Come far fessi gli italiani
(che amano essere latti fessi)
decreto Genova, decreto Salvini, DEF 2019
tutto insieme così capiscono nulla
Nelle prossime settimane l’Italia sarà investita da una serie di
provvedimenti del governo come mai era accaduto nella storia
repubblicana e nemmeno nei mesi scorsi del governo SalviMaio. Oggi ha
visto la luce il decreto omnibus dal titolo chilometrico: «Schema di
decreto-legge recante: "disposizioni urgenti in materia di protezione
internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonchè misure per la
funzionalità del ministero dell'inter no e l'organizzazione e il
funzionamento dell'agenzia nazionale per l'amministra zione e la
gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata. Trenta pagine corpo 11 e 42 articoli scritti in
maniera tale che siano illeggibili ai non addetti ai lavori. Un lavoro
di taglia cuci rammenda su decine di leggi precedenti. Basterebbe
confrontarlo con la bozza Toni Nelli per Genova (anche) solo per
capire il «manico» dei burocrati che scrivono le leggi.
L'unanimità nell’approvare il provvedimento dice che
anche tra i Cinque Stelle è passata l'idea di inseguire una strategia
incline a trattare l'immigrazione come fenomeno paracriminale. D'altron
de, è il prezzo che l'altro vicepremier e ministro dei Cinque Stelle,
Luigi Di Maio, è pronto a pagare per ottenere il via libera sulle sue
misure.
Per Sergio Mattarella la partita è delicata. Infatti, il decreto, che
accorpa in un unico testo misure sulla sicurezza e sull'immi grazione,
nella sua ottica prepolitica — dunque di sensibilità culturale — è, per
impianto e filosofia, «molto duro». Dunque ben poco condivisibile, da
uno con la sua formazione, per certe forzature e asprezze. Condividiamo.
Tra poche ore dovrebbe comparire anche il
decreto per Genova. Il PdC Conte ha assicurato nel corso della
conferenza stampa di presentazione del decreto su immigrazione e
sicurezza che i tempi saranno brevi:"Siamo in attesa degli ultimi
riscontri del Mef. Confidiamo di inviarlo al presidente della
Repubblica già domani mattina". Ma al Mef non c’é DiMaio?.
La Nota di Aggiornamento del DEF, prevista dall’arti colo 10-bis della
Legge 196/2009, come modificato dalla L. 7 aprile 2011 n.39, art. 2,
deve essere presentata alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno.
La presentazione della Nota, che a differenza della pre-vigente
disciplina diviene obbligatoria, consente di aggiornare le previsioni
economiche e di finanza pubblica in relazione alla maggiore stabilità e
affidabilità delle informazioni disponibili sull’andamento del quadro
macroeconomico (per cui sono disponibili i dati relativi ai primi due
trimestri dell’anno) e di finanza pubblica rispetto a quelle utilizzate
per il DEF.
Buona ultima (si fa per dire) la Legge di Bilancio
2019 del governo Conte finirà al vaglio dell’Europa entro metà ottobre.
In vista dell’importante appuntamento si moltiplicano i segnali inviati
dall’ese cutivo del cambiamento a Bruxelles.
Sono rimasti solo quattro giorni, escludendo sabato
29 e domenica 30 settembre, perché il Consiglio dei ministri vari il
decreto che proroga le missioni internazionali oggi “coperte”
giuridicamente e finanziariamente fino alla fine del mese. Anche la
normativa attualmente in vigore fu approvata in Consiglio dei ministri
il 28 dicembre scorso, dunque nell'imminenza della scadenza prevista
alla fine dell'anno, ma se ne parlava da un po' mentre forse non è mai
capitato che non ci siano notizie ufficiali a pochi giorni dal termine
ultimo.
Se le scadenze sono fissate per le leggi
economiche, però nessuno di questi provvedimenti è stato già mandato al
Quirinale e quindi ci si potrebbero aspettare dei problemi, per esempio
se davvero il decreto Salvini sia davvero urgente oppure no. Facile
immaginare il caos mediatico che sortirà dall’accavallarsi di questi
importantissimi provvedimenti e mentre il governo SalviMaio non
perderà occasione per rivendicare il proprio attivismo, l’operazione a
nostro avviso è stata volutamente montata proprio perché produrrà un
caos tale nell’informazione e nella testa degli elettori da permettere
ogni livello di pattinaggio a degli scafati bugiardi come i ministri
pentastellati e quella nullità che sta alla presidenza del consiglio.
