LE FRASI FAMOSE
« Nel 2016 i ' signori delle autostrade' hanno fatturato quasi 7
miliardi. Di essi, 5,7 miliardi derivano dai pedaggi autostradali. Allo
Stato sono tornati appena 841 milioni ». Mentre gli investimenti si
sono ridotti dai due miliardi degli anni 2000 ai 950 milioni del 2017.
« Un immenso business dell'asfalto», denuncia il ministro. «In Italia -
dice si è deciso di privatizzare senza far mercato, senza fare
concorrenza».
Un altro fronte è quello temporale. La Procura vuole capire a quando
risalgano le prime consapevolezze, se non del rischio di crollo,
perlomeno dello stato di avanzato deterioramento — sottolineato da
diversi studi — sia del calcestruzzo che dei cavi di acciaio in esso
inglobati.
Molto importante, in questo senso è la figura di Donferri, che nel
1993, in occasione dei lavori di rinforzo ai tiranti della pila 11,
nella sua qualità di ingegnere di Autostrade segue non solo i lavori ma
addirittura cofirma uno studio che verrà presentato nel 1994 in un
convegno sui ponti a Shangai. All'epoca Donferri fissava al 2030 " la
condizione limite di degrado", ossia il fine vita del ponte Morandi.
I rendimenti garantiti al 10%
Il dato più significativo è quello relativo alla remunerazione del
capitale. La convenzione concede ad Autostrade una percentuale di
remunerazione del capitale del 10,21% lordo, che tolte le tasse diventa
il 6,85%. Una percentuale considerata troppo alta dall'Unione Europea
che nel 2017 aveva negoziato con Del Rio nuove condizioni per prorogare
la concessione fino al 2042: per tutti i “nuovi investimenti
programmati” dal 2017 e fino alla fine del “periodo regolatorio” la
remunerazione del capitale sarebbe dovuta essere tra il 4 e il 6%
lordo. Tra il 2013 e il 2017, Aspi ha incassato 4,05 miliardi di utili.
I ricavi per Aspi e quelli per lo Stato
Autostrade corrisponde allo Stato un canone di concessione del 2,40%
sui ricavi dai pedaggi. Nel 2016, considerata anche Tinflazione, i
ricavi da pedaggi sono stati 2 miliardi e 730 milioni; nel 2017 2
miliardi e 855 milioni. Il piano finanziario 2013 prevede che crescano
ogni anno superando i 4 miliardi nel 2027.
Il testo mostra anche il livello - decrescente - degli investimenti per
interventi sulla rete, quelli previsti dal piano del 1997, dall'atto
aggiuntivo del 2012, da altre delibere del Cipe: si passa da 1 miliardo
e 67 milioni del 2016 a 773 milioni del 2017, ai 740 del 2018.
Gli aumenti previsti per gli investimenti
Gli investimenti sono di due tipi. Nel primo caso, i concessionari li
devono realizzare senza forme di remunerazione aggiuntiva. Poi ci sono
quelli per i quali viene riconosciuto un premio sul capitale
utilizzato. Di questa categoria, fanno parte gli interventi per terze o
quarte corsie, svincoli e gallerie. Nei documenti desecretati, per
esempio, si legge di un piano per la messa in sicurezza delle gallerie
che prevede aumenti dell'1,1% all'anno tra il 2006 e il 2021. In
totale, si prevedono aumenti del 24,6% delle tariffe dal 2013 al 2028.
Quanto si spende per la manutenzione
Dai documenti desecretati si legge come il gruppo Atlantia si sia
impegnato a far crescere l'impegno di spesa nella manutenzione dai 284
milioni del 2013 ai 291,9 milioni a fine 2038. Sul tema, ci sono sempre
state numerose polemiche perché la maggior parte dei lavori è affidata
a società controllate dagli stessi concessionari, invece di essere
assegnata attraverso gare a evidenza pubblica, favorendo la concorrenza
nel settore, così come chiede la Ue. Nel caso di Autostrade per
l'Italia, la società utilizzata è la Pavimental.
"La trasparenza è finalizzata a favorire forme diffuse di controllo
sull'utilizzo delle risorse pubbliche".A gennaio i concessionari si
sono opposti. E a marzo il dicastero si è schierato al loro fianco,
facendo scudo al segreto.
