Previsioni del tempo del governo SalviMaio
Scrive Stefano Folli /Corriere della Sera che “È sempre più chiaro che
il "contratto", ossia la pietra angolare programmatica su cui si fonda
il governo giallo-verde, non può reggere a lungo. Non può, in altri
termini, sostenere il patto bicolore senza un costante intervento
correttivo e una guida politica che deve essere garantita dal premier
Conte e solo da lui. Il "contratto" è costruito intorno all'idea, o
meglio all'illusione, che il programma della Lega e quello dei Cinque
Stelle siano sommabili in modo quasi meccanico. Per un punto
rivendicato da Salvini ce n'è un secondo imposto da Di Maio: la "flat
tax" e il reddito di cittadinanza, il freno all'immigrazione e le
grandi opere cancellate o ridiscusse, l'abolizione della legge Fornero
e il superamento del "Jobs Act"; e così via, un mattoncino accanto
all'altro. I compromessi sono stati cercati a monte, durante la
trattativa fra i due leader. Poi, una volta firmato, il patto è stato
consegnato al presidente del Consiglio Conte — che ha partecipato
all'ultima fase della messa a punto — con l'incarico di attuarlo.
Naturalmente la realtà si è presa la sua rivincita, nel senso che la
semplice somma di interessi diversi non funziona e, a quanto se ne sa,
non ha mai funzionato nemmeno altrove”.
In parallelo scrive Dario Di Vico (sempre sul Corriere) che “La prima
vera crepa dentro il governo bicolore si è aperta, dunque, sulle grandi
opere. Ed è interessante analizzarla perché ha una valenza che va al di
là del tema, pur rilevante, in discussione. Sembra dimostrare come il
contratto di governo non fosse la sintesi dei programmi dei due partiti
vincitori del 4 marzo ma una sorta di «somma al lordo» degli impegni
presi con i rispettivi elettorati o meglio con le varie constituency,
piccole e grandi, che li componevano. Una «somma al lordo» perché non
sceglieva le priorità in base a un obiettivo condiviso e perché teneva
al di fuori di quell'elaborazione il sacrosanto principio di realtà.
Per dirla in soldoni la crepa sulle grandi opere dimostra come
l'esecutivo presieduto da Giuseppe Conte non abbia un'idea comune sullo
sviluppo italiano e pur presentandosi come governo di legislatura non
ha in mente cosa debba essere, pur a grandi linee, l'Italia del 2023”.
E se Stefano Folli conclude che “Sulla legge di bilancio e sulla
ricerca di nuove risorse per gli investimenti (e per finanziare il
programma: dalla "flat tax" alle misure anti-povertà) si deciderà non
tanto la stabilità del governo, quanto il futuro stesso
dell'esperimento giallo-verde. Si avverte non solo il nervosismo dei
mercati, ma soprattutto una crescente ostilità in Europa” Dario di Vico
conclude che “ mentre il teatrino della politica privilegia il
dibattito con le tribù dei No-Tav e dei No-Tap l'economia reale non sta
ferma. Quello che abbiamo definito «il nuovo triangolo industriale»
Treviso-Bologna-Milano chiama politiche innovative che abbraccino
logistica, integrazione dei mercati del lavoro (per evitare il
disallineamento tra domanda e offerta), un nuovo rapporto tra le
cittadelle del sapere e i distretti manifatturieri. Ma c'è di più: la
rivoluzione delle filiere non ha riguardato (ovviamente) solo i flussi
nazionali ma sta ridisegnando i rapporti tra i sistemi economici
nazionali. Quanta parte del nostro Nord è inserita in quella che
semplificando possiamo chiamare «l'area economica tedesca allargata»?.