A nostro avviso il maxi decreto Salvini andava
diviso in tre parti seppure presentate tutte insieme perché messo così
appare come una riforma generale del tema. Un po’ come quei ragazzini
che copiano troppo le pagine delle enciclopedie per far vedere un bel
tema lungo di molte pagine alla maestra. Quello di Salvini risulta
essere un atto generoso (nello stile della «SUA» generosità) che
proprio lo Stato italiano manco ha in mente di applicare. Manco gli
importa di applicare visto che il problema essenziale è
quello non di gestire i problemi ma di pararsi «dei problemi».
Le prossime settimane ed i prossimi mesi metteranno
a dura prova la professionalità dei media italiani perché con questi
tre-quattro provvedimenti sostanzialmente si genererà tutta la politica
nazionale per i prossimi 4-5 anni in tema di immigrazione e ordine
pubblico e il destino del Paese per la parte economica. Noi dubitiamo
che riescano ad andare avanti nella pratica di governo non perché
immaginiamo rotture o crisi nell’ammuc- chiata del SalviMaio ma per
ragioni europee e internazionali con cui questa gente non sa
rapportarsi. Sostanzialmente in UE ci trattano da fratelli cretinetti e
ci sopportano per convenienza ma intanto l’Ue - amici e nemici del
SalviMaio- hanno edificato un muro economico e politico.
Intanto l’ineffabile PdC dopo essere andato a
Washington a baciare la pantofola a Trump ha intenzione di
recarsi ai primi di ottobre a visitare il Corno d’Africa, con un
viaggio in via di definizione logistica. Proprio il capo
dell’esecutivo, nel corso del vertice di Salisburgo dedicato ai
problemi dell’immigrazione, ha criticato la politica europea
sull’Africa: “Destinare 500 – 600 milioni di Euro al continente nero –
sono le sue parole – è irragionevole se comparati ai miliardi che
stiamo dando alla Turchia”. Invece il presidente cinese Xi Jinping ha
dato il “benvenuto a bordo del treno espresso della crescita cinese” ai
leader africani nel palazzo dell’Assemblea Nazionale del Popolo di
Pechino, con la promessa dello stanziamento di ulteriori 60 miliardi di
dollari di aiuti finanziari ai Paesi del continente, prestiti a
interessi zero e nessuna ingerenza nelle questioni politiche interne,
in cambio di risorse e materie prime strategiche. Così va avanti il
“colonialismo” cinese nel continente nero, in barba agli interessi
americani e dei Paesi Occidentali, in primis la Francia, ormai
ampiamente scavalcati dal dragone.
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La tv pubblica/ La trattativa
Rai, i 5S litigano sulle nomine ma si punta al blitz già domani. Dopo la Vigilanza il possibile voto del Cda
Mercoledì 26 settembre, domani. È la data da cerchiare in rosso sul
calendario della tv di Stato al tempo dei sovranisti. Il giorno in cui
— dopo l'audizione di Marcello Foa in Vigilanza, con contestuale
ratifica della sua elezione a presidente — il cda potrebbe procedere
alle nomine dei direttori di rete e di tg. Dando il via alla nuova era
della Rai gialloverde. Sempreché si riescano a ricomporre i dissidi in
seno alla compagine grillina su alcune delle poltrone più prestigiose:
a cominciare dal nome chiamato a guidare il primo notiziario nazionale.
Il board del servizio pubblico, che venerdì ha designato per la seconda
volta al vertice l'ex inviato del Giornale in realtà non si è mai
chiuso: è stato aggiornato, e certo non per caso, alle 18,30 di domani.
Quando in Parlamento la Commissione di garanzia avrà concluso i suoi
lavori e finalmente regalato a Viale Mazzini, grazie ai voti decisivi
di Forza Italia, un "capo" a tutti gli effetti. L'uomo a suo tempo
individuato dal governo, su input di Salvini: prima affondato e poi
salvato dal patto di Arcore fra Berlusconi e il leader della Lega. Il
blitz è stato preparato con cura. Ma prima di tradursi in realtà
bisognerà dirimere il contenzioso in corso nei Cinquestelle. Il
presidente della Camera Roberto Fico, autore di svariati appelli
«sull'autonomia e l'indipendenza della Rai dalla politica», sta facendo
pressing su Luigi Di Maio affinché vengano nominate persone non
direttamente riconducibili al Movimento. Intende in sostanza
allontanare il più possibile dai grillini l'accusa che i grillini hanno
sempre imputato alla vecchia politica: ovvero di aver lottizzato la tv
di Stato. Troppe, secondo gli ortodossi, le due designazioni in quota
5S partorite dall'accordo con la Lega: quella di Alberto Matano e di
Maria Pia Ammirati, rispettivamente alla guida del Tg1 e della Rete2.