Rileggere oggi la replica scritta dall'Anac a metà aprile è
raccapricciante, perché punta il dito sulla questione degli
investimenti per la sicurezza dei cittadini: "La sana gestione della
rete autostradale, principale obiettivo del sistema delle concessioni,
è resa possibile proprio attraverso il controllo degli eventi che
riguardano il concessionario e che in nessun caso devono arrecare
pregiudizio all'interesse pubblico alla gestione dell'autostrada in
piena sicurezza per gli utenti e con la realizzazione dei necessari
investimenti di mantenimento e sviluppo della rete". Dalle
Infrastrutture hanno risposto ancora di no. E Cantone è tornato alla
carica con un'intimazione: "Non consentire la consultazione viola un
principio cardine del nostro ordinamento".
Cantone
Eppure secondo il governo, e non solo, è una concessione squilibrata a favore del privato.
«Non si può dimenticare che la società fu privatizzata nel 1999 a un
valore complessivo di otto miliardi di euro, oltre quattro volte il
valore di libro, in base a una gara intemazionale. Commisurato a
quell'investimento, il rendimento è stato in linea con il mercato. Un
rendimento, non dimentichiamolo, che termina nel 2038. E rispetto al
presunto squilibrio della concessione ritengo che il via libera della
Commissione europea alla proroga, dopo un'istruttoria di oltre un anno
focalizzata su eventuali condizioni di privilegio perii concessionario,
dimostri esattamente il contrario».
Ma la concessione stabilisce un tasso di remunerazione del capitale
investito di oltre il 6,85% netto, superiore al 10 % lordo. Le sembra
un trattamento di mercato?
«C'è un grande fraintendimento, che a volte sembra creato ad arte. Il
numero a cui lei fa riferimento è il rendimento fissato nel 2012 quando
i Btp garantivano un rendimento netto del 5%, al culmine della crisi. E
si riferisce solo a investimenti richiesti dopo il 2008, ad oggi ancora
in fase autorizzativa. Quindi è un rendimento applicato solo
marginalmente e già rivisto per il prossimo quinquennio fortemente al
ribasso, in base alle direttive Cipe e grazie alla riduzione degli
spread. Ma ripeto, sono le modalità standard di calcolo del rendimento
del capitale per tutte le utility».
intervista di Roberto Mania a Giovanni Castellucci-Atlantia
È una periferia complessa, che da più di cent'anni viene usata per fare
e disfare lo sviluppo di Genova, e ha stratificato epoche industriali
di espansione e di crisi distruggendo il tessuto umano e sociale.
Difficile da “rammendare”, per usare un termine a lei caro...
«Le città fanno questo, crescono costruendo sul costruito. È un grande
tema che non è associato soltanto al ponte crollato. Il paradosso è che
per questa periferia c'era un progetto finanziato, ma il Parlamento con
il Milleproroghe ha rinviato al 2020 i fondi stanziati per il piano
nazionale delle periferie».
Renzo Piano
Tornando alla perizia tecnica stilata dall'ingegnere si legge ancora
"... una degradazione della struttura in cemento armato molto rapida
in alcune parti... molto di più di quanto ci si potesse aspettare...”.
In particolare, “...gli scarichi dell'acqua e le infiltrazioni (nell'81
l'asfalto non era impermeabile e drenante, ndr) agiscono sui
giunti... si riflettono con lesioni trasversali più vistose verso il
mare... creano problema sulla staticità dell'opera...”
Dalla relazione tecnica consegnata ad Autostrade non si comprende bene
quale sia la ragione di un degrado così accelerato, anche se Morandi
“aldilà del tipo di opera e di tecnica utilizzata”, fa riferimento
“all'ubicazione (in linea d'aria distante 500 metri dal mare, ndr) e
all'aumento di traffico”. Va ricordato che nel 1964 (data di progetto)
sul viadotto transitavano 6000 veicoli al giorno, nell'81 già 60mila,
oggi vi passano 160mila auto e 13mila tir.
