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Di cosa parliamo in questa pagina.
Una selva di detrazioni, deduzioni e agevolazioni. Che favoriscono in primo luogo i più ricchi e le imprese. E soprattutto toccano un numero esiguo di contribuenti. Con una spesa complessiva per le casse dello Stato che supererà per il 2018 i 75 miliardi. E' questo il risultato di uno studio condotto dall'Ufficio Valutazione Impatto del Senato che ha contato e pesato gli effetti di tutti gli "sconti" fiscali. Un vero e proprio labirinto che conta 636 diverse misure, di cui 466 erariali (quelle che riguardano l'imposizione "nazionale") e 170 relative a tributi locali.
Ah! C'è anche il destino del PD. Tra le ultime smielature, la vendemmia, le composte di frutta e verdure da congelare, noci e castagne da raccogliere, c'è anche il destino del PD. Stanotte poi sono venuti in quattro a mangiare una pizza in giardino senza nemmeno chiedere permesso. «Abbiamo visto che c'erano le sedie e il tavolino»: si sono giustificati.
Probabilmente l’unico vero leader che è rimasto al PD resta ancora l’odiato Renzi. Che, non dimentichiamolo, è stato eletto dal 69.17% degli iscritti al PD e non nelle segrete tavolate delle varie correnti. Antipatico come sanno esserlo solo i toscani, sbruffone, circondato da una corte di personaggi anche onesti ma sopratutto grezzi esattamente come lui. Ma Renzi è l’unico PdC che ha condotto il Paese fuori dalla crisi.
































TASSE:25 MILIARDI DI SCONTI
UN LABIRINTO DI 636 DISTINTI SGRAVI FISCALI. I BENEFICI MAGGIORI VANNO ALLE AZIENDE CHE RIDUCONO L'IRES. SULLA CASA SGRAVI IN MEDIA DI 141 EURO
Una selva di detrazioni, deduzioni e agevolazioni. Che favoriscono in primo luogo i più ricchi e le imprese. E soprattutto toccano un numero esiguo di contribuenti.
Con una spesa complessiva per le casse dello Stato che supererà per il 2018 i 75 miliardi. E' questo il risultato di uno studio condotto dall'Ufficio Valutazione Impatto del Senato che ha contato e pesato gli effetti di tutti gli "sconti" fiscali. Un vero e proprio labirinto che conta 636 diverse misure, di cui 466 erariali (quelle che riguardano l'imposizio- ne "nazionale") e 170 relative a tributi locali. Con una sorpresa che rende ancora più intricato l'uso e la comprensione di questi provvedimenti che si sono sedimentati nel tempo: solo di 132 misure erariali si conoscono oneri, beneficiari e importi. E di 174 non si riesce a indicare il valore finanziario perché - si legge nell'ultimo Rapporto sulle spese fiscali annesso al Def - si tratta di voci "non quantificabili" o di "trascurabile entità". Numeri che fanno pensare che alcuni di questi "abbuoni" avessero un obiettivo quasi ad personam.
Stesso discorso per i tributi locali: solo per quattro è illustrata la platea di beneficiari e di 112 non si conosce l'impatto economico.
Lo studio dell'Uvi è un'approfondita ricognizione e non dà alcuna indicazione politica, ma non è un mistero che il governo - nel rivedere il sistema fiscale - intende mettere mano anche alle cosiddette "tax expenditures", per l'appunto il monte di sgravi complessivo. Ma è un'operazione assai difficile: quasi impossibile che ci si riesca quest'anno.
Dal dossier dell'Uvi emerge un primo dato. Che la maggior parte delle 132 agevolazioni note si applica ad un numero di contribuenti molto basso. Ossia 73 su 132 sono utilizzate da meno di 30 mila dichiarazioni dei redditi (pari allo 0,35%). Sostanzialmente dai benestanti, soggetti più abbienti e con meno difficoltà.
