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Di cosa parliamo in questa pagina.
Dalle immagini pubblicate nei vari siti emergono nuovi particolari sulla condizione del viadotto prima del crollo.
Pare che stessero sostituendo gli stralli originali con dei cavi semplicemente tesi.
Dall'insieme emreg il solito caos italiano del prima durante dopo ogni tragedia.
E il governo lo sta usando come diversivo rispetto al nulla facente di prima.







La foto 1 indica  due dei sistemi fondamentali del viadotto Morandi ancora in piedi e al centro quello crollato. I cerchi gialli indicano la forma degli stralli (contenitori dei cavi che reggono le estremità della tratta del viadotto) originali, identici a quello della parte crollata. I cerchi rosa nella foto 1 indicano uno dei sistemi appena rifatti i cui particolari si vedono meglio nella foto 3. A prima vista parrebbe che i vecchi cavi di acciaio annegati nel calcestruzzo (due condotti per ogni lato del viadotto) che dovevano sostenere le corsie del ponte siano stati sostituiti da altri cavi d'acciaio – foto 3 sulla sinistra- tenuti in ordine da sagome apposite. Il tutto rivestito di una scossalina di lamiera.
































RIFLESSIONI DOPO GENOVA (2)


Non ci fossero di mezzo trentanove morti (finora...), una quindicina di feriti metà dei quali in condizioni gravissime, oltre 600 sfollati, forse venti dispersi e danni economici al Paese immediati e futuri inimmaginabili, potremmo dirci felici di avere un governo con le palle. Uno che sa immediatamente mettere le cose a posto. Ci voleva.
Purtroppo siamo e saremo davanti ad una storia che durerà decenni. L'ennesima storia italiana dalla quale non verrà mai fuori in chiaro chi ha combinato il disastro. La storia di un paese che va avanti a spanne tranne  che per un particolare -sempre lo stesso!-: gli interessi dei grandi gruppi sono ben definiti nei dettagli mentre quelli dei cittadini vaffa****. Tra qualche giorno le macerie saranno del tutto rimosse e massima parte dei reperti da osservare da parte dei tecnici che dovranno fare le perizie per stabilire o perlomeno cercare di capire le possibili o probabili ragioni del crollo risulteranno distrutti o compromessi. Per sempre. Probabilmente tra la necessità di salvare vite umane e l'obbligo di conservare i reperti comanda la prima. Non sappiamo cosa prevede il codice.

Revocare la concessione ad Autostrade per l'Italia può costare molto caro al contribuente italiano. Miliardi, secondo le prime valutazioni scrivono i giornali “vicini” ad Atlantia. Si può fare, certo. Lo prevede la convenzione siglata dal colosso della galassia Benetton e lo Stato. Ma in un solo caso. In presenza cioè di "grave colpa" del concessionario. Come potrebbe configurarsi ora, a detta dei ministri Salvini (Interno), Di Maio (Sviluppo economico) e Toninelli (Trasporti e Infrastrutture) che in coro pretendono di sfilare dalle mani di Autostrade per l'Italia Spa (Aspi) - società quotata in Borsa che martedì 14 agosto ha perso già oltre 1,1 miliardi (-5,3%) - la gestione del tratto dell'A10 venuto giù nel crollo di Genova. E di colpire Aspi con una multa da 150 milioni. Giovedi mattino mentre dettiamo queste note Atlantia (Autostrade) perde oltre il 20%.

Le uniche parole sensate che abbiamo letto finora sono quelle nel comunicato  dell'Istituto di tecnologia delle costruzioni del Centro nazionale delle ricerche: “La sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità“. L'elemento in comune è l'età (media)delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni '50 e '60)”, continua l'Istituto. In pratica”decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti”.
E in moltissimi casi “i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione: le cifre necessarie per l'ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro”.

Dalle parole avventate di quell'ombra che è l' attuale presidente del consiglio  Conte (in maglietta della protezione civile: sic!) e quelle dei due vice presidenti del consiglio pancetta Salvini e giachettina DiMaio assieme allo sconvolto capelluto che è il ministro delle infrastrutture Toninelli si ascoltano minacce minacciosissime che probabilmente costeranno parecchio al contribuente italiano perché quel molosso che è Autostrade per l'Italia/Atlantia non mollerà facilmente la preda.
D'altra parte il crollo di questo pezzo di viadotto è la metafora dell'Italia “segno – come scrive Nadia Urbinati- di un degrado etico e ambientale profondo. Sta insieme alla caduta di responsabilità del pubblico rispetto alla cura e alla valorizzazione dei suoi beni, che sono i beni della Repubblica, non di una parte della popolazione, non di uno specifico territorio”.

