Federico Fubini
IL FANTASMA DELLA CRESCITA ZERO
Chissà se gli è venuta fuori spontanea, oppure era preparata per
sembrare tale. Ma Matteo Salvini ieri mattina a Cernobbio ha
pronunciato una battuta che suonava distante anni luce dalla precedente
incarnazione del leader leghista, quando a febbraio scorso nell'aula di
Strasburgo accusava l'Unione europea di essere un «Titanic».
Ormai vicepremier da cento giorni, ieri al Forum Ambrosetti Salvini
invece ha tenuto a ripetere che il suo governo farà di tutto per
rispettare le regole europee sul deficit. «Ormai mi alzo la mattina e
guardo lo spread invece di telefonare ai miei figli». La ragione
specifica di questa conversione, ammette lo stesso Salvini, è
l'esplosione dei rendimenti dei titoli di Stato da quando a maggio
scorso uscì la prima versione del «contratto» di governo (con l'ipotesi
di referendum di uscita dall'euro e default verso la Banca centrale
europea).
Dev'esserci però anche una ragione più generale, nei tentativi di
rassicurare di Salvini e degli altri leader di governo. Perché di
solito le sfide le si lanciano quando ci si sente forti. Invece più o
meno da quando questo governo si è affacciato alla ribalta e si è messo
al lavoro, l'economia italiana dà segni di una debolezza sempre
maggiore. Quasi al punto da riavvicinarsi, magari provvisoriamente e
per pochi mesi, allo stadio della crescita zero. Tutt'altro che nelle
condizioni di sostenere una schermaglia con la Commissione Ue o con i
mercati finanziari.
Da qualche tempo in effetti le spie rosse hanno iniziato ad accendersi
e non solo quelle, molto visibili, attivate dagli investitori. Target
2, il sistema di pagamenti della Banca centrale europea, ha accumulato
per l'Italia un rosso di 45 miliardi di euro fra inizio maggio a fine
luglio: segno che molti capitali hanno iniziato a lasciare il Paese.
Anche nell'economia reale però le spie hanno stanno girando al rosso
più intenso. Nei primi due mesi di governo, giugno e luglio, si sono
persi in Italia 90 mila posti di lavoro a tempo indeterminato secondo
l'istituto statistico Istat (solo in piccola parte compensati da 24
mila nuovi contratti precari netti). Il ritmo al quale l'economia ha
bruciato posti estate è stato dunque di 1.131 impieghi al giorno: un
netto cambio di stagione da quando, fino a cinque o sei mesi fa, ogni
giorno se ne creavano 900 netti in più. In realtà era dall'inizio della
ripresa nel 2014 che l'occupazione nel Paese non diminuiva per tre mesi
di seguito, come nell'ultimo trimestre. E come mostra il grafico,
basato su dati Istat e Banca d'Italia, neppure durante le ultime tre
recessioni (governo Amato nel '92, quarto governo Berlusconi nel 2001,
governo Monti nel 2011-2013) il ritmo di distruzione di posti è stato
tanto rapido.
Va detto che il periodo sotto esame del governo legastellato è più
breve e provvisorio. Ma che qualcosa stia andando storto in questi mesi
lo segnala anche la cassa integrazione, che ha ripreso a crescere dopo
una lunga fase discendente. Ancora a maggio scorso le ore autorizzate
erano 50 mila in meno rispetto a anno prima, secondo i dati dell'Inps;
a luglio erano già 878 mila più del luglio del 2017.
Sono tutti segni che le imprese hanno rallentato e rinviato gli
investimenti. L'indice Pmi della fiducia dei manager dell'industria è
sceso in agosto alla soglia sotto la quale c'è contrazione
dell'attività. In parte c'è stato un (piccolo) rallentamento europeo.
Ma certo l'incertezza seminata dai governanti di M5S e Lega, sull'euro
o sui conti, ha congelato i piani delle imprese. Non stupisce che ora
Salvini e colleghi cerchino di rassicurare, prima che l'Italia faccia
un altro passo di troppo verso il fantasma della crescita zer
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NUOVE EMERGENZE SANITARIE URBANE
Questa estate –tutto sommato per niente calda viste le precipitazioni e
la media delle temperature- ci ha portato un altro segnale cui porre
attenzione. La prima avvisaglia nel comune di Bresso ai primi di
agosto. Legionella, a Bresso il mistero: a luglio 4 morti e 52 contagi
A soli otto chilometri da Milano, dove ormai i poco più di 20 mila
abitanti hanno paura di respirare aria contaminata e farsi la doccia
con acqua infetta, c’è un paese, Bresso, ostaggio della legionella: ci
si ammala respirando goccioline d’acqua infetta, invisibili ma presenti
nell’aria o nell’acqua. Una task force di oltre trenta 007, anche
arrivati da Roma, cerca di individuare la causa. Gli abitanti finiti in
ospedale con febbre alta, difficoltà respiratorie e in stato
confusionale, ormai sono 52. E c’è un’altra vittima: purtroppo si conta
il quarto morto in due settimane. Ma il diffondersi dei contagi resta
ancora un mistero. Un enigma da decifrare che toglie il sonno e cattura
l’attenzione delle autorità sanitarie a livello nazionale. L’unica
certezza: «È la prima volta in Italia che si registra un numero così
elevato. Il problema nasce perché qualcuno non ha osservato le norme
tecniche di buona manutenzione degli impianti idrici o aeraulici (torri
di raffreddamento per i mega condizionatori d’aria di imprese, alberghi
e supermercati)».
