TASSE:25 MILIARDI DI SCONTI
UN LABIRINTO DI 636
DISTINTI SGRAVI FISCALI. I BENEFICI MAGGIORI VANNO ALLE AZIENDE CHE
RIDUCONO L'IRES. SULLA CASA SGRAVI IN MEDIA DI 141 EURO
Una selva di detrazioni, deduzioni e agevolazioni. Che favoriscono in
primo luogo i più ricchi e le imprese. E soprattutto toccano un numero
esiguo di contribuenti.
Con una spesa complessiva per le casse dello Stato che supererà per il
2018 i 75 miliardi. E' questo il risultato di uno studio condotto
dall'Ufficio Valutazione Impatto del Senato che ha contato e pesato gli
effetti di tutti gli "sconti" fiscali. Un vero e proprio labirinto che
conta 636 diverse misure, di cui 466 erariali (quelle che riguardano
l'imposizio- ne "nazionale") e 170 relative a tributi locali. Con una
sorpresa che rende ancora più intricato l'uso e la comprensione di
questi provvedimenti che si sono sedimentati nel tempo: solo di 132
misure erariali si conoscono oneri, beneficiari e importi. E di 174 non
si riesce a indicare il valore finanziario perché - si legge
nell'ultimo Rapporto sulle spese fiscali annesso al Def - si tratta di
voci "non quantificabili" o di "trascurabile entità". Numeri che fanno
pensare che alcuni di questi "abbuoni" avessero un obiettivo quasi ad
personam.
Stesso discorso per i tributi locali: solo per quattro è illustrata la
platea di beneficiari e di 112 non si conosce l'impatto economico.
Lo studio dell'Uvi è un'approfondita ricognizione e non dà alcuna
indicazione politica, ma non è un mistero che il governo - nel rivedere
il sistema fiscale - intende mettere mano anche alle cosiddette "tax
expenditures", per l'appunto il monte di sgravi complessivo. Ma è
un'operazione assai difficile: quasi impossibile che ci si riesca
quest'anno.
Dal dossier dell'Uvi emerge un primo dato. Che la maggior parte delle
132 agevolazioni note si applica ad un numero di contribuenti molto
basso. Ossia 73 su 132 sono utilizzate da meno di 30 mila dichiarazioni
dei redditi (pari allo 0,35%). Sostanzialmente dai benestanti, soggetti
più abbienti e con meno difficoltà.
Non solo. Più l'agevolazione riguarda un numero ristretto di persone
più il risparmio per ciascuno di loro è elevato. Le detrazioni
usufruite da meno di mille soggetti producono un vantaggio pro capite
medio di 14.595 euro. Più la platea si allarga, più il risparmio pro
capite si riduce fino ad arrivare a poche centinaia di euro. In termini
percentuali, dunque, le maggiori risorse sono dirottate su pochi
contribuenti.
I benefici più elevati si concentrano su nove misure. E quasi tutte
prevedono una riduzione del peso dell'Ires, l'imposta sul reddito delle
società.
Anche stavolta con dei casi che spiccano con una certa evidenza: lo
sconto per le imposte di registro dei fondi immobiliari chiusi porta un
risparmio di oltre 790 mila euro pro capite. Ma riguarda solo 4
soggetti. Così come il regime forfettario della tonnage tax (le
attività marittime) restituisce 467 mila euro a soli 79 soggetti.
Importi analoghi, sempre per pochi contribuenti, sono legati alle navi
iscritte nel registro, al teleriscaldamento o agli affitti immobiliari
delle società.
Non appena la base di cittadini che possono usufruire dello sconto si
allarga, il risparmio pro capite e il numero di misure si riduce. Basti
pensare che sono solo 3 le agevolazioni applicate nella dichiarazione
dei redditi da più di 10 milioni di persone. La più ampia, come
prevedibile, riguarda la casa. Le deduzioni sulla prima abitazione,
infatti, costano 3,6 miliardi ma si spalmano su 26 milioni di italiani
con un vantaggio medio procapite di 141 euro. La seconda detrazione in
termini di dimensioni va sulle spese sanitarie: effetti finanziari per
3 miliardi condivisi da oltre 17 milioni di persone. La terza, infine,
si sostanzia nei cosiddetti 80 euro di Renzi: 9 miliardi di spesa per
oltre 11 milioni di lavoratori. Si assiste dunque a un rapporto
inversamente proporzionale tra numero di contribuenti e importo dello
sconto fiscale: meno sono i beneficiari, più alto il risparmio per
ciascuno di loro. E gli effetti pro capite più elevati sono a sostegno
degli imprenditori interessando essenzialmente il gettito Ires e Irap.