La conclusione potrebbe essere quella prospettata dal loro collega Massimo Riva:
“Per uscire dall'Unione europea non c'è solo la strada maestra
intrapresa dai britannici, seguendo la via prevista all'uopo nei
Trattati. Un altro possibile percorso è quello del procedere con una
serie di singoli passi — ciascuno dei quali di peso circoscritto — fino
a creare una massa critica di devianze tale da rendere l'abbandono
dell'Ue un dato di fatto, anche senza che subentri la sanzione politica
formale. Si tratta di una strada più subdola di quella britannica, ma
che nel tempo può rivelarsi non meno risolutiva. Ed è quella verso la
quale oggi sembra sotterraneamente inclinare l'attuale governo
grillo-leghista in Italia.”.
Vero è che sottovalutare l'avversario in politica è sempre un
errore ma non pensiamo che il governo Salvimaio abbia al suo interno
un'intelligenza politica di tale livello. Pare che il problema
principale di questi sia quello di occupare tutte le caselle ed
accumulare i vantaggi che ne derivano –poi vediamo com'è finita la
Lega…- senza un disegno complessivo salvo quello di raccontare balle a
tutto spiano –si leggano le ultime esternazioni del DiMaio sui costi
della TAV, del tutto inventate- facendole passare per verità dopo
l'occupazione della RAI. Perfino col “decreto mille proroghe” anziché
prorogarne il meno possibile e stimolare così crescita e occupazione si
rimanda tutto di uno o due anni senza verificare quanti siano pronti a
investire e quanti se ne siano stati seduti ad aspettare. Scrive il
SalviMaio: Sarà infatti possibile sbloccare 140 milioni di euro per
l'anno 2018, 320 milioni di euro per l'anno 2019, 350 milioni di euro
per l'anno 2020 e 220 milioni di euro per l'anno 2021 grazie a un Fondo
per favorire gli investimenti degli Enti locali attraverso l'utilizzo
dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti”. Ma è una
balla dal momento che le risorse usate ora sarebbero state «sottratte
dal bando periferie fatto dal governo pd». Inoltre lo sblocco non
sarebbe una scelta politica, ma un atto obbligato dalla sentenza 247
del dicembre 2017, con la quale la Consulta stabilisce che il vincolo
di pareggio del bilancio vale a livello non di singolo comune, ma di
comparto (l'insieme dei comuni).
Stendiamo poi un silenzio pietoso sull'ILVA e sull'Alitalia dove ormai
appare certa l'intenzione di farle tornare tra le aziende statali.
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De ortu et progressu artis typographicae dissertatio historica: ovvero come fare i soldi coi beni di tutti
Il custode delLa Latrina di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga, sardAgnolo
abduano con ascendenze garibaldine dalla Valcamonica che ha fatto –dice
lui- il liceo dai preti a Cagliari (felicemente annusando le pozzette
lasciate in aula da Antonio Gramsci) e il Politecnico di Milano
con la mitica Ajroldi Vasconi a insegnargli analisi matematica, deve
ricordarsi che non ha uno straccio di cacata carta m forma di laurea
che lo autorizzi a fare l'esperto di composizione tipografica. E' uno
dei tanti bulletti autodidatti che circolano in rete.
Il nostro ne ha combinata un'altra delle sue. Scrive da qualche parte
della Latrina di Nusquamia: Anni fa, dovendo preparare una conferenza
sulla storia dell'arte tipografica, (quindi ricevendone un compenso…)
mi recavo alla Biblioteca Angelo Mai. Il libro che dovevo consultare
era una “cinquecentina”, come si dice, di un certo pregio: ovviamente
non solo non era disponibile al prestito, ma dovevo leggerlo, e
prendere appunti, in una stanza a parte, sotto gli occhi del
responsabile della Biblioteca, com'è giusto. In via eccezionale, ebbi
il permesso di fotografarne alcune pagine: munito di una macchina
fotografica russa e lenti addizionali, riprendevo le pagine del libro
posato su una seggiola disposta su un terrazzino, opportunamente
orientata dietro una porta-finestra che dà su Piazza Vecchia. Oggi quel
libro si trova in Internet, si veda De ortu et progressu artis
typographicae dissertatio historica.”
