Un concorso internazionale per il nuovo viadotto di Genova
Al direttore de IL FOGLIO- In attesa di conoscere a chi sa- ranno
affidati i lavori e con quali procedure, ci si chiede quale sarà il
progetto da realizzare. Al momento c'è l'ipotesi- di totale demolizione
con ricostruzione di un nuovo ponte in acciaio, presentata da Renzo
Piano, mentre si legge che la Società Autostrade avrebbe un suo
progetto. Rispetto all'idea di Renzo Piano, settecentocinquanta tra
architetti e ingegneri - cui altri si stanno aggiungendo - hanno
avanzato una Petizione affinché si valuti la possibilità di
recuperare la parte non crollata - ovviamente nella massima sicurezza
strutturale - e, posizione analoga, è caldeggiata dall'Inarch,
attraverso una lettera aperta al ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti, Danilo Toninelli, al presidente della Liguria, Giovanni Toti
e al sindaco di Genova, Marco Bucci Come ho avuto modo di scrivere,
nonché di argomentare in trasmissioni televisive, un problema così
complesso e controverso - rum solo tecnicamente - dovrebbe essere
affrontato attraverso un Concorso internazionale di idee, con un
numero di partecipanti adeguato ma non ridondante, alfine di contenere
i tempi della selezione. Posizione condivisa e diffusa, non solo tra i
professionisti (v. prof. Portoghesi nonché il presidente dell'Ordine
degli architetti di Roma, Mangione e altri) ma anche, sembra, tra buona
parte della pubblica opinione. Fatti- salvi i possibili errori e le
inevitabili approssimazioni - superabili solo dopo avere conosciuto nel
dettaglio le condizioni di partenza del ponte e il progetto prescelto
-da un confronto di massima tra le due ipotesi, emergerebbe - quanto
meno come ordine di grandezza, da prendere, sia chiaro, con beneficio
d'inventario - un'incidenza di tempi e costì, piuttosto favorevole
all'ipotesi “integrativa”. Sarebbe quanto mai opportuno un immediato
chiarimento ufficiale sul tema, da parte di chi di dovere, che
consentirebbe di poter disporre, quanto prima, di dati precisi,
togliendo al dibattito margini di aleatorietà e consentendo di
orientarsi sulle scelte da compiere, senza preclusimi aprioristiche.
Non si tratta, infatti, di far prevalere ad ogni costo una posizione,
ma di riconoscere complessivamente le migliori ragioni, nell'interesse
comune. Infine, ho volutamente tenuto per ultimo l'aspetto culturale,
inerente l'opportunità (o meno) di dare voce all'istanza conservativa
nei confronti di un' insigne opera di ingegneria strutturale, detta
quale restano pochissimi esempi; tale istanza, per quello che può
contare, mi vedrebbe favorevole.
appello firmato dal prof. arch. Paolo Rocchi Professore ordinario fuori
ruolo di “Consolidamento degli edifici storici” Sapienza Università di
Roma Fondatore e presidente onorario del ASSIRCCO (Associazione
italiana recupero consolidamento costruzioni)
Fincantieri e Italferr
senza certificazioni per ricostruire il ponte di Genova occorre
un'impresa certificata nella realizzazione di strade e viadotti.
Il governo vuole affidare i lavori a Fincantieri e Italferr, che però
risultano essere certificate solo per opere marittime, impianti
tecnologici e componenti strutturali in acciaio. Una soluzione
probabile è che il commissario straordinario affianchi alle due aziende
pubbliche una cordata di imprese con il corredo di certificazioni
necessarie.
Ricostruzione, quei vuoti
da riempire di Marco Imarisio. Gli spazi bianchi ancora da riempire
sono quelli più importanti. Nonostante quel che il presidente del
Consiglio Giuseppe Conte aveva detto dal palco durante la
commemorazione delle 43 vittime del Ponte Morandi, il decreto che
teneva in mano era fatto in gran parte di enunciati generici.
Mancava l'accordo nel governo, mancava l'accordo con gli enti locali,
mancava quasi tutto. Il testo reso noto ieri non è ancora definitivo,
ma almeno è sparita la formula «salvo intese», che comunicava un senso
di indeci-sione. Non sappiamo se oggi vi sia una maggiore armonia
istituzionale su Genova, anche se i toni concilianti del presidente
della Liguria Giovanni Toti sono un buon indizio in tal senso. Ma
l'istituzione di una zona franca urbana e lo stanziamento di 30 e 22
milioni per la logistica del porto e il rinforzo del trasporto locale
sono indizi rivelatori: finalmente a Roma stanno cominciando a capire
quali sono le esigenze di una città che all'improvviso si è ritrovata
senza la sua arteria più importante e rischia l'asfissia da traffico e
da Tir. Proprio per questo, l'assenza di qualunque parola sui modi,
sugli autori e sui nodi della ricostruzione, si nota ancora di più. Nel
giorno in cui, con l'inau-gurazione del Salone nau-tico, il tessuto
produttivo del territorio ha dimostrato di essere vivo e combattivo,
anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli è venuto ad
annunciare una legge che nei fatti ancora non c'è. Perché senza la
spina dorsale, del decreto e di Genova, tutto il resto rischia di
perdere sostanza e valore.
Spuntano i frame del 30 giugno scorso, due mesi prima del disastro del viadotto Morandi di Genova, di Giuseppe Filetto
La mattina del 30 giugno scorso un tecnico veneto, Daniele Gullà, si
trovava a Campi per fare delle misurazioni per conto di una ditta
genovese. E racconta: « Ho puntato per caso lo strumento verso il ponte
Morandi, monitorando le oscillazioni al passaggio dei mezzi pesanti.
