GENOVA (3)
prima colonna
La notizia positiva dopo la strage di Genova è che i dispersi sono solo
cinque (e non venti) che si sommeranno ai 39 deceduti. Non si conoscono
le condizioni dei cinque ricoverati in codice rosso e degli altri
feriti. Ci sono anche 300 famiglie e 600 sfollati da sistemare chissà
per quanto tempo.
Le notizie negative che si aggiungono alla tragedia dei morti, feriti,
scomparsi , sfollati e ai danni materiali che dureranno per anni sono
le chiacchiere fuori di senno del governo: Conte, Salvini, DiMaio,
Toninelli, Rixi, ecc.
Cui si aggiungono le accuse dei giornalisti e giornali dell'area
governativa e dell'estrema sinistra che tuonano contro i media
concorrenti colpevoli di non avere avuto il coraggio di scrivere il
nome Benetton nel gruppo degli assassini genovesi.
Mentre non si giungerà mai ad una certezza sulle reali cause del crollo
del viadotto, o semmai si arriverà quando io sarò defunto all'età di
mia madre (94 anni…) l'unica certezza che questa tragedia metterà in
piedi un tale numero di cause civili e penali al cui confronto tragedie
peggiori –si pensi al Vajont- sembreranno processi per il furto
di un pollo.
La tragedia muoverà almeno cento milioni di parcelle legali e potrebbe
costare allo Stato una quarantina di miliardi di danni perché se la
concessione viene revocata, perlomeno la “colpa” del disastro sarà
equamente spartita a metà tra concessionaria e ministero dei trasporti
che non ha controllato. Basta osservare le foto del viadotto attuale
per capire come quelle parti che erano gli stralli o tiranti di
sostegno andavano sostituiti come già fatto (1990) nel primo pilone
(quello a monte). Il fatto è che l'ANAS consegnò al concessionario nel
2007 un'opera che aveva già rifatto in una parte fondamentale per un
terzo: quindi sapeva del bidone in corso.
Insomma un classico casino all'italiana, esattamente come per l'ILVA di
Taranto o le molte centrali termoelettriche vendute dall'Enel.
Basti pensare ai mille processi che saranno intentati contro giornali
ed improvvisati dichiaratori sulle cause del disastro e a quelli
per i danni subiti dalla spa per i valori perduti in borsa. Qualche
ministro, sottosegretario e presidente del consiglio si mettano il
cuore in pace perché non potrebbero più prendere la pensione da
“politico”. Questi processi non saranno come quelli del Vajont
addomesticati perché oggi ci sono buoni cani da guardia nei media e
nella società che al tempo Vajont non c'erano.
Accusati di un silenzio eccessivamente tattico oggi si legge che “a
Treviso, nella casa dove vive Gilberto Benetton, 77 anni, numero uno di
Edizione, lo choc del 14 agosto viene descritto come fortissimo. Le
notizie in arrivo da Genova sono sempre più drammatiche, il nome degli
azionisti esposto al quasi linciaggio sui social network. Anche il
governo attacca. Gilberto è in contatto continuo con i fratelli
Giuliana, 81 anni e Luciano, 83. La famiglia — in lutto per la perdita
di Carlo, il fratello più giovane stroncato da un tumore lo scorso
luglio a 77 anni, e del marito di Giuliana, Fioravante Bertagnin morto
in febbraio a 86 anni — si riunisce con alcuni dei figli e dei nipoti
nelle ore successive. La grande tribù che si compone di 11 figli — i
quattro di Luciano, Mauro, Alessandro, Rossella e Rocco; le due figlie
di Gilberto, Barbara e Sabrina; i quattro di Giuliana, Paola, Franca,
Daniela e Carlo; i quattro di Carlo, Massimo, Andrea, Christian e Leone
— e numerosi nipoti è consegnata al silenzio. Anche se la volontà di
muoversi e spingere Autostrade al cambio di passo è unanime”.