Comunque siano andate le cose, in Italia vige il principio per cui se
pubblichi qualcosa che appartiene al patrimonio nazionale (pubblichi
per fare soldi), devi avere una autorizzazione (del custode del bene) e
pagare dei diritti stabiliti dal regolamento interno (della Biblioteca
Angelo May in questo caso). L'”innocente” pubblicazione da parte del
custode delLa Latrina di Nusquamia di quel testo, oltre a fargli
incassare (più che probabile) un quid per ogni pagina vista a chi ha
postato il testo (quindi al custode delLa Latrina di Nusquamia) è
accompagnata dalla pubblicità di google e dalla profilazione da parte
di google del visitatore.
Oltre all'evidente illecito di avere fotografato tutto il testo (lui
dice con la benevola complicità del funzionario), siccome il custode
delLa Latrina di Nusquamia ha fatto il classico, sapeva e sa benissimo
l'uso malefico che google fa di tutto quel che gli striscia sotto il
naso. Il regolamento interno della A.May prevede espressamente “Il
rimborso relativo alla pubblicazione integrale a fini di lucro di un
bene librario o archivistico verrà stabilito dal Dirigente, previo
parere del Responsabile della Biblioteca, in base al progetto
scientifico presentato.” Ancora: “l'utente ha facoltà di riprodurre
digitalmente con mezzi propri i documenti chiesti in consultazione, nei
limiti stabiliti dalla normativa vigente (Codice dei beni culturali e
del paesaggio, Dlg del 22/01/2004 n. 42)”. Per fortuna che la pagina
delLa Latrina di Nusquamia che ospita questa gabola parte col titolo:
“Onestà, onestà…”.
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Dov'é Salvini nella lotta al caporalato?
Vede solo gli immigati clandestini sul mare?
Intanto che il neoministro dell'interno Salvini combatte la sua
battaglia contro quattro striminziti immigrati via mare, nelle campagne
del Meridione d'Italia i caporali scorazzano impuniti per fornire
manodopera a costo stracciato alle aziende agricole che debbono far
arrivare i pomodori all'industria e la frutta alla GDO. Anziché pensare
di trovare un salvacondotto per le aziende che continuano ad operare in
nero, mediante il ripristino dei voucher, il Governo dovrebbe
attuare tutti gli strumenti possibili per sostenere il pieno rispetto
dei contratti di lavoro e delle leggi. Bisogna intensificare i
controlli sulle strade, non è pensabile che le foto dei furgoni rubati,
carichi di braccianti irregolari, assoldati da caporali a disposizione
di aziende compiacenti, facciano il giro del mondo sul web, ma gli
stessi furgoni siano invece invisibili ai controlli degli organi
preposti, sempre ammesso che i controlli sulle strade siano
sufficienti. Di questo Salvini non si preoccupa nonostante tocchi a lui
vigilare con le varie forze dell'ordine sul rispetto della legalità.
Quattro braccianti sono rimasti vittime dello scontro frontale il 4
agosot tra un tir carico di pomodori e un furgone. L'incidente è
avvenuto sulla strada provinciale 105 tra Ascoli Satriano e
Castelluccio dei Sauri nel Foggiano. Nel furgone c'erano in tutto otto
persone: tutti braccianti stranieri che avevano appena terminato di
lavorare nei campi proprio per la raccolta dei pomodori. Gli altri
quattro sono tutti rimasti gravemente feriti e sono stati trasportati
agli Ospedali Riuniti di Foggia, dove è anche ricoverato il conducente
del tir, ferito solo lievemente.
Si chiamavano Amadou Balde (Guinea Bissau), 20 anni, Aladjie
Ceesay (Gambia) 23, Moussa Kande (Guinea Bissau) 27, Ali Dembele
(Mali), il più vecchio, 30 anni.