Non solo. Più l'agevolazione riguarda un numero ristretto di persone più il risparmio per ciascuno di loro è elevato. Le detrazioni usufruite da meno di mille soggetti producono un vantaggio pro capite medio di 14.595 euro. Più la platea si allarga, più il risparmio pro capite si riduce fino ad arrivare a poche centinaia di euro. In termini percentuali, dunque, le maggiori risorse sono dirottate su pochi contribuenti.
I benefici più elevati si concentrano su nove misure. E quasi tutte prevedono una riduzione del peso dell'Ires, l'imposta sul reddito delle società.
Anche stavolta con dei casi che spiccano con una certa evidenza: lo sconto per le imposte di registro dei fondi immobiliari chiusi porta un risparmio di oltre 790 mila euro pro capite. Ma riguarda solo 4 soggetti. Così come il regime forfettario della tonnage tax (le attività marittime) restituisce 467 mila euro a soli 79 soggetti.
Importi analoghi, sempre per pochi contribuenti, sono legati alle navi iscritte nel registro, al teleriscaldamento o agli affitti immobiliari delle società.
Non appena la base di cittadini che possono usufruire dello sconto si allarga, il risparmio pro capite e il numero di misure si riduce. Basti pensare che sono solo 3 le agevolazioni applicate nella dichiarazione dei redditi da più di 10 milioni di persone. La più ampia, come prevedibile, riguarda la casa. Le deduzioni sulla prima abitazione, infatti, costano 3,6 miliardi ma si spalmano su 26 milioni di italiani con un vantaggio medio procapite di 141 euro. La seconda detrazione in termini di dimensioni va sulle spese sanitarie: effetti finanziari per 3 miliardi condivisi da oltre 17 milioni di persone. La terza, infine, si sostanzia nei cosiddetti 80 euro di Renzi: 9 miliardi di spesa per oltre 11 milioni di lavoratori. Si assiste dunque a un rapporto inversamente proporzionale tra numero di contribuenti e importo dello sconto fiscale: meno sono i beneficiari, più alto il risparmio per ciascuno di loro. E gli effetti pro capite più elevati sono a sostegno degli imprenditori interessando essenzialmente il gettito Ires e Irap.
L'Irpef, l'imposta sulle persone fisiche, è al contrario tra quelle meno favorite. Basti pensare che alcune esenzioni o detrazioni (dalle spese sostenute dai genitori adottivi a quelle per lo sport praticato dai figli fino a quelle veterinarie) producono risparmi che variano dai 16 ai 50 euro. Se poi si accorpano le detrazioni per macro aree si vede che lo sforzo maggiore dello Stato si concentra su tutto ciò che riguarda la casa e gli immobili: oltre 18 miliardi nel 2018 (in crescita di tre miliardi rispetto all'anno precedente). Al secondo posto le politiche del lavoro (14 miliardi) ma con un gettito che quest'anno è calato di 4 miliardi. Quindi c'è il settore "salute" con quasi 5 miliardi.
Le ultime tre voci invece sono l'Ambien- te (poco più di 100 mila euro in calo di 300 mila rispetto al 2017), il turismo (11 milioni) e lo sport (circa 130 milioni). C'è invece però un settore che ha avuto un vero e proprio exploit: la tutela dei beni culturali e paesaggistici. Il risparmio fiscale in quel campo è passato dai 44 milioni del 2017 ai 224 del 2018. Infine un aspetto su cui riflettere: Il numero delle agevolazioni dal 1990 ad oggi si è ridotto. Ventotto anni fa erano 825, sono 636 adesso. Eppure negli ultimi due anni ne sono state introdotte 44. Le più importanti sono la flat tax sugli affitti (1,6 miliardi), la detassazione dei premi di produttività (1,1 miliardi), e il cosiddetto "super ammortamento" per l'acquisto dei beni strumentali per le aziende (1,1 miliardi).Non è forse un caso, allora, che il Consiglio europeo anche di recente abbia bacchettato l'Italia su questo aspetto della nostra politica fiscale, invitandola a «ridurre e il numero e l'entità delle agevolazioni fiscali».

