I TRE POSSIBILI MOTIVI DEL CROLLO SECONDO LA COMMISSIONE MINISTERIALE
IPOTESI 1
Il crollo si origina nella parte di impalcato posto ad est della pila
9, verosimilmente nell'impalcato cassone, dal lato sud. L'impal cato
tampone lato est perde l'appoggio ovvero entra in crisi strutturale e
rovina al suolo unitamente al mezzo d'opera con motrice rossa, in quel
momento in transito e con peso totale pari a 44 tonnellate, che rovina
sull'impalcato tampone. Gli effetti, statici e dinamici, indotti sugli
stralli e sul sistema equilibrato della pila 9, ne causano i collassi.
L'impalcato tampone lato ovest, perso l'appog gio, rovina al suolo.
IPOTESI 2
Il crollo si origina nell'im palcato a cassone del sistema bilanciato,
nella metà ad ovest delle antenne della pila 9. Una delle sezioni poste
tra il traversone dello strallo sud e i puntoni dei cavalletti, ancora
lato sud, collassa; il collasso si estende fino ad interessare l'intera
sezione trasversale dell'impal cato. Collassano quindi le due porzioni
di impalcato. Quella più vicina alle antenne con la rotazione già
descritta al nel paragrafo precedente. In quella più lontana (verso
Savona), lo strallo sud collassa, la porzione di impalcato ruota
attorno allo strallo nord e quindi rovina al suolo. L'impalcato tampone
ovest, a causa di perdita dell'appoggio, rovina al suolo.
IPOTESI 3
Il crollo si origina nello strallo sud ovest del sistema bilanciato, a
causa della riduzione di sezione per corrosione dello strallo stesso.
La parte ad ovest della pila 9 dell'impalcato cassone torce e si separa
in due parti. Segue la rovina al suolo nella posizione finale descritta
ai punti del paragrafo precedente.
Questo cinematismo è ipotizzato sulla base di considerazioni
analitiche, e non appare supportata da riprese video in possesso della
Commissione.
|
BREVE STORIA DEI PROBLEMI DEL VIADOTTO E DEL LORO RINVENIMENTO
L'idea strutturale di base nei progetto è quella di equilibrare le
componenti orizzontali dei tiri negli stralli attraverso l'impalca to,
ottenendo come ulteriore effetto benefico la compressione dello stesso.
L'impalcato è costituito da un cassone con cinque camere, di lunghezza
pari a circa 171 o 145 mt, altezza variabile, da un massimo di 4.50 m
ad un minimo di 1.82 m, rastremato in corrispondenza degli estremi a
sbalzo, modellabile in prima approssimazione come elemento
monodimensionale su quattro appoggi (puntoni dei cavalletti + stralli).
(...)
La parte più rilevante del viadotto consiste in tre grandi complessi
bilanciati indipendenti disposti in successione, e collegati tra loro
da travate tampone semplicemente appoggiate alle estremità contigue dei
tre complessi. Ogni complesso bilanciato è formato da una travata a tre
luci su quattro appoggi, sorretta, in corrispondenza degli appoggi
esterni, da due tiranti obliqui in (cemento armato precompresso) c.a.p.
Questi sono ancorati alla sommità di una antenna a quattro elementi
obliqui in calcestruzzo, a forma di A e nel piano longitudinale
dell'opera.
La peculiarità di tale opera consiste nel fatto che gli stralli sono
stati realizzati mediante elementi in c.a.p., al fine di ridurre negli
acciai i pericoli di corrosione e di minimizzare i fenomeni di fatica
dovuti alla ripetizione dei cicli di tensione indotti dai carichi
mobili. Le sezioni mostrano ne tratto superiore e nei due tratti
inferiori dopo a biforcazione, i cavi di sostegno (primari) e
precompressione (secondari). (...)
STRALLI. Le prime prove estensimetriche sono state eseguite nell'anno
1991 sugli stralli della pila n. 9 e 11. e nell'anno 1992 su quelli
della pila n. 10, ed hanno portato ad una valutazione dì massima delle
tensione di precompressione generate dai cavi secondari.
Prima analisi visiva dello stato degli stralli delle pile 9 e 10, è
apparso che la maggior parte delle guaine indagate non erano iniettate,
i trefoli mostravano estese corrosioni, e alcuni cavi presentavano
trefoli laschi. Per quanto riguarda gli stralli della la pila 11, in
corrispondenza della testa dell'antenna, erano stati individuati
rilevanti deterioramenti dei trefoli, con fortissime corrosioni, la
rottura di molti elementi, e una generale assenza di iniezione delle
guaine.