Silenziosi ma non inani. Si legge: “Nella mattina del 17 agosto,
infatti, si sono si sono incontrati a Milano Giovanni Castellucci, ad
di Autostrade per l'Italia e Atlantia, Fabio Cerchiai, presidente di
Edizione Holding, cassaforte della famiglia Benetton, Marco Patuano,
amministratore delegato di Edizione. Al meeting hanno partecipato i
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rappresentati dello studio legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli
& Partners allo scopo di mettere a punto le iniziative per gestire
le conseguenze della tragedia di Genova. La riunione è stata
organizzata anche in vista dei consigli di amministrazione di
Autostrade e Atlantia, previsti rispettivamente per martedì 21 e
mercoledì 22 agosto. Le due aziende stanno mettendo a punto alcune
iniziative risarcitorie per andare incontro alle persone colpite dal
dramma. Per la gestire la comunicazione il gruppo di Ponzano ha scelto
la Barabino & Partners, il cui titolare, Luca Barabino, è
genovese. A completare la task force lo studio di
amministrativisti Annoni di Roma e l'ex ministro Paola Severino per il
penale. E, all'ultim'ora, alla squadra si è aggiunta anche la Comin
& partners di Gianluca Comin, chiamata a elaborare strategie per la
gestione della crisi”.
Mentre il governo si contraddiceva o smentiva platealmente tra
dichiarazioni contraddittorie e disinformate, quella banda di
“vecchietti assassini” sapeva bene come muoversi. Come del resto
avevano saputo muoversi bene quando dal mestiere Benetton
(abbigliamento a marchio ma di basso valore) s'erano inventati di
diventare gestori abilissimi (quanto a guadagnare) di un monopolio
naturale che l'Italia indebitata non sapeva più come gestire.
I “vecchietti assassini” conoscono bene l'Italia che ha in tasca 4500
miliardi di ricchezza finanziaria al netto dei debiti e che se l'é
creata soprattutto addossando allo stato 2300 miliardi di debito
pubblico. Come sanno benissimo che quel 45,46% del flottante di
Atlantia - cioè i titoli che si possono scambiare in Borsa - secondo i
dati Consob, al 31 marzo 2018 il 23,9% del flottante era detenuto da
investitori statunitensi, seguiti dal 20% del Regno Unito, dal 19,9%
dell'Italia (compresi i piccoli investitori), dal 15,7% del resto
d'Europa, dal 9% del'Australia, dal 5,8% del resto del mondo e dal 5,3%
della Francia. Insomma i “vecchietti assassini” hanno dei forti alleati
- in patria e altrove- oltre se stessi.
Facile immaginarsi come la pensino quegli italiani che hanno Atlantia in portafoglio.
Dove si arrivati adesso non si torna indietro. Dall'estero stanno tutti
osservando in silenzio come muoverà il governo SalviMaio e questo
autunno potremo già capire se il ritiro della concessione (che
sarà ancora in corso) e il ritorno in mani pubbliche di gran parte
della rete autostradale facciano dell'Italia un Paese in cui investire
piuttosto che da cui scappare.
Materialmente dove si arrivati adesso non si torna indietro. Quel
viadotto va rifatto (ancora in calcestruzzo) e se tutto va per il
meglio (cioè al minor costo) basta sostituire tutti gli
stralli-tiranti dei due piloni. Vanno pure demoliti tutti gli edifici
sottostanti l'opera e ricostruiti gratuitamente per occupanti e
proprietari.
Materialmente dove si arrivati adesso non si torna indietro. Quel
viadotto va ricostruito tal quale in cemento armato e non in metallo
perché diverrebbe entro pochi anni un rudere in bella vista.
Tutto l'insieme di questa tragedia, per come è messa sarà pagata metà
da Atlantia-Aspi e metà dall'Italia. Perché da una parte c'è chi ha
risparmiato di brutto per distribuire dividendi ma di contro c'è un
Paese che ha rifilato un bidone e sapendolo bidone entrambi – sia lo
stato che il concessionario- hanno silenziosamente pattuito che fin
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