Non
ci si può credere, ma dai recessi di quell' intellighenzia prebendaria,
organica al potere anche se con qualche libertà di mugugno e libertà
d'uscita il giovedì pomeriggio, si leva alto e improvviso il grido di
dolore per l'ipotesi di un governo M5S – Lega considerato come
abominevole e innaturale. La cosa è curiosa, persino grottesca dal
momento che la corale esecrazione viene proprio da quelli che con i
pentastellati hanno flirtato non poco in un'am bigua relazione a
distanza e che evidentemente speravano che alla fine avrebbe prevalso
l'idea di un'alleanza con quel noto partito della sinistra e del
progresso sociale che si chiama Pd.
E’ davvero paradossale che si consideri in qualche modo più naturale un
governo col Pd che è stato da sempre il vero nemico del Movimento 5
stelle ( e viceversa ovviamente), tanto che la tensione tra democratici
e grillini, ovvero i populisti, è stato l'asse politico del discorso
pubblico italiano fin dalle elezioni del 2013.
Si dirà perché un accordo con la Lega significa rinnovare l'impunità a
Berlusconi peraltro riabilitato proprio oggi con un meccanismo che
somiglia all'orologeria svizzera: ma visto che il Pd e le sue
incarnazioni precedenti non hanno torto nemmeno un capello disegnato al
Cavaliere per quasi trent'anni, man mano che si passava dal Prodi uno,
a D'Alema, a Prodi due. al Letta Letta e a Renzi, l'argomento parrebbe
privo di senso visto che invece proprio il renzismo premerebbe per non
toccare il divo Silvio. Ma vi immaginate solo per un attimo il nipotino
di Rignano, Gentiloni o la sorosiana Bonino che impongono a Di Maio la
fine del conflitto di interessi? Anzi a dirla tutta proprio la Lega una
volta superato il consensus di Arcore e arrivata nella stanza dei
bottoni potrebbe pensare di liberarsi in qualche modo del padre padrone
mummificato per ereditarne il malloppo. E' davvero difficile andare a
scovare un non problema all'altezza di questo. Senza dire che il Pd è
stato il più fedele esecutore delle volontà della troika, ovvero di
qualcosa che almeno sulla carta il M5S dovrebbe rifiutare. Certo poi Di
Maio non farà nulla di effettivo per arginare il potere delle
oligarchie, non ne ha la forza e probabilmente nemmeno le intenzioni,
ma dire che il connubio tra pentastellati e Pd sarebbe quello naturale
è davvero un'amputazione del mondo reale- Tanto più che gli avversari
già si affrettano a chiamare in campo l'Europa per far fallire il
tentativo.
Si tratta di cose così evidenti che l'equivoco ha bisogno di altre e di
più nascoste ragioni: per esempio l'istinto connaturato al
gattopardismo che mentre si compiace di volere grandi cambiamenti
invoca poi la palla al piede del conosciuto e del praticato che spesso
è anche lo sponsor delle rendite di posizione. Il tutto si svolge in un
ambiente pubblico politicamente e culturalmente degradato nel quale il
pensiero è ridotto a tifo e basso istinto, la realtà a infingimento e
la volgare la clientela a criterio di verità, mentre
l'insigni ficanza argomentativa diventa il metodo di giudizio e la
ragion sufficiente dell'assertività. Al punto che una numerosa schiera
di animule belle oltre ovviamente ai quaquaraqua di sempre, sembra
fortemente impaurita dalla mancanza di quei presidi di intelligenza,
competenza, onestà di Renzi, dei suoi compari, dei suoi zii politici,
dei suoi sponsor: ovvero manette, ruspe, liberismo, umiliazione del
lavoro, impoverimento e chiacchiere senza fine per turlupinare il
cittadino.
La difficoltà della creazione di un esecutivo nasceva proprio da questa
incompatibilità che ora si vuole disconoscere forse perché è
incompatibile con un vigoroso istinto conservatore, ancorché ben
dissimulato: basti pensare che tra i biasimatori di un
possibile governo M5S – Lega e gli assertori del M5S – Pd figura anche
quel sociologo da televisione e da costiera amalfitana che suggeriva di
lavorare gratis, lavorare tutti per fare la guerra al neo liberismo e
che invece ora teme “la destra”. Ma davvero?
Il Simplicissimus
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Quelli
che vedete qui sotto sono una coppia di giovanissimi – lui cittadino di
via IV Novembre classe 1922 e lei da Mezzoldo in una foto
scattata da un professionista del tempo quando avevano meno di
vent'anni. Bellissimi ed elegantissimi nonostante uno fosse
figlio di un piccolo commerciante di città e lei figlia di allevatori
montanari della Valdelchiuso (frazione di Mezzoldo) . Al tempo della
foto non si conoscevano e si sarebbero fidanzati in tempo di guerra
mentre lui s'era rifugiato in alta Valle Brembana e li aveva iniziato
da solo e in piccola compagnia a combattere contro i fascisti che erano
incarnati in ben noti torturatori, contro le SS e contro le spie
fasciste italiane che vivevano agiatamente rubando e commercio in nero
d'accordo coi fascisti.
Giovanni Artifoni è costretto ad andare in guerra ma grazie a dio
–si può ben dire- si ammala prima di essere mandato su qualche fronte e
quindi il 25 luglio 1943 scappa dall'ospedale dove stava alloggiato e
in malattia e torna a casa sua in via IV Novembre. La sua storia
partigiana, che dura pochissimi anni da fine luglio 1943 alla primavera
del 1946, la si legge nel volume curata dalla figlia:”Gianni Artifoni,
Memorie della Resistenza, Corponove editrice Bergamo”. La narrazione
dell'esperienza resistenziale di Gianni Artifoni è una miniera di
avvenimenti nei quali l'autore emerge come protagonista assoluto e,
salvo la breve parentesi neU'86a brigata Garibaldi, del tutto
svincolato da appartenenza e disciplina di gruppo: un vero "cane
sciolto" che agisce d'istinto e decide autonomamente, ponendosi anche
in contrasto con la struttura organizzata, fino a mettere a repentaglio
la sua vita. Per non parlare dei pericoli provenienti dal fronte
avverso, e in particolare dalla brigata nera di Piazza Brembana, con
la quale ebbe a che fare più d'una volta, rischiando la fucilazione.
