schermata 2000 pixels

famiglia palestinese a Gaza ricicla i danni dei bombardamenti israeliani









Di cosa parliamo in questa pagina.
Come far fessi gli italiani (che amano essere fatti fessi) : decreto Genova, decreto Salvini, DEF 2019. Tutto insieme così capiscono nulla. 
Nelle prossime settimane l’Italia sarà investita da una serie di provvedimenti del governo come mai era accaduto nella storia repubblicana e nemmeno nei mesi scorsi del governo SalviMaio. Oggi ha visto la luce il decreto omnibus dal titolo chilometrico: «Schema di decreto-legge recante: "disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonchè misure per la funzionalità del ministero dell'inter no e l'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia nazionale per l'amministra zione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Trenta pagine corpo 11  e 42 articoli scritti in maniera tale che siano illeggibili ai non addetti ai lavori. Un lavoro di taglia cuci rammenda su decine di leggi precedenti. Basterebbe confrontarlo con la bozza Toni Nelli per Genova  (anche) solo per capire il «manico» dei burocrati che scrivono le leggi.

La tv pubblica/ La trattativa
Rai, i 5S litigano sulle nomine ma si punta al blitz già domani. Dopo la Vigilanza il possibile voto del Cda
Mercoledì 26 settembre, domani. È la data da cerchiare in rosso sul calendario della tv di Stato al tempo dei sovranisti. Il giorno in cui — dopo l'audizione di Marcello Foa in Vigilanza, con contestuale ratifica della sua elezione a presidente — il cda potrebbe procedere alle nomine dei direttori di rete e di tg. Dando il via alla nuova era della Rai gialloverde. Sempreché si riescano a ricomporre i dissidi in seno alla compagine grillina su alcune delle poltrone più prestigiose: a cominciare dal nome chiamato a guidare il primo notiziario nazionale.

CHI METTE LE MANI SULLA RAI ALLA FINE PERDE LE ELEZIONI
C’è una certezza: chi mette le mani sulla RAI perde le elezioni. Se non le perde alla prima tornata, le perde alla seconda.


































Come far fessi gli italiani
(che amano essere latti fessi)
decreto Genova, decreto Salvini, DEF 2019
tutto insieme così capiscono nulla  

 Nelle prossime settimane l’Italia sarà investita da una serie di provvedimenti del governo come mai era accaduto nella storia repubblicana e nemmeno nei mesi scorsi del governo SalviMaio. Oggi ha visto la luce il decreto omnibus dal titolo chilometrico: «Schema di decreto-legge recante: "disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonchè misure per la funzionalità del ministero dell'inter no e l'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia nazionale per l'amministra zione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Trenta pagine corpo 11  e 42 articoli scritti in maniera tale che siano illeggibili ai non addetti ai lavori. Un lavoro di taglia cuci rammenda su decine di leggi precedenti. Basterebbe confrontarlo con la bozza Toni Nelli per Genova  (anche) solo per capire il «manico» dei burocrati che scrivono le leggi.
    L'unanimità nell’approvare il provvedimento dice che anche tra i Cinque Stelle è passata l'idea di inseguire una strategia incline a trattare l'immigrazione come fenomeno paracriminale. D'altron de, è il prezzo che l'altro vicepremier e ministro dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, è pronto a pagare per ottenere il via libera sulle sue misure.
Per Sergio Mattarella la partita è delicata. Infatti, il decreto, che accorpa in un unico testo misure sulla sicurezza e sull'immi grazione, nella sua ottica prepolitica — dunque di sensibilità culturale — è, per impianto e filosofia, «molto duro». Dunque ben poco condivisibile, da uno con la sua formazione, per certe forzature e asprezze. Condividiamo.
    Tra poche ore dovrebbe  comparire anche il decreto per Genova. Il PdC Conte ha assicurato nel corso della conferenza stampa di presentazione del decreto su immigrazione e sicurezza che i tempi saranno brevi:"Siamo in attesa degli ultimi riscontri del Mef. Confidiamo di inviarlo al presidente della Repubblica già domani mattina". Ma al Mef non c’é DiMaio?.
La Nota di Aggiornamento del DEF, prevista dall’arti colo 10-bis della Legge 196/2009, come modificato dalla L. 7 aprile 2011 n.39, art. 2, deve essere presentata alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno. La presentazione della Nota, che a differenza della pre-vigente disciplina diviene obbligatoria, consente di aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica in relazione alla maggiore stabilità e affidabilità delle informazioni disponibili sull’andamento del quadro macroeconomico (per cui sono disponibili i dati relativi ai primi due trimestri dell’anno) e di finanza pubblica rispetto a quelle utilizzate per il DEF.
    Buona ultima (si fa per dire) la Legge di Bilancio 2019 del governo Conte finirà al vaglio dell’Europa entro metà ottobre. In vista dell’importante appuntamento si moltiplicano i segnali inviati dall’ese cutivo del cambiamento a Bruxelles.
    Sono rimasti solo quattro giorni, escludendo sabato 29 e domenica 30 settembre, perché il Consiglio dei ministri vari il decreto che proroga le missioni internazionali oggi “coperte” giuridicamente e finanziariamente fino alla fine del mese. Anche la normativa attualmente in vigore fu approvata in Consiglio dei ministri il 28 dicembre scorso, dunque nell'imminenza della scadenza prevista alla fine dell'anno, ma se ne parlava da un po' mentre forse non è mai capitato che non ci siano notizie ufficiali a pochi giorni dal termine ultimo.
   
