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FESSO MA ETICO
Perché avete deciso di sostituire i vertici di Ferrovie?
«L'efficienza è nulla senza etica. E poi perché bisogna realmente spostare il focus sul trasporto regionale e dei pendolari».
A cosa si riferisce quando parla di etica ?
«Il consiglio di amministrazione di Ferrovie avrebbe dovuto applicare la clausola etica e far decadere l'amministratore delegato, poiché rinviato a giudizio per truffa. Il non avere applicato quella clausola ci ha costretto ad adottare lo spoils system. Non discende da alcuna volontà di occupare poltrone».

LA LEGIONELLA A BRESSO
Nelle ultime ore le indagini si concentrano sulla possibilità che una torre di raffreddamento con problemi di manutenzione abbia sprigionato particelle d'acqua infette: così si è venuta a creare una nuvola che, in seguito a temporali e venti, ha sprigionato i vapori contaminati come una sorta di aerosol-killer. Sono solo ipotesi. Non c'è nessuno stabile identificato e mancano ancora troppi risultati dei campioni d'acqua prelevati, oltre 550, fondamentali per capire dove il batterio si è annidato. Ma solo nel 20% nelle abitazioni degli ammalati c'è un riscontro della sua presenza: poche, ragionano gli esperti dell'Ats di Milano, per pensare a un inquinamento dell'acquedotto. Più probabile, allora, che la causa sia altrove. Là, su qualche tetto di fabbriche, centri commerciali, supermercati, alberghi. Ma chissà dove.

Il progressista
Il progressista stile Repubblica ha bisogno di specchiarsi nelle narrazioni edificanti, magari non avrà il Rolex e l’attico a New York come i progressisti più à la page ma in qualche modo lui l’ha risolta la sua vita e nel tempo libero si dedica ad amare l’umanità. L’amore per l’umanità è un bisogno secondario, sorge quando il bisogno primario di garantirsi la propria comfort zone è già stato soddisfatto. Noi che viviamo di espedienti abbiamo invece troppa rabbia in corpo per amare l’umanità, il progressista stile Repubblica no, a lui basta un editoriale di Scalfari per sentirsi intelligente. La sua rabbia, che in lui si è sedimentata a un livello più profondo e viene perciò distillata in velenosa perfidia, la riserva tutta per i vari Berlusconi, Trump e Salvini. Tipi umani alla Federico Rampini, alla Massimo Gramellini. Pensano in totale buona fede che i sogni e i bisogni del ciabattino di Kabul siano gli stessi che animano l’impiegato della biblioteca comunale. Ma il ciabattino di Kabul non sfila al gay pride. Il progressismo stile Repubblica è una malattia senile dell’occidente appagato ma oggi l’occidente è arrabbiato e viene meno anche il brodo di coltura di quel particolare tipo umano.
La realtà è che l’umanità è un accrocco più complesso di un insieme di uomini animati da buoni sentimenti che aspettano solo di essere portati maieuticamente alla luce.


Il macchinista discotecaro remixa sul binario errato
di Beppe Fumagalli
«Sono il disordinato frequentatore delle più nascoste rotte, dei più segreti approdi. Della loro inutilità e della loro ignota ubicazione si nutrono i miei giorni». Nel cesso di una stazione può essere scritto di tutto. Un numero di cellulare con l'appello di un superdotato a femmine mai sazie. O una frase troppo bella per non essere di qualcuno. Google lo saprà. Io no e mi va bene così. Mi inchino al disordine, signore e padrone dei miei giorni, e me ne vado. Esco nella luce del mattino, mi ritrovo solo in una stazione tra i campi. Morengo-Bariano: due binari dove i treni passano ma non si fermano. Tutti tranne uno. L'8.18 per Milano che però non arriva. L'altoparlante lo dà con 30 minuti di ritardo. E aggiunge: «Contrariamente a quanto preceden-temente annunciato fermerà al binario uno anziché al binario 2». È arrivata una donna. La vedo corrucciata. Saliamo insieme e la vedo andare dal capotreno, una ragazza che nonostante la divisa grigia riesce a essere carina. «Scusi», dice la donna, «ma se rimaniamo sul binario uno dove passano i treni per Venezia siamo in contromano». La ragazza si fa ripetere la domanda. Poi ci pensa su e risponde: «Siamo in ritardo, probabilmente ci hanno spostati per far passare i treni dietro di noi. Ma se ci hanno messi qui vuol dire che siamo in sicurezza». La donna insiste. La capotreno prende il telefono e chiama il macchinista. Rimane in attesa e poi riaggancia: «Niente da fare — sbuffa —. Sa, questo è un tipo particolare, si chiude in cabina mette la musica a palla e non risponde a nessuno». Piazzato su un binario che non è il suo il treno va a intermittenza. Va, si ferma, va, si ferma. Con un dj in cabina forse sta ballando.

L’AMACA di Michele Serra
Nella foto di gruppo dello staff social di Matteo Salvini la cosa che colpisce non è certo la presenza del figlio di un candidato alla presidenza della Rai.
La cosa che colpisce è che i dieci componenti dello staff (più l'undicesimo, il loro capo Luca Morisi, che ha scattato e postato la foto) sono tutti maschi, giovani e sorridenti.
Di femmine nemmeno l'ombra. Accostata a una recente e celebre immagine dell'entourage di Trump, una folla di uomini bianchi tra i quali fanno capolino solo un paio di ragazze e un paio di non bianchi, l'immagine suggerisce l'ipotesi che il cosiddetto populismo, nelle sue varie edizioni, sia prima di tutto un fenomeno di rivincita del maschio "vecchia maniera", quello refrattario, almeno formalmente, alle debolezze psicologiche e al dubbio. Modi bruschi e linguaggio spiccio come antidoto alla nefasta avanzata, in Occidente, delle femmine, dei gay, degli stranieri, dei portatori di differenza in generale.
Se davvero fossero soprattutto economiche le pulsioni pro-Trump e pro-Putin, sarebbe complicato spiegare l'adorazione popolare per leader sfacciatamente ricchi.
Più credibile è l'idea che società in crisi, spaventate dal cambiamento, vogliano riaffidarsi ai capitribù, perché la democrazia è troppo complicata, troppo raffinata, troppo scostumata. Dieci maschi su dieci, in uno staff, non possono esser
Fenomenologia delle borse di lusso da donna e delle donne che le comprano