Poi, però, dopo quello che è successo il 14 agosto, ho rivisto i frame
e mi sono accorto che il viadotto al passaggio di tre camion nello
stesso istante, ha subito degli spostamenti di circa 11 centimetri. Io
non sono un ingegnere ed ho chiesto il parere ad una mia amica
strutturista, Silvia Bonetti, che si occupa anche di fenomeni sismici.
Lei ha detto che quella fluttuazione è molto sostenuta, anche se in
assenza del progetto e delle dimensioni del viadotto non può dire che
non sia conforme alla costruzione. Qualche giorno dopo il disastro
siamo andati dai magistrati e abbiamo
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Donatella Tiraboschi sul Corriere di Bergamo oggi ha un pezzo Turismo, auto e caso Amaddeo scontro tra giunta e associazioni.
Non abbiamo letto il lungo documento delle associazioni e quindi il
nostro commento parte dall’articolo del Corriere. Lo stiamo
scrivendo da almeno due anni come «dopo» EXPO2015 e l’avviarsi di una
ripresa economica nel contesto europeo, unitamente alla nomina UNESCO,
Città Alta sia stata presa letteralmente d’assalto da un turismo
selvatico alimentato soprattutto dal Caravaggio (e dall’OrioCenter) in
quanto aeroporto di transito. Francamente non si comprendono quali
vantaggi economici e in termini di convivenza derivino effettivamente
da questo afflusso di turismo di bassa qualità e permanenza quasi nulla
(poche ore) in città e nel contesto allargato. Ci pare un dato di fatto
che seguendo la linea Gori Città Alta diverrà entro pochi anni
(speriamo che crepino alla svelta quei vecchiacci poveri pensionati
inquilini del Comune e dei preti....) un posto attraversato da
torme di barbari che s’ingozzano di pizze e da numerosissimi
ricchi che hanno acquistato o affittato le ultime dimore (finalmente
abbandonate da quelli sopra indicati.
Quanto alle stralunate affermazioni dell’Amaddeo, ci pare che il
personaggio sia scarso quanto a democrazia. In democrazia non è
proibito che i ristoratori diventino consiglieri comunali. E’ proibito
che i ristoratori costruiscano la città nel segno dell’interesse di
categoria. Amaddeo si rilegga la storia del conflitto d’interessi di
nome Berlusconi.
Il parcheggio della Fara, a parte l’idea folle in se, è un’idea al
servizio dei ricchi e dei ricchi che possono spendere oltre cinque
decine di euro per una cena al ristorante. Uno dei tre che
Amaddeo gestisce in Corsarola e il quarto ad Astino. L’idea di svuotare
di auto le piazze di Città Alta (e quindi di mandare tutte le presenze
ad ore nel parcheggio Fara) è nettamente a favore degli alberghi
e dei ristoratori. Mica dei poveri abitanti di città alta che DEVONO
disporre di auto in primis per fare la spesa essenziale alla
sopravvivenza. Risponderà l’Amaddeo: e il Circolino? Amaddeo sa
benissimo la storia della rana che volle gonfiarsi per farsi bove.
Basterà vedere in che stato sarà domani, 23 settembre 2018, città alta
per capire che così non può reggere. Però se lo sguardo degli attori e
dei politici è rivolto soltanto agli euro che finiscono nel cassetto,
ogni discorso è inutile. A Gori come ad Amaddeo non interessa «cosa
sarà domani» città alta. Ne gli importa una cippa se uno dei cento
furgoni che la infestano ad ogni ora del giorno trasformi la Corsarola
in una «Passeggiata degli Inglesi» nostrana anziché nizzarda.
Poi per consolazione ecco
la notizia: »Arrivano le nuove telecamere a Bergamo: gli occhi
elettronici passeranno da 261 a 360. Saranno installate a partire dal
prossimo lunedì 24 settembre le nuove 21 postazioni di
videosorveglianza previste sul territorio del comune di Bergamo».
Se non sbagliamo il Comune di Bergamo aveva 120.923 abitanti al
31.12.2017. Dividendo il numero di telecamere per il numero di abitanti
ce ne sono UNA ogni 336 abitanti. Cui si aggiungono quelleprivate
orientate (legittimamente) su spazi (anche) pubblici il cui numero
probabilmente è ignoto oltre che al Comune anche alle Forze
dell’Ordine. Gori e Gandi si siedano a facciano qualche
riflessione: siamo a un telecamera ogni cento abitanti. Avete provato
la presisone arteriosa di recente?
Non creda Bergamo di bagnare il naso alla periferia. Pure Curno non
scherza. Con determinazione n.476 del 20-09-2018 è stata decisa la
fornitura di un sistema di video sorveglianza, comprensiva dei servizi
accessori con una spesa complessiva, (IVA inclusa) di €.91.417,55. A
titolo di informazione « il sistema prevede l’utilizzo di tecnologie di
nuova generazione e che le telecamere di ogni area/zonadiripresa(8
portali dotati ognuno di telecamera di contesto e lettura targhe),siano
collegate tramite link wireless dedicati convergenti presso l’edificio
municipale e che,
dai punti immagine i link convergeranno verso i punti di installazione
dei repeater wireless (area campo sportivo,ViaPadre Sala e Municpio) e
di conseguenza verso il server presso il locale tecnico individuato».
Dei primi di agosto la notizia che Almè e Villa hanno istallate
perlomeno 135 telecamere. Curno vuole arrivarci (a 135) da solo?
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