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Di cosa parliamo in questa pagina.
Della proposta di conservare restaurare rifare la parte crollata che INARCH ed altri 700 studiosi chiedono per il viadotto Morandi.
Di Fincantieri e Italferr che non hanno le certificazioni come costruttori di ponti.
Del decreto Conte-Toni-Nelli su Genova che pare scritto da uno scarso di tecnica leguleia ed é .... privo dei contenuti importanti. Verrà sbranato dai legali di ASPI ?.
Di un tecnico che presente sul posto il 30 giugno u.s. per fare un altro lavoro, decise per curiosità di valutare le oscillazioni del ponte crollato. Restando perplesso perchè a suo parere oscillava troppo. In realtà non  c'era nulla di strano in quei sette centimetri di movimento.
Della polemica tra le associazioni di Città Alta verso l'Amaddeo, capogruppo lista Gori in consiglio e titolare di tre ristoranti in via Colleoni e uno ad Astino. A noi pare che abbia scarsa familiarità coi principi della democrazia e del conflitto d'interessi.
Bergamo avrà una telecamera ogni 336 abitanti: ormai é tutta una corsa alle telecamere, Curno compreso che non vuole restare indietro agli altri.
LA NOSTRA OPINIONE SULLE TELECAMERE.
Che vogliamo, ma non crediamo facciano miracoli.
Quel sindaco che non abbia almeno cento telecamere sul proprio territorio si ritenga una schiappa! Ormai è la corsa a chi ne istalla di più e tecnologicamente più aggiornate. Ormai ci sono quelle che fanno pure il cappuccino di mattina e l'apericena dopo le 17. Affermare che le telecamere siano un disincentivo alla delinquenza di qualunque tipo è un atto di sfida: non esiste controprova.  Lo dicono i venditori di telecamere e Salvini e i sindaci che lo rincorrono. Certo è che una città –Bergamo- che ha una telecamera ogni 336 abitanti e, contando anche quelle private che occhieggiano sullo spazio pubblico, abbia una telecamera ogni un centinaio di cristiani (nooooo! ì è nigher!) vuol dire che sono fuori di melone. La balla della sicurezza è diventato un affare tanto è vero che a Curno, che non vuole essere secondo a nessuno, ecco scodellata la determina per dotarsi di 8 nuove telecamere al modico costo di 11.427 euro cadauna completa di tutto l'ambaradan per funzionare. Che è una pura follia dal momento che facendo i conti dopo cinque anni… meglio rimborsare direttamente i cittadini depredati piuttosto che tenere in piedi il circo elettronico. Perché chi fa danni non ha un centesimo per rimborsarlo e nemmeno va in galera e semmai ci vada, ci sta pochissimo. Che poi esistano cittadini che conservano in casa un sacco di soldi e di ori ( li usano al posto della valeriana o della coperta di Linus ?), varrebbe la pena nel caso siano derubati… che s'arrangino  pagandosi una assicurazione anziché siano TUTTI i cittadini del paese a pagarci le telecamere per acchiappare (sic!) i “loro” ladri.
Un comune che disponga di cento telecamere deve disporre anche di personale in grado di fare fruttare l'investimento anziché limitarsi –stato e comuni felloni-  a registrare per 24, 48 o 72 ore e poi tutto si cancella automaticamente per risparmiare memoria. Ah! Leggono le targhe e verificano se il mezzo sia assicurato e revisionato  o sotto sequestro. Cioè non gli frega nulla della sicurezza ma gli importa fare multe: che in genere non verranno mai pagate perché MAI nessun comune ha rivelato i dettagli “per non violare la privatezza”. Senza contare che  coi grandi numeri c'é sempre un po' di monnezza: inevitabile che tutto sia perfetto. Leggasi: quel che prendo mi basta e ciao state bene. Oramai le multe le fanno a strascico. Un comune vero con un sindaco cogli attributi dovrebbe dotarsi di un drone con telecamera: metà bilancio sarebbe rimesso in sesto. Un voletto, cento multe per duecento euro l'una et voilà!.
Non ci scostiamo della nostra idea. Poche telecamere e sempre in rete con le immagini visibili da chiunque abbia voglia e tempo per guardare. Perché solo se il delinquente sa di essere SEMPRE nel mirino, almeno ci pena una volta prima di…






