Localmente, in corrispondenza della sella “le guaine sotto
completamente distrutte, quindi non è possibile distinguere tra cavi
primari e cavi secondari, essendo presente un unico fascio di trefoli
(…)”
Anche durante le indagini del 2015 sono state effettuale delle prove di
pull-out ed estratte alcune carole, successivamente sottoposte a
schiacciamento, restituendo risultati coerenti con le resistenze
attese. Dall'analisi visiva dello stato degli stralli e in particolare
dei soli cavi secondari, si è rilevato che
- la guaina è apparsa ossidata;
- l'iniezione è assente;
- sono stati visti 3 dei 4 trefoli che si muovono con facilità facendo leva con uno scalpello;
- i fili dei trefoli sono ossidati. ”
In questa campagna (2015) di indagini non è stata raggiunta cd
investigata la zone sommitale delle antenne e delle relative selle.(...)
Già nel 1981 il progettista, ing. Riccardo Morandi , aveva messo in
guardia circa le problematiche della aggressività ambientale,
esasperale da una esecuzione della parte di precompressione, che ne
potevano esaltare gli aspetti negativi.
Nel 1993 fu eseguito l'intervento sulla pila 11, la prima costruita che si concluse tre anni più tardi.
L'intervento su quella sola pila fu giustificata, a suo tempo, col
fatto che essa palesava evidenti difetti nella sommità degli stralli:
mancanza di ricoprimento in calcestruzzo, affastellamento del trefoli,
corrosione di questi ultimi. Tale situazione aveva fatto ritenere
necessaria la sostituzione degli stessi. I difetti erano stati
riscontrati in misura più contenuta nelle pile 10 e 9, realizzate
successivamente nello stesso cantiere. Si era all'epoca ritenuto di
poter rimandare la sostituzione degli stralli nelle altre pile, pur
senza negarne la situazione comunque da monitorare attentamente.
Certamente sin da allora, 1993, il tempo di innesco della corrosione era ormai stato raggiunto in tutta l'opera.
La corrosione era quindi già iniziata da anni, e l'applicazione del
sano principio di prudenza imponeva di fare indagini esaustive dirette,
e intraprendere le necessarie opere di riduzione della corrosione o
sostituzione degli elementi ammalorati, che erano ormai fuori controllo.
Un siffatto quadro va analizzato altresì con le diagnosi fatte dal
progettista Morandi già nell'81 dove aveva analizzato alcune criticità
della parte cassonata e con un deficit di efficacia del sistema di
drenaggio delle acque di piattaforma e conseguenti percolamenti
all'interno dei cassoni.
Tale situazione comportava una difficile monitoraggio delle parti non a
vista e in tal senso si prescriveva un adeguamento oltre che del
sistema di scarico anche delle botole passauomo.
Trattasi dì aspetti che ricorrono con sistematicità anche negli anni
successivi alla diagnosi Morandi c che sembrerebbero in realtà mai
efficacemente risolti e peggio ancora indagati nei necessario modo nel
senso che in tutta la documentazione SPBA sono rinvenibili solo
pochissime notazioni di ispezioni interne ai cassoni degli impalcati
dei sistemi bilanciati. (impalcati- cassoni).
La Società –progetto 2017- sceglie di ottimizzarne la cantierizzazione
limitandosi alla messa in sicurezza degli elementi strallati e trascura
in questa fase la più lunga e almeno altrettanto critica parte di
viadotto costruita con schemi statici più tradizionali.
Sorprende inoltre la scelta di eseguire i lavori in costanza di
traffico, insomma con l'utenza utilizzata, a sua insaputa, come
strumento per il monitoraggio dell'opera in corso d'opera e soprattutto
con una previsione di tempi di esecuzione pari a oltre due anni.(...)
La Commissione ritiene che le previsioni del Progettista (2017) fossero
addirittura ottimistiche, nonostante avessero dimostrato
l'insufficienza del ponte a sostenere i carichi di norma. Le strutture
tecniche di ASPI e tutta la sua organizzazione non sono stati in grado
di cogliere la gravità della situazione presentata dal progettista né
di tener conto degli esiti delle verifiche condotte dal Progettista.
