di impalcato ruota attorno allo strallo nord e quindi rovina al suolo. L'impalcato tampone ovest, a causa di perdita dell'appoggio, rovina al suolo.

IPOTESI 3
Il crollo si origina nello strallo sud ovest del sistema bilanciato, a causa della riduzione di sezione per corrosione dello strallo stesso. La parte ad ovest della pila 9 dell'impalcato cassone torce e si separa in due parti. Segue la rovina al suolo nella posizione finale descritta ai punti del paragrafo precedente.
Questo cinematismo è ipotizzato sulla base di considerazioni analitiche, e non appare supportata da riprese video in possesso della Commissione.
BREVE STORIA DEI PROBLEMI DEL VIADOTTO E DEL LORO RINVENIMENTO


L'idea strutturale di base nei progetto è quella di equilibrare le componenti orizzontali dei tiri negli stralli attraverso l'impalca to, ottenendo come ulteriore effetto benefico la compressione dello stesso. L'impalcato è costituito da un cassone con cinque camere, di lunghezza pari a circa 171 o 145 mt, altezza variabile, da un massimo di 4.50 m ad un minimo di 1.82 m, rastremato in corrispondenza degli estremi a sbalzo, modellabile in prima approssimazione come elemento monodimensionale su quattro appoggi (puntoni dei cavalletti + stralli). (...)
La parte più rilevante del viadotto consiste in tre grandi complessi bilanciati indipendenti disposti in successione, e collegati tra loro da travate tampone semplicemente appoggiate alle estremità contigue dei tre complessi. Ogni complesso bilanciato è formato da una travata a tre luci su quattro appoggi, sorretta, in corrispondenza degli appoggi esterni, da due tiranti obliqui in (cemento armato precompresso) c.a.p. Questi sono ancorati alla sommità di una antenna a quattro elementi obliqui in calcestruzzo, a forma di A e nel piano longitudinale dell'opera.
La peculiarità di tale opera consiste nel fatto che gli stralli sono stati realizzati mediante elementi in c.a.p., al fine di ridurre negli acciai i pericoli di corrosione e di minimizzare i fenomeni di fatica dovuti alla ripetizione dei cicli di tensione indotti dai carichi mobili. Le sezioni mostrano ne tratto superiore e nei due tratti inferiori dopo a biforcazione, i cavi di sostegno (primari) e precompressione (secondari). (...)
STRALLI. Le prime prove estensimetriche sono state eseguite nell'anno 1991 sugli stralli della pila n. 9 e 11. e nell'anno 1992 su quelli della pila n. 10, ed hanno portato ad una valutazione dì massima delle tensione di precompressione generate dai cavi secondari.
Prima analisi visiva dello stato degli stralli delle pile 9 e 10, è apparso che la maggior parte delle guaine indagate non erano iniettate, i trefoli mostravano estese corrosioni, e alcuni cavi presentavano trefoli laschi. Per quanto riguarda gli stralli della la pila 11, in corrispondenza della testa dell'antenna, erano stati individuati rilevanti deterioramenti dei trefoli, con fortissime corrosioni, la rottura di molti elementi, e una generale assenza di iniezione delle guaine.
Localmente, in corrispondenza della sella  “le guaine sotto completamente distrutte, quindi non è possibile distinguere tra cavi primari e cavi secondari, essendo presente un unico fascio di trefoli (…)”
Anche durante le indagini del 2015 sono state effettuale delle prove di pull-out ed estratte alcune carole, successivamente sottoposte a schiacciamento, restituendo risultati coerenti con le resistenze attese. Dall'analisi visiva dello stato degli stralli e in particolare dei soli cavi secondari, si è rilevato che
- la guaina è apparsa ossidata;
- l'iniezione è assente;
- sono stati visti 3 dei 4 trefoli che si muovono con facilità facendo leva con uno scalpello;
- i fili dei trefoli sono ossidati. ”
In questa campagna (2015) di indagini non è stata raggiunta cd investigata la zone sommitale delle antenne e delle relative selle.(...)
Già nel 1981 il progettista, ing. Riccardo Morandi , aveva messo in guardia circa le problematiche della aggressività ambientale, esasperale da una esecuzione della parte di precompressione, che ne potevano esaltare gli aspetti negativi.
Nel 1993 fu eseguito l'intervento sulla pila 11, la prima costruita che si concluse tre anni più tardi.
L'intervento su quella sola pila fu giustificata, a suo tempo, col fatto che essa palesava evidenti difetti nella sommità degli stralli: mancanza di ricoprimento in calcestruzzo, affastellamento del trefoli, corrosione di questi ultimi. Tale situazione aveva fatto ritenere necessaria la sostituzione degli stessi. I difetti erano stati riscontrati in misura più contenuta nelle pile 10 e 9, realizzate successivamente nello stesso cantiere. Si era all'epoca ritenuto di poter rimandare la sostituzione degli stralli nelle altre pile, pur senza negarne la situazione comunque da monitorare attentamente.
Certamente sin da allora, 1993, il tempo di innesco della corrosione era ormai stato raggiunto in tutta l'opera.
La corrosione era quindi già iniziata da anni, e l'applicazione del sano principio di prudenza imponeva di fare indagini esaustive dirette, e intraprendere le necessarie opere di riduzione della corrosione o sostituzione degli elementi ammalorati, che erano ormai fuori controllo.
Un siffatto quadro va analizzato altresì con le diagnosi fatte dal progettista Morandi già nell'81 dove aveva analizzato alcune criticità della parte cassonata e con un deficit di efficacia del sistema di drenaggio delle acque di piattaforma e conseguenti percolamenti all'interno dei cassoni.
Tale situazione comportava una difficile monitoraggio delle parti non a vista e in tal senso si prescriveva un adeguamento oltre che del sistema di scarico anche delle botole passauomo.
Trattasi dì aspetti che ricorrono con sistematicità anche negli anni successivi alla diagnosi Morandi c che sembrerebbero in realtà mai efficacemente risolti e peggio ancora indagati nei necessario modo nel senso che in tutta la documentazione SPBA sono rinvenibili solo pochissime notazioni di ispezioni interne ai cassoni degli impalcati dei sistemi bilanciati. (impalcati- cassoni).
La Società –progetto 2017- sceglie di ottimizzarne la cantierizzazione limitandosi alla messa in sicurezza degli elementi strallati e trascura in questa fase la più lunga e almeno altrettanto critica parte di viadotto costruita con schemi statici più tradizionali.
Sorprende inoltre la scelta di eseguire i lavori in costanza di traffico, insomma con l'utenza utilizzata, a sua insaputa, come strumento per il monitoraggio dell'opera in corso d'opera e soprattutto con una previsione di tempi di esecuzione pari a oltre due anni.(...)
La Commissione ritiene che le previsioni del Progettista (2017) fossero addirittura ottimistiche, nonostante avessero dimostrato l'insufficienza del ponte a sostenere i carichi di norma. Le strutture tecniche di ASPI e tutta la sua organizzazione non sono stati in grado di cogliere la gravità della situazione presentata dal progettista né di tener conto degli esiti delle verifiche condotte dal Progettista.