Le parole avventate del trio al governo sono benzina per i social. “La Società Autostrade deve pagare! Ergastolo per tutti!”. “Benetton dovete morire! Adesso vi metterete una maglietta rossa per le vittime di Genova?”. “Galera per i ministri di sinistra. Galeraaaa”. “Se il Signore vede i colpevoli deve succedere a loro la maledizione per ciò che hanno fatto”. “Giornalisti vergognatevi! Si vede chiaramente il bagliore di un'esplosione proprio all'inizio... Guarda caso è successo a neanche due settimane dal disastro sull'A14 a Bologna”. “È un attentato! Ci scommetto”. “Ecco dov'era finito il tritolo rubato, merde!”.
“Operai complici dei criminali, hanno costruito e sono stati zitti!”. “Salvini ha portato sfiga!”. “Prodi e Renzi la colpa è vostra”.
Per adesso si deve registrare come dal “governo” in generale non sia arrivata alcuna precisazione di quanti veicoli e di chi fossero (e quindi quanti siano stati i cittadini coinvolti) visto che le telecamere di accesso alle corsie del viadotto hanno registrato le targhe. La stampa scrive oggi che di sicuro prima del disastro c'era una webcam usata tutti i giorni da automobilisti e camionisti per controllare in tempo reale il traffico sulla A10. La telecamera, installata sul versante verso ponente, a pochi metri dalla galleria, riprendeva buona parte del ponte. Le webcam sono inutili al fine del controllo targhe.  Insomma su quel ponte l'automobilista poteva fare un po' quel che gli pareva visto che non c'era nemmeno uno straccio di tutor.




Il crollo del viadotto genovese è perfettamente identico ad un altro evento tragico: l'ILVA di Taranto. Quando ci furono le privatizzazioni  tutti sapevano dei problemi delle aziende e delle infrastrutture che i privati  prendevano in mano dal pubblico e ci fu un tacito e sottinteso accordo tra politica e privati ragion per cui “ve bene, vi cediamo dei mezzi rottami, ma vi promettiamo che  non vi romperemo le balle”. A Taranto la politica non romperà troppo le balle nonostante l'acciaieria avvelenasse la città (che è quattro volte più piccola dell'acciaieria). In Puglia la politica non romperà troppo le balle nonostante l'acciaieria  si bevesse tutta l'acqua della Basilicata, del Molise ed anche di una parte della Campania mentre le campagne del Salento morivano di sete.

Con le autostrade –Autostrade d'Italia ha in mano 2964km dei 6926 km di tutte le autostrade italiane-  lo Stato aveva convenuto p.e. che Nel 2009 l'intero settore ha generato un fatturato di 5 250 milioni di euro (di cui 4 600 milioni di euro di pedaggi). Il 50% del fatturato è stato destinato a investimenti e manutenzioni (scrive l'ANAS). I maligni però asseriscono che il metro di Roma è di circa il 50% più corto di quello milanese. Scrive Cesare Ragazzi nel suo libro “I signori delle autostrade,2008” che Antonio Di Pietro, appena assunta la carica di ministro, parlando delle concessionarie ebbe a dichiarare: “la cuccagna è finita”, anche se poi non pare sia riuscito nel suo intento. Il settore registra da tempo profitti molto elevati. Per cercare di capirne i motivi abbiamo ripercorso la storia del settore dalle origini ad oggi. Poiché le concessionarie erano prevalentemente pubbliche, dell'Iri o di enti locali, ministri e Anas sono sempre stati molto benevoli nei loro confronti (alle spalle degli utenti). Già le rivalutazioni monetarie del 1976 e 1983 erano state una fonte di grandi profitti per le concessionarie; senza quelle rivalutazioni, nella maggior parte dei casi le autostrade sarebbero già state interamente ammortizzate alla fine degli anni '90. La privatizzazione di Autostrade ha poi innescato una vera “cuccagna” e ne hanno beneficiato anche gli azionisti privati. È l'obiettivo di massimizzarne il valore che ha indotto alla proroga generalizzata delle concessioni alla fine degli anni '90 e all'introduzione di un price cap particolarmente favorevole per le concessionarie, per non parlare delle clausole privilegiate inserite nella convenzione della Autostrade”.

Dario Ballotta che “c'è un dato tanto chiaro quanto significativo nel bilancio di Autostrade per l'Italia, la società che ha in concessione 3 mila chilometri autostradali, tra i quali c'è il ponte crollato a Genova il 14 agosto 2018: nel 2017 su 3,9 miliardi di ricavi il margine lordo è stato di 2,4 miliardi. Una redditività di oltre il 50 per cento, una specie di albero della cuccagna per qualsiasi società industriale o di servizi. Ma se i profitti dei Benetton, la famiglia che controlla, attraverso Atlantia, Autostrade per l'Italia, sono favolosi, non lo è altrettanto la situazione delle strade da cui si ricavano i ricchi pedaggi.” 

A conclusione di questa lunga tavolata vale la pena di dare un'occhiata all'immagine sotto il titolo di questa pagina. La foto 1 indica  due dei sistemi fondamentali del viadotto Morandi ancora in piedi e al centro quello crollato. I cerchi gialli indicano la forma degli stralli (contenitori dei cavi che reggono le estremità della tratta del viadotto) originali, identici a quello della parte crollata. I cerchi rosa nella foto 1 indicano uno dei sistemi appena rifatti i cui particolari si vedono meglio nella foto 3. A prima vista parrebbe che i vecchi cavi di acciaio annegati nel calcestruzzo (due condotti per ogni lato del viadotto) che dovevano sostenere le corsie del ponte siano stati sostituiti da altri cavi d'acciaio – foto 3 sulla sinistra- tenuti in ordine da sagome apposite. Il tutto rivestito di una scossalina di lamiera.