Nonno
Scalfari nella sua omelia domenicale lamenta che l'Italia ha
bisogno di una classe dirigente per superare lo stallo attuale. Tolti
quei due-tre-quattro anziani che sono ancora in circolazione con
qualche potere morale e/o politico: Mattarella (76 anni) , Gentiloni
(63 anni: il più giovane!) Padoan (68 anni) e Berlusconi ( 81 anni)
tutto il resto della truppa sono il prodotto di quell'Italia che
Pasolini sanzionava senza pietà. Sono il prodotto di una scuola di
massa nella quale la qualità è via via scemata fino alla situa-zione
attuale: ricordate quell'”inginocchiati!” ?.
Nella DC e nel PCI (ma anche negli altri partiti “di allora” ) prima di
arrivare a Roma c'era tutto un cursus honorum che partiva da un ente
locale o da una fabbrica o da un ufficio e via via saliva fino ad
arrivare al Parlamento.
Che oggi qualcosa del genere resti ancora in FI o nel PD è ovvio visto
che sono le due formazioni politiche più vecchie come matrice iniziale
e quindi anche come metodo selettivo della classe dirigente.
Il fatto è che anche nella DC e nel PCI di ieri c'erano dei grandissimi
asini ed opportunisti esattamente come accade oggi con quel presidente
della Camera che ha in casa “un'amica della moglie che va a fa la spesa
anche per lei”. Come fossimo tutti fessi.
Ma l'Italia della DC e del PCI (come quella del PRI, PSI ecc. ecc.) non
esiste più ed oggi si confrontano dirigenti di partito che non
hanno alle spalle ne scuola, ne storia, ne esperienze. Sarebbe già un
bel vantaggio avere un DiMaio, un Renzi, un Salvini, una Meloni e tutta
la corte di cui sono circondati perlomeno laureati in università di
ottimo livello, perlomeno che avessero alle spalle una certo periodo di
scuola o lavoro all'estero, perlomeno che avessero maturato esperienza
(oltre che lo stipendio: vero Salvini?!) in organismi internazionali.
E'una classe dirigente di 40 anni composta da asini patentati
dalla peggiore scuola italiana. Il cavaliere dice che un DiMaio a
Mediaset sarebbe destinato a pulire i cessi. Direi che è un gesto
generoso perché non saprebbe nemmeno fare quello salvo rovinarli e
scottare le chiappe degli utilizzatori.
E Salvini che titoli ha per governare un paese? Verrebbe forse chiamato a consegnare pizze con foodora.
Vogliamo confrontare un DiMaio, un Renzi, un Salvini con la Merkel
(classe 1954, scienziata chimica)? Con un Macron (classe 1977 dell'ENA
di Francia) che ha quasi la stessa età dei nostri?. Con un Putin
(classe 1952) o un Benjamin Netanyau classe 1949?.
I nostri sono cresciuti senza sapere nulla della storia
dell'imperialismo USA e URSS e si sono trovati senza nemmeno saperlo in
un mondo con la libera (quasi) circolazione delle merci e la (un po'
meno) libera circolazione delle persone. Sono diventati grandi quando
IL muro era caduto. Quando il Vietnam era finito. Quando la guerra
d'Algeria era finita.
Sono niente perché non hanno imparato nulla. Perché non glielo hanno
insegnato ne a scuola e nemmeno perché hanno studiato e viaggiato.
Nonno Scalfari ci consola domandandosi: Abbiamo un governo privo di
poteri e dedicato solo all'ordinaria amministrazione? E così ma
l'esecutivo non è affatto privo di poteri; l'ordinaria amministrazione
non è cosa da poca ma ogni emergenza il governo in carica deve
affrontarla e infatti così accade, sicché Gentiloni è in effetti il
capo di un governo operante e Sergio Mattarella ha tutti i poteri che
il presidente della Repubblica possiede per Costituzione, tra i quali
c'è quello di tenere in piedi un governo finché non scorga alternative
possibili e migliori. Se così non è, se quelle alternative non sono
ancora mature, quella che c'è può andare avanti tranquillamente fino al
2019 e soltanto allora si possono affrontare nuove elezioni avendo
fatto nel frattempo tutto il possibile finché la nascita di un altro
governo con una classe dirigente matura ne prenda il posto. E nonno
Scalfari si domanda: Che cosa farà Di Maio se questa è la situazione
che ha davanti? Se vede con chiarezza il presente e il futuro prossimo,
Di Maio dovrebbe uscire dalla solitudine politica, costruire una classe
dirigente pienamente addestrata, avere una chiara visione di che cosa
sia una democrazia liberale e prepararsi. Nel suo futuro governo
Gentiloni potrebbe tornare al ministero degli Esteri dove ha sempre
dato il meglio di sé, Minniti potrebbe restare agli Interni e alla
politica dell'immigrazione e il resto dovrebbe essere Di Maio a
colmarlo con collaboratori che non abbiano più nulla di grillino e
rappresentino una sinistra moderna appoggiandosi a quel Partito
democratico che dovrebbe riacquistare pienamente la sua natura che
dette il meglio di sé quando fu lanciato l'Ulivo di Prodi e il Partito
democratico di Walter Veltroni.