Non vi racconteremo come mai il partigiano Artifoni arrivi a
Curno e sia il protagonista degli ultimi tre giorni della lotta
antifascista nel nostro piccolo paese (meno di mille abitanti,
considerando chi stava in guerra al fonte o prigioniero). Stiamo
preparando qualcosa dove racconteremo cosa accade a Curno in quei tre
giorni mentre l'Artifoni é il comandante supremo delle forze partigiane
che occupano il paese ed alloggiano nella sala in disuso del cinema che
era dietro il municipio di allora.
Siamo arrivati ad Artifoni dopo un lungo percorso di ricerche di storia
locale non particolarmente difficile ma seguito purtroppo ad intervalli
troppo lunghi ed alla fine studiando il bel testo "Ho fatto il prete.
Il clero di Bergamo durante l'occupazione tedesca (settembre 1943 -
Aprile 1945)" di Barbara Curtarelli dove abbiamo trovato il riferimento
curnese ed alcune ulteriori certezze sugli avvenimenti bellici
(comunque da accertare: semmai sarà possibile…) di Villa Masnada.
Leggendo quelle pagine, riscritte e trascritte dalla figlia sulla
scorta di un poderoso archivio lasciato dal padre morto nel 1992 si
perde continuamente di vista un elemento fondamentale: nel luglio del
1943 Gianni Artifoni ha 21 anni, ventuno anni: età che al tempo li
vedevi in guerra ed al fronte ad ammazzare i loro coetanei e i loro
genitori mentre adesso li consideri –i ventunenni- ancora abbastanza
bamboccioni.
A ventitre anni, sempre a Curno, tornando da un viaggio in città-
leggiamo le sue parole: Non so neppure io perché andai nel grande
magazzino dove erano accatastate casse di armi di vario tipo, vestiario
e estivo e invernale, munizioni, radio ricetrasmittenti, fusti di
ricambi per motori d'aereo, fusti d'olio per motori, cronometri,
attrezzature stradali, orologi e congegni che nemmeno conoscevo,
cannocchiali in una quantità enorme, gomme d'auto, prosciutti, casse di
liquori di marchi primari, vini pregiati, ecc. Appena spalancata la
porta, vidi per terra, malamente sparpagliate, molte pistole calibro 9;
la cassa dalla quale erano state versate era capovolta; c'erano gomme
d'auto e giubbotti di montone abbandonati qua e là e tant'altra roba,
tutta versata a qualche modo dagli scaffali. In un primo momento rimasi
sbigottito!
Era persino troppo evidente: lì dentro dei traditori disonesti avevano
arraffato in gran fretta il più possibile di tutto un po', in fretta e
furia, approfittando dell'assenza del comandante! Quindi quello
scempio era stato fatto tutto Quando ero fuori per un'azione con gli
altri uomini!
Noi a rischiare la pelle per tutti e loro (quei farabutti!) a rubare
vergognosamente per le loro tasche! Schifosi patrioti dell'ultima ora!
Questa riflessione mi fece letteralmente "andare in bestia"! Radunai
all'istante tutte le otto guardie, quelle del magazzino e dell'unica
porta d'uscita che dava nel cortile prospiciente la strada; ad uno ad
uno intimai loro di buttare le armi a terra. Poi con il mitra spianato
le cacciai tutte contro il muro che stava dall'altra parte della
strada. Avevano rubato o, come minimo, favorito i ladri e dovevano
pagare: essere immediatamente giustiziati tutti, perché i responsabili
del furto erano senza dubbio loro dal momento che io e egli altri venti
eravamo assenti. Oltre a quegli otto in caserma era rimasto un militare
graduato da sergente che chissà perché non aveva voluto andarsene con
il suo capitano e i suoi commilitoni di notte quando io da solo avevo
occupato la caserma. Mi pare fosse un radiotelegrafista e nel momento
in cui era sparita tutta quella roba capii perché aveva insistito tanto
(troppo per rimanere in caserma ad aiutare i partigiani. Era una del
paese e penso che in paese viva tuttora perché lì lo vidi negli anni
'70.”
Fine della citazione.
Gli otto e il militare si salveranno dalla fucilazione per la coscienza
pacifista di Giovanni e l'intervento del curato di Curno.
Di questa vicenda l'aspetto che mi lascia basito è che nessuno di Curno
parli di questo evento. Nessuno ne ha mai parlato. I vecchi curnesi
hanno volutamente cancellato questi tre anni di vita curnese sotto il
fascismo. L'hanno cancellato i vecchi e l'hanno cancellato anche le
donne, che erano rimaste tutte a casa.E non furono tre anni
qualsiasi ma quelli in cui la guerra fini. Nessuno si è mai alzato a
ricordare, ne nel PCI, ne nel PSI o PSIUP ne nella DC (figuarsi: se
rispondono al vero i nomi messi nelle carte di Artifoni due dei ladroni
sarebbero diventai un grosso artigiano e un grasso bottegaio
indigeni…). Del resto non hanno mai cercato fino agli anni '70 nemmeno
dove fosse il partigiano Gamba, benché fosse stato commilitone di un
importante consigliere comunale socialista (che alla guerra partigiana
prefe
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