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La notizia della presentazione della carta “cinque percorsi (più uno) fuori dal coro per arrivare in Piazza Vecchia dalle porte di Città Alta” ci ha spinti ad un copiosissimo investimento di dieci euro per l’acquisto del corposissimo volumetto di Valentina Bailo, Roberto Cremaschi e Perlita Serra “ALLE PORTE DI CITTA’ ALTA”. Scrivono gli autori che “Questa mappa invita a scoprire la bellezza di Città Alta - partendo da ciascuna delle quattro porte nelle Mura - non solo percorrendo il frequentatissimo asse centrale (itinerario 5) ma almeno altri quattro percorsi, meno noti e meno affollati. Inoltre, propone la doppia escursione sui bastioni delle Mura e ai piedi delle stesse, per completare la conoscenza della città da ogni punto di vista Si completa così la guida "Alle porte di Città Alta" che, riscoprendo e connettendo 115 strade, scalette, sentieri, stradette, vicoli, funicolari ... propone 33 itinerari e innumerevoli varianti per salire (rigorosamente a piedi o in bicicletta) nel borgo storico di Bergamo”. I testi della mappa sono a cura di Gabriella Baiguini, Roberto Cremaschi, Perlita Serra.

La legenda del volumetto INVECE precisa che “Non avete in mano una guida di Città Alta, ma una guida a Città Alta. Cioè la proposta di conoscere e percorre­re - a piedi o in bicicletta - tutti (ma proprio tutti) i tracciati che da Città Bassa e dalle basi dei Colli conducono alle soglie delle quattro porte: Sant'Agostino, San Giacomo, Sant'Alessan­dro e San Lorenzo. Per passeggiare all'interno delle Mura Veneziane, se ne avete bisogno, cercate una guida specifica. Noi ci fermiamo prima. Gli autori hanno individuato e percor­so più volte 115 tra scalette, sentieri, strade, funicolari... Sono normalmen­te tutte in salita”.

Complessivamente questa corposa guida traccia tutti (quasi tutti) i percorsi di quella grande Y che sono i colli  che da Sant’Agostino vanno verso NO fino al santuario di Sombreno e verso SO verso il Monte Gussa di Mozzo e la Benaglia verso S. Con un vasto intrico  di percorsi in città bassa.

Non abbiamo compreso come mai manchi tutta la collina a nord della vallate della Morla: la Maresana che pure costituisce (non solo) un bel balcone per osservare o leggere Bergamo nella sua parte meno nota: quella settentrionale. Oltre che per la sua economia di una volta.

Le immagini del volumetto sono di Piero Brambilla e sono di grande qualità. Forse la parte più evidente dell’insieme. L’impaginazione invece ci lascia perplessi sia nella combinazione dei caratteri, la loro dimensione, i box colorati. Insomma un insieme che riduce la lettura ad una inutile fatica visiva. Errata del tutto anche l’immagine di copertina perché illeggibile.

Brutto anche il volantino “dalle porte di Città Alta” sia nella grafica che nelle immagini. Ma tanto è una di quelle cose “usa e getta” che durano le due ore della visita. Infatti lo danno gratis.

Diciamo che volumetto e volantino sono dedicati in primis ai bergamaschi che vogliono conoscere questo spazio. In questi anni  si è verificato un flusso di pedoni (e maledetti ciclisti!) mai visto prima anche per la crisi economica che ha ridotto le disponibilità economiche e quindi ridotto i viaggi fuori provincia.

 

Senza avere la pretesa di insegnare al Papa a dir messa il volumetto ci pare una guida impostata ancora sui vecchi modelli, dove la notizia storica sparata nuda e cruda pare sia sufficiente a stupefacere il pedone visitatore. Uno legge di seguito le informazioni e queste appaiono come “fatti” senza alcun nesso col resto del mondo. Ci sono e questo basta. Punto e basta. Non è così: anche perché pure quando li costruirono la fatica costava assai (più che soldi davvero la fatica fisica) e le risorse per  ristorarla erano meno di adesso.

Quasi tutti quei percorsi non sono nati perché un qualche padrone o governante ha ordinato a un geometra di fare un progetto ed a una impresa edile di fare lo Scorlazzino e lo Scorlazzone piuttosto che il Lavanderio o il Colle dei Roccoli dimenticando l’attuale via Ramera oppure  la fitta rete di sentieri attorno al Monte Gussa oppure quello del Roccolino e quello dei Sacc (le rane). Lo stesso per Fontanabrolo o la Scaletta delle More, la via del paradiso che probabilmente arrivava in via Arena prima della costruzione delle Mura.