Questa documentazione va ad incrociarsi con le prime ipotesi dei
consulenti della Procura circa la dinamica del crollo. Gli stralli,
ovvero i tiranti di calcestruzzo sono i principali sospettati. E in
particolare si delinea un possibile scenario. Una bolla d'aria interna
al tirante di calcestruzzo, un difetto nella fase di “iniezione” del
cemento che ingloba i trefoli, i cavi di acciaio, che si sarebbero
così arrugginiti e deteriorati con il passare degli anni.
Giuseppe Filetti Marco Preve
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UN BIDONE COSTATO 43 MORTI
Ieri
era programmata (di pomeriggio: era lunedì… bisogna fare arrivare a Roma gli
onorevoli…) l’audizione del ministro penta stellato delle infrastrutture e dei
trasporti il capellone Toninelli ed al mattino quei faccioni di Autostrade per
l’Italia (ASPI) hanno reso noto la Convenzione Unica con il Concedente (da
ottobre 2012 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, già ANAS S.p.A.),
con gli atti aggiuntivi e tutti gli allegati vigenti. E maliziosamente aggiunge
che “La gran parte di
questi documenti era stata già pubblicata sul sito web del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti il 2 febbraio 2018, mentre la totalità dei
documenti stessi era stata già resa disponibile nella scorsa legislatura
(maggio 2017) ai membri della Commissione Lavori Pubblici del Senato per
consultazione.” Il tutto ha costretto i giornalisti a leggersi in fretta
qualche migliaio di pagine e trarne le prime osservazioni per guadagnarsi la
pagnotta con l’articolo. Nella colonna di destra cogli asterischi ci sono dei
pezzi tratti dagli articoli.
Il primo scandalo che viene
colto è che nel 2016 i “signori delle autostrade” hanno fatturato quasi 7
miliardi. Di essi, 5,7 miliardi derivano dai pedaggi autostradali. Allo Stato
sono tornati appena 841 milioni. Più avanti: “il dato più significativo è quello relativo
alla remunerazione del capitale. La convenzione concede ad Autostrade una
percentuale di remunerazione del capitale del 10,21% lordo, che tolte le tasse
diventa il 6,85%. Una percentuale considerata troppo alta dall'Unione Europea
che nel 2017 aveva negoziato con Delrio nuove condizioni per prorogare la
concessione fino al 2042: per tutti i “nuovi investimenti programmati” dal 2017
e fino alla fine del “periodo regolatorio” la remunerazione del capitale
sarebbe dovuta essere tra il 4 e il 6% lordo. Tra il 2013 e il 2017, Aspi ha
incassato 4,05 miliardi di utili”.
Dove stia lo scandalo è
difficile da vedere dal momento che se hanno incassato lordi 5.700 milioni e ne
hanno versato allo Sato 841 milioni di canone concessorio (14,75%) qualunque
proprietario di un appartamento sarebbe contento di affittare il proprio con quel rendimento. Difficile credere che un
appartamento di 100mila euro renda 14.750 euro
di affitto all’anno. Perché su quei 14.750 euro… lo Stato non deve
pagare le tasse mentre il normale cittadino si.
Ovvio che disporre in media
di 15-16 milioni di incassi al giorno e ipotizzando pagamenti dei debiti a 60
giorni, ne viene che la società poteva disporre di un gruzzoletto prossimo al
miliardo da giocare ogni giorno sui mercati finanziari: e hai voglia che fila
di players ci fosse alla porta per partecipare al gioco.
Il viadotto Morandi ha un
andamento est-ovest a cavallo del fiume Polcevera (che corre in direzione
nord>sud. Ad est c’è il quartiere di Sampierdarena (sotto il viadotto un
imponente scalo ferroviario ed il resto residenziale) mentre ad ovest c’è
Cornigliano (zona industriale con la presenza di una grande acciaieria ed altri
siti industriali).
Va detto che il disegno
delle tre pile del viadotto (10-11-12) si inseriscono molto bene nel paesaggio
urbano e –basta vedere il filmato di Riccardo Morandi dove spiega i criteri statici secondo i quali è stato
ideato progettato e costruita ogni pila- per comprendere come quello non fu
solo un ponte progettato da un ingegnere, ma il “disegno” era congruo col
paesaggio. Magari era meno congruo il resto del viadotto, quello con le pile da
1 a 9. In via Fillak pensi di trovare una 600 di 50 anni or sono piuttosto che
una Yaris di oggi. Osservando le immagini del viadotto ci si rende conto di
quanto fosse “corrosiva” l’aria che lo lambiva per l’estrema pulizia che presenta
il cemento.
