RIFLESSIONI DOPO GENOVA (2)
Non ci fossero di mezzo trentanove morti (finora...), una quindicina di
feriti metà dei quali in condizioni gravissime, oltre 600 sfollati,
forse venti dispersi e danni economici al Paese immediati e futuri
inimmaginabili, potremmo dirci felici di avere un governo con le palle.
Uno che sa immediatamente mettere le cose a posto. Ci voleva.
Purtroppo siamo e saremo davanti ad una storia che durerà decenni.
L'ennesima storia italiana dalla quale non verrà mai fuori in chiaro
chi ha combinato il disastro. La storia di un paese che va avanti a
spanne tranne che per un particolare -sempre lo stesso!-: gli
interessi dei grandi gruppi sono ben definiti nei dettagli mentre
quelli dei cittadini vaffa****. Tra qualche giorno le macerie saranno
del tutto rimosse e massima parte dei reperti da osservare da parte dei
tecnici che dovranno fare le perizie per stabilire o perlomeno cercare
di capire le possibili o probabili ragioni del crollo risulteranno
distrutti o compromessi. Per sempre. Probabilmente tra la necessità di
salvare vite umane e l'obbligo di conservare i reperti comanda la
prima. Non sappiamo cosa prevede il codice.
Revocare la concessione ad Autostrade per l'Italia può costare molto
caro al contribuente italiano. Miliardi, secondo le prime valutazioni
scrivono i giornali “vicini” ad Atlantia. Si può fare, certo. Lo
prevede la convenzione siglata dal colosso della galassia Benetton e lo
Stato. Ma in un solo caso. In presenza cioè di "grave colpa" del
concessionario. Come potrebbe configurarsi ora, a detta dei ministri
Salvini (Interno), Di Maio (Sviluppo economico) e Toninelli (Trasporti
e Infrastrutture) che in coro pretendono di sfilare dalle mani di
Autostrade per l'Italia Spa (Aspi) - società quotata in Borsa che
martedì 14 agosto ha perso già oltre 1,1 miliardi (-5,3%) - la gestione
del tratto dell'A10 venuto giù nel crollo di Genova. E di colpire Aspi
con una multa da 150 milioni. Giovedi mattino mentre dettiamo queste
note Atlantia (Autostrade) perde oltre il 20%.
Le uniche parole sensate che abbiamo letto finora sono quelle nel
comunicato dell'Istituto di tecnologia delle costruzioni del
Centro nazionale delle ricerche: “La sequenza di crolli di
infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un
carattere di preoccupante regolarità“. L'elemento in comune è l'età
(media)delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i
ponti stradali) ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla
vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con
le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni '50 e '60)”,
continua l'Istituto. In pratica”decine di migliaia di ponti in Italia
hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati
progettati e costruiti”.
E in moltissimi casi “i costi prevedibili per la manutenzione
straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli
associabili alla demolizione e ricostruzione: le cifre necessarie per
l'ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in
decine di miliardi di euro”.
Dalle parole avventate di quell'ombra che è l' attuale presidente del
consiglio Conte (in maglietta della protezione civile: sic!) e
quelle dei due vice presidenti del consiglio pancetta Salvini e
giachettina DiMaio assieme allo sconvolto capelluto che è il ministro
delle infrastrutture Toninelli si ascoltano minacce minacciosissime che
probabilmente costeranno parecchio al contribuente italiano perché quel
molosso che è Autostrade per l'Italia/Atlantia non mollerà facilmente
la preda.
D'altra parte il crollo di questo pezzo di viadotto è la metafora
dell'Italia “segno – come scrive Nadia Urbinati- di un degrado etico e
ambientale profondo. Sta insieme alla caduta di responsabilità del
pubblico rispetto alla cura e alla valorizzazione dei suoi beni, che
sono i beni della Repubblica, non di una parte della popolazione, non
di uno specifico territorio”.
Le parole avventate del trio al governo sono benzina per i social. “La
Società Autostrade deve pagare! Ergastolo per tutti!”. “Benetton dovete
morire! Adesso vi metterete una maglietta rossa per le vittime di
Genova?”. “Galera per i ministri di sinistra. Galeraaaa”. “Se il
Signore vede i colpevoli deve succedere a loro la maledizione per ciò
che hanno fatto”. “Giornalisti vergognatevi! Si vede chiaramente il
bagliore di un'esplosione proprio all'inizio... Guarda caso è successo
a neanche due settimane dal disastro sull'A14 a Bologna”. “È un
attentato! Ci scommetto”. “Ecco dov'era finito il tritolo rubato,
merde!”.
“Operai complici dei criminali, hanno costruito e sono stati zitti!”.
“Salvini ha portato sfiga!”. “Prodi e Renzi la colpa è vostra”.