L’esigenza di costruire un paesaggio agrario utilizzabile e nel contempo favorire l’accesso ai piccoli lotti e il percorso dall’alto verso il basso con la minore fatica umana ed animale prestabile hanno disegnato quei percorsi che non sono invenzioni casuali ma scelte strategiche. Insomma in questa  pur utile guida manca tutta la storia del paesaggio agrario dei colli. E’ il classico modo di vedere il paesaggio e la geografia della stampa patinata itala nostrana. Quelli che vedono il paesaggio cogli occhi del pittore piuttosto che con la fatica del contadino che costruisce pietra dopo pietra lo Scorlazzino. O lo schiavo che costruisce il primo acquedotto dei Vasi.

 

Un esame delle molte immagini dei colli di Bergamo accumulate dopo l’invenzione del marchingegno ci fanno vedere il paesaggio agrario che viene via via sostituito da una edificazione più intensa senza che mai e poi mai appaia un minimo di cura del “nuovo” paesaggio. Basta fare un giro lungo le mura, dal baluardo di san Giovanni a quello di san Michele ed osservare i giardini privati sottostanti per leggere una totale incultura del paesaggio da parte dei neoricchi che hanno edificato lussuosissime abitazioni. A valle del baluardo di sant’Agostino e per tutto il perimetro nord siamo nel massimo tra la manomissione criminogena e l’abbandono. Che è poi la medesima situazione di tutto lo spazio non edificato dove si svolgono i percorsi descritti nel volumetto. Fino  al mega capannone “agricolo” sul percorso 711 con centinaia di metri quadrati di pannelli solari come fosse una nuova ILVA. Fossi stato negli autori avrei tolto tutta la parte delle prime 21 pagine.

Nel volumetto mancano alcune informazioni per esempio sull’acquedotto moderno della città (quando venne addotta l’acqua da Algua) come pure tutta la storia del Viale delle Mura che è così da poco più di un secolo.

 

Manca tutta la relazione economica tra i colli e città alta che spiega la densità dei percorsi e il loro significato. Insomma è ancora una storia dalla parte dei padroni e dei preti, indubbiamente vera visto che loro mazzuolavano di brutto il popolani, ma la storia di una città e del suo paesaggio  non è solo la storia scritta dalle classi dominanti. Basterebbe leggere l’inchiesta Jacini oppure il Ronchetti. Basterebbe ruotare di 360gradi lo sguardo in Piazza Duomo e domandarsi il perché del Duomo, del Palazzo della Ragione e di S. Maria Maggiore l’uno di fronte all’altro: tre poteri differenti che ci sono ancora oggi che si fronteggiano non con dei palazzetti ma con potentissime opere.

Ragionamento che ci introduce al volantino sui “cinque percorsi (più uno) fuori dal coro per arrivare in Piazza Vecchia dalle porte di Città Alta”. Un volantino che farà arrabbiare i pizzaioli e i ristobar di via Colleoni –Gombito che, merito di un certo Bersani e di un certo Gori- hanno trasformato le due vie in una sorta di oriocenter decentrato. Fuori dubbio che le guide di Bergamo si siano ormai scocciate nel condurre le solite torme di anziani svaporati e claudicanti lungo i soliti percorsi.

Bellissimo sentire una guida tedesca che illustra S. Maria Maggiore asserendo che è chiesa del XII secolo ma è decorata all’interno in stile barocco senza che nessuno le faccia la domanda fatale di cosa c’entri il XII secolo col barocco.  Che sia passato per caso qualche gessista valdimagnino particolarmente in vena?

Lavoro inutile visto che neanche cinque minuti dopo la visita quelli non ricordano nemmeno dove siano stati, ma soprattutto –ne abbiamo sentite decine di queste guide, anche straniere- raccontano qualcosa che non sta ne in cielo ne in terra. Un rosario di avventure e miracoli avvenuti chissà come e perché.

Detto questo sono il volume e il volantino- sono due utilissimi strumenti. Migliorabili ed ampliabili in qualche parte lasciando a geografi e urbanisti la mano per cesellare il buono  che c’è.

E impaginate e stampate meglio, perdinci!.

