LA MALEDIZIONE DEL CAMBIAMENTO CONTAGIA IL PD (ANCORA)
Umberto Minopoli
C'è bisogno di politici che smettano di minacciare di voler “cambiare”
il mondo. E dicano, invece, in cosa e come intendano “migliorarlo”: con
quali riforme fare e con quali risorse.
In Italia la parola più usata dai conservatori è “cambiamento”. Viene
promesso, declinato, sottolineato, perorato. Ma mai nei suoi eventuali
contenuti, essenziali per capirne significati, portata ed effettive
novità. In Italia non si pratica i cambiamento. Si evoca. Si approfitta
della caratteristica affluente, ricca, abbondante della nostra lingua
per aggettivare, ridondare, baroccare il termine “cambiamento”. E per
sfuggire alla domanda d'obbligo che, pragmaticamente, occorrerebbe
porre ai retori del cambiamento: “che cosa vuoi concretamente cambiare?
Come? In che modo? Non bisognerebbe più consentire a un politico il
vezzo e l'abitudine dell'uso, e dell'abuso evocativo, del termine
cambiamento.
Andrebbe istituita una sorta di penalità, di multa pedagogica e
punitiva per chi usa a sbafo, demagogicamente e solo per evocazione
subliminale, la parola “cambiamento”. E, soprattutto, senza farsi i
conti in tasca. La sinistra è stata maestra di questa condotta
deformante: il nominalismo, l'evocazione, la retorica solo onirica ed
evocativa. Avete presente Veltroni ( e oggi l'allievo Zingaretti? Ecco.
Quando la sinistra deve indicare che cosa, effettivamente, propone ha
la risposta pronte ed esaustiva: cambiamento. È il termine
passepartout, la garanzia che si è “nuovi. Letto Zingaretti? vuole
“cambiare” tutto, persino il nome: vuole andare oltre la Ditta, oltre
Renzi ma in che cosa, come e in che direzione ce lo dirà. Promette. Per
ora, comodamente, evoca.
È nel genoma di sinistra questo uso evocativo, nominalistico,
suggestivo e basta, del termine cambiamento. Ha radici nobili.
Ricordate Marx? Il suo Manifesto concludeva un testo di atroci denunce
dei guasti del capitalismo con la più suggestiva ed epocale delle
evocazioni: “finora i filosofi hanno interpretato il mondo, ora si
tratta di cambiarlo”. Avrebbe fatto meglio a iniziare il Manifesto da
dove lo concluse: dirci in cosa e come i comunisti avrebbero “cambiato”
il mondo. Invece si limitò ad evocare il “cambiamento”.
E vennero disastri e fallimenti. Epocali. L'evocazione indistinta, nominalistica e astratta del cambiamento ha fatto scuola.
Oggi è il connotato di un'altra, nascente, formazione politica: il
populismo. Che cos'è questo termine? Un frullato di datati e desunti
contenuti di destra e sinistra, un'agenda di idee demagogiche opposte,
un'antologia del peggio dei desideri, suggestioni, pretese della destra
più estrema e della sinistra più radicale: il nazionale( sovranismo )
insieme al socialismo ( statalizzazioni); il reddito e la pensione di
cittadinanza a tutti indipendentemente dal lavoro ( “a ciascuno secondo
i bisogni”, perorava il “Manifesto dei comunisti”) insieme alla flat
tax, a risorse ai ricchi.
Tutta la marmellata, di destra e di sinistra, che il populismo
affastella è tenuta insieme però dall'evocazione del “cambiamento”,
sempre ricco di aggettivazioni ma dai contenuti poveri e, soprattutto,
antichi. Cambiamento reazionario: un ossimoro. I populisti copiano i
rivoluzionari. I riformisti, i liberali innovatori si distinguono. C'è
bisogno di politici che smettano di minacciare di voler “cambiare” il
mondo. E dicano, invece, in cosa e come intendano “migliorarlo”: con
quali riforme fare) e con quali risorse. Disinteressarsi dei conti (
l'eterno difetto dei rivoluzionari) porta sempre il “cambiamento” a
concludere in un solo modo: la restaurazione e la conservazione. È
stata la maledizione della sinistra radicale. Sarà la maledizione degli
esperimenti populisti.
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PATRIMONIALE ED EVASIONE FISCALE
Parole impronunciabili
Dove va il PD? Boh!. La seconda repubblica terminò nel giustizialismo
contro i partiti fondatori della Repubblica che vide un’alleanza tra
forze dotate di interessi assolutamente contrastanti. Buona
imprenditoria che voleva togliere di mezzo i corrotti, la classe
operaia, un nuovo ceto politico -B&B- che volevano contare in
difesa di propri interessi assai particolari. La seconda repubblica è
terminata il 4 marzo e si è consolidata nei pochi mesi successivi fino
a creare un governo cattivo e fanigottone che ha regalato agli elettori
- a tutti gli italiani- una tassa di 4-5 miliardi di debito in più.
Contenti i pensionati e i tenutari di BOT della crescita degli
interessi: come del resto già sottinteso promessa in campagna
elettorale. Dalla prima alla seconda alla terza repubblica tutti li a
premiare questa o quella categoria e rammendare qualcosa mentre il
debito pubblico è arrivato a 2300 miliardi e la ricchezza privata, al
netto del debito privato, è ammonta a 4.300 miliardi. Insieme a 200
miliardi di evasione fiscale ogni anno ed una ventina per il lavoro
nero.
