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Il cavaliere aveva già provveduto a silurare i tre direttori di testata di casa propria  Maurizio Belpietro, Paolo Del Debbio, Mario Giordano  colpevoli di avere tirato la volata elettorale al suo alleato avversario Salvini. Lui è un ragazzo ottantunenne ma sveglio. Poi era circolata la notizia by Marco Travaglio secondo la quale «Salvini, al netto delle rodomontate, torna all' ovile a ogni richiamo all' ordine. Come se avesse il guinzaglio troppo corto per uscire di casa senza il padrone. Evidentemente c'è qualcosa che i due sanno e noi non sappiamo. Solo le famose fidejussioni con cui B. garantì la Lega con le banche e che lo resero azionista del Carroccio fin dai tempi di Bossi, nel lontano 2000? O qualcos' altro? Mistero.» Adesso arriva il giacchettina DiMaio che «nelle ultime ore abbiamo saputo che sono di nuovo partite le richieste ai Tg Rai di fare servizi contro di noi, ma noi non dobbiamo avere paura dei loro servizi in mala fede.»Di Maio si guarda bene dal rivelare la fonte, però ammette che dopo le elezioni qualcosa è cambiato. Ospite solitario e indisturbato del salotto bianco di Bruno Vespa, aveva spiegato con il suo sorriso candido che «negli ultimi 50 giorni i telegiornali Rai ci hanno trattato con i guanti bianchi perché avevano paura che andassimo al governo e sostituissimo i direttori». Un timore infondato? No, ha rivelato Di Maio: «Lo faremo molto presto». Dunque la «rivoluzione» grillina, se mai ci sarà, comincerà con un'epurazione dei media, assai simile a quella che Berlusconi decretò con l'ormai celebre editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi. E confermerà che anche loro, come la stragrande maggioranza dei partiti che hanno occupato la stanza dei bottoni, vorranno subito mettere le mani sull'informazione del servizio pubblico. Un bell'inizio.
Renzi sta nel mirino della stampa e delle tv nazionali, compressa la RAI che «dovrebbe» essere stata secondo gli avversari un suo privato pascolo, dall’inizio della sua comparsa sulla scena politica. basta seguire un qualsiasi talkshow dei tre editori tv principali per verificare come Renzi sia se non il «male assoluto» comunque colui che ha mandato l’Italia in rovina. Prendiamo per vera questa fake news. Stampa e Tv incolpano il PD e Renzi di non essersi sacrificati per dare al Paese un governo. Il problema non sta nelle due formazioni che sono «arrivate prime» ma nella formazione che è arrivata terza. Non solo!. Stampa e TV non ammettono che Renzo possa andare in tv e dire la sua. Tutti gli altri stanno perennemente in video ma per lui hanno decretato l’ostracismo.
Se il cavaliere ha avuto il coraggio di silurare tre direttori di testata colpevoli per il suo pensare di avere tirato la volata elettorale al suo socio avversario e nessuno della stampa e della tv ha inscenato una settimana di miserie contro il cavaliere, ecco che la letterina di giacchettina DiMaio ai suoi parlamentari «svela» non solo il pensiero di occupazione manu militari della TV ma evidenzia come da almeno un anno  TV e giornali stiano tirando il volo ai 5S. Il momentaneo stato di incertezza di stampa e tv deriva dal fatto che i giornalisti  adesso non hanno più ben chiaro chi sarà il prossimo PdC. Eccoli quindi sbandare. Eccoli quindi far sapere a giacchettina che .... non capiscono più bene da che parte potrebbe tirare ...domani l’aria.
La lettera ai parlamentari cinquestelle
Di Maio come Berlusconi
Un editto bulgaro contro i direttori dei Tg Rai

di Sebastiano Messina

L'abito di gala non serve più. Adesso che Palazzo Chigi è sparito dal radar, i grillini gettano nel cestino il galateo del perfetto governante liberale e tornano a rivolgersi alla stampa con il lessico minaccioso dei Vaffa Day.
Rivelandoci che i poteri forti complottano contro di loro, che i giornalisti sono servi dei potenti e che tutto questo finirà - ah se finirà - appena loro prenderanno il potere.
