schermata 2000 pixels














Di cosa parliamo in questa pagina.
La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane al netto dei debiti viene calcolata in 4500 miliardi a fronte di 2300 miliardi di debito pubblico.
Intanto ci sono i soliti problemi per fare la finanziaria 2019. Come mungere gli italiani senza farsi accorgere?
Viene ferragosto e prendiamo per i fondelli quel Pinocchio che é il custode delLa Latrina di Nusquamia.































Oltre 4mila miliardi investiti: la ricchezza degli italiani in banca: lo stock al netto di mutui e debiti finanziari
che secondo la Cgia sono cresciuti in media a 20mila euro per famiglia - è tre volte il reddito disponibile. Raddoppiato in 20 anni. Calano i bond in portafoglio

Oltre 4mila miliardi investiti: la ricchezza degli italiani in banca
MILANO - Il doppio del debito pubblico investito in titoli, fondi, bond, polizze e risparmi di varia natura finanziaria. Gli italiani hanno messo da parte 4.406 miliardi di euro, una cifra raddoppiata dal 1998 nonostante la crisi finanziaria e le turbolenze dei mercati registrate tra il 2008 e 2011 e ancora oggi pronte a riesplodere a ogni soffio di vento sullo spread.

I numeri sono stati messi in fila dal sindacato autonomo dei bancari, la Fabi, sulla base dei dati di Bankitalia sulla ricchezza finanziaria detenuta dalle famiglie. "A fine 2017 i depositi e la liquidità assorbono la quota preponderante del patrimonio finanziario investito dalle famiglie italiane". Nonostante il periodo di magra per quanto riguarda i tassi di interesse offerti dalle banche per remunerare la fiducia che gli italiani hanno continuato a dar loro - in barba a scandali e crisi - "tra il 1998 e il 2018 (i dati si riferiscono al primo trimestre) sono stati accantonati oltre 170 miliardi di euro sotto forma di depositi a medio-lungo termine e 560 miliardi di risorse in monete e depositi a vista, rappresentando congiuntamente circa il 31% del totale la ricchezza finanziaria complessiva del risparmio italiano".

Nel tempo sono cresciuti gli investimenti di tipo assicurativo e pensionistici di tipo privato rimasti intorno al 10%, sino al 2002 per poi arrivare a un 23% nel corso del primo trimestre 2018; "si registra interesse verso forme alternative di risparmio e anche qualche sintomo di preoccupazione per i sistemi pensionistici in essere e per le continue riforme susseguitesi nel corso degli anni. In termini assoluti, il valore delle risorse finanziarie dedicate a questo comparto si incrementa di circa 755 miliardi di euro, a partire dall'anno 1998". Le azioni, simbolo di propensione al rischio, dopo la crisi di Lehman si sono fermate intorno al 22% del portafoglio. Hanno continuato a crescere i fondi comuni d'investimento, per passare dai 150 miliardi del 2008 a circa 537 miliardi a fine 2017 e un peso nel portafoglio cresciuto al 12,2% da circa il 4,6%. La eco degli scandali si vede forse nel calo delle obbligazioni, forma tradizionale di risparmio, che ormai sono confinate al 7% del portafoglio.
Oltre 4mila miliardi investiti: la ricchezza degli italiani in banca Nonostante la Cgia dica contemporaneamente che le famiglie italiane sono indebitate per un importo medio pari a 20.549 euro e che nell'insieme, i "passivi" accumulati con le banche e gli istituti finanziari ammontano a quasi 534 miliardi di euro, con un aumento di 40,6 miliardi di euro (+8,2 per cento) in tre anni proprio per il ritorno delle banche all'erogazione di prestiti, dallo specchietto della Fabi emerge come le famiglie italiane siano molto più "formichine" delle altre. A parte alcune eccezioni (Uk e Usa) risultiamo infatti quelli con l'incidenza di ricchezza finanziaria sul reddito disponibile maggiore, e d'altra parte quelli con il minore carico di debiti.
Le manovre sulla manovra