di ilmondodigalatea


La borsa per una donna è quello che per un uomo è… niente, non c’è un equivalente maschile. La borsa per una donna è l’equivalente della conchiglia per il paguro, della coperta per Linus, del divano per Homer Simpson. Non esistono donne senza borsa, se non hanno una borsa l’hanno solo appoggiata momentaneamente altrove.  La borsa di lusso però è un accessorio a parte, che non serve a portare in giro cose ma a identificare la portatrice come membro di un club specifico e ben delimitato. La borsa di lusso è come il totem per la tribù: non serve a nulla, ma ti fa riconoscere come membro di un clan. Per cui la borsa è come lo scudo dell’antico guerriero: si usa per affrontare la vita.

Le Vuittoniane: le borse LV sono il frutto di una geniale intuizione del marketing. Siccome sono color topo morto in circostanze misteriose che stona con tutto e non ha nulla di accostabile nell’universo, possono essere usate con qualsiasi abbigliamento. Tanto ci faranno a pugni. La borsa LV è più che un oggetto, è un rito di passaggio. Di solito le donne la comprano quando raggiungono l’età in cui smettono di litigare con la propria madre perché sono diventate uguali a lei. Il loro modello di riferimento è Catherine Deneuve, signora borghese elegante e sposata, anche se non sempre con lo stesso marito. La borsa LV ha un alto valore simbolico. Di solito infatti viene regalata dall’uomo durante un romantico week end a Parigi che la donna/compagna/moglie ha preteso per festeggiare qualche anniversario, tipo i primi vent’anni assieme, il trent’anni dal primo bacio, i dieci giorni dalla prima scop… ehm, dal primo incontro, etc. Nel caso non ci fosse alcun anniversario, non vi preoccupate, si inventa. Tanto gli uomini non si ricordano mai un accidente di data. Le Vuittoniane apprezzano molto che un uomo spenda l’equivalente del suo stipendio medio di un mese per comprare loro una borsa passabilmente brutta: lo trovano un incredibile atto d’amore. Nel caso non fosse possibile avere il fine settimana a Parigi, si accontenteranno della borsa LV comprata a Padova, per dire, anche se alle amiche diranno che comunque è stata comprata a Parigi, perché quella comprata a Padova, anche se identica, risulterebbe comunque meno chic. Il guaio delle borse LV è che ormai ce ne sono in giro più di false che di vere. Essendo tutte ugualmente brutte, sono quasi sempre indistinguibili, tanto è vero che spesso quelle tarocche vengono allegramente vendute per vere anche in boutique. Per capire le sottili differenze bisognerebbe rivolgersi al mio amico Ahmed, che produce quelle tarocche. Ma col cavolo che vi dico dove lo trovate, o non mi vende più le mie a 30 euro.

Le Pradiste: Le Pradiste, al contrario delle Vuittoniane, sono donne rampanti e di successo che le borse se le comprano da sole, con il frutto del loro lavoro. Le borse di Prada, al contrario di quelle di Vuitton, sono sempre passabilmente brutte, ma di un brutto monacale e monomaniacale, da manager in carriera che non deve chiedere mai, soprattutto il prezzo. Tanto Le Pradiste sanno che il diavolo veste Prada, e quindi anche gli accessori sono suoi. Se la Vuittoniana è una signora sposata medioborghese, la Pradista è una scalatrice sociale grintosa, determinata e di recente arricchimento, che non si fa comprare borse dagli uomini anche perché di solito non ci resta assieme così a lungo da poter sperare che le facciano un regalo. Il loro modello è cosa, lì, come si chiama, la megacapa del Il Diavolo veste Prada, di cui non ricordano mai il nome. Che comunque non serve, perché tanto la conoscono tutti come “la Stronza”. Appunto.

Le Hermesiane: Le Hermesiane sono le patite di Hermès, e fanno categoria a parte. Se non altro perché per accostarsi anche solo alla vetrina ci vogliono soldi di famiglia di almeno tre generazioni. Le Hermesiane infatti sono ricche, ma non per un recente arricchimento improvviso o una fortunata liason: i loro antenati, quasi sempre, hanno lasciato agli eredi così tanto che in pratica i discendenti non hanno più bisogno di un lavoro vero dai tempi dei Longobardi, o anche prima. Le loro nonne e mamme erano già sfacciatamente ricche quando la principessa Grace ha sfoggiato la prima Kelly, e loro si sono comprate la prima Birkin in contemporanea con Jane. Ovviamente oltre alla borsa sfoggiano anche i foulard correlati, che sembrerebbero ridicoli addosso a tutte le altre, tranne che a loro, e, anche in tarda età, si muovono con la grazia di Elisabetta II in visita ufficiale. Le Hermesiane sono fortunate perché le borse Hermès manco le taroccano. Gli altri stilisti si limitano a copiarle, paro paro. E le Hermesiane, da vere signore, quando vedono una di noi povere mortali arrivare con la sua borsettina scopiazzata dalla loro sono sempre così gentili da sorridere comprensive, fingendo di non essersene accorte. Un po’ come le dee.