L’ultimo anziano, 89 anni, è morto venerdì sera all’ospedale Bassini di
Cinisello Balsamo. Ha il fisico debilitato dalla malattia, un infarto
lo stronca. Le altre vittime risalgono al 22-25 luglio: due anziani di
94 anni sono deceduti nel giro di 48 ore per le complicazioni causate
dal contatto con il pericoloso batterio, e il giorno seguente a morire
è una donna di 84 anni. Il primo caso risale al 10 luglio. Da allora
per Bresso non c’è più pace: due, tre, quattro contagi al giorno e un
doppio picco di sei e sette ricoveri, rispettivamente il 19-20 e il
27-28 luglio. È un incubo che ritorna. Tutti si ricordano i 9 ammalati
di legionella dell’ottobre 2014, con un morto, e il reale motivo del
contagio mai scoperto. «Non deve ripetersi», è la supplica degli
abitanti.
Non passa nemmeno un mese e ai primi di settembre scoppia il caso delle
polmoniti a Brescia, i casi sono oltre 150. C’è subito un vertice
d'emergenza tra i gestori degli stessi acquedotti e Ats di Brescia.
Ricoverate oltre 150 persone tra Brescia e Mantova. Centoventuno
persone al pronto soccorso con gli stessi sintomi e la stessa diagnosi:
polmonite. Centoventuno pazienti tutti concentrati nella Bassa
Bresciana e in alcuni paesi al confine con l’alto Mantovano, sparsi tra
i comuni di Calvisano, Carpenedolo, Montichiari, Acquafredda, Desenzano
e Gavardo. A essere preso d’assalto soprattutto l’ospedale di
Montichiari: negli ultimi giorni al pronto soccorso la percentuale di
consulti per polmonite è passata dall’1 all’80 per cento.
Una epidemia. Un picco di contagio inspiegabile, per ora. Una
situazione seria che ha fatto finire in corsia già 107 persone. Medici
e tecnici stanno cercando di capire se ci sia una correlazione fra
tutti questi casi. Se ci sia una fonte di contagio unica. E se, vista
la sintomatologia non tradizionale, si sia in presenza di polmonite
comunitaria, presa cioè tra le mura domestiche e causata dal batterio
della legionella. Se si tratti di polmonite da legionella non si può
ancora dire, quel che è certo è che questo batterio ha contagiato due
dei pazienti, da ieri ricoverati in Rianimazione all’ospedale Civile di
Brescia, le loro condizioni si sono aggravate e i medici hanno disposto
il trasferimento dal reparto infettivi alla terapia intensiva.
Ma sono i casi di polmonite a preoccupare, perché la fonte del contagio
non è ancora stata individuata. E tutti i primi marker di screening
effettuati in pronto soccorso, per capire appunto se si tratti di
polmonite da legionella, sono risultati negativi. Sorvegliata speciale
è la rete idrica, gli acquedotti, ma anche i pozzi, perché in alcuni
dei paesi coinvolti i cittadini ricevono l’acqua da pozzi diversi e non
da un unico distributore. All’Ats di Brescia stanno affluendo i dati
dai vari pronto soccorso degli ospedali, in modo che si disegni tutta
la mappa dell’epidemia e si possa capire quali sono le zone più colpite
e quelle che possono essere considerate a rischio.
Così passano gli anni e ne le ATS ne il Ministero della Salute
riescono a dare una risposta per impedire che si ripetano queste
tragedie. Dopo avere verificato a Genova l’intreccio tra rapporti
privati e prestazioni pubbliche di chi doveva controllare «per conto
dei cittadini» e in parallelo controllava (legittimamente: sta scritto
nelle carte e nelle leggi...) «per conto dei controllati» non vorremmo
che qualcuno, qualche decina, qualche centinaio, qualche migliaio
di cittadini finissero al Creatore. Per colpa di nessuno perché tutti
hanno sempre ragione e la legge dalla loro parte.
PS.: in città ci sono dei bar coi tavolini all’aperto che dotano i loro
ventilatori di spruzzatori di acqua. La vaporizzazione dell’acqua
«dovrebbe» rinfrescare lo spazio spruzzato. E la legionella?
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