    Se le scadenze sono fissate per le leggi  economiche, però nessuno di questi provvedimenti è stato già mandato al Quirinale e quindi ci si potrebbero aspettare dei problemi, per esempio se davvero il decreto Salvini sia davvero urgente oppure no. Facile immaginare il caos mediatico che sortirà dall’accavallarsi di questi importantissimi provvedimenti e mentre il governo SalviMaio  non perderà occasione per rivendicare il proprio attivismo, l’operazione a nostro avviso è stata volutamente montata proprio perché produrrà un caos tale nell’informazione e nella testa degli elettori da permettere ogni livello di pattinaggio a degli scafati bugiardi come i ministri pentastellati e quella nullità che sta alla presidenza del consiglio.
    A nostro avviso il maxi decreto Salvini andava diviso in tre parti seppure presentate tutte insieme perché messo così appare come una riforma generale del tema. Un po’ come quei ragazzini che copiano troppo le pagine delle enciclopedie per far vedere un bel tema lungo di molte pagine alla maestra. Quello di Salvini risulta essere un atto generoso (nello stile della «SUA» generosità) che proprio lo Stato italiano manco ha in mente di applicare. Manco gli importa di applicare visto che il problema  essenziale è  quello non di gestire i problemi ma di pararsi «dei problemi».
    Le prossime settimane ed i prossimi mesi metteranno a dura prova la professionalità dei media italiani perché con questi tre-quattro provvedimenti sostanzialmente si genererà tutta la politica nazionale per i prossimi 4-5 anni in tema di immigrazione e ordine pubblico e il destino del Paese per la parte economica. Noi dubitiamo che riescano ad andare avanti nella pratica di governo non perché immaginiamo rotture o crisi nell’ammuc- chiata del SalviMaio ma per ragioni europee e internazionali con cui questa gente non sa rapportarsi. Sostanzialmente in UE ci trattano da fratelli cretinetti e ci sopportano per convenienza ma intanto l’Ue - amici e nemici del SalviMaio- hanno edificato un muro  economico e politico.
    Intanto l’ineffabile PdC dopo essere andato a Washington  a baciare la pantofola a Trump ha intenzione di recarsi ai primi di ottobre a visitare il Corno d’Africa, con un viaggio in via di definizione logistica. Proprio il capo dell’esecutivo, nel corso del vertice di Salisburgo dedicato ai problemi dell’immigrazione, ha criticato la politica europea sull’Africa: “Destinare 500 – 600 milioni di Euro al continente nero – sono le sue parole – è irragionevole se comparati ai miliardi che stiamo dando alla Turchia”. Invece il presidente cinese Xi Jinping ha dato il “benvenuto a bordo del treno espresso della crescita cinese” ai leader africani nel palazzo dell’Assemblea Nazionale del Popolo di Pechino, con la promessa dello stanziamento di ulteriori 60 miliardi di dollari di aiuti finanziari ai Paesi del continente, prestiti a interessi zero e nessuna ingerenza nelle questioni politiche interne, in cambio di risorse e materie prime strategiche. Così va avanti il “colonialismo” cinese nel continente nero, in barba agli interessi americani e dei Paesi Occidentali, in primis la Francia, ormai ampiamente scavalcati dal dragone.

La tv pubblica/ La trattativa
Rai, i 5S litigano sulle nomine ma si punta al blitz già domani. Dopo la Vigilanza il possibile voto del Cda