Mi pare la speranza di un vegliardo di buona volontà. “costruire una
classe dirigente pienamente addestrata, avere una chiara visione di che
cosa sia una democrazia liberale e prepararsi” non è una faccenda di
pochi mesi o un biennio o un quinquennio. In cinque anni fai danni
gravissimi se metti in pratica la flat-tax e il reddito di
cittadinanza. Prima che finiscano quei cinque anni la gente scende in
strada coi forconi perché la disoccupazione arriverebbe al 20% e lo
spread chissà dove.
Conclude l’omelia Eugenio Scalfari: “insomma Di Maio è la vera
soluzione del futuro se non continua a pensare all'immediato ma
comincia a preparare se stesso e il suo partito”. Di Maio ha
perfettamente compreso che la sua storia politica quasi sicuramente
finisce se non arriva entro poche settimane a Palazzo Chigi. Se
dobbiamo credere ai sondaggi di oggi il 60% dei suoi elettori vuole un
governo con la Lega ma il suo futuro compare non può accettare di
essere secondo quando adesso è il primo. In facciata 7:10 dei piddini
non vuole il matrimonio con DiMaio. L'unica soluzione si vede in
una alleanza tra Lega e 5S ma non ha futuro politico ne relazionale.
Nella sua follia probabilmente l'uscita più lucida ce l'ha ancora il
cavaliere con la proposta di un governo di minoranza del centrodestra
“che va a cercare i voti in Parlamento”. E' paradossalmente la
soluzione va bene a tutti per garantirsi cinque anni di lussuosa
prebenda e permanenza a Roma, la prospettiva di centinaia di talk show,
i debiti da pagare senza troppi assilli. Cosa non si deve fare per
“essere responsabili”. Tanto gli italiani sono cojoni.
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Qualche
mese fa mi trovavo in Vietnam in compagnia di tre coreani, due del Nord
e uno del Sud. Chiesi al più anziano dei due nordcoreani chi avrebbe
governato il Paese dopo un'eventuale riunificazione. Indicando il suo
più giovane compagno il nordcoreano mi rispose: “i giovani”.
Uguali per lingua e cultura nazionale, nord e sudcoreani vivono da
quasi 70 anni in una situazione di dolorosa separazione e artificiosa
contrapposizione alimentata nel corso dei decenni dall'esistenza della
guerra fredda e da scellerate politiche militariste.
La riunificazione del Paese – che vanta storia antica e gloriosa –
costituisce una richiesta legittima e una naturale
esigenza. UnaCorea riunificata darebbe una risposta
positiva alle aspirazioni dei suoi cittadini del Nord e del Sud e
rappresenterebbe un forte fattore di stabilizzazione per tutto il
contesto asiatico.
Ovviamente non sarà un percorso né breve né facile. Dovrà essere
previsto un lungo periodo di transizione mantenendo un dualismo
istituzionale ma dando vita parallelamente a istituzioni comuni. Non è
certo pensabile riprodurre in qualche modo il modello tedesco,
sostanzialmente caratterizzato dal mero assorbimento dell'Est da parte
dell'Ovest. Al di là delle soluzioni da escogitare e sperimentare sul
piano interno – dando vita a un sistema originale che superi i limiti
insiti in entrambe le esperienze – sarà decisivo dare una risposta
valida sul piano internazionale. Quanto a tale piano risulterà decisivo
sganciare definitivamente la Corea riunificata dal gioco delle alleanze
militari, eliminando dal suo territorio ogni presenza di forze armate e
basi straniere.
Non è certo casuale, tornando all'oggi, che '' loggetto
dellincontro dei giorni scorsi traKim Jong UneMoon Jae In sia stato
principalmente costituito dalla risposta da dare alle pericolose
tensioni nucleari che minacciano di annientare la penisola coreana e
non solo essa, e che hanno origini fondamentalmente esogene. È infatti
noto come la dolorosa divisione della Corea risalga alla decisione
degli Stati Uniti di intervenire militarmente nel Paese per opporsi al
dilagare del comunismo in Asia.
Oggi il contesto internazionale appare fondamentalmente diverso, anche
se non mancano pericolosi segnali di una nuova guerra fredda. Proprio
per questo appare estremamente promettente che i due leader coreani
abbiano dichiarato il loro comune e deliberato interno di procedere
rapidamente alla firma del Trattato di pace rimasto in sospeso e alla
completa denuclearizzazione della penisola.