L'Irpef, l'imposta sulle persone fisiche, è al contrario tra quelle
meno favorite. Basti pensare che alcune esenzioni o detrazioni (dalle
spese sostenute dai genitori adottivi a quelle per lo sport praticato
dai figli fino a quelle veterinarie) producono risparmi che variano dai
16 ai 50 euro. Se poi si accorpano le detrazioni per macro aree si vede
che lo sforzo maggiore dello Stato si concentra su tutto ciò che
riguarda la casa e gli immobili: oltre 18 miliardi nel 2018 (in
crescita di tre miliardi rispetto all'anno precedente). Al secondo
posto le politiche del lavoro (14 miliardi) ma con un gettito che
quest'anno è calato di 4 miliardi. Quindi c'è il settore "salute" con
quasi 5 miliardi.
Le ultime tre voci invece sono l'Ambien- te (poco più di 100 mila euro
in calo di 300 mila rispetto al 2017), il turismo (11 milioni) e lo
sport (circa 130 milioni). C'è invece però un settore che ha avuto un
vero e proprio exploit: la tutela dei beni culturali e paesaggistici.
Il risparmio fiscale in quel campo è passato dai 44 milioni del 2017 ai
224 del 2018. Infine un aspetto su cui riflettere: Il numero delle
agevolazioni dal 1990 ad oggi si è ridotto. Ventotto anni fa erano 825,
sono 636 adesso. Eppure negli ultimi due anni ne sono state introdotte
44. Le più importanti sono la flat tax sugli affitti (1,6 miliardi), la
detassazione dei premi di produttività (1,1 miliardi), e il cosiddetto
"super ammortamento" per l'acquisto dei beni strumentali per le aziende
(1,1 miliardi).Non è forse un caso, allora, che il Consiglio europeo
anche di recente abbia bacchettato l'Italia su questo aspetto della
nostra politica fiscale, invitandola a «ridurre e il numero e l'entità
delle agevolazioni fiscali».
Claudio Tito
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NEL PD NON C'E' NESSUNO DI MIGLIORE
Probabilmente l’unico vero leader che è rimasto al PD resta ancora
l’odiato Renzi. Che, non dimentichiamolo, è stato eletto dal 69.17%
degli iscritti al PD e non nelle segrete tavolate delle varie correnti.
Antipatico come sanno esserlo solo i toscani, sbruffone, circondato da
una corte di personaggi anche onesti ma sopratutto grezzi esattamente
come lui. Ma Renzi è l’unico PdC che ha condotto il Paese fuori dalla
crisi. Non un Monti burattino delle banche e dell’Europa che non aveva
capito nulla delle ragioni della crisi e non l’ha compreso ancora
adesso. La crisi non era (tutta) nel debito pubblico ma nell’incapacità
delle banche a fare il proprio mestiere: non puoi dare credito a
dismisura per alimentare una sovraofferta di beni costosi quando i
clienti di quel bene anziché crescere diminuiscono o invecchiano. La
crisi stava e sta tutta nell’evasione fiscale e contributiva ragione
per cui mancano alle finanze dello stato mediamente 100 miliardi di
entrate ogni anno. La risposta che Renzi ha dato alla crisi è stata
debole ed ancora ristretta nei vecchi canoni dettati da un mondo che
era ormai finito. Ma Renzi, oggi fanno finta tutti di dimenticarlo, ha
governato con un Alfano che era anche peggio dei pentastellati attuali.
Sommava ignoranza e corruzione in un unicum. Pensiamo agli interessi
alfaniani nella zona e dentro il CARA di Mineo oppure alla
«extraordinary rendition» della madre e della figlia di Mukhtar
Ablyazov. E pensiamo che pure la Cancellieri che gli dava ragione.
Entrambi peggio di quel cretino che ha tenuto prigionieri 150 immigrati
su una nave militare italiana. Pensiamo al casino combinato con la
buona scuola dove a fronte di una assunzione di 100 mila docenti
ne è il caos che ne è sortito e tutto in mano non ad una analfabeta ma
di una docente universitaria e direttrice dell’UNESCO come la Giannini
(pensate in che mani sta l’universi tà ... e i futuri dottori....).
Stesso caos col bonus degli 80 euro e solita polemica italiana per chi,
avendo superato i limiti, ha dovuto restituirli. Come non sapessero
prima dei limiti.