Secondo le stime del governo italiano, il rallentamento della crescita economica e l'aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico porteranno a un rapporto deficit pubblico/ Pil per il 2018 pari allo 1,6- 1,7 per cento. Si tratta di un valore che, pur se molto maggiore rispetto al rapporto tendenziale previsto dal Documento di Economia e Finanza ( Def) di pochi mesi fa, appare compatibile con una riduzione del rapporto debito pubblico/ Pil rispetto al 2017 e — forse — con un'incidenza del deficit strutturale (ossia corretto per l'andamento congiunturale) vicina all' 1%. Queste aride cifre vanno tenute ben presenti perché servono a valutare la portata degli impegni assunti dal ministro dell'Economia e la credibilità delle dichiarazioni effettuate dai due vice- presidenti del Consiglio in merito alla Legge di bilancio per il 2019.
Il ministro dell'Economia ha dichiarato che la prossima manovra di bilancio, di ammontare pari a circa 25 miliardi di euro, non peggiorerà i saldi strutturali e permetterà di continuare nella riduzione del rapporto fra debito pubblico e Pil. Inoltre, egli ha auspicato il rilancio della crescita mediante una politica di investimenti pubblici che inverta una tendenza restrittiva più che decennale. I due vicepresidenti del Consiglio hanno concordato sul fatto che tale manovra non farà scattare le clausole per l'aumento dell'Iva ( pari a 12,4 miliardi di euro), non eliminerà gli 80 euro per i redditi medio- bassi decisi dal governo Renzi e modificherà le attuali regole pensionistiche introducendo la cosiddetta soglia 100 ( almeno 64 anni di età anagrafica e 36 anni di contributi). Il ministro Di Maio ha poi aggiunto che, nel 2019, saranno varati i primi " assaggi" del reddito di cittadinanza; e il ministro Salvini ha ribadito che, contemporaneamente, si avvierà il nuovo sistema fiscale ad aliquota doppia o singola. Anche una valutazione minimalista di questi impegni, basata su specifiche valutazioni prudenziali che sono state espresse da esperti filogovernativi nelle diverse materie, pone in luce che i conti non tornano.
Si parta dall'elenco delle spese aggiuntive per il 2019. Ai 12,4 miliardi richiesti per evitare gli aumenti dell'Iva, si devono almeno sommare le seguenti voci: 5 miliardi di euro per attuare un'applicazione selettiva e, come tale, problematica della soglia 100 al sistema pensionistico; altri 7 miliardi per lanciare la prima fase del " reddito di cittadinanza", rendendo operativi i centri pubblici per l'impiego ed estendendo la platea dei beneficiari del reddito di inclusione e di altre forme di sostegno sociale; 5 ulteriori miliardi per effettuare i primi cambiamenti del regime fiscale, accrescendo i beneficiari ( piccole imprese, artigiani, professionisti) del sistema forfettario al 15% e applicando una nuova aliquota minima ai redditi più bassi soggetti a tassazione.
Questo primo elenco di spese ammonta già a quasi 30 miliardi di euro. Si aggiungano: l'insieme di spese non dilazionabili perché legate a impegni pregressi ( circa 4 miliardi); i prevedibili, anche se difficilmente quantificabili, esborsi pubblici per la soluzione ( temporanea) di Ilva, Alitalia e di altri focolai di crisi industriale o finanziaria; i costi derivanti dalla condivisibile proroga degli incentivi per gli investimenti privati innovativi; i finanziamenti per l'auspicabile rilancio degli investimenti pubblici. Il conseguente totale delle spese, da includere nel bilancio del prossimo anno, arriva così ai 40 miliardi di euro. A tale totale va sommata la correzione del bilancio pubblico italiano, richiesta dalla Commissione europea per il 2019: lo 0,6% del Pil, pari a circa 10 miliardi di euro. Al Consiglio europeo di giugno scorso, il nostro presidente del Consiglio ha infatti sottoscritto le conclusioni finali che accolgono le proposte della Commissione europea relativamente alle eventuali correzioni dei bilanci degli Stati membri.
A fronte di spese totali che ammontano a circa 50 miliardi di euro, il governo italiano propone di: ridurre le agevolazioni, le deduzioni e le detrazioni fiscali; azzerare il tasso di aumento nominale di molte voci di spesa corrente; effettuare ulteriori tagli non lineari di spesa; realizzare un condono fiscale che escluda i grandi evasori. Peccando di ottimismo, nel 2019 queste iniziative arriveranno appena a coprire la spesa per non aumentare l'Iva. È peraltro probabile che il ministro dell'Economia intenda: attribuire la metà della spesa annuale per il reddito di cittadinanza al Fondo sociale europeo; scaricare sulla Cassa Depositi e Prestiti gran parte dei costi delle probabili crisi aziendali; dilazionare gli aumenti degli investimenti pubblici anche sfruttando le inefficienze amministrative; ottenere dalla Commissione europea un drastico taglio nella correzione per il 2019. Il governo italiano varerebbe così una manovra pari a poco più di 30 miliardi di euro, finanziata in deficit per oltre 17 miliardi di euro. Una tale manovra rischia il naufragio perché elude cruciali problemi nazionali e molte regole europee. Se fosse comunque realizzata, essa porterebbe a un rapporto deficit pubblico/ Pil per il 2019 non inferiore al 2,5%. Questo rapporto sarebbe forse compatibile con una ( pur se inadeguata) riduzione del rapporto debito pubblico/ Pil, ma lederebbe l'altro impegno del ministro Tria: il non
Pinocchio nella Latrina di Nusquamia