O in sintesi, quindi, relativamente alla sicurezza degli elementi
rovinati il 14 agosto 2018, elementi costituiti dalle due travi tampone
+ sistema bilanciato della pila 9, questa era insufficiente per le due
travi tampone, sovrastimala per gli stralli, non stimata per
fondazioni, antenne, cavalletti, impalcato del sistema bilanciato.
|
IL PARERE DELLA COMMISIONE PARE FATTO SU MISURA PER IL GOVERNO E PER PARARSI DA CAUSE LEGALI
Una prima lettura delle conclusioni della Commissione Ispettiva
Ministeriale (d'ora in poi: CIM) per il crollo del viadotto Polcevera
sull'Autostrada A10, anche partendo dal principio della sua
inossidabile virtuosità, non porta a delle conclusioni definitive ma da
delle tracce pesanti in due direzioni.
Prima di tutto per ragioni di comprensione diciamo che il tratto di
strada è in direzione est >ovest ed attraversa il Polcevera che ha
direzione nord sud. La pila 11 è quella più a est (lato Sanpierdarena)
e procedendo verso ovest (lato Cornigliano) ci sono la 10 (entrambe
ancora in piedi) e la pila 9, il cui crollo ha fatto cadere anche gli
impalcati verso la pila 10 e verso la 8 (che non è identica alla 9).
Come leggete nel box sulle tre ipotesi di crollo formulate dalla CIM il
viadotto Morandi sarebbe caduto per la rottura di un impalcato, che
sarebbe quella parte di ponte posato tra le pile 8-9 (ipotesi 2) o 9-10
(ipotesi 1). Oppure per la rottura dello strallo tra le pile 8-9.
Il crollo ha quindi interessato due impalcati e la pila 9 e
quattro stralli della pila 9.
Il ragionamento della CIM si è particolarmente fissato sulle condizioni
di questi impalcati piuttosto che sugli stralli o gli ancoraggi degli
stralli alle pile e al ponte. Oppure sulle pile a V capovolto.
In parecchi punti la CIM ha messo la propria attenzione anche sul
carroponte fissato sotto gli impalcati il cui montaggio potrebbe avere
danneggiato i cavi di precompressione dentro le travi.
Benché la terza ipotesi non escluda la rottura di uno strallo, leggendo
tutto l'insieme della relazione, appare un orientamento abbastanza
netto della CIM ad attribuire ad ASPI – quindi al periodo successivo
alla concessione: anno 1999 – la mancata cura delle opere ai fini del
mantenimento e sicurezza nel tempo.
Stabilita quindi l'incertezza sulle ragioni del crollo, mi pare
che una delle dimenticanze della CIM sia stato quello che lo stesso
Morandi scrisse nel 1981
Morandi. uomo onesto scriveva in uno studio effettuato nel 1979: solo
12 anni dopo l'inaugurazione:"Il comportamento a lungo termine dei
viadotti esposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il
viadotto sul Polcevera, a Genova".
Dallo stesso Morandi viene spiegato a parole chiare quanto il ponte
crollato sia stato soggetto agli agenti atmosferici: "Penso che prima o
poi, forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un
trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi
esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi
coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica. C'è un
rischio concreto di corrosione. La struttura viene aggredita dai venti
marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si
crea così un'atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua
strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei
camini dell'acciaieria (si riferisce a un vecchio stabilimento Uva) e
si satura di vapori altamente nocivi. Le superfici esterne delle
strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più
direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare
fenomeni di aggressione di origine chimica. E in atto una perdita di
resistenza superficiale del calcestruzzo". Morandi quindi suggerisce
l'impiego di elastomeri e resine per proteggere le parti soggette a
corrosione.
Ed infatti nel 1993-1994 venne realizzato un importante cantiere per
“Il risanamento degli stralli del Viadotto Polcevera” su progetto
dell'ing. F. Pisani già collaboratore di Morandi e validate da F.
Martinez Y Cabrera, descritto in un articolo della rivista Autostrade
3/'94 a cura di Francesco Martinez y Cabrerà, Gabriele Camomilla,
Michele Donferri Mitelli, Francesco Pisani, Agostino Marioni.
Brutalmente. Il senso della Relazione della CIM sposa o sostiene la
tesi del governo verso l'incolpazione dell'ASPI pur riservandosi una
via d'uscita coll'ipotesi 3.
|