 

 

 

Quando attorno a un provvedimento legislativo scoppia una grande bagarre, vuol dire che è sostanzialmente povero di novità. Il Decreto Dignità -DD: bel titolo, peccato che sotto il vestito ci sia nulla o assai poco- è una pessima macedonia di frutta buona e marcia che si vuole spacciare come miracoloso. Come in tutte le macedonie ciascuno prende la parte buona e lascia nel piatto quella che non gli garba. Peccato che le aziende in genere la rifiutino del tutto.  Sostanzialmente -vedremo poi come uscirà alla fine dalle due tornate parlamentari- non cambia granche rispetto a prima. Aggiunge un po’ (poco) di caos burocratico alle imprese (che ormai in merito si sono fatte le ossa negli ultimi dieci anni...), favorisce la crescita del gioco clandestino, fatto tanto caro alle mafie, per il resto  non muoverà un numero  in più o in meno per l’occupazione. Figurati se un imprenditore assume una persona perchè c’è una legge particolarmente utile: se non gli arrivano ordini, hai voglia di aspettare che assuma. Lo vediamo tutti. Le aziende che stanno in un settore a concorrenza  internazionale assumono lentamente e dopo attenta selezione -gli basta la normativa esistente per valutare chi assumere- e sanno bene che quel che fanno loro lo fanno anche dappertutto nel mondo. Quindi puntano a ridurre il cuneo fiscale e contributivo, i costi dell’energia e dello stato. Il DD purtroppo non fa nulla in merito. Innanzitutto non è corretto dire “cuneo fiscale”, perché è molto più preciso dire “cuneo fiscale e contributivo”.
Il cuneo è la differenza tra quanto prende materialmente un lavoratore dipendente e la sua retribuzione lorda (comprensiva cioè delle ritenute fiscali, per le tasse da pagare, e dei contributi previdenziali, ovvero i versamenti che il lavoratore sostiene per beneficiare – in vecchiaia – della pensione).
Più precisamente il DD sposta di un nulla il merito.
Poi a bene vedere basta osservare  il costo della benzina, energia elettrica, metano, acqua potabile, servizi pubblici (le imposte comunali in particolare) ci si rende conto di come le grinfie dello stato e degli enti locali azzannino le risorse delle imprese e famiglie. Il governo SalviMaio aveva promesso nel primo consiglio dei ministri  "l'eliminazione delle componenti anacronistiche" delle imposte sul carburante come quelle per finanziare la guerra in Eritrea, l'alluvione di Firenze e i terremoti del '900. Peccato che nel passare dalle balle elettorali ai conti della serva il risparmio per gli automobilisti rischia di aprire una voragine nei conti pubblici: i 72 centesimi di accisa su ogni litro di verde e i 61 gasolio hanno reso nel 2017 allo stato 25 miliardi.
Promessa dimenticata.
Le imprese che non subiscono concorrenza internazionale-nemmeno quella del mitico idraulico polacco che doveva mettere in ginocchio tutti gli artigiani nostrani- viceversa se la passano alla grande col SUV nuovo intestato alla ditta e ammortizzato al 140% col 20% di sconto sul listino. Combinando l’usuale dose di nero e il bidone seriale -pensiamo solo all’obbligo della revisione auto o delle caldaiette in danno dei nonni, scavalcando il ricorso alle visite mediche private per  i ritardi del pubblico e del privato, per non parlare dei rinnovi delle patenti, questi se la passano bene e badano bene a non assumere più di tanto. Tanto la legge gli ha garantito il lavoro, le categorie li garantiscono dalla concorrenza e dulcis in fundo cavoli loro se a qualcuno salta in aria la caldaietta mal manutenzionata e il vecchietto centra  il palo  con l’auto perché cieco o cardiopatico. Basta aprire l’Eco di Bergamo per leggere la dose giornalieri di casi simili.
Viceversa non sarebbe una brutta idea stabilire per legge una paga oraria minima netta, lasciando poi libero il mercato di assumere o meno. In questa situazione metti l’impresa davanti alla capacità di stare o meno sul mercato e stimoli anche il lavoratore a darsi da fare. Oltre che a fare i... corsi d’inglese di Energheia/ Comune di Curno.
Riduzione del cuneo fiscale e contributivo, salario orario minimo, drastica riduzione dei costi di energia acqua servizi pubblici,  un REI calibrato in maniera intelligente.
Mancano i soldi? Un patrimoniale sui 4500 miliardi di ricchezza finanziaria degli italiani. 250 per ridurre il debito attuale e 200 per lavoro e investimenti. Alternative? Proseguire nella palcia come adesso fino all’arrivo della troika.