Dalla spiegazione di
Morandi nel filmato si coglie l’estrema semplicità della statica delle tre
pile “incriminate” e dell’insieme del
piano di scorrimento dei veicoli. Ovviamente bisogna tenere conto che venne
ideato e progettato dal 1960 al 1965 e costruito entro il 1967.
I dodici stralli
incriminati a mio avviso non contenevano-contengono cavi tesi come quelli delle
travi precompresse (come si legge sulla stampa) ma Morandi non volendo creare
“uno zoccolo e una scarpa” cioè un ponte di calcestruzzo tenuto su da cavi a
vista, decise che i cavi fossero annegati dentro gli stralli di calcestruzzo e
per fare agli stessi (stralli) un disegno
di maggiore eleganza e leggerezza, questi partivano dall’ancoraggio al
vertice della pila in un monoblocco e terminavano alla base in due sezioni
distinte. Poiché il calcestruzzo resiste zero alla trazione, i cavi dentro gli
stralli erano isolati dal contenitore di calcestruzzo con del materiale che in
breve tempo si consumerà esponendo in questo modo i cavi ai fenomeni
corrosivi del pessimo ambiente che nel
frattempo si stava creando (in primis l’acciaieria e la salsedine).Nel 1994 lo
scrive lo stesso Riccardo Morandi: “Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto
quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi
dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica. È
in atto una perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo". Morandi
quindi suggerisce l'impiego di elastomeri e resine per proteggere le parti
soggette a corrosione”.
Nel numero di
luglio/settembre 1994 della rivista “Autostrade” viene pubblicato un articolo
che illustra il procedimento di verifica dei 12 stralli delle pile 10-11-12 (il
12 è quello più vicino al monte mentre il 10 è quello crollato). Di questo
articolo adesso noi possediamo solo alcune pagine (fotografate con un
cellulare) e fra qualche giorno dovremmo riceverlo intero.
Le condizioni dei cavi
inseriti nella cassaforma di calcestruzzo venne provata con la misurazione
della corrente passante. Minore era la sezione e minore era la conducibilità
rilevata. Il più compromesso risultò subito lo strallo numero 11 che era nella
pila verso Sampierdarena (est) mentre la pila 10 è quello verso Cornigliano
(ovest).
Siccome non si potevano
demolire gli stralli esistenti venne presa la decisione di affiancare a quello
esistente un fascio di cavi posti all’esterno e tenuti fermi attraverso un
telaio di contorno dello strallo esistente. Venne anche istallato un impianto
elettrico per misurare stando in basso lo stato dei cavi vecchi e nuovi sempre
attraverso misurazione della conducibilità. Per ragioni costruttive tutti gli
stralli della pila 12 vennero rinforzati nel 1993-94 mentre per gli altri non
venne fatto nulla. Nel 1999 il ponte verrà dato in concessione alla nuova
società. Per adesso non si conosce la spesa della re imbragatura dei 4 stralli
della pila 12 all’epoca dei lavori.
Però si conosce che
l’intervento (sugli stralli della pila 10: quella crollata) di cui si stava
procedendo all’appalto era di 20 milioni (di oggi).
Non ci vuole molto a
concludere che per cinque anni l’ANAS
non decise di investire 20 milioni (di euro) per mettere in sicurezza gli altri otto stralli (delle
pile 10-11) così come neppure l’ASPI dal 1999 ad oggi non ha investito un euro
per quell’operazione.
Come abbiamo già scritto,
in buona sostanza venne dato un
concessione un viadotto che “non stava per nulla in buone condizioni” nel furbo
silenzio dell’ANAS che sbolognava via una rogna costosa da risolvere e nella
furba posizione di un concessionario che badava soprattutto alla enorme
quantità di cassa che i pedaggi gli mettevano a disposizione e poi … c’era da
pensare che l’italico stellone non dimenticasse Genova la superba.
Cinque anni perditi
dall’ANAS e 19 persi dall’Aspi fanno 43 vittime e qualche miliardi di danni.
Viva l’Italia.
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