Per adesso si deve registrare come dal “governo” in generale non sia
arrivata alcuna precisazione di quanti veicoli e di chi fossero (e
quindi quanti siano stati i cittadini coinvolti) visto che le
telecamere di accesso alle corsie del viadotto hanno registrato le
targhe. La stampa scrive oggi che di sicuro prima del disastro c'era
una webcam usata tutti i giorni da automobilisti e camionisti per
controllare in tempo reale il traffico sulla A10. La telecamera,
installata sul versante verso ponente, a pochi metri dalla galleria,
riprendeva buona parte del ponte. Le webcam sono inutili al fine del
controllo targhe. Insomma su quel ponte l'automobilista poteva
fare un po' quel che gli pareva visto che non c'era nemmeno uno
straccio di tutor.
Il crollo del viadotto genovese è perfettamente identico ad un altro
evento tragico: l'ILVA di Taranto. Quando ci furono le
privatizzazioni tutti sapevano dei problemi delle aziende e delle
infrastrutture che i privati prendevano in mano dal pubblico e ci
fu un tacito e sottinteso accordo tra politica e privati ragion per cui
“ve bene, vi cediamo dei mezzi rottami, ma vi promettiamo che non
vi romperemo le balle”. A Taranto la politica non romperà troppo le
balle nonostante l'acciaieria avvelenasse la città (che è quattro volte
più piccola dell'acciaieria). In Puglia la politica non romperà troppo
le balle nonostante l'acciaieria si bevesse tutta l'acqua della
Basilicata, del Molise ed anche di una parte della Campania mentre le
campagne del Salento morivano di sete.
Con le autostrade –Autostrade d'Italia ha in mano 2964km dei 6926 km di
tutte le autostrade italiane- lo Stato aveva convenuto p.e. che
Nel 2009 l'intero settore ha generato un fatturato di 5 250 milioni di
euro (di cui 4 600 milioni di euro di pedaggi). Il 50% del fatturato è
stato destinato a investimenti e manutenzioni (scrive l'ANAS). I
maligni però asseriscono che il metro di Roma è di circa il 50% più
corto di quello milanese. Scrive Cesare Ragazzi nel suo libro “I
signori delle autostrade,2008” che Antonio Di Pietro, appena assunta la
carica di ministro, parlando delle concessionarie ebbe a dichiarare:
“la cuccagna è finita”, anche se poi non pare sia riuscito nel suo
intento. Il settore registra da tempo profitti molto elevati. Per
cercare di capirne i motivi abbiamo ripercorso la storia del settore
dalle origini ad oggi. Poiché le concessionarie erano prevalentemente
pubbliche, dell'Iri o di enti locali, ministri e Anas sono sempre stati
molto benevoli nei loro confronti (alle spalle degli utenti). Già le
rivalutazioni monetarie del 1976 e 1983 erano state una fonte di grandi
profitti per le concessionarie; senza quelle rivalutazioni, nella
maggior parte dei casi le autostrade sarebbero già state interamente
ammortizzate alla fine degli anni '90. La privatizzazione di Autostrade
ha poi innescato una vera “cuccagna” e ne hanno beneficiato anche gli
azionisti privati. È l'obiettivo di massimizzarne il valore che ha
indotto alla proroga generalizzata delle concessioni alla fine degli
anni '90 e all'introduzione di un price cap particolarmente favorevole
per le concessionarie, per non parlare delle clausole privilegiate
inserite nella convenzione della Autostrade”.
Dario Ballotta che “c'è un dato tanto chiaro quanto significativo nel
bilancio di Autostrade per l'Italia, la società che ha in concessione 3
mila chilometri autostradali, tra i quali c'è il ponte crollato a
Genova il 14 agosto 2018: nel 2017 su 3,9 miliardi di ricavi il margine
lordo è stato di 2,4 miliardi. Una redditività di oltre il 50 per
cento, una specie di albero della cuccagna per qualsiasi società
industriale o di servizi. Ma se i profitti dei Benetton, la famiglia
che controlla, attraverso Atlantia, Autostrade per l'Italia, sono
favolosi, non lo è altrettanto la situazione delle strade da cui si
ricavano i ricchi pedaggi.”
A conclusione di questa lunga tavolata vale la pena di dare un'occhiata
all'immagine sotto il titolo di questa pagina. La foto 1 indica
due dei sistemi fondamentali del viadotto Morandi ancora in piedi e al
centro quello crollato. I cerchi gialli indicano la forma degli stralli
(contenitori dei cavi che reggono le estremità della tratta del
viadotto) originali, identici a quello della parte crollata. I cerchi
rosa nella foto 1 indicano uno dei sistemi appena rifatti i cui
particolari si vedono meglio nella foto 3. A prima vista parrebbe che i
vecchi cavi di acciaio annegati nel calcestruzzo (due condotti per ogni
lato del viadotto) che dovevano sostenere le corsie del ponte siano
stati sostituiti da altri cavi d'acciaio – foto 3 sulla sinistra-
tenuti in ordine da sagome apposite. Il tutto rivestito di una
scossalina di lamiera.
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