Un concorso internazionale per il nuovo viadotto di Genova
Al direttore de IL FOGLIO- In attesa di conoscere a chi sa- ranno affidati i lavori e con quali procedure, ci si chiede quale sarà il progetto da realizzare. Al momento c'è l'ipotesi- di totale demolizione con ricostruzione di un nuovo ponte in acciaio, pre­sentata da Renzo Piano, mentre si legge che la Società Autostrade avrebbe un suo progetto. Ri­spetto all'idea di Renzo Piano, settecentocinquanta tra architetti e ingegneri - cui altri si stanno aggiungendo - hanno avanzato una Pe­tizione affinché si valuti la possibilità di recupe­rare la parte non crollata - ovviamente nella massima sicurezza strutturale - e, posizione analoga, è caldeggiata dall'Inarch, attraverso una lettera aperta al ministro delle Infrastruttu­re e dei Trasporti, Danilo Toninelli, al presidente della Liguria, Giovanni Toti e al sindaco di Ge­nova, Marco Bucci Come ho avuto modo di scri­vere, nonché di argomentare in trasmissioni te­levisive, un problema così complesso e controver­so - rum solo tecnicamente - dovrebbe essere af­frontato attraverso un Concorso internazionale di idee, con un numero di partecipanti adeguato ma non ridondante, alfine di contenere i tempi della selezione. Posizione condivisa e diffusa, non solo tra i professionisti (v. prof. Portoghesi nonché il presidente dell'Ordine degli architetti di Roma, Mangione e altri) ma anche, sembra, tra buona parte della pubblica opinione. Fatti- salvi i possibili errori e le inevitabili approssimazioni - superabili solo dopo avere conosciuto nel dettaglio le condizioni di partenza del ponte e il progetto prescelto -da un confronto di massima tra le due ipotesi, emergerebbe - quanto meno come ordine di grandezza, da prendere, sia chia­ro, con beneficio d'inventario - un'incidenza di tempi e costì, piuttosto favorevole all'ipotesi “in­tegrativa”. Sarebbe quanto mai opportuno un immediato chiarimento ufficiale sul tema, da parte di chi di dovere, che consentirebbe di poter disporre, quanto prima, di dati precisi, togliendo al dibattito margini di aleatorietà e consentendo di orientarsi sulle scelte da compiere, senza pre­clusimi aprioristiche. Non si tratta, infatti, di far prevalere ad ogni costo una posizione, ma di ri­conoscere complessivamente le migliori ragioni, nell'interesse comune. Infine, ho volutamente tenuto per ultimo l'aspetto culturale, inerente l'opportunità (o meno) di dare voce all'istanza conservativa nei confronti di un' insigne opera di ingegneria strutturale, detta quale restano po­chissimi esempi; tale istanza, per quello che può contare, mi vedrebbe favorevole.
appello firmato dal prof. arch. Paolo Rocchi Professore ordinario fuori ruolo di “Consolidamento degli edifici storici” Sapienza Università di Roma Fondatore e presidente onorario del ASSIRCCO (Associazione italiana recupero consolidamento costruzioni)

Fincantieri e Italferr senza certificazioni per ricostruire il ponte di Genova occorre un'impresa certificata nella realizzazione di strade e viadotti. Il governo vuole affidare i lavori a Fincantieri e Italferr, che però risultano essere certificate solo per opere marittime, impianti tecnologici e componenti strutturali in acciaio. Una soluzione probabile è che il commissario straordinario affianchi alle due aziende pubbliche una cordata di imprese con il corredo di certificazioni necessarie.

Ricostruzione, quei vuoti da riempire di Marco Imarisio. Gli spazi bianchi ancora da riempire sono quelli più importanti. Nonostante quel che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva detto dal palco durante la commemorazione delle 43 vittime del Ponte Morandi, il decreto che teneva in mano era fatto in gran parte di enunciati generici. Mancava l'accordo nel governo, mancava l'accordo con gli enti locali, mancava quasi tutto. Il testo reso noto ieri non è ancora definitivo, ma almeno è sparita la formula «salvo intese», che comunicava un senso di indeci-sione. Non sappiamo se oggi vi sia una maggiore armonia istituzionale su Genova, anche se i toni concilianti del presidente della Liguria Giovanni Toti sono un buon indizio in tal senso. Ma l'istituzione di una zona franca urbana e lo stanziamento di 30 e 22 milioni per la logistica del porto e il rinforzo del trasporto locale sono indizi rivelatori: finalmente a Roma stanno cominciando a capire quali sono le esigenze di una città che all'improvviso si è ritrovata senza la sua arteria più importante e rischia l'asfissia da traffico e da Tir. Proprio per questo, l'assenza di qualunque parola sui modi, sugli autori e sui nodi della ricostruzione, si nota ancora di più. Nel giorno in cui, con l'inau-gurazione del Salone nau-tico, il tessuto produttivo del territorio ha dimostrato di essere vivo e combattivo, anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli è venuto ad annunciare una legge che nei fatti ancora non c'è. Perché senza la spina dorsale, del decreto e di Genova, tutto il resto rischia di perdere sostanza e valore.