Claudio Tito
NEL PD NON C'E' NESSUNO DI MIGLIORE




Probabilmente l’unico vero leader che è rimasto al PD resta ancora l’odiato Renzi. Che, non dimentichiamolo, è stato eletto dal 69.17% degli iscritti al PD e non nelle segrete tavolate delle varie correnti. Antipatico come sanno esserlo solo i toscani, sbruffone, circondato da una corte di personaggi anche onesti ma sopratutto grezzi esattamente come lui. Ma Renzi è l’unico PdC che ha condotto il Paese fuori dalla crisi. Non un Monti burattino delle banche e dell’Europa che non aveva capito nulla delle ragioni della crisi e non l’ha compreso ancora adesso. La crisi non era (tutta) nel debito pubblico ma nell’incapacità delle banche a fare il proprio mestiere: non puoi dare credito a dismisura per alimentare una sovraofferta di beni costosi quando i clienti di quel bene anziché crescere diminuiscono o invecchiano. La crisi stava e sta tutta nell’evasione fiscale e contributiva ragione per cui mancano alle finanze dello stato mediamente 100 miliardi di entrate ogni anno. La risposta che Renzi ha dato alla crisi è stata debole ed ancora ristretta nei vecchi canoni dettati da un mondo che era ormai finito. Ma Renzi, oggi fanno finta tutti di dimenticarlo, ha governato con un Alfano che era anche peggio dei pentastellati attuali. Sommava ignoranza e corruzione in un unicum. Pensiamo agli interessi alfaniani nella zona e dentro il CARA di Mineo oppure alla «extraordinary rendition» della madre e della figlia di Mukhtar Ablyazov. E pensiamo che pure la Cancellieri che gli dava ragione. Entrambi peggio di quel cretino che ha tenuto prigionieri 150 immigrati su una nave militare italiana. Pensiamo al casino combinato con la buona scuola dove a fronte di una assunzione di 100 mila docenti  ne è il caos che ne è sortito e tutto in mano non ad una analfabeta ma di una docente universitaria e direttrice dell’UNESCO come la Giannini (pensate in che mani sta l’universi tà ... e i futuri dottori....). Stesso caos col bonus degli 80 euro e solita polemica italiana per chi, avendo superato i limiti, ha dovuto restituirli. Come non sapessero prima dei limiti.
Ma il limite maggiore della politica di Renzi è stata appunto quella di avere affrontato la crisi secondo i criteri seguiti per trent’anni prima. Renzi  non ha avuto il coraggio di sbattere in faccia agli italiani i loro pregi e difetti. La loro bontà e la loro doppiezza. Non ha avuto il coraggio di segnalare continuamente che un paese con può andare avanti con 100 miliardi di evasione ogni anno, non può andare avanti con 2350 miliardi di debito pubblico e4500 miliardi di ricchezza privata. Non può andare avanti arricchendo ogni giorno cogli interessi sul debito pubblico italiani e stranieri e nel contempo ridurre le prestazioni scolastiche sanitarie pensionistische, e non il costo del lavoro e la tassazione alle famiglie. Del resto quand’anche l’avesse voluto il governo sarebbe caduto per via di un alleato  destro come non mai. Che è poi anche il problema del governo SalviMaio pure quello ridotto a begare sullo 0,1% di deficit in più o meno litigando sui 5 miliardi per il reddito di cittandinanza piuttosto che sulla flat-tax. Non saprei se mettermi a ridere nel pensare che questo piuttosto che quello siano-saranno in grado di portare fuori dalla crisi il PD visto che tutti i nomi in lizza hanno contribuito a metterlo o mandarlo nel culo di sacco. Cioè: tu dottore mi hai fatto ammalare e adesso io dovrei sperare che mi fai guarire?. Masochismo allo stato puro. E vaffà!.

