Debito pubblico, la ricetta di Cottarelli: ‘Per uscire dal tunnel bisogna portare l’avanzo primario al 3,5-4%’
Carlo Cottarelli*
Tutti concordano sulla necessità di ridurre il debito pubblico rispetto
al Pil, ma come farlo? Passiamo in rassegna le principali teorie.
L’aiutino (qualcuno lo chiama risk sharing)
Ci sono tante varianti ma tutte comportano che i nostri vicini
d’oltralpe si accollino, almeno in parte, il nostro debito. Non accadrà
mai perché persino nelle aree a moneta unica che hanno raggiunto
l’unione politica (come gli stati federali) questo non accade: il
debito degli stati americani resta responsabilità dei singoli stati. Ci
sono forme di aiuto a chi è in crisi, ma avvengono in cambio di pesanti
condizioni, come accade in Europa per lo European Stability Mechanism.
Gli eurobonds, se mai ci saranno, saranno emessi per finanziare il
deficit europeo, non per sostituire il debito dei singoli stati.
Inutile illuderci.
I gioielli della corona
Vendere o valorizzare le attività dello stato è utile a ridurre il
debito ma non può bastare. Quasi trent’anni di esperienza al FMI mi
hanno insegnato che un paese indebitato nutre spesso irrealistiche
speranze sulle entrate da privatizzazioni ma queste vengono
regolarmente deluse. Un debito del 132 per cento del Pil non può essere
abbattuto solo attraverso entrate da privatizzazioni che negli ultimi
anni sono state in media dello 0,25 per cento del Pil. E finte
privatizzazioni quali la vendita a CDP non sono che artifici contabili.
Il denominatore
Questa teoria è molto in voga. Per ridurre il rapporto tra debito/Pil
occorre agire sul denominatore cioè crescere di più e per crescere di
più occorre fare più deficit. Aumenta il deficit, aumenta il Pil grazie
ai mitici moltiplicatori e il rapporto scende. Non lo ha detto anche
Keynes? No. Keynes ha detto che in certi momenti di crisi, come negli
anni ’30, è necessario aumentare il deficit per risollevare l’economia,
accettando anche un aumento del debito pubblico. Non ha mai detto che
il debito si riduce facendo più deficit. E infatti non è mai successo.
Nel 2008-09 i G20 realizzarono politiche keynesiane che salvarono
l’economia mondiale da una crisi potenzialmente peggiore di quella
degli anni ’30. Il rapporto tra debito pubblico e Pil aumentò, il che
era inevitabile. Perché la teoria del denominatore non funziona? Perché
un deficit più elevato aumenta il Pil ma non il suo tasso di crescita
di medio periodo, mentre fa aumentare il tasso di crescita del debito,
non solo il suo livello. Perché l’aumento del deficit causi un aumento
del tasso di crescita del Pil occorre sperare in effetti “di offerta”:
per esempio, l’economia diventa più efficiente se si tagliano le tasse.
Ma la realtà è diversa. Non conosco paesi che siano riusciti a ottenere
forti e continue riduzioni del rapporto debito/Pil aumentando il
deficit, né aumentando gli investimenti, nè tagliando le tasse.
La bancarotta
Tanti paesi non hanno rimborsato quanto preso a prestito e sono
sopravvissuti. Una difficoltà in Italia è che più di due terzi del
debito è detenuto dagli italiani stessi. Dichiarare bancarotta comporta
quindi una tassa che cade sugli italiani stessi. Ben diverso era il
caso di ristrutturazioni del debito estero, per esempio quelle dei
paesi dell’America latina negli anni ’80 i cui debiti erano detenuti da
banche nordamericane. Fra l’altro la parte del nostro debito detenuta
da non residenti è detenuta soprattutto nell’area dell’euro, che
entrerebbe in crisi se dichiarassimo la bancarotta con effetti pesanti
per la nostra stessa economia.
Diventiamo giapponesi, prima variante
Facciamo in modo che i titoli di stato siano detenuti non da stranieri
ma da italiani. Come in Giappone dove il 90 per cento del debito è
detenuto da residenti. Gli investitori nazionali sarebbero meno
propensi a liberarsi dei titoli di stato in momenti di crisi per cui, a
parità di debito, i rischi sarebbero minori. Già, ma come si fa?
Emettere titoli di stato che solo i residenti potrebbero comprare
riduce i potenziali acquirenti, il che fa salire i tassi di interesse
sul debito. E poi siamo così sicuri che gli italiani sarebbero
disciplinati quanto i giapponesi nel detenere titoli del loro governo?
O li si intende obbligare a detenere titoli di stato, per esempio con
vincoli di investimento? La repressione finanziaria è uno dei classici
strumenti per ridurre il debito pubblico, ma anche questa è una tassa,
una tassa su chi è obbligato a comprare titoli di stato.
Diventiamo giapponesi, seconda variante
Usciamo dall’euro e monetizziamo il debito. Qui le cose diventano
complicate e sarò breve anche perché “non c’è nel contratto”! Uscire
dall’euro, svalutando e causando inflazione funziona ma è una tassa su
chi ha comprato titoli di stato. Monetizzare il deficit senza
inflazione, come in Giappone, sarebbe possibile solo se chi viene
ripagato in nuove lire sia disposto a detenerle in quantità crescenti
senza cercare di liberarsene. Il che è difficile per una nuova moneta.
E anche in Giappone non si sa quanto questa situazione possa durare.