Dodici persone - tutti braccianti agricoli migranti - sono morte in un
incidente stradale il 6 agosto avvenuto sulla strada statale 16, nella
località Ripalta, nel territorio di Lesina, nel Foggiano, nel
pomeriggio di lunedì. A quanto si è saputo, lo scontro si è verificato,
per cause in corso di accertamento, tra un furgone con targa bulgara
che trasportava numerosi braccianti agricoli, tutti migranti, che
tornavano dalle campagne dove avevano raccolto pomodori, ed un tir.
Secondo la prima ricostruzione a bordo del mezzo erano in 14,
probabilmente viaggiavano in piedi, stipati in un furgoncino che poteva
trasportare al massimo otto persone e che si è capovolto sull'asfalto
dopo lo schianto. Finora sono stati identificate 7 delle 12 vittime:
sono tutti migranti regolari.
«Se non muori nei campi, ti succede per strada. E devi pagare anche 5
euro per frarti trasportare dai furgoncini della morte». Yvan Sagnet,
il camerunense di 33 anni che nel 2011, a Nardò, si ribellò ai
caporali, conosce bene le campagne di Puglia. E il lungo filo rosso che
le unisce, dal Salento alla Capitanata. Il rosso non è solo quello
delle angurie e dei pomodori che in estate si raccolgono
nell'entroterra della regione più conosciuta per le spiagge del Salento
e del Gargano che per la piaga del caporalato. Il rosso è anche quello
del sangue.
«Anche i 16 morti sulle strade di Capitanata di questi giorni — ed
eccolo il punto di arrivo della striscia — sono conseguenza di un
sistema marcio che si fonda sull'illegalità e lo sfruttamento». Prima
ancora che lo stabiliscano i giudici, per lui i 16 giovani neri e
bianchi tutti arrivati in Italia per morire nel Tavoliere delle Puglie,
sono vittime del caporalato: lo scontro frontale sull'asfalto rovente
dell'estate 2018 è solo una conseguenza. «Viaggiano su mezzi di
trasporto insicuri, di terza e a volte anche di quarta mano, spesso non
assicurati, difettosi e su strade pericolose, soprattutto in questo
periodo in cui i Tir sono dappertutto».
Per raggiungere i campi di raccolta, i braccianti pagano anche un
«biglietto» di 5 euro. «E così non dovrebbe essere, perché il trasporto
andrebbe regolamentato e cofinanziato dalle aziende e dallo Stato»,
denuncia Sagnet.
Nel Tavoliere delle Puglie, il caporalato parte proprio dai furgoncini.
Il listino prezzi, per braccianti africani e neo-comunitari (20 mila
nella provincia di Foggia, 400 mila a livello nazionale) è identico: il
trasporto con il furgone costa, appunto, 5 euro a testa e per ogni
cassone da tre quintali di pomodori — pagato quattro euro e mezzo — il
caporale trattiene 50 centesimi. E visto che nei furgoni si stipano
anche in venti e che ogni bracciante riesce a riempire fino a quindici
cassoni, il caporale incassa per ogni trasporto 250 euro al giorno.
Spesso riesce a farne due e arriva a 500 euro. E se il lavoro abbonda,
paga un autista 50 euro e per ogni viaggio aggiuntivo incassa altri 200
euro.
Il contratto nazionale, inoltre, prevederebbe vitto e alloggio a carico
del datore di lavoro ma invece i braccianti continuano a vivere nei
ghetti e nei casolari di campagna, con l'unica eccezione di Casa
Sankara, una struttura che può ospitare fino a 250 braccianti, a San
Severo. Per il resto, il Gran Ghetto di Rignano, non appena chiuso dopo
un devastante incendio nel 2017 (nel quale morirono due migranti), è
stato sostituito da un altro adiacente, con meno braccianti (dai
precedenti 2 mila si è passati a mille) ma in continua crescita. E a
sud di Foggia continua a prosperare il ghetto di Borgo Mezzanone, dove
lungo una vecchia pista di atterraggio abitano altri 1.500 immigrati.
A Foggia è arrivato il pdC Conte, inutile, ma non s'è visto Salvini e nemm
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