Entrambi considerati vicini al sottosegretario di Palazzo Chigi
Vincenzo Spadafora. Tant'è che ora, per il primo notiziario Rai si
starebbe pensando a un'alternati- va: ossia Franco Di Mare, inviato e
conduttore di trasmissioni su Rai1. Un cambio in corsa che rischia di
mettere in discussione anche l'ipoteca di Marcello Ciannamea (gradito
al Carroccio) sulla direzione di Rai1: intorno all'uscente Angelo
Teodoli, forte degli ottimi ascolti raggiunti, si sta infatti
consolidando il partito di chi sostiene sarebbe meglio lasciarlo al suo
posto. Come pure dovrebbero restare Luca Mazzà e Stefano Coletta al Tg3
e alla Terza Rete. Mentre alla direzione del Tg2 dovrebbe arrivare
Luciano Ghelfi (in quota Salvini). Ma la redazione rumoreggia e oggi si
riunirà in assemblea al grido di "Non vogliamo morire sovranisti".
Intanto il Pd continua la sua battaglia. I capigruppo in Parlamento
Delrio e Marcucci hanno scritto ai presidenti di Camera e Senato per
chiedere di sconvocare la Vigilanza perché «la nuova nomina di Foa è
illegittima». Con Matteo Renzi che tambureggia contro «l'inciucio tra
Berlusconi e Di Maio». Sarcastica la replica dell'azzurro Mulè: «Parla
proprio lui che con Forza Italia ha fatto il patto del Nazareno».
di Giovanna Vitale
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CHI METTE LE MANI SULLA RAI ALLA FINE PERDE LE ELEZIONI
C’è una certezza: chi mette le mani sulla RAI perde le elezioni. Se non
le perde alla prima tornata, le perde alla seconda. Se poi guardiamo
alle ultime politiche vediamo che pure la potenza di fuoco di Mediaset
ha condotto il partito del suo padrone all’8%. Scattate le purghe
interne di Mediaset dopo il voto: via Belpietro e Del Debbio.
“Populismo ha favorito Lega e M5s”. Il direttore de La Verità costretto
a lasciare la conduzione di Dalla vostra parte. Quinta colonna, invece,
ha chiuso il 26 aprile. I due programmi di Rete 4, infatti, non
piacevano a molti parlamentari di Forza Italia e all’inner circle
berlusconiano, scottato dai risultati elettorali. Gli ascolti deludenti
hanno fatto il resto. Contrariamente a chi titolava la RAI come l’orto
di Renzi, in RAI non è cambiato nulla anche perché maggior parte dei
giornalisti della RAI si è subito adattata ai nuovi vincitori padroni
che, non contenti di come da almeno due anni proprio la RAI fosse
diventata il maggior veicolo pubblicitario per i 5S hanno precisato che
pure per la carta stampata «era finita la pacchia». Il là viene
dall’operazione «di discredito» verso il governo, che «continua senza
sosta». Gli editori dei giornali «hanno le mani in pasta ovunque nelle
concessioni di Stato: autostrade, telecomunicazioni, energia, acqua. E
l'ordine che è arrivato dai prenditori editori è di attaccare con ogni
tipo di falsità e illazioni il M5S». Su Facebook Luigi Di Maio lancia
strali. «Questo non è più giornalismo libero. Bisogna fare una legge
per garantire che gli editori siano puri e i giornalisti liberi di fare
inchieste su tutte le magagne dei prenditori». E in visita alla Fiera
del Levante Di Maio si era detto convinto che «le società partecipate
dello stato dovrebbero smetterla di fare tutta questa pubblicità sui
giornali perché molto spesso non si sa se comprano quelle inserzioni
pubblicitarie per fare pubblicità al brand o un favore ai giornali».
Riavvolgendo il nastro veniamo da un quinquennio in cui le TV
-pubbliche e private- hanno tirato la vittoria ai pentastellati ed ai
populisti di Salvini ma secondo i vincitori, chi gli ha garantito e
continua a garantirgli una visibilità, sarebbero proprio da punire.
Resta la certezza: chi mette le mani sulla TV perde le elezioni.
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