IL DESTINO DEL PD




Ah! C'è anche il destino del PD. Tra le ultime smielature, la vendemmia, le composte di frutta e verdure da congelare, noci e castagne da raccogliere, c'è anche il destino del PD. Stanotte poi sono venuti in quattro a mangiare una pizza in giardino senza nemmeno chiedere permesso. «Abbiamo visto che c'erano le sedie e il tavolino»: si sono giustificati. Prego s'accomodasse- ro. Non erano neri o di Visegrad (cioè amici di Salvini) : erano compaesani bianchi di pelle e facce toste da menare. Ah! C'è anche il destino del PD. Quello sfascia carrozze che è presidente del PD, tale Orfini da Roma alla festa della Città dell'Altra Economia: « dovremmo prendere lo statuto del Pd e stracciarlo,non ragionare su come modificarlo, dovremmo sciogliere il Pd per come è e rifondarlo insieme a chi in questi mesi vuole fare la battaglia all'opposizione » , dice Orfini. « Non serve cambiare nome, serve mettere insieme un pezzo di Paese che non condivide le politiche del governo. Mi rivolgo a tutti, basta con questa distinzione tra la società civile , decidiamo insieme linea politica e leadership».Il presidente d3ella regione Lazio Zingaretti, autocandidato alla segreteria nazionale per raccogliere l'eredità del misto Renzi&Martina l'ha legnato di brutto: « Usciamo da questo Truman show, smettiamo di parlare a un'enclave ». « Il congresso del Pd non può essere solo un atto burocratico per cambiare il nome del segretario, deve essere un gradissimo processo politico di riaggregazione e di ricostruzione di una nuova piattaforma politica, economica e sociale». Qui ci vogliono dei bravi muratori e piastrellisti . Zingaretti spiega che per quanto lo riguarda il congresso è cominciato il 5 marzo, il giorno dopo il tracollo elettorale. « Io mi batto per cambiare il Pd, per riportare dentro quel mondo che è andato fuori perché non si è sentito più coinvolto. Un esamino di coscienza dobbiamo farcelo tutti, non voglio rimettere insieme i cocci del passato perché non sono la soluzione ma dobbiamo avere la capacità di rigenerarci nei contenuti e nelle forme».  Meno male che domani si congela una composta di prugne.
Zio Letta ha detto pure la sua con alti sussiego: « Oggi la politica è priva di qualsiasi autocritica, se gli italiani cambiano pagina dando uno schiaffo notevole, e invece di capire si riparte insultando gli altri e cominciando a dire agli altri " noi siamo meglio non avete capito niente", ecco quando dici agli elettori non avete capito, allora c'è un problema ». L' ha detto a Cesenatico alla Summer Scool della sua scuola politica. Letta, come nel suo stile, non cita Renzi ma appare evidente che le sue critiche sono rivolte all'ex segretario. E del resto chiedendo ai ragazzi di «immaginare l'impossibile, altrimenti saremo sempre sconfitti e perdenti » Letta ha voluto ricordare che Conte non ha mai citato la scuola nel suo discorso di insediamento in Parlamento ma ha anche aggiunto che sulla scuola «nella scorsa legislatura è stato un casino totale». Una critica diretta alla Buona scuola, una delle riforme simbolo dell'esecutivo Renzi.
Noi domani dobbiamo tornare in caserma dai carabinieri per decidere se fare denuncia  contro i quattro che sono penetrati abusivamente in giardino per mangiarsi la pizza alle due di notte. Ah? C'è pure il destino del PD. Beh, quando vedi le facce della dirigenza piddina ed allo relativa storia personale –mai sentito uno che sia uno fare un discorso politico!- meglio pensare alla composta di prugne. Errore. Uno faceva discorsi politici: peccato che sia uno di quelli che ha approvato la famigerata delibera che è costata una legnata di 630mila euro di danni al Comune. Poi ce n’è anche un altro: ma è una zucca. Meglio dimenticarli. E gli altri?: c