Mercoledì 26 settembre, domani. È la data da cerchiare in rosso sul calendario della tv di Stato al tempo dei sovranisti. Il giorno in cui — dopo l'audizione di Marcello Foa in Vigilanza, con contestuale ratifica della sua elezione a presidente — il cda potrebbe procedere alle nomine dei direttori di rete e di tg. Dando il via alla nuova era della Rai gialloverde. Sempreché si riescano a ricomporre i dissidi in seno alla compagine grillina su alcune delle poltrone più prestigiose: a cominciare dal nome chiamato a guidare il primo notiziario nazionale.
Il board del servizio pubblico, che venerdì ha designato per la seconda volta al vertice l'ex inviato del Giornale in realtà non si è mai chiuso: è stato aggiornato, e certo non per caso, alle 18,30 di domani. Quando in Parlamento la Commissione di garanzia avrà concluso i suoi lavori e finalmente regalato a Viale Mazzini, grazie ai voti decisivi di Forza Italia, un "capo" a tutti gli effetti. L'uomo a suo tempo individuato dal governo, su input di Salvini: prima affondato e poi salvato dal patto di Arcore fra Berlusconi e il leader della Lega. Il blitz è stato preparato con cura. Ma prima di tradursi in realtà bisognerà dirimere il contenzioso in corso nei Cinquestelle. Il presidente della Camera Roberto Fico, autore di svariati appelli «sull'autonomia e l'indipendenza della Rai dalla politica», sta facendo pressing su Luigi Di Maio affinché vengano nominate persone non direttamente riconducibili al Movimento. Intende in sostanza allontanare il più possibile dai grillini l'accusa che i grillini hanno sempre imputato alla vecchia politica: ovvero di aver lottizzato la tv di Stato. Troppe, secondo gli ortodossi, le due designazioni in quota 5S partorite dall'accordo con la Lega: quella di Alberto Matano e di Maria Pia Ammirati, rispettivamente alla guida del Tg1 e della Rete2. Entrambi considerati vicini al sottosegretario di Palazzo Chigi Vincenzo Spadafora. Tant'è che ora, per il primo notiziario Rai si starebbe pensando a un'alternati- va: ossia Franco Di Mare, inviato e conduttore di trasmissioni su Rai1. Un cambio in corsa che rischia di mettere in discussione anche l'ipoteca di Marcello Ciannamea (gradito al Carroccio) sulla direzione di Rai1: intorno all'uscente Angelo Teodoli, forte degli ottimi ascolti raggiunti, si sta infatti consolidando il partito di chi sostiene sarebbe meglio lasciarlo al suo posto. Come pure dovrebbero restare Luca Mazzà e Stefano Coletta al Tg3 e alla Terza Rete. Mentre alla direzione del Tg2 dovrebbe arrivare Luciano Ghelfi (in quota Salvini). Ma la redazione rumoreggia e oggi si riunirà in assemblea al grido di "Non vogliamo morire sovranisti". Intanto il Pd continua la sua battaglia. I capigruppo in Parlamento Delrio e Marcucci hanno scritto ai presidenti di Camera e Senato per chiedere di sconvocare la Vigilanza perché «la nuova nomina di Foa è illegittima». Con Matteo Renzi che tambureggia contro «l'inciucio tra Berlusconi e Di Maio». Sarcastica la replica dell'azzurro Mulè: «Parla proprio lui che con Forza Italia ha fatto il patto del Nazareno».
 di Giovanna Vitale

CHI METTE LE MANI SULLA RAI ALLA FINE PERDE LE ELEZIONI



C’è una certezza: chi mette le mani sulla RAI perde le elezioni. Se non le perde alla prima tornata, le perde alla seconda. Se poi guardiamo alle ultime politiche vediamo che pure la potenza di fuoco di Mediaset ha condotto il partito del suo padrone all’8%. Scattate le purghe interne di Mediaset dopo il voto: via Belpietro e Del Debbio. “Populismo ha favorito Lega e M5s”. Il direttore de La Verità costretto a lasciare la conduzione di Dalla vostra parte. Quinta colonna, invece, ha chiuso il 26 aprile. I due programmi di Rete 4, infatti, non piacevano a molti parlamentari di Forza Italia e all’inner circle berlusconiano, scottato dai risultati elettorali. Gli ascolti deludenti hanno fatto il resto. Contrariamente a chi titolava la RAI come l’orto di Renzi, in RAI non è cambiato nulla anche perché maggior parte dei giornalisti della RAI si è subito adattata ai nuovi vincitori padroni che, non contenti di come da almeno due anni proprio la RAI fosse diventata il maggior veicolo pubblicitario per i 5S hanno precisato che pure per la carta stampata «era finita la pacchia». Il là viene dall’operazione «di discredito» verso il governo, che «continua senza sosta». Gli editori dei giornali «hanno le mani in pasta ovunque nelle concessioni di Stato: autostrade, telecomunicazioni, energia, acqua. E l'ordine che è arrivato dai prenditori editori è di attaccare con ogni tipo di falsità e illazioni il M5S». Su Facebook Luigi Di Maio lancia strali. «Questo non è più giornalismo libero. Bisogna fare una legge per garantire che gli editori siano puri e i giornalisti liberi di fare inchieste su tutte le magagne dei prenditori». E in visita alla Fiera del Levante Di Maio si era detto convinto che «le società partecipate dello stato dovrebbero smetterla di fare tutta questa pubblicità sui giornali perché molto spesso non si sa se comprano quelle inserzioni pubblicitarie per fare pubblicità al brand o un favore ai giornali». Riavvolgendo il nastro veniamo da un quinquennio in cui le TV -pubbliche e private- hanno tirato la vittoria ai pentastellati ed ai populisti di Salvini ma secondo i vincitori, chi gli ha garantito e continua a garantirgli una visibilità, sarebbero proprio da punire. Resta la certezza: chi mette le mani sulla TV perde le elezioni.