Tutto questo spostamento di ricchezza avrà ben lasciato in braghe di
tela qualcuno! Dare tutta la colpa al PD dimenticando che c’era
anche un Alfano e un Verdini che hanno retto per cinque anni la
precedente legislatura non è onesto e corretto. Alfano e compagnia -
vedi gestione dei centri accoglienza migranti dalla Sicilia al
Veneto- fanno danni ancora adesso. Danni all’Italia. L’enorme
spostamento di ricchezza avvenuto nella c.d. seconda repubblica ha
inchiodato il paese ad una crescita dove si contano gli zeri piuttosto
che gli altri nove numeri. Del resto i problemi che stanno davanti agli
italiani ed a tutti i governi che c’erano, ci sono, ci saranno stanno
tutti e solo in quei quattro numeri citati prima: 2.300, 4.300,
200, 20. Debito ricchezza evasione fiscale evasione da lavoro nero. Lo
si è visto col DD (decreto dignità) che i più volenterosi descrivono
come una spolveratina del JA renziano. Adesso i due vice primi ministri
fanigottoni stanno litigando sulle ossa da spartire chi per il reddito
di cittadinanza e chi per la flat tax. Fatti i conti il risultato sarà
che le imprese e i poveri resteranno incasinati perché si ribalta
per l’ennesima volta tutta la normativa senza aggiungere un posto di
lavoro in più. La chiave di volta della crisi italiana sta tutta in una
parola: patrimoniale. Che nessuno ha il coraggio di pronunciare e
quindi il politico «si ma no però...» . Spostare il 10% della ricchezza
finanziaria delle famiglie e imprese italiane a riacquistare il debito
pubblico detenuto da operatori stranieri sarebbe davvero un «prima gli
italiani!».
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CHE BELLO SE AUMENTA LO SPREAD
Sebastiano Messina
Ex malo bonum, ammonivano i saggi romani duemila anni fa. Non malum sed
bonum annunciano oggi i tribuni grillini. E il principio è davvero
rivoluzionario, perché la negazione della realtà, il capovolgimento dei
fatti, il ribaltamento della verità consentono di non deludere mai i
propri elettori. È dunque da incorniciare, come un capolavoro dell'or/
nouveau della comunicazione politica, l'articolo sul Blog delle Stelle,
che non è un sito qualunque ma l'unica sede ufficiale del principale
partito di governo, il Movimento 5 Stelle. Un post firmato da Stefano
Buffagni, deputato e sottosegretario, oltre che dottore commercialista.
Cosa c'era scritto, di così rivoluzionario?
C'era la notizia della pessima asta dei titoli di Stato, ma presentata
come uno strepitoso successo del governo giallo-verde. Titolo: «Ottimi
segnali per l'economia italiana, sold out per l'asta dei Btp».
Ottimi segnali? Sì, perché «la domanda è stata superiore all'offerta»,
spiegava il dotto Buffagni, concludendo con una domanda: «Che dite, la
leggeremo questa notizia sui giornali?». No, non l'hanno letta. Perché
i giornali hanno riportato un'altra notizia, quella vera: e cioè che la
fiducia degli investitori verso l'Italia è in calo, e per vendere quei
Btp il Tesoro ha dovuto offrire quattro miliardi di interessi in più.
Ma questo segnale — pessimo, da ogni punto di vista — è diventato
«ottimo» per i grillini. Se Buffagni, da studente, avesse sostenuto
questa tesi all'esame di Economia sarebbe stato bocciato all'istante,
eppure oggi da deputato e sottosegretario può farlo senza arrossire, e
chiedere ai suoi di diffondere la grande notizia che i soliti giornali,
vogliono nascondere (naturalmente per proteggere banche, lobbies,
casta, multinazionali e poteri occulti pippo-pluto-giudaico-massonici).
Non era una gaffe, perché la singolarissima tesi di Buffagni è stata
subito rilanciata dalle armate grilline su Facebook e Twitter, con
condivisioni a cascata alle quali si sono aggiunti due post (poi
cancellati) di due deputati, Giovanni Luca Aresta e Azzurra Cancelleri.
Il primo ha definito «ineccepibili risultati» l'aumento dei rendimenti
dei Btp. La seconda ha spiegato addirittura che «se lo spread dovesse
alzarsi notevolmente, gli interessi in più che pagherebbe lo Stato
andrebbero innanzitutto nelle tasche dei risparmiatori», tentando di
persuaderci che saremmo tutti più ricchi, in un Paese più povero. Come
in Venezuela, dove la crisi ha portato il salario minimo a 180 milioni
di bolivar al mese: peccato che un pollo costi 15 milioni.
Evidentemente il quartier generale pentastellato ha deciso che è
arrivato il momento di usare l'arma della propaganda bellica: il
capovolgimento della realtà. Non potendo nascondere ai loro elettori
ciò che accade, spacciano la sconfitta per vittoria e raccontano
trionfalmente una battaglia perduta.
Prepariamoci dunque a una narrazione alternativa. Ci sarà la
svalutazione? Finalmente potremo diventare tutti milionari. Le banche
falliranno? Sarà la punizione che merita l'avidità dei capitalisti.
Crollerà l'occupazione? Magnifico, tanti italiani avranno più tempo
libero da dedicare alla famiglia e allo sport. Rimetteranno le
frontiere e i visti? Sarà il rilancio del turismo nazionale.
Prepariamoci, questo è solo l'inizio (come disse Napoleone dopo la vittoria di Waterloo.
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