Ieri, 3 maggio, data scelta dall'Onu come giornata mondiale della libertà di stampa, Luigi Di Maio ha celebrato l'evento spedendo una lettera a tutti i suoi parlamentari per additare i telegiornali del servizio pubblico come il nuovo nemico, anzi il nemico di sempre che per un po' sembrava aver deposto le armi. «Nelle ultime ore abbiamo saputo che sono di nuovo partite le richieste ai Tg Rai di fare servizi contro di noi», ha scritto il candidato premier dei Cinquestelle. «Ma noi non dobbiamo avere paura dei loro servizi in mala fede: ci hanno attaccato per cinque anni eppure abbiamo vinto a Roma e a Torino e siamo arrivati quasi al 33 per cento». Chi abbia dato l'ordine alla Rai, e come abbia fatto lui a saperlo, Di Maio si guarda bene dal rivelarlo (forse vorrà proteggere la sua intelligence dalla vendetta del feroce Gentiloni, che deve avere un Minculpop segreto), però ammette che dopo le elezioni qualcosa è cambiato.
Sì, ci rispettavano perché erano terrorizzati, sostiene il “capo politico” pentastellato, mettendo nero su bianco ciò che aveva detto la sera prima a “Porta a porta”, su quella tv dove una volta i grillini avevano il divieto di mettere piede (e che oggi occupano ormai una sera sì e l'altra pure, avendo ottenuto il singolare privilegio di essere sistematicamente i soli politici in studio). E lì, ospite solitario e indisturbato del salotto bianco di Bruno Vespa, aveva spiegato con il suo sorriso candido che «negli ultimi 50 giorni i telegiornali Rai ci hanno trattato con i guanti bianchi perché avevano paura che andassimo al governo e sostituissimo i direttori». Un timore infondato?
No, ha rivelato Di Maio: «Lo faremo molto presto». Dunque la «rivoluzione» grillina, se mai ci sarà, comincerà con un'epurazione dei media, assai simile a quella che Berlusconi decretò con l'ormai celebre editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi. E confermerà che anche loro, come la stragrande maggioranza dei partiti che hanno occupato la stanza dei bottoni, vorranno subito mettere le mani sull'informazione del servizio pubblico. Un bell'inizio. Del resto, il M5S ha sempre considerato la libera stampa come un nemico da annientare, diffondendo la bufala che i grandi giornali oggi siano finanziati dallo Stato, una bufala che lo stesso Di Maio continua ad alimentare annunciando - l'ultima volta l'11 gennaio di quest'anno che appena andranno al potere loro aboliranno «i finanziamenti ai quotidiani e all'editoria» (guardandosi bene dal rivelare che nessun grande giornale riceve da molti anni un solo euro di finanziamento pubblico, e che i soli a ricevere un contributo dallo Stato oggi sono i piccoli giornali delle cooperative, i periodici diocesani e quelli destinati alle minoranze linguistiche, ai non vedenti e ai soci delle associazioni di consumatori).
Del resto, se l'ultimo rapporto di Reporter Sans Frontières colloca l'Italia al 46mo posto anche e soprattutto a causa «della rivendicata ostilità nei confronti dei media, incoraggiata da alcuni responsabili politici», non è difficile capire con chi ce l'abbia. E se sono tanti i Paesi dove «l'odio del giornalismo minaccia la democrazia», per l'Italia il rapporto fa un solo nome, e cita espressamente il M5S, «che ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro». Nulla di nuovo sotto il sole, purtroppo.
La lettera di Di Maio contro i direttori dei Tg Rai fa tornare in mente le parole che cinque anni fa Beppe Grillo scagliò sui direttori dei telegiornali - allora erano altri «gentaglia che pagherà». E oggi Di Maio - dopo questi 50 giorni nei quali ha dovuto indossare l'abito delle cerimonie ufficiali - torna al vecchio lessico dai toni forti, denunciando nuovi complotti e minacciando la solita vendetta.
Evidentemente l'unica stampa che lui considera libera è quella che lo difende (sparando letame sui suoi avversari), e l'unica tv che gli piace è quella che gli concede la libertà di parlare da solo.