Spuntano i frame del 30 giugno scorso, due mesi prima del disastro del viadotto Morandi di Genova, di Giuseppe Filetto
La mattina del 30 giugno scorso un tecnico veneto, Daniele Gullà, si trovava a Campi per fare delle misurazioni per conto di una ditta genovese. E racconta: « Ho puntato per caso lo strumento verso il ponte Morandi, monitorando le oscillazioni al passaggio dei mezzi pesanti. Poi, però, dopo quello che è successo il 14 agosto, ho rivisto i frame e mi sono accorto che il viadotto al passaggio di tre camion nello stesso istante, ha subito degli spostamenti di circa 11 centimetri. Io non sono un ingegnere ed ho chiesto il parere ad una mia amica strutturista, Silvia Bonetti, che si occupa anche di fenomeni sismici. Lei ha detto che quella fluttuazione è molto sostenuta, anche se in assenza del progetto e delle dimensioni del viadotto non può dire che non sia conforme alla costruzione. Qualche giorno dopo il disastro siamo andati dai magistrati e abbiamo
Donatella Tiraboschi sul Corriere di Bergamo oggi ha un pezzo Turismo, auto e caso Amaddeo scontro tra giunta e associazioni.
Non abbiamo letto il lungo documento delle associazioni e quindi il nostro commento  parte dall’articolo del Corriere. Lo stiamo scrivendo da almeno due anni come «dopo» EXPO2015 e l’avviarsi di una ripresa economica nel contesto europeo, unitamente alla nomina UNESCO, Città Alta sia stata presa letteralmente d’assalto da un turismo selvatico alimentato soprattutto dal Caravaggio (e dall’OrioCenter) in quanto aeroporto di transito. Francamente non si comprendono quali vantaggi economici e in termini di convivenza derivino effettivamente da questo afflusso di turismo di bassa qualità e permanenza quasi nulla (poche ore) in città e nel contesto allargato. Ci pare un dato di fatto che seguendo la linea Gori Città Alta diverrà entro pochi anni (speriamo che crepino alla svelta quei vecchiacci poveri pensionati inquilini del Comune e dei preti....) un posto  attraversato da torme di barbari che s’ingozzano di pizze e  da numerosissimi ricchi che hanno acquistato o affittato le ultime dimore (finalmente abbandonate da quelli sopra indicati.
Quanto alle stralunate affermazioni dell’Amaddeo, ci pare che il personaggio sia scarso quanto a democrazia. In democrazia non è proibito che i ristoratori diventino consiglieri comunali. E’ proibito che i ristoratori costruiscano la città nel segno dell’interesse di categoria. Amaddeo si rilegga la storia del conflitto d’interessi di nome Berlusconi.
Il parcheggio della Fara, a parte l’idea folle in se, è un’idea al servizio dei ricchi e dei ricchi che possono spendere oltre cinque decine di  euro per una cena al ristorante. Uno dei tre che Amaddeo gestisce in Corsarola e il quarto ad Astino. L’idea di svuotare di auto le piazze di Città Alta (e quindi di mandare tutte le presenze ad ore nel parcheggio Fara)  è nettamente a favore degli alberghi e dei ristoratori. Mica dei poveri abitanti di città alta che DEVONO disporre di auto in primis per fare la spesa essenziale alla sopravvivenza. Risponderà l’Amaddeo: e il Circolino? Amaddeo sa benissimo la storia della rana che volle gonfiarsi per farsi bove.
Basterà vedere in che stato sarà domani, 23 settembre 2018, città alta per capire che così non può reggere. Però se lo sguardo degli attori e dei politici è rivolto soltanto agli euro che finiscono nel cassetto, ogni discorso è inutile. A Gori come ad Amaddeo non interessa «cosa sarà domani» città alta. Ne gli importa una cippa se uno dei cento furgoni che la infestano ad ogni ora del giorno trasformi la Corsarola in una «Passeggiata degli Inglesi» nostrana anziché nizzarda.


Poi per consolazione ecco la notizia: »Arrivano le nuove telecamere a Bergamo: gli occhi elettronici passeranno da 261 a 360. Saranno installate a partire dal prossimo lunedì 24 settembre le nuove 21 postazioni di videosorveglianza previste sul territorio del comune di Bergamo». Se non sbagliamo il Comune di Bergamo aveva 120.923 abitanti al 31.12.2017. Dividendo il numero di telecamere per il numero di abitanti ce ne sono UNA ogni 336 abitanti. Cui si aggiungono quelleprivate orientate (legittimamente) su spazi (anche) pubblici il cui numero probabilmente è ignoto oltre che al Comune anche alle Forze dell’Ordine. Gori e Gandi si siedano a facciano  qualche riflessione: siamo a un telecamera ogni cento abitanti. Avete provato la presisone arteriosa di recente?
Non creda Bergamo di bagnare il naso alla periferia. Pure Curno non scherza. Con determinazione n.476 del 20-09-2018 è stata decisa la fornitura di un sistema di video sorveglianza, comprensiva dei servizi accessori con una spesa complessiva, (IVA inclusa) di €.91.417,55. A titolo di informazione « il sistema prevede l’utilizzo di tecnologie di nuova generazione e che le telecamere di ogni area/zonadiripresa(8 portali dotati ognuno di telecamera di contesto e lettura targhe),siano collegate tramite link wireless dedicati convergenti presso l’edificio municipale e che,
dai punti immagine i link convergeranno verso i punti di installazione dei repeater wireless (area campo sportivo,ViaPadre Sala e Municpio) e di conseguenza verso il server presso il locale tecnico individuato».
Dei primi di agosto la notizia che Almè e Villa hanno istallate perlomeno 135 telecamere. Curno vuole arrivarci (a 135)  da solo?