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Di cosa parliamo in questa pagina.
Se n'é andato Vincino. Ciao!
Il presidente del consiglio Conte pare non conosca la declinazione dei verbi al presente. Lui parla sempre al futuro.
Il crollo del viadotto a Genova ha fieramente colpito una generazione di laureati che si credevano infallibili per  numeri scienza conoscenza esperienza filosofia.
Pare che la natura abbia qualche conoscenza in più di loro.
Onestamente anche il progettista se n'era già accorto.
Ma all'ASPI speravano nell'italico stellone. Probabile si sia stufato di aspettare.






                                                                                                                                                                                                                        
































IL CROLLO DEL VIADOTTO DI GENOVA
AMMAZZATE LE CERTEZZE DEGLI INGEGNERI

Domani mailerò al procuratore genovese Cozzi (che sia parente del fondatore della Vineria Cozzi in Città Alta?: vedrò di informarmi) di chiamare come consulente l'emerito ing. Claudio Piga, abduano di Trezzo sull'Adda, uno che ha fatto il classico in una scuola dei preti (non gli dico che la frequentò pure A. Gramsci: non si sa mai, può portare male), è laureato al Politecnico di Milano (al tempo quando  c'erano ancora 35 esami  di quelli colle palle e non in una modesta università di provincia) dove ha seguito le mitiche lezioni di Analisi matematica uno e due della prof.ssa Ajroldi Vasconi e siccome “ovviamente, ci sarà chi ne capisce di più e chi meno ma fra coloro che ne capiscono di più ci siamo noi che abbiamo avuto un'educazione sia umanistica, sia tecnica” ci pare ovvio che il suo contributo alle indagini sarà determinante.
Perché bisogna prestare attenzione a non considerare tutti i tecnici che sanno il fatto loro (almeno nei blog) degli “esperti” con licenza di mordacchia. Solum certum, nihil esse certi. L'unica certezza è di non essere mai sicuri. Più o meno. In ogni processo decisionale  e, a fortiori, in quello investigativo, c'é il dovere di raccogliere tutti gli indizi, anche a carico degli organi di controllo del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Senza indignazione precostituita, da una parte o dall'altra, senza speculare su questa disgrazia per far passare la propria visione del mondo. Per non parlare delle polpette della politichetta. Occorre ragionare. Oh yes!.
No, bisogna fare le indagini e già nel fare le indagini ci si faccia guidare dalla ragione. Primum non bibere. Bisognerà raccogliere materiale utile (ed infatti è stato tutto accuratamente accatastato e numerato e la posizione originale dopo il crollo metadata (?) col GPS, e sulla base di questo (materiale) formuleranno le prime ipotesi di lavoro, più di una. Scarteranno quelle immediatamente falsificate da un qualche supplemento d'indagine, si concentreranno in particolare sull'ipotesi residua. Alla quale, con l'aiuto di nuove indagini, applicheranno il vaglio del ragionamento. Per maggior sicurezza, quando fosse possibile, si faranno consegnare la prova definitiva dallo stesso colpevole. Ma i colpevoli possono essere più di uno. Oh, yes, due, tre, quattro !.
Mi sa che quel viadotto è crollato davvero per un fulmine e per disporre della prova ci rivolgeremo al cielo sperando che non stiano girando  lo spot del caffè Lavazza.

Tornando seri, ci pare che il nostro ingegnere Claudio Piga dal Politecnico di Milano porti impresso nella carne come una mutilazione il crollo incompreso (finora) di quel mitico viadotto che porta la firma di uno dei “grandi” ingegneri italiani. Dalle sue parole si coglie l'incazzatura che un'opera progettata col sommo della scienza del tempo sia miseramente crollata e per di più senza che se ne conoscano immediatamente le ragioni. Due fatti –lo smentire la scienza e l'ignoto delle ragioni del crollo- che azzerano di brutto le certezze di un ingegnere del Politecnico, mica di un geometra di provincia  o peggio di una  misuratore di terreni.

Il ponte sul Polcevera fu progettato da Riccardo Morandi nei primi anni '60. L'ing. Riccardo Morandi (1902-1989) brevettò un sistema di precompressione denominato “Morandi M5” che applicò a diverse sue opere. Ciò che rese famoso Morandi, però, è la struttura del ponte a cavalletti bilanciati che riassume l'unione tra la trave precompressa isostatica e le strutture strallate. Questa soluzione la si ritrova in diverse opere dello stesso Morandi. Uomo onesto visto che in uno studio effettuato nel 1979: solo 12 anni dopo l’inaugurazione ("Il comportamento a lungo termine dei viadotti esposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il viadotto sul Polcevera, a Genova") dallo stesso Morandi viene spiegato a parole chiare quanto il ponte crollato sia stato soggetto agli agenti atmosferici: "Penso che prima o poi, forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica. C'è un rischio concreto di corrosione. La struttura viene aggredita dai venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea così un'atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell'acciaieria (si riferisce a un vecchio stabilimento Uva) e si satura di vapori altamente nocivi. Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica. È in atto una perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo". Morandi quindi suggerisce l'impiego di elastomeri e resine per proteggere le parti soggette a corrosione.

Il dolore dello strapparsi i peli delle proprie certezze “da ingegnere vero” da parte dell'ing. Claudio Piga, abduano di Trezzo sull'Adda, uno che ha fatto il classico in una scuola dei preti , è laureato al Politecnico di Milano dove ha seguito le mitiche lezioni di Analisi matematica uno e due della prof.ssa Ajroldi Vasconi  deriva anche dal fatto che un altro ingegnere, tale Antonio Brencich, nientemeno che professore associato di Costruzioni in cemento armato all'Università di Genova (scuola di cui non si deve dubitare) va  dicendo  per scritto e in televisione che “il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l'aumento dei costi di costruzione preventivati, è necessario ricordare un'erronea valutazione degli effetti differiti (viscosità) del calcestruzzo che ha prodotto un piano viario non orizzontale. Ancora nei primi anni '80 chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell'impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili”.
In effetti è vero. Bisognerà fare le indagini e già nel fare le indagini ci si faccia guidare dalla ragione. Bisognerà raccogliere materiale utile e sulla base di questo (materiale) si formuleranno le prime ipotesi di lavoro, più di una. Si scarteranno quelle immediatamente falsificate da un qualche supplemento d'indagine, si concentreranno in particolare sull'ipotesi residua. Alla quale, con l'aiuto di nuove indagini, applicheranno il vaglio del ragionamento. Per maggior sicurezza, quando fosse possibile, si facevano consegnare la prova definitiva dallo stesso colpevole. Ma i colpevoli possono essere più di uno.
Abbiamo una speranza così non siamo costretti a calar le braghe: che la scienza non basta contro la natura maligna (come detto nel 1979 dallo stesso Riccardo Morandi) . Che ad abbatter