O in sintesi, quindi, relativamente alla sicurezza degli elementi rovinati il 14 agosto 2018, elementi costituiti dalle due travi tampone + sistema bilanciato della pila 9, questa era insufficiente per le due travi tampone, sovrastimala per gli stralli, non stimata per fondazioni, antenne, cavalletti, impalcato del sistema bilanciato.
IL PARERE DELLA COMMISIONE PARE FATTO SU MISURA PER IL GOVERNO E PER PARARSI DA CAUSE LEGALI

Una prima lettura delle conclusioni della Commissione Ispettiva Ministeriale (d'ora in poi: CIM) per il crollo del viadotto Polcevera sull'Autostrada A10, anche partendo dal principio della sua inossidabile virtuosità, non porta a delle conclusioni definitive ma da delle tracce pesanti in due direzioni.
Prima di tutto per ragioni di comprensione diciamo che il tratto di strada è in direzione est >ovest ed attraversa il Polcevera che ha direzione nord sud. La pila 11 è quella più a est (lato Sanpierdarena) e procedendo verso ovest (lato Cornigliano) ci sono la 10 (entrambe ancora in piedi) e la pila 9, il cui crollo ha fatto cadere anche gli impalcati verso la pila 10 e verso la 8 (che non è identica alla 9).
Come leggete nel box sulle tre ipotesi di crollo formulate dalla CIM il viadotto Morandi sarebbe caduto per la rottura di un impalcato, che sarebbe quella parte di ponte posato tra le pile 8-9 (ipotesi 2) o 9-10 (ipotesi 1). Oppure per  la rottura dello strallo tra le pile 8-9. Il crollo ha quindi  interessato due impalcati e la pila 9 e quattro stralli della pila 9.

Il ragionamento della CIM si è particolarmente fissato sulle condizioni di questi impalcati piuttosto che sugli stralli o gli ancoraggi degli stralli alle pile e al ponte. Oppure sulle pile a V capovolto.
In parecchi punti la CIM ha messo la propria attenzione anche sul carroponte fissato sotto gli impalcati il cui montaggio potrebbe avere danneggiato i cavi di precompressione dentro le travi.
Benché la terza ipotesi non escluda la rottura di uno strallo, leggendo tutto l'insieme della relazione, appare un orientamento abbastanza netto della CIM ad attribuire ad ASPI – quindi al periodo successivo alla concessione: anno 1999 – la mancata cura delle opere ai fini del mantenimento e sicurezza nel tempo.
Stabilita quindi l'incertezza  sulle ragioni del crollo, mi pare che una delle dimenticanze della CIM sia stato quello che lo stesso Morandi scrisse nel 1981

Morandi. uomo onesto scriveva in uno studio effettuato nel 1979: solo 12 anni dopo l'inaugurazione:"Il comportamento a lungo termine dei viadotti esposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il via­dotto sul Polcevera, a Genova".
Dallo stesso Morandi viene spiegato a parole chiare quanto il ponte crollato sia stato soggetto agli agenti atmosferici: "Penso che prima o poi, forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resi­ne epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chi­mica. C'è un rischio concreto di corrosione. La struttura viene aggredita dai venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal via­dotto. Si crea così un'atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di rag­giungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell'acciaieria (si riferisce a un vecchio stabilimento Uva) e si satura di vapori altamen­te nocivi. Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica. E in atto una perdita di resistenza superficiale del calcestruz­zo". Morandi quindi suggerisce l'impiego di ela­stomeri e resine per proteggere le parti sogget­te a corrosione.
Ed infatti nel 1993-1994 venne realizzato un importante cantiere per “Il risanamento degli stralli del Viadotto Polcevera” su progetto dell'ing. F. Pisani già collaboratore di Morandi e validate da F. Martinez Y Cabrera, descritto in un articolo della rivista Autostrade 3/'94 a cura di  Francesco Martinez y Cabrerà, Gabriele Camomilla, Michele Donferri Mitelli, Francesco Pisani, Agostino Marioni.
Brutalmente. Il senso della Relazione della CIM sposa o sostiene la tesi del governo verso l'incolpazione dell'ASPI pur riservandosi una via d'uscita coll'ipotesi 3.