Manteniamo lo status quo, con un avanzo primario (la differenza tra
entrate e uscite al netto degli interessi) dell’1,5-2 per cento del
Pil. Con questo livello di avanzo primario il debito scenderebbe a una
velocità accettabile solo ipotizzando condizioni macroeconomiche molto
favorevoli e, in particolare, tassi di interesse che restano bassi pur
in presenza di un aumento dell’inflazione. Questo è quello che si è
sperato negli anni passati, ma ogni anno abbiamo dovuto rivedere verso
il basso le previsioni di inflazione e quest’anno rivedremo verso
l’alto le previsioni sui tassi di interesse. La realtà è che i paesi
avanzati che negli ultimi decenni hanno ridotto il rapporto tra debito
a Pil a velocità di 3-4 punti percentuali di Pil l’anno (Irlanda,
Svezia, Finlandia, Danimarca, Belgio, Canada, Olanda, Nuova Zelanda,
Spagna) lo hanno fatto con avanzi primari dell’ordine di 3-5 punti
percentuali di Pil.
Aggiustamento graduale
Portiamo gradualmente l’avanzo primario al 3,5-4 per cento. In un
periodo di crescita di Pil ed entrate come quello che stiamo
attraversando sarebbe sufficiente mantenere costante la spesa pubblica
primaria (cioé la spesa pubblica al netto della spesa per interessi),
al netto dell’inflazio ne, per 3-4 anni per raggiungere questo
risultato. Questo porterebbe al pareggio di bilancio, alla
stabilizzazione del debito in euro e alla sua riduzione rispetto al Pil
a un passo di 3 punti percentuali l’anno, quanto richiesto dalle regole
europee. Questo è ancora fattibile se non sprechiamo ulteriore tempo ed
è coerente con la prosecuzione del processo di crescita, soprattutto in
un contesto di riforme (burocrazia, giustizia civile, corruzione) che
aumentino la nostra competitività, le nostre esportazioni, il nostro
Pil. Ma se non pensiamo che l’avanzo primario possa essere portato a
questi livelli in modo graduale, allora temo che la scelta non possa
essere che tra un aggiustamento ritardato e improvviso dell’avanzo
primario in un contesto di crisi o, sempre nello stesso contesto, il
ricorso a uno degli approcci sopra descritti, o a una combinazione di
questi. Non
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VIVERE CURNO: MAGGIORANZA NERVOSA
Sulla pagina facebook di “Sei di Curno se…” un concittadino
ha postato un elenco di undici problemi –tutti sicuramente VERI-
per contestare un titolo sul giornaletto comunale “GLOBAL SERVICE:
EFFICIENZA, QUALITA' E RIDUZIONE SPESE”.
Gli ha risposto (dalla propria pagina face book) in maniera piuttosto
“incazzosa” il consigliere delegato alla comunicazione, il filosofo
dott. Marco Battaglia precisando quanto di competenza della ditta ARCA
(titolare del contratto di manutenzione ordinaria della maggior parte
dei beni comunali) e quanto no. Conclude il filosofo Guerra (ad alta
voce): INVITIAMO NUOVAMENTE A RIVOLGERSI AL COMUNE PER OGNI DOMANDA O
LAMENTELA. Se volete scrivere su Facebook e avere una risposta da
Vivere Curno vi preghiamo di postare le vostre richieste qui. Non
possiamo e non vogliamo intervenire su pagine facebook di altri.
Che il nostro non sia un gran comunicatore lo si era già intuito ma ha
ancora quattro anni per imparare il mestiere e finchè c'è vita … c'è
speranza. Peccato che alla scuola del duo Serra&Gamba, ci sia poco
da apprendere: infatti il filosofo Guerra precisa di “non potere
intervenire su pagine face book di altri”. Ma va la! Mica avevamo
compreso che Vivere Curno aveva severamente vietato ai suoi consiglieri
di partecipare in qualsiasi modo al dibattito politico. Non manca
la bacchettata ai cittadini contestatori: RICORDIAMO (a voce alta) che
per le segnalazioni esiste un'app per tutti i tipi di sistema operativo
chiamata CURNO INAPP. E sempre a voce alta: INVITIAMO NUOVAMENTE A
RIVOLGERSI AL COMUNE PER OGNI DOMANDA O LAMENTELA. Traduzione: non fate
casino in pubblico, andate dalla sindaca Gamba a lamentarvi
educatamente previo appuntamento (questo lo mettiamo noi).
L'addetto alla comunicazione di un Comune che NON pubblica il proprio
notiziario nemmeno in forma elettronica si commenta da solo come si
commenta da solo l'operato politico di quella sindaca che ha ordinato
tale leggerezza.
Del resto un Comune con due cantieri aperti (la Rodari e la
biblioteca&auditorium) da due tre quattro lustri; un rudere
tabiotto nei giardini di via Marconi; la vecchia Rodari senza uno
straccio di idea del che farne; le case popolari di via S.Jesus che
meriterebbero l'abbattimento; le piste ciclabili a pezzi e bocconi; la
palazzina dell'ASL anche quella di incerto destino; i due CVI ormai
pezzi di modernariato; un comune che NON è proprietario di una scuola
materna pubblica; un debito di 630mila euro lasciato in eredità dagli
attuali sponsor di Vivere Curno. Con un comune messo così, capiamo che
la maggioranza sia leggermente nervosa.
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