Ma il limite maggiore della politica di Renzi è stata appunto quella di
avere affrontato la crisi secondo i criteri seguiti per trent’anni
prima. Renzi non ha avuto il coraggio di sbattere in faccia agli
italiani i loro pregi e difetti. La loro bontà e la loro doppiezza. Non
ha avuto il coraggio di segnalare continuamente che un paese con può
andare avanti con 100 miliardi di evasione ogni anno, non può andare
avanti con 2350 miliardi di debito pubblico e4500 miliardi di ricchezza
privata. Non può andare avanti arricchendo ogni giorno cogli interessi
sul debito pubblico italiani e stranieri e nel contempo ridurre le
prestazioni scolastiche sanitarie pensionistische, e non il costo del
lavoro e la tassazione alle famiglie. Del resto quand’anche l’avesse
voluto il governo sarebbe caduto per via di un alleato destro
come non mai. Che è poi anche il problema del governo SalviMaio pure
quello ridotto a begare sullo 0,1% di deficit in più o meno litigando
sui 5 miliardi per il reddito di cittandinanza piuttosto che sulla
flat-tax. Non saprei se mettermi a ridere nel pensare che questo
piuttosto che quello siano-saranno in grado di portare fuori dalla
crisi il PD visto che tutti i nomi in lizza hanno contribuito a
metterlo o mandarlo nel culo di sacco. Cioè: tu dottore mi hai fatto
ammalare e adesso io dovrei sperare che mi fai guarire?. Masochismo
allo stato puro. E vaffà!.
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IL DESTINO DEL PD
Ah! C'è anche il destino del PD. Tra le ultime smielature, la
vendemmia, le composte di frutta e verdure da congelare, noci e
castagne da raccogliere, c'è anche il destino del PD. Stanotte poi sono
venuti in quattro a mangiare una pizza in giardino senza nemmeno
chiedere permesso. «Abbiamo visto che c'erano le sedie e il tavolino»:
si sono giustificati. Prego s'accomodasse- ro. Non erano neri o di
Visegrad (cioè amici di Salvini) : erano compaesani bianchi di pelle e
facce toste da menare. Ah! C'è anche il destino del PD. Quello sfascia
carrozze che è presidente del PD, tale Orfini da Roma alla festa della
Città dell'Altra Economia: « dovremmo prendere lo statuto del Pd e
stracciarlo,non ragionare su come modificarlo, dovremmo sciogliere il
Pd per come è e rifondarlo insieme a chi in questi mesi vuole fare la
battaglia all'opposizione » , dice Orfini. « Non serve cambiare nome,
serve mettere insieme un pezzo di Paese che non condivide le politiche
del governo. Mi rivolgo a tutti, basta con questa distinzione tra la
società civile , decidiamo insieme linea politica e leadership».Il
presidente d3ella regione Lazio Zingaretti, autocandidato alla
segreteria nazionale per raccogliere l'eredità del misto
Renzi&Martina l'ha legnato di brutto: « Usciamo da questo Truman
show, smettiamo di parlare a un'enclave ». « Il congresso del Pd non
può essere solo un atto burocratico per cambiare il nome del
segretario, deve essere un gradissimo processo politico di
riaggregazione e di ricostruzione di una nuova piattaforma politica,
economica e sociale». Qui ci vogliono dei bravi muratori e
piastrellisti . Zingaretti spiega che per quanto lo riguarda il
congresso è cominciato il 5 marzo, il giorno dopo il tracollo
elettorale. « Io mi batto per cambiare il Pd, per riportare dentro quel
mondo che è andato fuori perché non si è sentito più coinvolto. Un
esamino di coscienza dobbiamo farcelo tutti, non voglio rimettere
insieme i cocci del passato perché non sono la soluzione ma dobbiamo
avere la capacità di rigenerarci nei contenuti e nelle forme».
Meno male che domani si congela una composta di prugne.
Zio Letta ha detto pure la sua con alti sussiego: « Oggi la politica è
priva di qualsiasi autocritica, se gli italiani cambiano pagina dando
uno schiaffo notevole, e invece di capire si riparte insultando gli
altri e cominciando a dire agli altri " noi siamo meglio non avete
capito niente", ecco quando dici agli elettori non avete capito, allora
c'è un problema ». L' ha detto a Cesenatico alla Summer Scool della sua
scuola politica. Letta, come nel suo stile, non cita Renzi ma appare
evidente che le sue critiche sono rivolte all'ex segretario. E del
resto chiedendo ai ragazzi di «immaginare l'impossibile, altrimenti
saremo sempre sconfitti e perdenti » Letta ha voluto ricordare che
Conte non ha mai citato la scuola nel suo discorso di insediamento in
Parlamento ma ha anche aggiunto che sulla scuola «nella scorsa
legislatura è stato un casino totale». Una critica diretta alla Buona
scuola, una delle riforme simbolo dell'esecutivo Renzi.
Noi domani dobbiamo tornare in caserma dai carabinieri per decidere se
fare denuncia contro i quattro che sono penetrati abusivamente in
giardino per mangiarsi la pizza alle due di notte. Ah? C'è pure il
destino del PD. Beh, quando vedi le facce della dirigenza piddina ed
allo relativa storia personale –mai sentito uno che sia uno fare un
discorso politico!- meglio pensare alla composta di prugne. Errore. Uno
faceva discorsi politici: peccato che sia uno di quelli che ha
approvato la famigerata delibera che è costata una legnata di 630mila
euro di danni al Comune. Poi ce n’è anche un altro: ma è una zucca.
Meglio dimenticarli. E gli altri?: c
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