È altresì intuibile che un tale percorso sarà facilitato dal
raggiungimento di embrionali forme di riunificazione, la cui
ratioconsiste – come accennato – nella fondamentale unità culturale e
linguistica del popolo coreano.
Gli Stati Uniti, per il momento, sembrano fare buon viso a cattivo
gioco. Occorre sperare che questa temporanea apparenza possa
trasformarsi in una consapevole accettazione della realtà dei fatti e
dell'unanime volontà di pace e unità del popolo coreano.
Il necessario ritiro delle basi e truppe statunitensi che dovrebbe
conseguirne, rappresenterebbe un ulteriore segnale della perdita del
ruolo globale degli Stati Uniti. Perdita di ruolo globale di cui la
stessa elezione di Donald Trump ha costituito un segnale, sia per la
mediocre statura del personaggio che per l'impronta neoisolazionista
del suo discorso elettorale (per quanto successivamente smentito dai
fatti).
Fabio Marcelli
Giurista internazionale
Nato il 15 marzo del 1956 a Roma, sono dirigente di ricerca
dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR, e dirigente
dell’Associazione dei giuristi democratici a livello nazionale, europeo
e internazionale. Ho scritto dodici libri e oltre cento articoli su
temi di diritto e relazioni internazionali.
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La politica estera Ue? La fanno Francia, Germania e… Uk. Italia assente
Giacomo Pugliese
La forte triangolazione europea non sorprende ma di certo fa una certa
impressione, anche per l'ormai strutturata estromissione dell'Italia la
cui inaffidabilità internazionale sembra essere divenuta una
caratteristica incrollabile
Dopo le visite di Macron e Merkel in rapida successione e quella che
Trump farà a Londra, una nuova geometria si afferma in Europa. I casi
Skripal e Siria avevano già fatto emergere una forte sintonia fra la
premier inglese ed i colleghi di Parigi e Berlino. Oggi la nuova
conferma con una triangolazione che non sorprende ma di certo fa una
certa impressione, anche per l’ormai strutturata estromissione
dell’Italia la cui inaffidabilità internazionale sembra essere divenuta
una caratteristica incrollabile.
IRAN
Gran Bretagna, Francia e Germania hanno ribadito il loro sostegno
all’accordo internazionale con l’Iran sul nucleare, ritenendolo il modo
migliore per evitare che Teheran si doti dell’atomica. Lo ha riferito
un portavoce del governo britannico, sottolineando che la posizione
comune è frutto di telefonate che la premier Theresa May ha avuto con
il presidente francese, Emmanuel Macron, e la cancelliera tedesca,
Angela Merkel, tra ieri e oggi.
I leader “hanno discusso dell’importanza dell’accordo sul nucleare
iraniano come il modo migliore per neutralizzare la minaccia di un Iran
dotato di armi nucleari, concordando che la nostra priorità come
comunità internazionale resta impedire all’Iran di sviluppare armi
atomiche”. May, Macron e Merkel hanno anche riconosciuto che “c’erano
importanti elementi che l’intesa non copre ma che dobbiamo affrontare,
inclusi i missili balistici, cosa succederà quando scade l’accordo e
l’attività di destabilizzazione regionale dell’Iran”. “Riconoscendo
l’importanza di mantenere” l’attuale accordo, i tre si sono “impegnati
a continuare a lavorare a stretto contatto e con gli Stati Uniti su
come affrontare la gamma di sfide poste dall’Iran, comprese quelle
questioni che potrebbero essere coperte da una nuova intesa”.
DAZI
Angela Merkel, Emmanuel Macron e Theresa May si rivolgono ancora alla
Casa Bianca ed ammoniscono gli Usa: non impongano dazi alle merci
dell’Ue o l’Unione si difenderà, a tutela dei propri interessi. La
posizione comune, ha riferito un portavoce tedesco citato dai media
internazionali, è stata concordata durante una telefonata tra i leader
di Germania, Francia e Regno Unito: “Gli Usa non devono prendere alcuna
misura commerciale contro l’Ue, altrimenti l’Ue sarà pronta a difendere
i propri interessi nel quadro delle regole del commercio
multilaterale”, ha affermato.
Tutto da vedere se il presidente americano si lascerà impressionare
dalla manovra a tenaglia di quelli che sono oggi i suoi principali
alleati europei. Difficile immaginare che Trump si accorga dell’assenza
italiana. L’inquilino della Casa Bianca ed i suoi collaboratori sanno
bene che la firma di Roma non manca perché non d’accordo con la linea
dei tre condottieri europei ma solo perché è ormai ai margini più
periferici dei giochi di
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