Divertiamoci che viene ferragosto. Il custode deLa Latrina di Nusquamia s'è impipato perché l'abbiamo colto con le dita nella marmellata e ce lo contesta. Già ci aveva divertito perché nella pagina aveva infilato un messaggio per i suoi (potenziali) amici dando una precisa indicazione dei suoi gusti nella copula (che nel caso non c'entra nulla con l'analisi logica) ed anziché utilizzare  qualche fermo immagine di un filmino porno essendo lui un sopraffino intellettuale ha utilizzato l'immagine della “coppa Warren custodita al British Museum di Londra”. Scusate se è poco e torniamo in noi.
Cosa abbia scritto il sardAgnolo a proposito della cinquecentina lo si può leggere sulla Latrina. Prego lavarsi dopo essere entrati-usciti. Dopo aver precisato come si sia recato “ogni giorno, tranne quelli di chiusura, per venti giorni di seguito alla Biblioteca Angelo Mai. Il libro che dovevo consultare era una “cinquecentina”, come si dice, di un certo pregio: ovviamente non solo non era disponibile al prestito, ma dovevo leggerlo, e prendere appunti, in una stanza a parte, sotto gli occhi del responsabile della Biblioteca, com'è giusto. In via eccezionale, ebbi il permesso di fotografarne alcune pagine: munito di una macchina fotografica russa e lenti addizionali, riprendevo le pagine del libro posato su una seggiola disposta su un terrazzino, opportunamente orientata dietro una porta-finestra che dà su Piazza Vecchia. Oggi quel libro si trova in Internet, si veda De ortu et progressu artis typographicae dissertatio historica.” Peccato che non esista proprio un terrazzino nella biblioteca A. May rivolto verso Piazza Vecchia: ci sono solo porte finestre.
Lui così precisino precisino nel dirci che non entrava in biblioteca quando era chiusa (sic!) costruisce la frase facendo alla fine capire che venti accessi fanno venti riprese  di alcune pagine per volta, cioè l'intera cinquecentina e conclude che “oggi quel libro si trova in Internet” come dire: ringraziatemi che vi ho messo a disposizione la mia fatica e furbizia. E' nel suo stile dire e non dire, far capire e organizzare per smentire. Ovviamente nella contestazione nega di avere fotografato abusivamente e poi pubblicato l'intera cinquecentina ma di avere scattato soltanto poche (5,6,…, 150?) immagini di alcune pagine.
La domanda è: se la cinquecentina era-é già pubblicata su google “frutto di una scansione (scansione, cazzo, e non scannerizzazione!) su scansore (scanner, in linguaggio coglione): sarei stato un mago se avessi realizzato un lavoro così preciso, a partire dalle riprese fotografiche delle singole pagine, per giunta a mano libera” che bisogno c'era di farsene di proprie che sottintende siano di minore qualità di quelle scansionate?.
Perché uno fa un lavoro che trova già fatto (magari meglio) in rete e per di più gratis? Perché uno viaggia due volte al giorno dal suo antro abduano alla città per leggere quel che trova comodamente in rete ?.  Purtroppo anche i maghi hanno il naso di Pinocchio.
Quanto al “duplice lucro” non ha dimostrato che la conferenza confezionata sia stata gratuita (cioè non abbia riscosso la debita polpetta) visto che i curnesi l'hanno conosciuto per la sua tremenda incazzatura quando il consiglio comunale interdì al suo mentore Gandolfi di confermarlo come curatore del giornale comunale, uno come lui non dedica una ventina di giorni a studiare un testo per preparare una conferenza “aggratis!”.
Quanto alla pubblicazione su google, basta leggere  cosa scrive per capire che fa intendere come la pubblicazione in rete sia opera sua. Precisino precisino come vuole vendersi, minimo indicava chi fosse l'autore della messa in rete. Comprensivo della taglia delle scarpe.  Comunque se del caso, il lettore mediti sulla coppa Warren e si doti di mutande di ferro nel caso frequenti la Latrina di Nusqu