Non
ci sono altre parole da aggiungere a quelle che la stampa ha già messo
nero su bianco in queste ore ma nei prossimi giorni (forse…) leggeremo
delle riflessioni più approfondite del nostro (nostro come cittadini
del mondo) modo di intendere il progresso la scienza la produzione
(anche costruire un ponte è una produzione). Stavo leggendo la pagina
web di Repubblica quando è apparsa la notizia del crollo e –chissà
perché: non me lo sono ancora spiegato, ci vorranno giorni perché lo
capisca) mi è venuto in mente che l'incidente di Bologna “era stato ben
peggiore”. Numericamente NON è vero: a Bologna si contarono “solo” un
morto e 68 feriti. A Genova potrebbero esserci anche a 50 caduti. Un
incidente tipo Bologna è possibile dappertutto ogni giorno se è vero
che per esempio nella sola bergamasca circolano secondo gli ultimi dati
disponibili relativi al 2017, circa 650 cisterne di gpl all'anno. Si
prendono i consumi, che tra rete ed extra rete, indicano un
quantitativo di 16.137 tonnellate all'anno di gpl e si dividono per i
mezzi che li trasportano: nel caso di cisterne da 25 tonnellate l'una,
il conto è presto fatto. Ma il trasporto può avvenire anche su mezzi
più piccoli, senza contare che su gomma viaggiano altre sostanze
comunque infiammabili o pericolose. Benzina per esempio.
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La
prima riflessione riguarda anche il nostro paese. Ci volle una lunga
campagna di stampa per far decidere al sindaco Bianchi di ordinare
l'emissione di una ordinanza per impedire il transito dalle Crocette al
quadrifoglio con la Dalmine/Almè degli autocarri di portata superiore
ai 35 quintali. Correva il 03 gennaio 1997 quando una autocisterna
portoghese carica di anilina (l'anilina è una sostanza velenosa con
possibili effetti cancerogeni (frase di rischio R40) ) diretta dalla
Briantea alla SIGMA di Mozzo-Pascoletto si rovesciò nella cunetta
laterale la rotonda delle Crocette.
Adesso quell'ordinanza non viene mai rispettata e una parte del
traffico è cambiato anche per via dell'apertura dell'asse interurbano.
La proposta di istallare una telecamera alle Crocette per la lettura
delle targhe per rilevare il traffico abusivo non è stata gradita da
nessuna maggioranza. Forse aspettano che una cisterna di benzina si
schianti contro le spalle del ponte ferroviario e faccia saltare in
aria mezzo paese fino alla Merena?.
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L'anno
scorso in gran pompa la sindaca Serra (e Gamba qualche mese dopo)
suonarono –assieme all'ass.Cavagna che aveva rischiato la rielezione-
la grancassa dell' affidamento della manutenzione dei beni
comunali mediante appalto ad una ditta esterna partendo
dall'assunto che in questo modo il servizio sarebbe stato più
efficiente e meno costoso. Non importa se –mai s'è compreso il perché-
all'appalto così generoso parteciparono SOLO tre aziende due delle
quali non erano granche della partita. L'architetto che aveva
confezionato il progetto e l'appalto era il medesimo che l'aveva
confezionato per Filago. La ditta che aveva vinto a Filago sarà la
stessa che vincerà a Curno.
In tema di manutenzione dei beni comuni, leggiamo oggi sulle gazzette a
proposito della tragedia genovese che quella struttura: non sarebbe
stato una grande opera bisognosa di continua manutenzione com'era e
com'è nei “patti” non scritti che sono alla base dei lavori pubblici in
questo disgraziato Paese, sia che si tratti di rotonde, che di
autostrade, che di ponti.
Ma questa situazione è stata in qualche modo gestibile fino a che
queste strutture, costruite con simili criteri, sono rimaste
all'interno della mano pubblica, dei suoi assetti produttivi, ma anche
politici e per quanto ci riguarda da vicino nella tragedia genovese, in
mano all'Iri. Poi sono cominciate le privatizzazioni che quando si
parla di servizi universali non riproducibili, come quello della rete
dei trasporti, cambiano completamente le carte in tavola perché mentre
i profitti sono praticamente assicurati in qualsiasi condizione, le
spese di manutenzione fanno scendere i dividendi e le azioni, sono
dunque ridotti all'indispensabile, tanto che spesso poi – tramite
ingegneria contrattuale – è sempre lo Stato che deve intervenire
per metterci una pezza.
Così quel ponte nel 1999 passò dalla Società autostrade del Gruppo Iri
che pure in alcuni campi era stata un leader tecnologico, nelle mani di
un cosiddetto gruppo Schemaventotto, il sotto questo nome inquietante,
da golpe piduista, riuniva banche, fondazioni bancarie, società
assicurative sotto la guida del maggior azionista spendibile presso il
pubblico, ossia Benetton. Il crollo degli investimenti fu quasi
immediato anche perché con quel potere dietro le spalle era possibile
strappare pedaggi più alti a fronte di sole promesse di investimento,
tanto che il governo Berlusconi tentò nel 2003 di confondere le acque
con un lifting, ribattezzando la vecchia Società autostrade in
Autostrade per l'Italia, come se questo fosse bastato a cambiare le
cose”.
La domanda che i cittadini e gli amministratori curnesi debbono
porsi è se con questa privatizzazione della manutenzione dei beni non
sia sostanzialmente la privatizzazione dei beni stessi senza indennizzo
(almeno le autostrade resero qualche soldo al Paese) e… non ci esponga
per un domani a breve scadenza alle medesime conseguenze.
Ma tanto vale: la politica ragiona non in termini di 50 anni ma di dieci volte di meno.
Già immaginiamo la risposta intelligente della politica: ma a Curno non
abbiamo affidato manutenzione di viadotti che … non abbiamo. E già.
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Un'altra
riflessione nasce da un'osservazione che possono fare tutti. Oggi se
uno finisce in ospedale per qualche acciacco chi lo va a trovare lo
consola con la frase di ritto “oggi la scienza ha fatto tali progressi
che puoi stare sicuro”. Abbiamo una fiducia spropositata nella scienza
e nella chimica nonostante che sia in corso da una decina d'anni una
pericolosissima polemica contro i vaccini.
Invece “La sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta
assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità“. Lo
sottolinea in una nota l'Istituto di tecnologia delle costruzioni (Itc)
del Cnr. “L'elemento in comune è l'età (media) delle opere: gran parte
delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i
50 anni di età, che corrispondono alla vita utile associabile alle
opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili
nel secondo dopoguerra (anni '50 e '60)”, continua l'Istituto. In
pratica”decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la
durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti”.
E in moltissimi casi “i costi prevedibili per la manutenzione
straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli
associabili alla demolizione e ricostruzione: le cifre necessarie per
l'ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in
decine di miliardi di euro”.
Vale a dire: non è vero che tutto è eterno. Quello che per molto
tempo l'abbiamo ritenuto tale in realtà ha un “suo” tempo di vita dopo
di che bisogna decidere che fare.
Che è poi il ragionamento fatto per cinquant'anni anche dalle varie
amministrazioni del Comune di Curno rispetto ai beni comunali.
Per loro bastava una manutenzione scarsa malfatta casuale ridotta al
minimo sopravvivenziale per arrivare alla fine a dovere o abbandonare
(vedi vecchia Rodari, vedi le case popolari di via Sant'Jesus, vedi i
due CVI) o (s)vendere quei beni in cambio della manutenzione. O
disfarsene del tutto come accadrà quasi sicuramente del viadotto
Morandi a Genova.
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